DIRITTI SOMMERSI E CORPO RISTRETTO
1. Diritti sommersi e tutela dei legami affett
1.1. Diritto alla sessualità intramuraria: legittima negazione o colpevole omissione?
1.1.4 La decisione della Consulta: inammissibilità con valenza monitoria
Dalle riflessioni che precedono sembra difficile negare come l’attuale normativa penitenziaria importi una condizione di astinenza sessuale coatta che assume, di fatto, la qualifica di conseguenza accessoria della pena, senza che vi Quanto alla giurisprudenza costituzionale in materia, soprattutto in relazione all’incompatibilità con lo stato di detenzione, si vedano le sentt. n. 134/1984, n. 70/1994, n. 165/1996; n. 173/1997, n. 70/1994.
337 Il giudice rimettente sembra optare, quantomeno formalmente, per una pronuncia di
accoglimento parziale traducibile, sotto il profilo sostanziale, in un intervento sostitutivo. Forse il giudice a quo, più chiaramente, avrebbe potuto chiedere una sentenza additiva, ossia la dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 18, 2 comma, O.P. nella parte in cui non prevede la possibilità per il detenuto di incontrare il partner in luoghi sottratti al controllo a vista del personale di custodia. Tale soluzione, pur non formalmente espressa, era tuttavia desumibile dal complesso dell’ordinanza: l’intervento sostitutivo, infatti, mirando ad affiancare - non ad eliminare - ai casi di obbligatorietà del controllo a vista la possibilità di escludere tale controllo al ricorrere di determinate condizioni, sostanzialmente non potrebbe che configurarsi come un intervento di tipo additivo, che trova nella sentenza di accoglimento parziale il suo naturale presupposto. Il verso dell’addizione sembrerebbe dunque desumibile interpretando la richiesta del giudice rimettente: ad essere viziata da illegittimità costituzionale non sarebbe la volontà negativa in quanto tale, ma la mancata previsione di una volontà positiva che renda possibile, al ricorrere di determinate condizioni, un’alternativa all’obbligatorietà del controllo a vista del personale di custodia sui colloqui.
Per un ulteriore approfondimento sull’ordinanza di rimessione, anche in relazione agli ostacoli processuali, si vedano: C. RENOLDI, Il diritto all'affettività delle persone detenute: la parola alla Corte costituzionale, in Quest. giust., 2012, n. 4, p. 215 ss. e S. TALINI, Un diritto “sommerso”: la
questione dell’affettività in carcere approda alla Corte costituzionale, in Forum di Quaderni Costituzionali, 18 ottobre 2012.
siano esigenze di ordine e sicurezza tali da giustificare la negazione tout court del diritto.
Tuttavia la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 301 del 2012, dichiara la questione inammissibile sotto un duplice profilo. Viene in primo luogo accolta l’eccezione sulla non autosufficienza dell’ordinanza di rimessione: l’assoluta mancanza di una descrizione adeguata della fattispecie concreta e delle ragioni che hanno condotto il giudice a quo a ritenere applicabile la norma al caso di specie impedisce una pronuncia nel merito, stante l’impossibilità per la Corte di operare un sindacato di legittimità in via astratta e svincolata dal concreto oggetto del giudizio338.
Quanto al secondo motivo di inammissibilità, i giudici costituzionali rilevano come il petitum sarebbe comunque incongruo rispetto allo scopo perseguito: l’eliminazione del controllo a vista di cui all’art. 18, comma 2 O.P. non comporterebbe l’automatico riconoscimento del diritto alla sessualità intramuraria per due ordini di motivi.
Da un lato, l’obbligatorietà del controllo trova giustificazione nella necessaria tutela delle esigenze di ordine e sicurezza; la circostanza che tale statuizione renda di fatto impossibili i rapporti affettivi e sessuali tra partners è solo un effetto indiretto della norma, che non può giustificare il venir meno di ogni forma di sorveglianza sulla generalità dei controlli.
Dall’altro, il richiesto intervento ablativo non sarebbe di per sé sufficiente a ottenere il riconoscimento del diritto, presupponendo una serie di scelte discrezionali del legislatore in ordine non solo a modalità e tempi di attuazione, ma anche al processo di bilanciamento che vede contrapposti l’emersione del diritto e le esigenze securitarie connaturate alla condizione di privazione della libertà personale. Scelta discrezionale che sarebbe compiuta dalla Corte qualora
338
Sul principio di autosufficienza dell’ordinanza di rimessione si veda la pronuncia della Consulta n. 338/2011: «l'omessa o insufficiente descrizione della fattispecie, non emendabile mediante la
diretta lettura degli atti, impedita dal principio di autosufficienza dell'atto di rimessione, preclude il necessario controllo in punto di rilevanza». Dello stesso tenore le ordinanze n. 93 e 127 del 2012
intervenisse con una sentenza additiva: nelle valutazioni del giudice rimettente, infatti, il riconoscimento di un diritto alla sessualità intramuraria non avrebbe portata generale ma dovrebbe riconoscersi esclusivamente quando esista all’interno della dimensione affettiva un rapporto di matrimonio o convivenza stabile, imponendo così un’astinenza sessuale coatta a coloro che non siano legati da tali rapporti. Questa soluzione si porrebbe in un difficile rapporto di coerenza con diversi parametri costituzionali e, non essendo l’unica normativamente ipotizzabile, imporrebbe alla Corte una scelta di fondo tutt’altro che costituzionalmente obbligata339.
Al di là dei motivi processuali che hanno condotto la Consulta a dichiararne l’inammissibilità, la questione solleva alcuni dubbi.
Occorre in primo luogo interrogarsi sulla permanenza nell’ordinamento del controllo a vista sui colloqui del personale di custodia. Premesso che in passato molto è stato fatto affinché i colloqui fossero realmente gli strumenti normativamente preposti a mantenere, ristabilire o migliorare le relazioni familiari, la questione di legittimità costituzionale segnala come la necessaria, inderogabile, presenza dell’agente di custodia pregiudichi significativamente la libertà nelle manifestazioni affettive e, alla radice, la possibile emersione del diritto alla sessualità intramuraria.
Se, come eccepito dall’Avvocatura di Stato e confermato dalla Consulta, il venir meno dell’obbligatorietà del controllo non comporterebbe di fatto il riconoscimento di un diritto alla sessualità intramuraria, ci si domanda se altrettanto dovrebbe concludersi qualora l’accento fosse posto esclusivamente sul diritto all’affettività. C’è da chiedersi, in altri termini, se la rimozione dell’automatismo di cui all’art. 18 O.P., pur non consentendo l’emersione del
339 Sull’inammissibilità di interventi additivi in materie riservate alla discrezionalità del legislatore
si veda a titolo esemplificativo: Corte Cost. n. 134/2012, la questione deve dichiararsi inammissibile perché «si richiede una addizione normativa che - essendo solo una tra quelle
astrattamente ipotizzabili - non costituisce una soluzione costituzionalmente obbligata, ed eccede i poteri di intervento di questa Corte, implicando scelte affidate alla discrezionalità del legislatore»
nonché la sent. n. 271/2010. Dello stesso tenore le ordinanze: n. 138/2012: n. 113/2012; n. 59/2010 e n. 225/2007.
diritto, non sia comunque costituzionalmente auspicabile nell’ottica di consentire al detenuto maggiore libertà e naturalezza nelle manifestazioni affettive - da intendersi in senso ampio come rapporto detenuto-famiglia - sicuramente influenzate, in termini di soggezione, dalla costante presenza di un agente di custodia340.
In effetti, non è difficile intuire come l’obbligatorietà del controllo durante i colloqui pregiudichi significativamente la libertà nelle manifestazioni intime, rendendo di fatto improbabile un’espressione naturale dell’affettività.
In altre parole, una normativa penitenziaria che assume su di sé il compito di promuovere un processo di risocializzazione garantito dai principi costituzionali in tema di esecuzione è un ordinamento che mal dovrebbe tollerare, in termini di coerenza di sistema, l’obbligo inderogabile previsto dell’art. 18, comma, 2 O.P. Ne deriva che, in vista di una piena tutela offerta al diritto all’affettività - da valutare separatamente rispetto alla sfera sessuale - occorre riflettere sull’opportunità di affiancare alla volontà negativa del legislatore una volontà positiva che renda possibile, in assenza di esigenze di ordine e sicurezza e al ricorrere di determinate condizioni, un’alternativa all’obbligatorietà dell’automatismo.
Se così fosse, la modifica auspicata potrebbe tradursi in un passo costituzionalmente necessitato. L’obiettivo sarebbe duplice: consentire un’effettiva espressione del diritto all’affettività e, in secondo luogo, stabilire le premesse per un successivo intervento - anche regolamentare - che definisca luoghi, modi e tempi per l’esplicazione del diritto.
In secondo luogo occorre interrogarsi sui profili soggettivi di un’eventuale diritto alla sessualità intramuraria. A questo proposito, la Consulta ha sottolineato come il riconoscimento del diritto esclusivamente a coloro che siano legati da un rapporto di coniugio o convivenza stabile sarebbe difficilmente compatibile con
340In questo senso il giudice a quo sottolinea come «spesso, nella realtà del nostro paese, le modalità dei colloqui in spazi ristretti ed affollati limitano fortemente anche la sola espressione di affetto fra le persone» ne deriva che «anche il semplice colloquio è limitato e limitante (…) e determina il rischio dell’inaridimento dei rapporti con il resto della famiglia».
diversi parametri costituzionali (basti pensare ai principi di eguaglianza, rieducazione del reo e umanizzazione della pena), imponendo di fatto una condizione di astinenza a coloro che non siano legati da tali rapporti affettivi.
Anche sotto questo profilo l’impasse potrebbe essere superata attraverso un equilibrato bilanciamento di valori. Se l’obbligatorietà del controllo a vista - come confermato dalla Corte - trova la sua ragion d’essere nella necessità di apprestare adeguata tutela all’ordine e alla sicurezza, un’eventuale limitazione dei profili soggettivi del diritto potrebbe trovare legittimazione proprio nella necessità di tutelare tali esigenze non essendo «irragionevole od arbitrario […] che il
legislatore adotti soluzioni diversificate per la famiglia fondata sul matrimonio, contemplata nell'art. 29 della Costituzione, e per la convivenza “more uxorio”».
La Corte, infatti, ha più volte riconosciuto come, con riferimento alla prima, vengano in rilievo «non soltanto esigenze di tutela delle relazioni affettive
individuali, ma anche quella della protezione dell'“istituzione familiare”, basata sulla stabilità dei rapporti, di fronte alla quale soltanto si giustifica l'affievolimento della tutela del singolo componente»341.
È una logica che potrebbe giustificare - in linea con il dettato costituzionale - differenze di trattamento anche nella sfera sessuale342. Difficile, in effetti, ipotizzare una portata generale degli incontri intimi nell’attuale quadro penitenziario; un quadro che ha più volte manifestato la propria diffidenza verso l’emersione del diritto in esame, stante il timore di una sua strumentalizzazione per fini illeciti.
Occorre, infine, dare risalto alla valenza monitoria della sentenza. La giurisprudenza costituzionale sembra chiedere - seppur velatamente - l’inserimento nell’agenda parlamentare di un intervento teso a riconoscere la
341Corte Cost. sent. n. 352/2000, per entrambe le citazioni riportate nel testo. Nello stesso senso la
sent. n. 138/2010.
342 La stessa Corte ha, in taluni casi, giustificato una differenziazione della disciplina anche in
riferimento al convivente stabile, sull’assunto che la tutela accordata dell’art. 29 Cost. attiene, ancora oggi, alla famiglia fondata sul matrimonio. In questo senso: Corte Cost. sentt. n. 138/2010 e n. 352/2000.
possibilità di intrattenere rapporti intimi con il partner anche a coloro che non possono godere dei permessi premio all’esterno. Siffatta modifica, esplicita la Consulta, sarebbe quantomeno auspicabile non solo in riferimento alla più volte ricordata tendenza europea ma anche, e soprattutto, in relazione al tentativo di valorizzare i principi costituzionali in materia penitenziaria: se la rieducazione è una delle qualità essenziali della pena e ne caratterizza il contenuto ontologico343, essa difficilmente potrà prescindere dall’espressione anche fisica dell’affettività come connotato dell’identità di ogni individuo da tutelare nei confronti delle ingerenze autoritarie e dai danni derivanti dalla carcerazione344.
La questione meriterebbe di essere rivista nell’ottica di un più generale ripensamento degli spazi carcerari in modo da garantire l’effettiva operatività dei principi costituzionali.
L’accento è ancora una volta posto sulla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo e sulla più volte richiamata sentenza Torreggiani e a. c.
Italia345. La pronuncia assume un’importanza particolare - per il tema che qui
interessa - non tanto in riferimento all’oggetto, quanto alla sua qualifica giuridica: scegliendo di adottare una sentenza pilota346, la Corte aveva messo in mora lo Stato italiano fissando in un anno il termine entro il quale doveva provvedere a ridisegnare gli spazi del carcere - spazi che, in conformità al dettato costituzionale, avrebbero dovuto essere tali da garantire un’esecuzione penale umana, rieducativa e risocializzante.
La giurisprudenza sovranazionale aveva quindi offerto un’importante occasione al legislatore: ripensare un ambiente carcerario in grado di apprestare adeguata tutela sia ai diritti positivamente riconosciuti - ma sostanzialmente negati
343Così la Consulta nella nota sentenza n. 313/1990. 344 Sul diritto all'affettività in carcere si vedano anche C. B
RUNETTI, Il diritto all'affettività per le
persone recluse, in Rass. Penit., 2008, p. 107 ss e E. DI SOMMA, L'affettività in carcere, in Dir.
pen. e processo, 1997, p. 864 ss. 345 Infra, cap. 3, par. 2.1.1.
346Tali pronunce sono previste dall’art. 46 CEDU, co. 1 e dall’art. 61 del Regolamento della
- sia a quelli che, pur essendo diretta espressione del dettato costituzionale, sono ancora ignorati dalla legge.
A pochi mesi dalla scadenza del termine può dirsi - senza stupore - che l’attuale governo non ha saputo cogliere l’occasione. Nell’affrontare la sfida dell’adeguamento della normativa penitenziaria alle istanze sollecitate sia dalla Corte Europea sia dal monito della Consulta, gli interventi normativi si sono concentrati esclusivamente su una riduzione numerica della popolazione carceraria, lasciando in secondo piano il tentativo di ridisegnare uno spazio della pena capace di garantire il diritto alla sessualità intramuraria attraverso la predisposizione di spazi e strutture idonee al suo effettivo godimento.
1.2. Esigenze di prevenzione sociale e tutela dell’infanzia: un difficile punto di