Dalla guerra evitata alla guerra inevitabile. La rinascita dell’impresariato artistico in una città al fronte
1. I primi mesi fino al maggio 1915
1.1 La rinascita della lirica e della cinematografia al Politeama Rossetti grazie ad Olimpio Lovrich e all’Orchestrale Triestina Lovrich e all’Orchestrale Triestina
Nei giorni successivi la dichiarazione di guerra alla Serbia fino alla dichiarazione di neutralità da parte del governo di Roma (3 agosto) erano scomparse quasi del tutto le rappresentazioni drammatiche o in musica e a malapena sopravviveva anche la cinematografia: «Se prima dello stato eccezionale di guerra si lamentava in città la mancanza di spettacoli estivi e si cercava un compenso al cinematografo e al varietà, ora le condizioni del momento hanno ridotto anche l’esercizio di quei piccoli spettacoli che si avevano».12. Il cine-varietà Eden era diventato il solo rifugio superstite, mentre per le stagioni autunnale e invernale del 1914-1915 al Politeama Rossetti, di cui erano già stati fissati i programmi, scritturati gli artisti e stipulati i contratti, l’impresa fu costretta a svincolarsi. Anche per la progettata stagione al teatro comunale G. Verdi «crediamo nessuna previsione ottimistica possa venir fatta. Il momento è pieno di incognite e quindi predire quello che dovrebbe avvenire nei mesi d’inverno sembra azzardato. Molte sono le probabilità per cui la stagione d’opera al Verdi andrà annullata». 13
Sembrano, dunque, pessime le previsioni del portavoce di ispirazione irredentista ma, evidentemente, il giornale aveva sottovalutato le risorse artistico-imprenditoriali della città. Nel capitolo precedente sono già stati riportati i grandi eventi teatrali-cinematografici del 1914; e che non fossero gli ultimi straordinari avvenimenti artistici lo si deduce ancora dalla stampa, che nel luglio del 1914 già preannunciava la riapertura del teatro Rossetti con una stagione d’opera, grazie all’impresa «Molco Lovrich», che aveva formulato un repertorio esclusivamente (e, forse, volutamente) italo-francese cioé Boheme e Tosca di Puccini, La dannazione di Faust di Berlioz, Otello di Verdi, Luisa di Charpentier».14
11 «Il Lavoratore», 6 ottobre 1915.
12 Così descriveva «L’Indipendente» la situazione eccezionale di guerra nella vita artistica di quei mesi estivi: «L’Indipendente», 8 agosto 1914.
13 Ibid.
Alla tradizione lirica, dunque, la cittadinanza non era disposta a rinunciare, nemmeno in tempo di guerra. I musicisti si attivarono per diventare organizzatori: erano i membri della Società Orchestrale Triestina che, insieme all’impresario Olimpio Lovrich, presero in mano la gestione dei teatri Rossetti e Fenice, cercando di rivitalizzare quanto le difficoltà finanziarie stavano mettendo in pericolo.15 Facevano parte dell’Orchestrale, oltre allo stesso Lovrich, anche l’ex co-impresario del Verdi Angelo Morterra, ma anche moltissimi musicisti, fra i quali non si possono non menzionare Augusto Jancovich, primo violino del celebre Quartetto triestino (quando non esisteva ancora il prestigioso Trio di Trieste) e Gian Giacomo Manzutto, critico musicale per più di quarant’anni.16 Italiane erano anche le compagnie che l’impresa intendeva scritturare: la compagnia siciliana di Giovanni Grasso, per dicembre la celebre compagnia drammatica Talli-Melato-Giovannini «che promette novità» e, per il carnevale, la compagnia italiana di operette Lombardo (già ben nota a Trieste) con molte novità operettistiche, fra le quali La signorina del cinematografo17 e Finalmente soli!,18 oltre ai soliti balli sociali e veglie mascherate. In quaresima, infine, il Circo equestre Salero e la compagnia drammatica Fert, Brizzi & C., diretta da Ermete Novelli e con la prima attrice Lyda Borelli.19 E, ancora, italiano rimarrà il repertorio programmato per la stagione operistica successiva curata sempre dall’Orchestrale Triestina, in cartellone dal 18 ottobre, che prevedeva una nuova edizione di Bohème, il Werther e la Lucia, oltre a La Sonnambula, Rigoletto, Il barbiere di Siviglia, La Favorita, Crispino e la Comare (dei fratelli napoletani Luigi e Federico Ricci).20 Il pubblico accorse in folla, come riportato dai tamburini. 21
15 Lo Statuto della Società Orchestrale Triestina del 1901 è conservato in ASTs, DP SOCIETA’, b. 208. fasc. 46 (148). La società si poneva come «continuatrice della «Società filarmonica triestina di mutuo soccorso»» (art. 1) e primo presidente era Antonio Zampieri, fratello del direttore dell’«Indipendente» di Trieste e gerent, durante gli anni di guerra, del Conservatorio Musicale di via Palestrina. Olimpio Lovrich ne era un componente, insieme alle punte della cultura musicale-artistica triestina del tempo.
16 Per una storia del Quartetto Triestino cfr. il volume Massimo Favento (a cura di), Quartetto Triestino. Gloria fin de siècle-Disgregazione bellica-Redenzione. Studi e testimonianze, Sonora Archivi Sonori del Friuli Venezia Giulia 2014, p. 129 sgg. Sulle formazioni quartettistiche e da camera, ma anche sui compositori noti e meno noti, come sulle società e istituzioni musicali triestine è sempre insostituibile il ricco volume di Giuseppe Radole, Ricerche sulla vita musicale e Trieste (1750-1950), Trieste, Italo Svevo 1988, in particolare pp. 156-157, 162-163.
17 CMTTs, La signorina del cinematografo, operetta in 3 atti, libretto di A. M. Willner e B. Buchbinder, versi italiani di Arturo Franci, musica di Carlo Weinberger. Lo spartito esiste nell’edizione di C. Schmidl&CO, Lipsia, 1915.
18 Finalmente soli! , operetta in tre atti di A. M. Willner e Roberto Bodansky, traduzione di Carlo Vizzotto, musica di Franz Léhàr, Milano, Sonzogno, 1914 (Titolo originale: Endlich allein)
19 «Il Lavoratore», 25 luglio 1914. Si tratta della prestigiosa compagnia, formatasi nel 1913, diretta da Ermete Novelli in cui prima attrice era Lyda Borelli, che in quello stesso anno debuttò come attrice cinematografica nel film Ma l’amore mio non muore. Era amministrata da Eugenio Brizzi: Il teatro italiano. Anno 1913 («Biblioteca contemporanea Vallardi»), Milano, Vallardi 1914, p. 168.
20 «Il Piccolo», 3 gennaio 1915. Carlo Schmidl, Dizionario universale dei musicisti, ad vocem, Milano, Sonzogno 1926, p. 415. L’opera Crispino e la comare, su libretto di F.M. Piave (Venezia 1850) consacrò la fama di Luigi e Federico Ricci in Italia; per il loro successo a Trieste, città alla quale i due fratelli si legarono anche per motivi sentimentali, si veda Stefano Bianchi, Sergio Cimarosti, Mestiere e fantasia: fortune operistiche a Trieste di Luigi, Federico e Luigino Ricci, Istituto Giuliano di storia, cultura e documentazione, 1994, pp. 21 sgg.
21 La Sonnambula: orchestra diretta da Salvatore Messina. Interpreti: Ida Sari (Amina), tenore Paganelli (Elvino), il basso Francesco Rusconi (il Conte), le signorine Carmela Verbich (Molinara) e Lina Grisovelli (L’Ostessa). I signori Cozzi (Alessio) e Botteghelli (Il Notaro). Ottimo il coro. 23 ottobre: domani Rigoletto. Giorgio Dammacco (Duca di
Che fosse una «stagione di guerra» lo avevano ben chiaro i coraggiosi impresari che, nonostante le iniziali previsioni, si trovarono a fare i conti con scritture inevase per la mancanza del visto sui passaporti di alcuni artisti italiani, tempestivamente però sostiuiti da cantanti locali.22 Il 4 ottobre la stampa annunciava l’apertura delle prenotazioni e degli abbonamenti per la stagione d’opera al Rossetti, necessariamente «a prezzi popolari: il cartellone non è fissato ancora definitivamente, ma si sa che conterrà Favorita, Sonnambula, Rigoletto, Barbiere, tutte interpretate da artisti di buona fama».23
In occasione delle repliche del Barbiere, la critica elogiava l’operato dell’impresa per questa «stagione popolare d’opera», definita un atto di «resistenza», che aveva registrato sempre il sold out: «Negli anni a venire, per i triestini che saranno vivi, a ricordo dei tristi effetti del cataclisma annientatore e livellatore che travolge oggi l’Europa, si assocerà, certamente, quello di tutte le opere di resistenza, di conservazione, di vita, avutesi nella città in mezzo alla generale rovina.E sarà ricordata certamente, anche questa “stagione di guerra” al Politeama, che si svolge in un periodo così eccezionale».24
L’eccezionalità era veramente tale per due ordini di motivi: il primo se pensiamo che venivano eseguite integralmente due diverse opere addirittura in una stessa giornata (una rappresentazione pomeridiana e una serale), con parecchie repliche ciascuna.25 Il secondo, che non si faceva mistero delle tendenze ideologiche sottostanti alle scelte del cartellone: con la Favorita, infatti, «si è completato il glorioso quadrifoglio: Rossini, Bellini, Donizetti, Verdi».26 E, visto l’ottimo andamento della stagione, si optava pure per un’opera fuori programma, con Linda di Chamounix, interpretata dal soprano Toinon Enenkel, e l’Elisir d’amore.27
Tale copiosi allestimenti erano il frutto dell’esperienza dell’Orchestrale, che nei propri concerti contava fino a ottanta elementi, e i risultati della stagione operistica superarono le attese.28 Tale fortunato andamento si registrò anche nella successiva stagione cinematografica al Rossetti del
Mantova), Malvina Pereira (Gilda), Anafesto Rossi (Rigoletto), Aristodemo Sillich (Sparafucile), Carmela Verbich (Maddalena). 25 ottobre critica sul tamburino: «esecuzione magistrale, grande folla». 3 novembre: domani Il barbiere di Siviglia: Anafesto Rossi (Figaro), Giuseppe Faganelli (Conte d’Almaviva), Vittorio Trevisan (Bartolo), Ad Sari (Rosina), Aristodemo Sillich (Don Basilio). Maestro Concertatore e direttore d’orchestra Salvatore Messina. «Il Lavoratore», 18 ottobre 1914 e numeri sopracitati.
22 Ad esempio per il Barbiere: «Il baritono Romano Rasponi non ha potuto ottenere il passaporto. Sarà sostituito da Anafesto Rossi»: «Il Lavoratore», 3 novembre 1914. Inoltre: «La compagnia dì operette che era impegnata non potrà venire causa le eccezionali difficoltà nel rilascio dei passaporti»: «Il Lavoratore», 25 dicembre 1914.
23 Cartellone variato rispetto a quello previsto, ma sempre italiano: «Il Lavoratore», 4 ottobre 1914.
24 Così definita dal «Lavoratore» del 13 dicembre 1914 e «Il Lavoratore», 6 novembre 1914. Teatri ed arte. 25 A titolo esemplificativo: «Il lavoratore», 7 novembre 1914
26 «Il Lavoratore», 13 novembre 1914.
27 «Il Lavoratore» 16, 17 e 26 novembre 1914. Interpreti della Linda: Toinon Enenkel, Vittorio Trevisan, Giuseppe Paganelli, Francesco Rusconi, Anafesto Rossi, Elisa Petri, Grisovelli: 1 dicembre 1914. Sulla carriera artistica del soprano Toinon Enenkel, che debuttò al Fenice di Trieste nel 1912, per imporsi in Italia e, soprattutto, a Budapest, poi crocerossina durante il conflitto e insegnante di una giovane Fedora Barbieri, cfr. Annalisa Sandri, Toinon Enenkel, Gli aurei tesori di una voce, Trieste, Lint 2009, pp. 91 sgg.
1914-1915, organizzata, come abbiamo già accennato nel precedente capitolo, dagli impresari associati Caris, Rebez e Fulignot. I programmi di cine-varietà iniziarono nel Natale del 1914. Il primo film, a soli due mesi dalla sua prima visione italiana, fu un kolossal drammatico del giornalista e drammaturgo, di fervidi sentimenti italiani, Francesco Dall’Ongaro (1846),29 trasposto in pellicola da Luigi Maggi, Il Povero fornareto di Venezia, della Leonardo Film di Torino:30 ben noto al pubblico di tutta Europa venne presentato come «dramma storico potentissimo di vita veneziana» ambientato nei primi anni del Cinquecento (non è possibile pertanto non constatare la probabile tendenziosità insita nella coincidenza con gli anni in cui Trieste era contesa tra Venezia e gli Asburgo) e venne elogiato dalla critica per le «splendide animate vedute di Venezia», di fronte alle quali le vicende dello sfortunato «fornareto» erano quasi passate in seconda linea; inoltre la compagnia dì operette che era stata scritturata «non potrà venire causa le eccezionali difficoltà nel rilascio dei passaporti».31 Per la successiva proiezione di Quo vadis? la stessa Orchestrale eseguì l’accompagnamento musicale.32 E, vera conversione del politeama Rossetti alla formula di Theater-Kino-Varieté, comparve subito dopo anche il varietà: «Dati i tempi che corrono, dobbiamo accontentarci. Del resto lo spettacolo fu buonissimo. Il Fornaretto di Venezia è ben riuscito, tanto per fotografia che nel dramma. Bellissimo anche il film dell’Ambrosio Le nozze di Figaro» di Luigi Maggi, in versione ‘comica’ con gli interpreti Rodolfi e Gigetta» (in anni in cui Mozart era praticamente assente dal repertorio teatrale citadino); e apprezzamenti non mancarono per il tenore concittadino Baldo Baldi, «pseudonimo di un promettente artista lirico», per le romanze di Bianca Cellini, per i clown musicali e per l’orchestra.33
Trieste era inserita in quei primi mesi di guerra nel circuito internazionale della distribuzione di pellicole: fu tappa dal 1 gennaio 1915 della «tournèe di grandi spettacoli cinematografici e di varietà» del maestoso film in sette parti I figli del capitano Grant, della Ėclair. Fu un vero evento cinematografico. La società francese aveva ottenuto, infatti, dagli eredi di Verne di riprodurne le opere. Una troupe di artisti si era imbarcata a La Havre su uno speciale yacht per fare del giro del
29 Nativo di Oderzo e padovano di formazione, diventò con il friulano Pacifico Valussi editore della «Favilla» nel 1839: cfr. Alceo Riosa, Adriatico irredento. Italiani e slavi sotto la lente francese (1793-1918), Napoli, Guida 2009, pp. 35-36.
30 Il film era stato posto in vendita nell’aprile del 1914 dalla Leonardo Film, dunque prima del conflitto, girato a Venezia per concessione speciale del Municipio con l’obbligo della consulenza artistica dello scrittore Arturo Foà e dello scultore Achille Tamburlini, direttore della Scuola D’Arte di Venezia: réclame in ACMVe, «Cinema. Quindicinale Cinematografico», n. 74, 26 aprile 1914.
31«La Vita Cinematografica», Torino, 30 novembre 1914, riportata in Vittorio Martinelli, Il cinema muto italiano. I film degli anni d’oro, 1914, prima parte (collana Bianco e nero), Torino, Nuova Eri, 1993, pp. 219-222, 221.
32 «Il Lavoratore», 26 e 28 dicembre 1914.
33 «Il Lavoratore», 26 dicembre 1914. Il film Le nozze di Figaro, girato a Siviglia, ricalcava l’intreccio dell’omonima commedia di Beaumarchais, resa celebre dalle note mozartiane, ma si può pensare che gli interpreti Eleuterio Rodolfi e Gigetta Marano ne abbiano accentuato la venatura comica: Vittorio Martinelli, Il cinema muto italiano cit., 1913, seconda parte, pp. 88-89.
mondo e riprendere le avventure descritte nel celebre romanzo.34 Anche in questa occasione il giornale proseguiva con la pubblicità dei «prezzi popolari», adattati alle mutate condizioni di vita: platea e gradinate 60 cent.; ragazzi e militari fino al sergente 0,40 cent.; poltrone (oltre l’ingresso) 1 cor.; palchi piè piano 6 cor.; palchi I ordine 4 cor.; loggione indistintamente 0,30 cent. Il film, tratto dal primo capitolo della celebre trilogia di Jules Verne, era reduce dai successi ottenuti in Italia, America del Sud e in Australia. Le parti del film erano inframmezzate dal varietà.35 Tra le proiezioni europee quella di Bucarest del marzo 1914, accompagnata da ampollose réclame, era opera dell’intraprendenza di alcuni impresari triestini: la società Volta-Film di Bucarest, rappresentante proprio della casa Ėclair, era di proprietà del triestino Antonio Mahnich (ex collaboratore al cinematografo dublinese di James Joyce)36 che aveva anche la comproprietà di tre cinematografi a Bucarest, mentre il suo socio Celestino Costa (ingegnere) otto anni prima aveva introdotto il primo apparato cinematografico in Romania.37
Nonostante le difficoltà finanziarie, un’altra stagione lirica si apriva al Rossetti all’inizio del 1915. Gli allestimenti di Bohème, Werther e Lucia di Lammermoor diedero ancora lavoro agli orchestrali anche se vennero adeguati alle esigenze del difficile momento.38 Nei congressi straordinari che si erano, infatti, tenuti al Conservatorio Tartini nel settembre del 1914 all’ordine del giorno era stato posto il punto «Provvedimento contro la disoccupazione» in cui si chiedeva alla Direzione di Polizia il nullaosta per la stagione lirica al fine di aiutare i numerosi orchestrali.39 L’inaugurazione della seconda stagione, avvenuta il 27 gennaio con Bohème, aveva messo a dura prova, dunque, la tenacia dell’Orchestrale che «dopo aver lottato contro molti ostacoli (diritti d’autore per gli spartiti, passaporti degli artisti lirici venuti dal Regno, formare un’orchestra adeguata alle esigenze delle partiture)» era riuscita a richiamare un folto pubblico, anche grazie ad una buona formazione corale diretta da Emilio Curiel.40 Tra le più preoccupanti uscite finanziarie figuravano quelle per il riscaldamento, che doveva essere azionato dalle due caldaie che servivano i caloriferi.41
34 ACMVe, «La Cine-Fono. Rivista settimanale di cinematografia», n. 258, 1913.
35 Le romanze del tenore Ubaldo Baldi, il macchiettista Fanara, i parodisti musicali Nip-Nip e le melodie a due voci di Fernandi: «Il Lavoratore», 29, 31 dicembre 1914, fino al 6 gennaio 1915.
36 Cap. I, par. 5.2.
37 «Viaţa Cinematografică», I, 2, Bucareşti, 25 Martie 1914.
38 «Il Piccolo», 3 gennaio 1915 : L’Orchestrale Triestina, dopo gli ultimi brillanti esiti, ha intenzione di allestire un’altra stagione di opere: Bohème, Werther e Lucia.
39 ASTs, DP, b. 208. fasc. 46 (148/1919), Società cit., 9, 14 e 27 settembre 1914.
40 Per i Curiel oltre vedi par. 3.3. Il soprano Maria Gelcich, di Modena, nella parte di Mimì, «era fra le giovani artiste comprovinciali quella che più si è affermata con successi nel Regno e all’estero, particolarmente a Barcellona». Nel cast figuravano poi il tenore Del Ry in Rodolfo, il baritono Giuseppe Giardini in Marcello (già noto a Trieste, inteprete del’operetta L’amica al Politeama sotto la direzione di Mascagni), D. Narciso, Irma Mion, A. Mari, cav Sillich, Pilade De Paoli. Direttore d’orchestra e maestro concertatore era Salvatore Messina: «Il Piccolo», 22 e 28 gennaio 1915. 41 «Il Piccolo», 28 e 31 gannaio 1915.
Molti dei musicisti del teatro comunale Verdi, essendo cittadini italiani, erano rimpatriati dopo la chiusura del teatro. Tra i regnicoli occupati in città la maggioranza erano operai giornalieri e artigiani, ma vi erano anche 134 musicisti (più degli ingegneri, sarti e imbianchini). Per capire come Trieste rappresentasse l’eldorado dei cittadini italiani in cerca di lavoro dobbiamo risalire, come illustra Marina Silvestri, al Trattato commerciale italo-austriaco del 1906, che accordava «ai cittadini italiani in Austria il libero accesso a tutte le attività commerciali e industriali, e precisamente i diritti, i privilegi, le esenzioni, le immunità e gli altri favori che godono in materia di commercio e industria, i cittadini austriaci».42 In Austria, spiega ancora la stessa giornalista e scrittrice, c’era libertà di immigrazione: bastava che il migrante fosse munito di passaporto o libretto di lavoro o, in alternativa, che avesse anche solo un lavoro già assicurato o che possedesse mezzi di sostentamento sufficienti mentre cercava impiego.43 Possiamo immaginare, pertanto, quale tracollo economico subisse la città, dove si concentrava la maggioranza degli italiani, quando il 17 agosto 1915 fu decretato l’obbligo di passaporto in tutta la zona di guerra. 44
Il prezzo ribassato dei biglietti, definito «popolare», non significava affatto abbassamento della qualità degli spettacoli, tanto che le cronache teatrali di Werther apprezzarono lo spettacolo come «il meglio riuscito fra quelli allestiti dall’Orchestrale Triestina», in particolare per la qualità dell’orchestra e per la voce della giovanissima Milla Gillovich, estesa e ricca di vibrazioni; uno spettacolo «che può competere con altre edizioni e prezzo normale» e che nei giorni festivi e feriali poteva contare sulla consueta doppia rappresentazione. Il commento del «Piccolo» sulla partecipazione di un «pubblico stipato da cima a fondo che seguiva con attenzione» la dice lunga sul mutato atteggiamento (ma anche la diversa composizione) dell’uditorio, che per tutto l’Ottocento aveva invece calcato palchi e platee dei teatri di monopolio borghese con l’intento principale di affermare il proprio ruolo sociale, intrattenendosi con conversazioni e giochi durante gli spettacoli.45 Per la Lucia di Lammermoor arrivò un’altra vecchia conoscenza del pubblico triestino, Bianca Morello, che già aveva interpretato la parte della protagonista otto anni prima al Politeama, reduce dall’America e sposata ad uno dei più fortunati impresari italiani, lo Schiaffino di Genova.46 Ogni opera venne replicata per dieci volte.
In primavera le riprese cinematografiche non abbandonarono la politica culturale adottata: dai brillanti successi conseguiti nel Regno, in particolare da Milano, arrivava a Trieste la versione cinematografica dell’operetta di Leoncavallo La reginetta delle rose, nella riduzione musicale
42 Sul fenomeno dell’occupazione dei regnicoli a Trieste risulta fondamentale il recentissimo volume di Marina Silvestri, Lassù nella Trieste asburgica. La questione dei regnicoli e l’identità rimossa, Gorizia, LEG 1917, p. 294 43 Ivi, p. 214.
44 Compreso il tratto Vienna-Trieste a sud di Marburgo: O.M. del 17 agosto 1915, in «Il Lavoratore», 25 agosto 1915. 45 «Il Piccolo», 7 e 10 febbraio 1915.
curata dal compositore stesso per la casa Musical-film di Renzo Sonzogno e sceneggiata da Gioacchino Forzano sui costumi originali di Caramba (nome d’arte di Luigi Sapelli).47 La perfetta sincronia tra musica e film, commenta «Il Piccolo» prevedendo l’avvento del sonoro, è «un altro passo innanzi della cinematografia verso quella che sarà di sicuro un giorno la sua perfezione: la riproduzione animata del teatro parlato e cantato».48 È ancora Leoncavallo il protagonista dell’opera I Pagliacci (aprile), nella quale l’Orchestrale propone con lungimiranza il debutto di una giovanissima soprano triestina, Maria Bellini (Nedda), che durante gli anni di guerra sarà una tra le protagoniste indiscusse (come vedremo) delle scene liriche locali.49
Le primizie cinematografiche non erano finite: l’impresa, le cui competenze artistiche stavano dando decorosi frutti, aveva assunto nel marzo l’esclusività del primo film con cui l’attrice italiana Maria Melato, della compagnia drammatica Melato-Talli-Giovannini, aveva debuttato nel cinema, ovvero Il ritorno, che ebbe un enorme successo in tutta Europa e di cui primo attore era il sig. Gabriellino D’Annunzio.50 Di fronte a tali straordinarie offerte cinematografiche anche la critica del «Piccolo» si spoglia di ogni residuale diffidenza e ammette che è il pubblico il vero protagonista della nuova forma d’arte, la cui serietà dei «modesti principi» non è più censurabile o arrestabile:
Questa nuova forma d’arte, azzardata finché si voglia, discutibile finché si voglia, ma che fa ugualmente la sua via trionfale, tra l’interesse sempre più vivo che è quel grande giudice, magari non infallibile, ma pure non trascurabile, che è il pubblico. E’ stato inutile coprire di silenzio prima, di sarcasmo poi, il futurismo, che ha dato alla letteratura d’Italia la genialità d’un Papini. Ed è inutile ora trascurare il cinematografo, perché è nato da principi modesti, e minaccia di soppiantare il teatro, quello che eravamo consueti dire “il teatro vero”. La serietà con la quale il cinematografo oggi si va affermando, il valore degli