Dopo questa disamina su alcuni degli aspetti principali che caratterizzano l’approccio hotspot, è utile evidenziare le due dimensioni temporali in prima battuta contrapposte che sembrano scandire le esperienze vissute all’interno del territorio di frontiera, ai confini esterni dell’Europa, in particolare ai bordi di quella barriera “naturale” chiamata Mediterraneo: l’urgenza e l’attesa. Come è stato illustrato in precedenza, l’urgenza è il piano che caratterizza e fa da sfondo ai discorsi e razionalità fondati sui concetti di crisi ed emergenza che informano le politiche migratorie
27 Il sistema di ricollocamento implica sostanzialmente il trasferimento di un certo numero di richiedenti asilo da alcuni Stati di confine agli altri Stati membri, per una più efficiente “redistribuzione della pressione” dei movimenti migratori tra tutti i Paesi dell’Unione.
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e confinarie europee. Di urgenza si parla nei report delle agenzie europee rispetto a diversi temi tutti afferenti la questione migratoria; nelle risoluzioni, dichiarazioni, roadmap, procedure elaborate dai differenti organismi dell’Unione Europea; nelle comunicazioni, nel dibattito pubblico, nella politica a livello nazionale. L’urgenza ca- ratterizza le azioni delle istituzioni nazionali ed europee, delle organizzazioni internazionali, delle ONG che si occupano di migrazioni e di frontiere: controlli, identificazioni, respingimenti, tutela e cura delle vulnerabilità, sal- vezza delle vite umane in pericolo, individuazione degli “scafisti”, trasferimenti.
L’attesa è l’orizzonte che pervade l’esperienza dei migranti i quali, via terra e via mare, raggiungono le frontiere d’Europa. Ciò risulta evidente se prendiamo in considerazione quanto accade nei cosiddetti “Stati in prima linea”, Italia e Grecia: nel paese ellenico, ai mesi di attesa per conoscere l’esito di una domanda di protezione internazionale si sono aggiunti quelli negli hotspot presenti sulle isole da quando, in seguito alla Dichiarazione UE-Turchia, è stato reso obbligatorio presentare domanda d’asilo in tali centri (UNHCR 2017); in Italia, a fronte di una perma- nenza negli hotspot anche di qualche settimana, l’attesa caratterizza i passaggi successivi nel percorso d’asilo come la permanenza nei Centri di Accoglienza Straordinaria aspettando che la propria domanda d’asilo venga valutata. Un’attesa duplice, quindi, che proietta i migranti in un limbo tanto spaziale – la permanenza in strutture indeter- minatamente provvisorie – quanto legato alla propria identità – l’ottenimento di uno status legale.
Attesa e urgenza, inoltre, sembrano attraversare l’esperienza di soggetti differenti: da un lato, i migranti il cui oriz- zonte è costituito da un susseguirsi di momenti e spazi d’attesa che scandisce tutta la loro traiettoria migratoria in un’alternanza di mobilità e immobilità; dall’altro lato gli attori del campo del controllo e della gestione dei confini e dei movimenti migratori sia istituzionali che non-governativi, le azioni e i discorsi dei quali rispondono a una razionalità fondata sull’intervento d’emergenza e, paradossalmente, sulla ripetizione e la routine maturata in anni di amministrazione confinaria, come si vedrà di seguito (Jeandesboz e Pallister-Wilkins 2016).
Non deve sfuggire, però, l’asimmetria strutturale cui rimandano queste due dimensioni e i posizionamenti cui si riferiscono. Lo spazio e il tempo dell’attesa sono costituiti dall’effetto delle politiche migratorie europee e dal suo regime confinario, e producono una mobilità differenziale per alcuni soggetti – quelli che non corrispondono a specifici parametri di classe, di razza, di colore, di genere, di età, di provenienza geografica e ai quali, sulla base di questi, vengono attribuite determinate etichette – fatta di interruzioni, blocchi, accelerazioni improvvise, decelera- zioni, deviazioni, arretramenti. L’urgenza descrive il tempo degli interventi operativi, emergenziali, privi di una pianificazione di lungo periodo e caratterizza l’agire di istituzioni e autorità di governo che in virtù di questa di- spongono dei soggetti migranti alterandone le traiettorie di mobilità e costituendo nuovi spazi d’attesa. Il punto d’incontro delle due temporalità sopra descritte, il momento di unione in cui l’urgenza del salvataggio sembra affievolirsi e subentra l’attesa, è l’hotspot.
Lo sbarco con tutte le operazioni e le procedure che lo anticipano e da cui è seguito rappresenta il culmine di questo stato di crisi, di questa emergenza, in cui tutti gli attori coinvolti sono partecipi. Ad esso seguono i lunghi momenti e spazi d’attesa che a partire dall’hotspot caratterizzano i percorsi dei migranti sbarcati.
POZZALLO
Dopo aver messo a fuoco il dispositivo dell’hotspot all’interno del quadro delle politiche migratorie europee e della cultura della sicurezza e del rischio che le contraddistinguono (Bigo 2014) è possibile analizzare la messa all’opera di questo apparato nel contesto del confine del Mediterraneo centrale. Per questo è esaminato il divenire storico di questa zona di confine. In questo paragrafo in particolare verrà ricostruita la storia recente della struttura che attualmente ospita l’hotspot presso il porto di Pozzallo. Si tratta di una storia che giocoforza è intrecciata con l'evolversi delle politiche migratorie a livello italiano ed europeo, con i mutamenti delle congiunture economiche, i cui riverberi si ripercuotono fin nel piano locale, e più in generale con le ridefinizioni successive della mobilità europea interna ed esterna e la riarticolazione ed espansione dei dispositivi di controllo del confine. La stessa storia della località di Pozzallo può essere inquadrata a partire dal suo divenire ed evolversi come zona di confine. Per svolgere questa ricostruzione oltre alle fonti storiografiche di storia locale e statistiche che, seppur scarse, costituiscono le fondamenta del lavoro, sono largamente utilizzate le testimonianze dirette, raccolte sul campo, degli attori che hanno vissuto in prima persona gli eventi. Il Comune di Pozzallo, di alcune decine di migliaia di
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abitanti, si estende per diversi chilometri sulle coste meridionali della Sicilia nella provincia di Ragusa. Il complesso urbano si è sviluppato sul mare: alcune tracce dell’insediamento originario sono evidenti dalla presenza di un com- plesso di strutture chiamato il “Caricatore” costruito nel XIV dai conti di Modica, costituito da magazzini per il frumento e altri prodotti agricoli e attrezzato per il carico e scarico delle navi. La cittadina diviene sede di una tale struttura probabilmente in virtù della sua posizione geografica, per la propria vicinanza con Malta. Pozzallo diventa così un modesto snodo commerciale: nel XV secolo, a seguito della conquista aragonese della Sicilia, viene fatta costruire dai nuovi signori locali una torre in prossimità della costa, a scopi difensivi. Per almeno un secolo la località si costituisce quindi come uno dei porti di maggior rilievo della costa meridionale dell’isola. Seguono alcuni secoli di declino fino alla ripresa di una fiorente attività commerciale marittima nel corso del XIX secolo successi- vamente alla riattivazione del porto. Nel XX secolo, la cittadina viene rinnovata nelle sue infrastrutture attraverso la costruzione di un vero e proprio porto commerciale e di un potenziamento graduale di quanto già esistente: sul finire del ‘900 quindi si configurano due porti, uno più piccolo per le imbarcazioni private e la locale flotta di pescherecci e uno più grande, per i commerci e il turismo.