5. Giurisprudenza costituzionale e processo di affioramento di nuovi diritt
5.2. I diritti dei detenuti come diritti a “efficacia emersa”
5.2.1. Il caso “Rai Sport Rai Storia”: sulla vincolatività delle decisioni del magistrato di sorveglianza
Necessario corollario dell’effettiva garanzia giurisdizionale dei diritti riconosciuti ai detenuti, sia dalla normativa penitenziaria sia dalle pronunce giurisprudenziali in materia, è l’imprescindibile carattere di vincolatività che deve essere assicurato alle decisioni della magistratura di sorveglianza.
In altri termini, a un riconoscimento della natura giurisdizionale dei provvedimenti del magistrato di sorveglianza non potrebbe non conseguire una naturale vincolatività giuridica delle sue decisioni nei confronti di tutti i soggetti dell’ordinamento, ivi compresa - naturalmente - l’Amministrazione penitenziaria275.
Rass. Penit. Crimin., 2004, 2, p. 149; R. MURA, Le Sezioni Unite assicurano la garanzia
giurisdizionale anche agli interessi legittimi del detenuto, ma mantengono in vita il procedimento de plano, in Cass. pen., 2004, p. 1362; C. VETRANO, Un passo avanti sulla strada della
giurisdizionalizzazione dell’esecuzione penale, in Giur. cost., 2004, p. 792. Per un’esaustiva
ricostruzione della giurisprudenza in materia, anche in relazione all’annosa questione sulla risarcibilità del danno derivante da trattamento penitenziario si veda: G. FIORELLI, Reclamo e
risarcibilità da danno penitenziario: un brusco dietro front, in Riv. di Dir. e Proc. Pen., Milano, 3,
2012, p. 1195 ss..
275 È stato più volte messo in luce come la Corte Costituzionale si sia costantemente espressa nel
senso di riconoscere natura giurisdizionale al procedimento che si svolge ai sensi dell’art. 14-ter O.P. Cfr. sent. Corte Cost. n. 26 del 2009, sent. n. 190 del 2010, ord. n. 220 del 2010 e ord. n. 56 del 2011.
Ancora una volta, il condizionale (“potrebbe”) si giustifica per una discrasia tra l’essere e il dover essere. Lo conferma la recente sentenza n. 135/2013 della Consulta: risolvendo un conflitto di attribuzioni tra poteri dello stato, la giurisprudenza costituzionale ritorna sull’annosa questione della tutela effettiva dei diritti dei detenuti e - in particolare - sulla necessaria vincolatività delle decisioni della magistratura di sorveglianza.
La pronuncia trae origine da un reclamo proposto ai sensi degli artt. 35 e 69 O.P., da parte di un detenuto recluso presso la Casa Circondariale di Rebibbia Nuovo Complesso avverso un provvedimento del Direttore generale del Ministero della giustizia, con il quale si inibiva a tutti i detenuti sottoposti al regime detentivo speciale, la visione dei canali tematici “Rai Sport”, “Rai Storia” e “MTV”. Il reclamante lamentava, in particolare, l’intervenuta lesione del proprio diritto soggettivo all’informazione, costituzionalmente garantito dall’art. 21 Cost. ed esplicitamente tutelato dagli artt. 18 e 18-ter dell’ordinamento penitenziario.
Il magistrato di sorveglianza di Roma, ritenendo effettivamente integrata la lesione, annulla il provvedimento, ordinando all’Amministrazione il ripristino immediato dello status quo ante276. Tuttavia l’Amministrazione, anziché ottemperare alla decisione del giudice riattivando il segnale relativo alle emittenti “Rai Sport” e “Rai Storia”, insiste nel pereguire, al contrario, la via della non applicazione della decisione, ottenendo dal Ministero della Giustizia un decreto di “non esecuzione” del provvedimento giudiziale.
Il detenuto, vedendosi negato un diritto espressamente riconosciutogli da un provvedimento di natura giurisdizionale, interpella nuovamente il magistrato di sorveglianza che solleva il conflitto di attribuzioni tra poteri dello stato davanti alla Corte Costituzionale. Si chiede cioè alla Consulta di dichiarare, in via definitiva, la vincolatività dei provvedimenti adottati dalla magistratura di
276
Nello specifico, il giudice del reclamo aveva ritenuto insussistenti le ragioni atte a giustificare una limitazione del diritto all’informazione, essendo difficilmente ipotizzabile che le due emittenti Rai potessero veicolare messaggi dall’esterno (era peraltro rimasto attivo il segnale di altre sette reti nazionali). Lo stesso giudice aveva invece negato la riattivazione per l’emittente televisiva MTV in quanto «effettivamente adusa alla riproduzione in video di messaggi inviati dal pubblico».
sorveglianza e, conseguentemente, di annullare il decreto ministeriale in questione.
La Corte Costituzionale, dopo aver dichiarato ammissibile il conflitto277 lo risolve con la sentenza n. 135 del 7 giugno 2013: in nessun caso, il Ministero della Giustizia o qualsiasi altro organo del Governo, può disporre che non venga data esecuzione ad una decisione del magistrato di sorveglianza assunto a norma degli articoli 14-ter, 35 e 69 dell’ordinamento penitenziario. Era stata peraltro prospettata una cessazione della materia del contendere che avrebbe impedito alla Corte di pronunciarsi sulla questione. In seguito alla proposizione del conflitto, infatti, l’Amministrazione - quasi presagisse la decisione della Corte - aveva revocato la disposizione che imponeva l’oscuramento dei due canali consentendo al reclamante, la possibilità di ricevere il segnale di tutti i canali tematici eliminando così la compressione del diritto all’informazione. Tale revoca, tuttavia, non poteva ritenersi sufficiente a “rimediare” al provvedimento di diniego dell’Amministrazione e, conseguentemente, a far cessare la materia del contendere: la nota del DAP, invero, non agisce retroattivamente e non equivale in sé al riconoscimento da parte dell’Amministrazione dell’efficacia vincolante dei provvedimenti giudiziali del magistrato di sorveglianza, non risolvendo quindi la questione che il conflitto poneva.
Ciò premesso - sottolinea la Consulta - l’Amministrazione avrebbe potuto impugnare l’ordinanza mediante ricorso per Cassazione; preferendo, viceversa, la via della non applicazione, oltre ad aver determinato la definitività della pronuncia per scadenza dei termini, ha «vanificato un provvedimento di un giudice, adottato
nei limiti e con le forme previsti dall’ordinamento a norma degli articoli 14-ter, 35 e 69 dell’ordinamento penitenziario», così menomando le attribuzioni di un
organo appartenente al potere giudiziario e rendendo «ineffettiva una tutela
giurisdizionale esplicitamente prevista dalle leggi vigenti e costituzionalmente necessaria».
Infatti, «se il procedimento e la conseguente decisione del magistrato di
sorveglianza si configurano come esercizio della funzione giurisdizionale, in
quanto destinati ad assicurare la tutela di diritti, si impone la conclusione che quest’ultima sia effettiva e non condizionata a valutazioni discrezionali di alcuna autorità», compresa l’eventuale inottemperanza da parte dell’Amministrazione
penitenziaria278.
Sul punto la Consulta richiama la più volte citata sentenza Torreggiani e
altri v. Italia che, come si avrà modo di specificare nel proseguo della
trattazione279, ha espressamente censurato la prassi italiana di non rendere “effettivo nella pratica” il reclamo rivolto al magistrato di sorveglianza, ai sensi degli artt. 35 e 69 O.P.280. Come anticipato nel paragrafo precedente, in questa direzione si era espresso anche il Governo italiano, affermando, al punto 41 della sentenza che «il procedimento davanti al magistrato di sorveglianza costituisce un
rimedio pienamente giudiziario, all’esito del quale l’autorità adita può prescrivere all’Amministrazione Penitenziaria misure obbligatorie volte a migliorare le condizioni detentive della persona interessata». Ciò che non può
essere tollerato, allora, è che lo stesso Governo (tra l’altro nella medesima compagine) abbia, invece, assunto una posizione diametralmente opposta nel caso in esame, legittimando condotte omissive dell’Amministrazione penitenziaria volte a non ottemperare ad un provvedimento di natura giurisdizionale.
In conclusione, nel dichiarare la non spettanza al Ministro della Giustizia del potere di non eseguire quanto previsto nell’ordinanza del magistrato di sorveglianza - e ribadendo in via definitiva la vincolatività delle sue decisioni - la
278 A questo proposito la Corte Costituzionale aveva precedentemente chiarito che le “disposizioni”
adottate dal magistrato di sorveglianza, aventi ad oggetto diritti dei detenuti e rese secondo la procedura di cui all’art. 14-ter O.P., non si configurano come mere «segnalazioni» assumendo, viceversa, la natura di «prescrizioni od ordini, il cui carattere vincolante per l’amministrazione
penitenziaria è intrinseco alle finalità di tutela che la norma stessa persegue» (Corte Cost. sent. n.
266 del 2009). Nella stessa direzione si muovono la sentenza n. 190 del 2010 e le ordinanze n. 220 del 2010 e 56 del 2011.
279 Infra, cap. 3, par. 2.1.1. 280
Vale la pena anticipare come i giudici i Strasburgo, al punto 53 della sentenza, hanno affermato che «anche ammesso che esista una via di ricorso riguardante l’esecuzione delle ordinanze dei
magistrati di sorveglianza, [...] non si può pretendere che un detenuto che ha ottenuto una decisione favorevole proponga ripetuti ricorsi al fine di ottenere il riconoscimento dei suoi diritti fondamentali a livello dell’Amministrazione penitenziaria».
Corte rileva come non sussistano esigenze attinenti all’organizzazione penitenziaria tali da giustificare la menomazione del diritto costituzionalmente garantito all’informazione.
L’inottemperanza dei provvedimenti giudiziali concernenti i diritti dei detenuti è dunque illegittima, perchè in contrasto con il sistema di attribuzioni costituzionali e con la tutela effettiva dei diritti dei detenuti.
Ancora una volta, quindi, si assiste a un disarmante “braccio di ferro” tra forze governative e giurisprudenza, tra azioni politiche che svuotano di contenuto i precetti costituzionali e pronunce che faticosamente tentano di riportare al centro del sistema la tutela dell’individuo e l’effettività dei suoi diritti281
. In questo complesso panorama, l’effettività della tutela giurisdizionale non può che configurarsi come un “diritto a efficacia espansiva”, un diritto cioè la cui valenza non ha confini definiti ma è destinata ad espandersi in relazione all’emersione di nuovi diritti.
281 Per un approfondimento sul conflitto di attribuzioni deciso con la sentenza n. 135/2013 e, più in
generale sulla necessità di un’effettiva tutela giurisdizionale dei diritti dei detenuti, si veda M. RUOTOLO, The domestic remedies must be effective, op. cit., p. 2084 ss. La pronuncia della Consulta viene esaminata dall’Autore articolando il percorso logico-giuridico secondo quattro fasi: rilevanza della decisione rispetto al trattamento dei detenuti in regime di 41-bis; qualificazione della situazione giuridica soggettiva lesa dal provvedimento dell’Amministrazione come diritto all’informazione; carattere vincolante delle decisioni assunte dalla magistratura e illegittimità delle restrizioni operate nei confronti dei detenuti che non siano funzionali alle esigenze di sicurezza inerenti alla custodia in carcere.
Si vedano altresì A. DELLA BELLA, La Corte costituzionale stabilisce che l’Amministrazione
penitenziaria è obbligata ad eseguire i provvedimenti assunti dal Magistrato di sorveglianza a tutela dei diritti dei detenuti, in www.penalecontemporaneo.it, 13 giugno 2013; C.FIORIO, Poteri
dell’amministrazione penitenziarie e sindacato di giurisdizionalità, in Giurisprudenza Costituzionale, 3, 2013, p. 2092 ss. Per una riflessione antecedente alla decisione della Consulta si
veda infine M. GIALUZ, Tutela dei diritti dei detenuti: ammesso il conflitto di attribuzione tra
magistratura di sorveglianza e Ministro della giustizia, in www.penalecontemporaneo.it, 20 marzo
5.2.2. Tutela giurisdizionale e crediti derivanti dal lavoro penitenziario: un