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Il caso della Dogana: sviluppo di una tecnologia confinaria

«[C.] mi propone di fare un giro largo e di passare per la zona portuale: in questo modo avrei l'occasione di vedere da fuori l’hotspot. Pozzallo si affaccia al mare guardando a sud e la zona portuale rimane dislocata a ovest. Ci dirigiamo quindi nella parte periferica del paese, ai suoi confini, e da lì ci dirigiamo verso il mare. […] Incontriamo in successione varie strutture portuali dalle più esterne a quelle più vicine al centro: passiamo vicino a un eliporto per le emergenze infine ci troviamo quasi sul mare, alla nostra destra. La prima struttura che si presenta è proprio quella dell’hotspot: l'entrata è un po' defilata sulla destra e davanti a essa staziona una camionetta blindata dell'esercito con tre militari annoiati all'interno che non appena passiamo sollevano lo sguardo. […] Oltre alla camionetta dell'esercito all'entrata non vi era altro personale visibile, neppure dalle inferriate che ne cingono il perimetro esterno. La struttura è composta da un’entrata sulla destra guardando il mare, da una serie di container nel cortile esterno e da un grande capannone simile a quelli che si utilizzano come magazzini. Dopo questa struttura vedo un altro cancello con scritto “dogana” e un cartello della Guardia di Finanza. C. mi accenna al fatto che la struttura era in origine la dogana del porto commerciale di Pozzallo che infatti da quel punto andando verso il centro incomincia con una serie di banchine. Procediamo in direzione del centro: oltre alla zona commerciale raggiungiamo il porto turistico dove, mi viene spiegato, “c’è un aliscafo che in 90 minuti ti porta a Malta”. Nonostante non sia permesso l'accesso entriamo in macchina e mi viene mo- strata la banchina e la darsena dove sono attraccate diverse imbarcazioni.» (Diario di campo)

Queste note dal diario di campo che raccontano del mio primo incontro con l’hotspot risultano particolarmente utili per abbozzare in un’immagine la configurazione del territorio e i diversi luoghi che lo compongono, i loro punti di collegamento, le vie d’accesso. La successione di complessi e aree che rispondo a funzioni e ambiti distinti – per la vita della cittadina, per l’amministrazione del confine – acquista di senso se si analizzano alcuni elementi dell’organizzazione economica e sociale della località e la loro evoluzione nel tempo e il ruolo di questi stessi spazi. La struttura che attualmente ospita l’hotspot di Pozzallo fornisce un chiaro esempio di come le politiche europee e nazionali di gestione delle migrazioni assumano forme specifiche nel loro confrontarsi e farsi concreto all’interno di un determinato contesto locale. Un intreccio che pare fondarsi nella definizione stessa dell’approccio hotspot, come viene riportato nella Nota esplicativa del Commissario Avramopoulos (European Commission 2015b), in cui viene indicato che i punti di crisi devono essere dislocati all’interno di strutture preesistenti a disposizione degli Stati membri. L’edificio nel porto di Pozzallo quindi non è stato costruito e realizzato allo scopo di controllare, identificare, contenere e indirizzare i movimenti migratori. Si tratta, invece, di una struttura parte di un complesso più grande, che corrisponde alla Dogana del porto commerciale della cittadina: una struttura quindi fin dalla sua origine adibita al governo della mobilità cioè alla registrazione, controllo e filtraggio di ciò che è in transito. La storia di questo luogo, delle differenti funzioni e utilizzi che ha assunto nel tempo, risulta allora importante per evidenziare come le tecnologie di gestione delle migrazioni al confine siano mutate e con esse le geografie dei territori in cui sono collocate.

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Dai tempi della sua costruzione, in concomitanza con l’ammodernamento delle infrastrutture portuali della citta- dina, ospita i locali della Guardia di Finanza adibiti al controllo delle merci. Parte della struttura cambia il proprio utilizzo con il riemergere del fenomeno degli sbarchi in particolare a partire dalla fine degli anni 2000: in questo periodo viene utilizzato per fornire il primissimo soccorso alle persone appena sbarcate. Lo spazio ha la funzione sia di centro logistico in cui vengono conservati beni di prima necessità e per l’assistenza da parte dei volontari, sia di primo rifugio, dove viene ospitato chi è sbarcato.

«[Dopo l’assistenza nel luogo dello sbarco], a mano a mano poi si portavano in questo locale che era appunto della dogana, questo grande locale. […] Non era adibito come adesso a centro di accoglienza ma era man mano adeguato in base alle esigenze.» (C. S.)

Gli spazi interni, come emerge dalle testimonianze, vengono costantemente definiti e ridefiniti e delineano un orizzonte del provvisorio, dell’indeterminato, del temporaneo, che si costituisce ancora una volta come la cifra della logica dell’emergenza e che, nel suo riprodursi, legittima la crisi come condizione del quotidiano. Questa spazialità minimale, questa sostanziale indeterminatezza nella divisione degli spazi interni, è il tratto più evidente dalle descrizioni dei testimoni. I servizi, le funzioni, che deve fornire la struttura sono ridotti a essere qualificati dagli oggetti presenti al suo interno:

«La struttura prevedeva dei letti, c’erano i bagni, c’era un angolo di ristoro dove ad esempio abbiamo dato i pasti.» (A. C.)

In questa fase la struttura è gestita dal Comune di Pozzallo ed è nelle disponibilità degli attori che intervengono e operano in caso di sbarchi, in particolare della Protezione Civile che si occupa anche delle questioni logistiche. Questa gestione del complesso della Dogana – o meglio di parte di esso poiché un’area continua ad essere destinata alla sua funzione originaria – fondata sul ruolo ricoperto dal Comune e sul lavoro volontario del gruppo locale della Protezione Civile e strettamente collegata alla gestione degli sbarchi che a sua volta si basa sull’intervento delle forze dell’ordine e del personale sanitario provinciale, permane fino alla fine del 2011. La sempre maggiore regolarità negli arrivi degli anni precedenti e il netto incremento degli sbarchi nei primi mesi dell’anno portano a un cambiamento nelle modalità di gestione della struttura. Nel settembre dello stesso anno viene firmata una con- venzione tra Prefettura e Comune di Pozzallo il cui obiettivo è formalizzare l’organizzazione della primissima accoglienza e i ruoli dei diversi attori. Secondo questa convenzione il Comune di Pozzallo è formalmente respon- sabile dei servizi legati all’accoglienza e della gestione della struttura che vengono poi subappaltati a ditte esterne. I servizi di assistenza alla persona, di ristorazione, di pulizia vengono materialmente gestiti da cooperative differenti. Si verifica quindi l’entrata di attori del privato sociale nel campo della prima accoglienza, in precedenza ad appan- naggio esclusivo di autorità locali, istituzioni, volontariato. Parte consistente del privato sociale che viene coinvolto è composto da attori del volontariato che si professionalizzano e danno vita a cooperative sociali.

Il fondamento di tale convenzione per la gestione della struttura è lo “Schema di capitolato di appalto per la ge- stione dei centri di primo soccorso e di assistenza – centri di accoglienza – centri di accoglienza per richiedenti asilo – centri di identificazione ed espulsione” approvato con D.M. del 21 novembre 2008. In questo capitolato sono contenute le indicazioni materiali sulle caratteristiche che devono avere i centri di prima accoglienza e le funzioni che devono espletare: registrazione e controllo delle presenze; assistenza generica alla persona, fornitura di pasti, lavanderia, informativa sulla possibilità di fare richiesta d’asilo; assistenza sanitaria continuata e individua- zione di vulnerabilità eventuali; pulizia; fornitura di beni di prima necessità. Il personale che dev’essere presente nel centro dipende dalle dimensioni della struttura e dal numero di persone ospitate. Il sistema di assegnazione prevede che siano le singole Prefetture a stipulare le convenzioni che, secondo questo schema, devono presentare un unico Ente gestore titolare dell’appalto e responsabile quindi di tutti i servizi. Nel caso del centro di Pozzallo, il responsabile formale della struttura di fronte alla Prefettura di Ragusa è il Comune: quest’ultimo subappalta poi i servizi a diverse cooperative sociali locali.

La convenzione, che ha durata triennale, definisce i caratteri e le funzioni che devono essere espletate all’interno del centro, delineando contorni e limiti formali a quanto fino ad allora era stato gestito in maniera sostanzialmente autonoma dagli attori locali. Questa “standardizzazione” e regolamentazione della struttura porta quindi alla pro- fessionalizzazione della primissima accoglienza. Formalità e nuovo nome del complesso – Centro di Primo

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Soccorso e Accoglienza – non sembrano però mutare le pratiche interne che la caratterizzano, secondo il racconto di chi vi ha prestato e presta ancora servizio:

«Jacopo: Quindi dal 2011 diventa Centro di Primo Soccorso e Accoglienza? Chiara: Sì, oddio ha cambiato tanti nomi… però per me è sempre lo stesso. Perché il CPSA, Centro di Primo Soccorso e Accoglienza, in realtà già per sé nella definizione aveva che il migrante doveva restare 24/72 ore per poi essere trasfe- rito. Anche prima [era così]…» (C. S.)

Alla fine del 2014, al suo scadere, la convenzione non viene rinnovata ma viene bandita un’altra gara da parte del Comune di Pozzallo in cui si subappalta l’intera gestione del centro a un’unica cooperativa ad un prezzo molto inferiore. Per circa un anno e mezzo non viene nominato il titolare del nuovo appalto e la gestione provvisoria del centro viene data, in successione, a due cooperative: Luoghi comuni dal dicembre 2014 al giugno 2015 e Azione sociale dal luglio 2015 al luglio 2016. A luglio 2016 viene decretata vincitrice del bando la cooperativa Domus Caritatis che diventa l’ente gestore della struttura, previsto per i successivi 3 anni.

Come si può notare, i cambiamenti nella gestione del centro non seguono i cambiamenti formali, nella definizione delle sue funzioni: è la stessa cooperativa che è in carica quando a dicembre 2015 il centro prende ad essere chia- mato, da CPSA, “hotspot”. Si tratta di uno spazio che viene descritto da chi lo popola come immutato, definito dalle funzioni che deve espletare: l’identificazione e l’incanalamento, rapido, dei soggetti in movimento. I muta- menti nelle pratiche della gestione della struttura si manifestano invece su un altro piano, quello dei rapporti tra i singoli attori locali e la loro stessa composizione:

«Inizialmente anche le risorse erano minori, poi man mano… Anche a livello di personale di polizia: è aumentato. Perché ora c’è un sistema che non c’era prima. […] Allora ce n’erano pochi ora ce n’è molti di più. Ci sono quelli di Frontex. […] La gestione della cooperativa all’interno del centro non cambia più di tanto perché i servizi tu li dai secondo dei criteri ben scritti, ben precisi. Ognuno lì dentro ai suoi compiti, per cui la polizia si muove in un modo, gli operatori in un altro, la cooperativa deve dare delle cose in un altro modo… All’incirca non ci sono stati grandi cambiamenti. Sicuramente ora questa coo- perativa – ma non so se è di per sé, per la cooperativa o il direttore del centro – sono più attenti a certe cose. […] Bene o male il servizio al migrante, al momento dello sbarco eccetera, è sempre lo stesso.» (C. S.)

Il personale che lavora per le diverse cooperative che si susseguono rimane sostanzialmente lo stesso, mentre aumenta il personale delle forze dell’ordine, che cambia con turnazioni mensili, e quello di Frontex per il quale i turni sono di alcune settimane.

Contemporaneamente, viene impiegato in struttura in maniera continuata il personale medico, seguendo le dispo- sizioni contenute nelle Procedure Operative Standard diramate dal Ministero dell’Interno (2016). Tale presenza riarticola pratiche e funzioni espletate all’interno della struttura come verrà analizzato in dettaglio. Prima di con- centrarsi sulle modalità con cui il sapere medico va a delineare nuove forme di quello che chiamiamo confine umanitario, si vuole mettere ulteriormente a fuoco il contesto locale dal punto di vista economico e sociale per descrivere le trasformazioni di una zona di confine nel momento in cui viene dispiegato l’apparato di controllo confinario.

Pozzallo come zona di confine: impatto del regime confinario sul tessuto sociale ed eco-