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Problematiche edilizie e aspetti normativi

Trieste capitale imperiale della musica e del cinema

2. La vertiginosa ascesa dei cinematografi a Trieste: un approccio comparativo

2.1 Problematiche edilizie e aspetti normativi

A Trieste, come altrove, nel volgere di pochissimi anni, tra il 1910 e il 1915, il proiettore, affrancatosi dai baracconi ambulanti, entra fisicamente nei teatri, conquistando un proprio spazio nei locali, nei programmi e sulla stampa, in anni in cui il lungometraggio era diventato ormai abituale, grazie anche ai prestiti dai romanzi, soprattutto francesi, e dalla letteratura seriale. L’aumento del numero di cabine cinematografiche in muratura all’interno dei teatri, fenomeno che decretava la stabilizzazione istituzionale di un nuovo genere, anche se ancora privo di un proprio statuto estetico, trainava al suo seguito un’altra guerra inedita, quella della concorrenza tra cinematografi, che aveva come baionetta il bisogno del pubblico di astrarsi dalla tragica realtà. E a distrarsi erano soprattutto le donne, quell’«universo femminile ormai in movimento», secondo la definizione di Mario Isnenghi, che nelle dive proiettava le aspirazioni di conquista dei propri diritti (per quelli politici, in Austria, le donne non dovranno aspettare molto). Alcune attrici in Italia, come Giacinta Pezzana e Gualberta Adelaide Beccari, testimonieranno con la loro opera il proprio credo di femministe militanti.168

La conseguenza più evidente dell’invasione del cinematografo nel teatro fu la nuova articolazione del programma delle serate, che iniziavano dalle 3 o dalle 4 del pomeriggio, con il programma di cine-varietà, e proseguivano fino a notte inoltrata con il programma lirico, costituito da operette o singoli atti di opere, ma anche da opere intere, grazie ad impresari capaci. L’esigenza di dotare i teatri di una cabina cinematografica era avvertita come ormai necessaria nel 1912, tanto da indurre il direttore del teatro Fenice ad inoltrare la richiesta alla Luogotenenza, argomentando che «il cinematografo ha invaso largamente il campo teatrale, è indispensabile per l’esistenza di un

166 ACMVe,«La Cine-Fono. Rivista settimanale di cinematografia», Napoli, VII, 258, 15 novembre 1913. 167 Ibid..

168 Giacinta Pezzana, repubblicana militante, nel 1915 interpretò il ruolo di protagonista nell’unico suo film Teresa Raquin, tratto dall’omonimo lavoro di Zola, diretto da Nino Martoglio, ma rappresentato a Trieste, al cinematografo Edison, come spesso accadeva, nell’edizione tedesca interpretata da Maria Carmi: in «Il Lavoratore», 1 settembre 1917. Gualberta Beccari collaborava con il giornale «La Donna», bandiera del proto-femminismo: cfr. Mario Isnenghi, Storia d’Italia. I fatti e le percezioni dal Risorgimento alla società dello spettacolo, Roma-Bari, Laterza, 2011, pp. 223, 225 e 247.

teatro di avere anch’esso la possibilità di sfruttare le produzioni cinematografiche».169 L’anno in cui ebbero inizio le proiezioni stabili nei teatri fu il 1913, quando vennero completati i lavori di costruzione delle relative cabine di proiezione al Teatro Cine Ideal, al Politeama Rossetti, al Teatro Fenice e al Teatro Eden.170 I locali vennero ricavati, secondo la normativa, da un muro di intercapedine dei piani superiori; si trattava perlopiù di strutture semplici e funzionali alle serate miste di cine-varietà. Al teatro Eden (Filodrammatico fino al 1908), i disegni di progettazione di una cabina cinematografica, ricavata dalla balconata del teatro al primo piano, risalgono al 1911 (Foto n. 1). 171

Diverso era caso del Teatro Cine Ideal, posto tra la via S.Antonio (oggi via Dante) e la via S. Caterina (Tav. 1, n. 24): la cabina, di cui si conservano all’Archivio di Stato di Trieste i progetti degli architetti Ruggero e Arduino Berlam, venne ricavata da un adattamento degli ambienti ospitati nel palazzo della R.A.S (Foto nn. 2 e 3).172 «Il Lavoratore» del 6 dicembre 1913 ne annunciava l’apertura al pubblico, che vi poteva ammirare «le decorazioni di artisti e industriali triestini (Lucano, Fiumani, Florit, Levi, Pirovano, Level). Così questo cine, oltre ad essere un ritrovo, particolarmente comodo ed elegante, è una bella opera d’arte e del lavoro triestini».173 La piantina del cinema riproduce anche una «loggia per l’orchestra», a conferma del fatto che le orchestre si andavano connotando sempre più come elementi strutturali delle sale cinematografiche triestine. Anche il cinema Edison di Rebez e Caris poteva vantare una sede di pregio, il Palazzo Vianello, in piazza Caserma (attuale Oberdan), progettato ancora da Ruggero Berlam.174

Ma tale trasformazione edilizia degli ambienti teatrali, fenomeno di portata mondiale, con il conseguente aumento della capienza, doveva fare i conti con le norme di sicurezza, che facevano lievitare notevolmente i costi, soprattutto per la cosiddetta «spalmatura», l’obbligo, cioé, per l’impresario di impregnare le scenografie (di tela o di carta) di sostanze ignifughe. La Theaterarbeitskommission si trovò spesso a dover rispondere alle lamentele delle compagnie,

169 ASTs LGT AG, b. 2426, fasc. 197, 1912.

170 Già nel 1903 Gisella Perme chiedeva alla Luogotenenza di posizionare nell’atrio del Politeama Rossetti un cinematografo: ASTs LGT AG, b. 2425, fasc. 80, Politeama Rossetti, richiesta dell’8 luglio 1903.. Nel 1911 il cinematografo al teatro Eden viene collaudato: AGCTs, Mag. Civ., Sez. I, pr. n. 722, 1910 (n.c.v. 3280-3281) e per il collaudo del cinematografo al teatro Fenice pr. n. 1395, 1911 (n.c.v. 3308) e ASTs, b. 2425, fasc. 95. Per il collaudo del cinematografo al Fenice del 26 giugno 1913: ASTS AG, b. 2426, fasc. 197, 122b. Il collaudo del cinematografo al Rossetti avvenne invece nel 1914: ASTs, LGT AG, b. 2425, fasc. 80, 122b.

171 Il 22 marzo 1911 David Windspach chiede alla Luogotenenza l’autorizzazione alla costruzione di una cabina cinematografica allegando i relativi progetti. Dirigente del lavoro era l’ingegnere Francesco Buttoraz, costruttore edile autorizzato. La licenza risale al marzo 1912: LGT AG, b. 2425, fasc. 95.

172 Poi Teatro Italia nel 1919. Nel 1916 l’antisala accoglie il ciclo delle maschere del pittore Vito Timmel. I due celebri architetti Berlam (padre e figlio) non erano alle prime armi nella progettazione di locali di spettacolo, poiché il teatro Fenice venne da loro progettato sulle ceneri del teatro Mauroner, incendiato nel 27 maggio 1876. «Il Lavoratore», 6 dicembre 1913.

173 LGT AG, b. 2427, fasc. 255. Piero Lucano a Trieste aveva già decorato importanti edifici come la Sinagoga e la Pescheria Centrale; nel 1916 l’antisala accoglierà il ciclo delle maschere di Vito Timmel.

rivolte direttamente o per il tramite del Magistrato civico, riguardanti l’obbligo di ‘spalmare’ gli scenari sia di tela che di carta, obbligo che, mentre in Italia veniva disatteso, era invece rispettato nelle principali piazze europee.175 In alcune città italiane poi, come Firenze, Torino, Napoli, Palermo, Livorno, Messina e Catania non vigeva alcuna disposizione in merito: un documento sull’argomento precisa, ad ulteriore conferma dell’importanza che rivestivano i teatri triestini per le compagnie italiane, che «nei teatri locali le rappresentazioni di prosa vengono, salvo rare eccezioni, offerte esclusivamente da compagnie che fanno il giro artistico nel vicino Regno».176 Dunque, le autorità locali richiedevano il rigoroso rispetto delle regole sulla sicurezza; e, nonostante ciò, le compagnie italiane di prosa erano, come vedremo, annualmente presenti. Inoltre, per contrastare il consueto sovraffollamento nelle balconate, le autorità stabilirono il numero delle uscite di sicurezza e il deflusso nei corridoi e negli atri.177

Il caso del teatro Fenice risulta in tal senso rappresentativo di tutti gli altri Theater-Kino-Varieté. Nel 1911 ebbero inizio i lavori di rinnovo, durante i quali la Direzione di Polizia, a cui spettava la sorveglianza sull’ordine pubblico, sentito il parere della «Commissione per la sicurezza nei teatri» (che riferiva alla Luogotenenza), trovò inadeguata la capienza massima del numero di spettatori, fissata precedentemente in 2150 persone, e ne impose una riduzione in ogni settore del teatro.178 Questo, tradotto in termini finanziari, significava ovviamente una perdita finanziaria per l’impresa e per la direzione, mentre viceversa rimanevano invariate le tasse e le imposte dovute. Ecco perché nel maggio del 1911 il proprietario e direttore del teatro, Theodor Hermannstorfer, chiese alla Luogotenenza «di poter dare un corso di produzioni cinematografiche ed eventualmente produzioni di varietà con l’impresa Giovanni Rebez» e, nel luglio successivo, di poter ampliare il teatro «per venir incontro all’aumentata popolazione che lo frequenta, data la sua missione educativa e civile».179 Il proprietario Hermannstorfer riuscì ad ottenere l’aumento del numero delle gradinate, con un ordine in più di palchi. Inoltre nel 1912 iniziarono i lavori di adeguamento, anche del sipario che, per rispondere alle norme antincendio, doveva avere la parte superiore in amianto-tessuto e la parte inferiore in lamierino ondulato. Il parere della Commissione teatrale era decisivo per la concessione dell’autorizzazione finale da parte della Luogotenenza, cui spettava anche il collaudo.180 Tuttavia la composizione mista della Commissione, tra uffici militari e municipali, è interpretabile come tendenza ricorsiva dell’autorità luogotenenziale in tutti i settori gestiti

175 ASTs, LGT AG, b. 2420, fasc. 856, 1906, Theaterarbeitskommission Sitzungen. 176 Ivi, Rapporto del Magistrato Civico, 6 marzo 1906.

177 Ivi, Protocollo della seduta del 17 dicembre 1906.

178 ASTs, LGT AG, b. 2426, fasc. 122 b, Teatro Fenice, pr. 277/1911 La Commissione teatrale era costituita da 4 rappresentanti: uno della Luogotenenza, uno del Magistrato civico, uno dei Vigili del fuoco e un perito edile nominato dalla Luogotenenza.

179 Ivi, fasc. 277/1911 cit., 8 maggio 1911 e istanza del 20 luglio 1911.

180 Per l’istruttoria dei lavori di adeguamento al teatro Fenice si veda LGT AG, b. 2426, fasc. 197 cit., 20 febbraio 1912.

dall’amministrazione e dalla burocrazia statale asburgica: mantenere, cioé, formalmente, nei procedimenti avviati la rappresentanza degli uffici sia militari che civili, ma depauperare, nella pratica, i rappresentanti civili (cioè il Magistrato civico) della loro autorità decisionale.181 Quanto imposto al teatro Fenice valeva, ovviamente anche per gli altri teatri, nei quali l’attenzione al rispetto della sicurezza doveva contrastare la consueta pratica di accalcare platee, gradinate e loggioni ben oltre la capienza prevista.182

Il ruolo delle autorità non si limitava alla materia sulla sicurezza: avendo capito che gli spettacoli erano una preziosa risorsa per la propaganda bellica, estesero il loro controllo soprattutto nella destinazione delle entrate finanziarie, spesso ingenti, che le sale garantivano: questo si verificava in occasione, in particolare, di celebrazioni di battaglie vittoriose, in cui i prezzi venivano «ribassati», oppure di spettacoli/concerti di beneficenza a favore di vedove e orfani di caduti in guerra o a favore della Crocerossa. Esse intervenivano, infine, per dirimere controversie di concorrenza, per vigilare sulla morale pubblica e per garantire una conduzione in linea con la posizione politico-militare ufficiale. La beneficenza fu, insomma, un grosso business per la guerra della monarchia austro-ungarica, specialmente dal 1916 (come vedremo).

Molte associazioni e organizzazioni inoltrarono in quegli anni la richiesta di poter allestire proiezioni cinematografiche. È il caso, ad esempio, del Consorzio delle Sedi riunite delle Organizzazioni Operaie, che chiese di poter costruire una cabina per le proiezioni cinematografiche nella propria sede in via Madonnina 15 (Tav. 1, L.).183 In questa via, nel 1916, Angelo Curiel aprì un proprio Theater-Kino-Varieté, molto frequentato negli anni di guerra, denominato Armonia, erede del cinematografo Eden di Vittorio Pollak (Tavv. 1 e 2.2, nn. 14 e 15, da non confondere con Teatro-Cinema Eden di via Acquedotto).184 Ma ottenere la cosiddetta «licenza d’industria», concessa dall’autorità politica provinciale del territorio amministrativo di appartenenza, non era semplice, anche perché l’Ordinanza sui cinematografi (sopra menzionata) disciplinava il numero delle sale tenendo conto «del bisogno di aumentarli, delle condizioni locali, nonché degli scopi ai quali vuolsi devolvere il reddito dell’esercizio».185 Il primo motivo di diniego del conferimento della licenza era «la fidatezza necessaria per l’esercizio»: indice inequivocabile degli ampi poteri

181 Nel 1912 i componenti della Commissione erano i sigg.ri ing. Catone Romano e Junowicz della Luogotenenza, Ugo Boccasini direttore dell’Ufficio tecnico municipale e Giovanni Pauli comandante VVFF: ibid.

182 Teatri Verdi, Rossetti, Fenice, Filodrammatico, Goldoni: per la sicurezza personale in caso d’incendio la Direzione di Polizia già nel 1904 disponeva che «il numerus clausus degli spettatori deve venir severamente osservato, pertanto tutti i biglietti avranno un numero progressivo, il distintivo ai “guardiani del teatro”, le vie e le scale sgombre (con apposita segnaletica) nonché un numero sufficiente di “personale di servizio” (addetti), entrambi i servizi devono invece essere forniti dalla Direzione dei Teatri e devono collaborare con i guardiani del teatro. Gli ispettori di pubblica sicurezza vigileranno sull’osservanza di tali disposizioni»: ASTs, LGT AG, b. 1184, fasc. 38/31, teatro Fenice.

183 ASTS, LGT AG, b. 2420, fasc. 676, 1913, 24 aprile 1913

184 ASTs ,LGT AG, busta 2420, fasc. 615, pr 872, 27 luglio 1912. Dati riportati nella Guida Generale cit., 1912 e 1914. 185 Ordinanza del 1912 cit. , art. 5.

discrezionali concessi alla Polizia nei riguardi dei proprietari e impresari dei Theater-Kino-Varieté.186

Il cinematografo assunse valenza prioritaria nella progettazione edilizia dei nuovi teatri: è quanto accadde al Teatro Filodrammatico di via degli Artisti, pregiata sede delle compagnie di prosa e lirica fino al 1913 e poi chiuso dalle autorità per motivi di sicurezza e di staticità (e riaperto nel dopoguerra). Nelle more della sua ricostruzione era previsto, secondo le parole del procuratore del proprietario sig. Ganzoni, un «teatro che non dovrà più servire a spettacoli di prosa e lirici, ma soltanto a spettacoli cinematografici inframmezzati da numeri di varietà, a scena fissa. E per questo non occorre il decreto del Ministero, ma solo il giudizio di una Commissione mista [quella teatrale: NdA] per il nullaosta».187

Le direttive emanate dal governo di Vienna avevano una ricaduta locale, nei diversi distretti, a seconda dei comportamenti e delle necessità delle situazioni contingenti. La felice proliferazione delle sale del divertimento a Trieste godeva dei benefici di una favorevole disposizione del Ministero verso i proprietari di licenza in genere (i «Lizenzinhaber»), che avevano acquisito un riconosciuto status professionale in quanto stakeholders degli interessi economici del governo. Un atto ministeriale del 7 novembre del 1914 attesta chiaramente che «i proprietari di licenza [di produzioni] non devono essere considerati, come una volta, quali destinatari di licenze date in elemosina. Infatti oggi essi hanno investito grossi capitali in queste imprese, sono grandi impresari e in considerazione dell’importanza della loro economia popolare come datori di lavoro, contribuenti, ecc., sono degni di una corrispettiva considerazione».188 Per contribuire ad un miglioramento della dannosa concorrenza dei Kinotheater, lamentata dai proprietari/direttori delle sale di spettacolo («Schausteller»), il Ministero decise di istituire una apposita Verband Ősterreichischer Theaterdirektoren a cui far pervenire le varie istanze e lamentele. Inoltre nel 1912 aveva avviato un’indagine conoscitiva che aveva confermato l’avvenuta predilezione di un ampio pubblico per il cinematografo, di fronte alla quale l’amministrazione statale, dunque, non aveva nessun motivo per assumere una posizione nella battaglia concorrenziale tra teatri e cinematografi. 189 Il Promemoria dell’istituita Associazione, del 4 marzo 1913, ritorna sul leit motiv della difesa degli interessi dei teatri austriaci contro la presenza degli artisti e delle produzioni estere, proponendo che l’Austria adotti la legislazione della Germania, dove alle compagnie straniere veniva richiesto il versamento

186 Ivi, art. 7.

187«Il Lavoratore», 13 aprile 1916, articolo di Ferdinando Arrnerytsch, costruttore edile concessionario, sullo sventramento del vecchio teatro in via degli Artisti.

188 ÖSAW,Vienna, K.k. Ministerium des Innern, Produktionslizenzen. Erteilung von sg. Reichslizenze, 7 novembre 1914 (TdA).

189 ÖSAW, K.k. Ministerium des Innern, 7935-1913, Departement VIII, Verband Ősterreichischer Theaterdirektoren; Vorführungsaktion der Theaterunternehmungen (indagine avviata con Ministerialverordnung - ordinanza ministeriale - 18.IX.1912, RGBL. N.19), Promemoria betr. Sanierungaktion der Theaterunternehmungen.

di una cauzione, come misura protezionistica verso la concorrenza.190 Anche dalla Luogotenenza di Trieste arrivò un Promemoria, in cui si spiegava la particolare situazione del Küstenland, dove le gestioni erano di durata e organici variabili e dove solo il teatro comunale godeva di sovvenzioni statali; le maggiori spese di gestione, erano imputate per la maggior parte al capitolo sulla sicurezza e le delibere erano riservate alla riunione ordinaria annuale della Commissione per la sicurezza (che veniva convocata altrimenti solo per particolari modifiche edilizie o di impianti). Le altre tasse, invece, per i vigili del fuoco e i commissari di polizia, come per il personale, secondo le tariffe dei diversi municipi, erano sostenute dalle imprese teatrali («Theatergesellschaft») che erano nella maggioranza «reichsitalienisch».191 Inoltre, «in considerazione del carattere della popolazione locale» il servizio di polizia e di vigili del fuoco è assolutamente necessario, alludendo probabilmente con ciò alla presenza di un pubblico anche turbolento o, comunque, indisciplinato.192 Per quanto riguardava i reclami delle imprese teatrali avverso i cinematografi, la Luogotenenza riferiva al ministero che tali situazioni erano limitate solo alle zone di Monfalcone e di Pola, in quanto «il sistema teatrale predominante del Küstenland attutisce gli effetti dannosi di tale concorrenza» e che a Trieste i Kinobesitzer si lamentavano, casomai, della concorrenza degli spettacoli di varietà. 193 Dichiarazione, questa, confermata dal prosieguo di questo lavoro.