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I lavori preparatori dell’Assemblea Costituente: la discussione intorno alle funzioni della pena

4. Dal Codice Rocco alle garanzie costituzionali: umanizzazione e rieducazione

4.3. I lavori preparatori dell’Assemblea Costituente: la discussione intorno alle funzioni della pena

Come anticipato, i lavori preparatori dell’Assemblea Costituente si svolsero in un clima di acceso dibattito intorno alla funzione da attribuire alla pena,

67 Così dispone oggi l’art. 3 della Costituzione Italiana: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale

e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (infra, cap. 1, par. 4.4.1.).

68 M. A

SCHERI, Introduzione, op. cit., p. 422.

69 P. C

ALAMENDREI, Costruire la democrazia. Premesse alla Costituente, Montepulciano, 2004, p. 167.

oscillando tra i contrapposti postulati della Scuola Classica e della Scuola Positiva70. La preoccupazione manifestata dalla Commissione dei 75 era dovuta alla circostanza che un’esplicita presa di posizione sullo scopo da attribuire alla pena avrebbe potuto tradursi nel riconoscimento del primato di una delle due teorie tradizionalmente in conflitto. Ne discende un quadro piuttosto frammentato: secondo parte dei Costituenti alla pena doveva attribuirsi un fine di prevenzione, secondo altri di intimidazione, secondo altri ancora il solo fine di rieducazione del reo, estromettendo quindi il principio di umanizzazione dal dettato costituzionale. La discussione era quindi volta alla ricerca di una definizione quanto più capace di raccogliere i consensi delle due scuole71.

La difficoltà di prendere - o meno - posizione sulla funzione da attribuire alla pena emerge con chiarezza dalla lettura dei lavori preparatori della seduta del 15 Aprile 1947 intorno alla redazione dell’art. 21 del Progetto di Costituzione, articolo destinato a trasformarsi nell’attuale art. 27 Cost.

La formula proposta dalla Commissione così recitava: «le pene devono

tendere alla rieducazione del condannato e non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità». Risulta interessante, soprattutto in considerazione

di ciò che diventerà il principio di umanità, l’emendamento proposto dagli Onorevoli Bettiol e Leone in cui emerge con tutta evidenza la volontà di non prendere posizione sul problema della funzione da attribuire alla pena: «la Commissione, è chiaro, non ha voluto prendere posizione su questo problema. Esso tormenta da secoli le menti dei pensatori e dei filosofi e agita le legislazioni di tutto il mondo; non sarebbe stata quindi questa la sede opportuna per tentare di risolverlo»72. Proseguendo nell’illustrazione dell’emendamento, l’onorevole Leone mise in luce come la Commissione volesse comunque esprimere qualcosa di diverso, dichiarando quanto segue: «nell’esecuzione della pena, lo Stato si

70 F. C

AVALLA, La pena come problema. op. cit., p. 48.

71 G. F

IANDACA, Il 3°comma dell’art. 27, op. cit., p. 224.

72G. L

EONE in Assemblea Costituente, Seduta antimeridiana di martedì 15 Aprile 1947, Parte X, Tipografia della Camera dei Deputati, p. 2879.

assuma l’impegno di facilitare il processo di rieducazione, di recupero morale del delinquente»73.

In secondo luogo, l’emendamento propose di invertire l’ordine delle due coordinate dell’articolo 21 riducendo così la portata dell’ideale rieducativo; la nuova versione risultava così formulata: «le pene non possono consistere in

trattamenti contrari al senso di umanità o che ostacolino il processo di rieducazione morale del condannato»74. L’inversione delle coordinate aveva

dunque lo scopo di attribuire centralità al senso di umanità del trattamento, evitando che la rieducazione fosse concepita come fine principale della pena.

Nella medesima direzione l’emendamento presentato dall’On. Bastianetto: «nell’esecuzione delle pene si deve aver riguardo soprattutto al rispetto della persona umana»75. L’accento, dunque, è posto sulla centralità del principio di umanizzazione nel sistema penitenziario; in assenza di tale statuizione infatti si rischierebbe «di votare una formula che non dà l’indirizzo a quelli che dovranno fare la riforma carceraria (…) molto più opportuno è inserire una formula semplice, generica, che possa offrire la base solida per questa riforma»76. L’emendamento muove dalla preoccupazione che l’art. 21 potesse essere teso ad assicurare esclusivamente la rieducazione del condannato, tralasciando il principio della personalità umana che dovrà, al contrario, guidare la futura riforma penitenziaria77.

In forte contrasto con le posizioni ora esposte, l’intervento dell’On. Tupini, che chiese il ritiro dell’emendamento Leone: «le preoccupazioni affacciate, non sono giustificate data la formulazione dell’articolo proposta dalla Commissione (…) sono convinto per un elementare senso umano, che bisogna fare ogni sforzo perché il reo possa essere rieducato (…) dirlo in questa forma mi sembra il modo

73

Ibidem, p. 2879.

74 Ibidem, p. 2878. 75 C. B

ASTIANETTO, in Assemblea Costituente, op. cit., p. 2879.

76 Ibidem, p. 2880.

più chiaro possibile»78. L’opposizione nasceva dalla volontà di attribuire maggiore risalto costituzionale al principio di rieducazione piuttosto che al senso di umanità, già previsto nella proposta della Commissione: «quel senso di umanità è già contenuto ed espresso nella formulazione del nostro articolo, il trattamento del reo (…) deve ispirarsi a quelle ragioni di umanità che per il rispetto della persona umana devono essere il viatico per tutti coloro che applicano le leggi in un regime di libertà e democrazia»79.

Nonostante il mancato accoglimento della richiesta dell’On. Tupini, venne proposto di modificare la formula dell’art. 21 eliminando il termine “processo” e mantenendo inalterato l’ordine delle coordinate, in questo modo: «le pene non

possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità o che ostacolino la rieducazione morale del condannato».

A favore dell’emendamento così modificato si pose l’On. Moro, richiedendo una formulazione più neutra, che lasciasse sufficiente spazio decisionale al legislatore futuro: «le pene non possono consistere in trattamenti disumani e

debbono essere tali da permettere la rieducazione morale del condannato. Con ciò si da una precisa disposizione che vale come orientamento per la riorganizzazione del sistema penitenziario»80.

Un’impostazione parzialmente diversa fu proposta dall’On. Maffi che presentò un emendamento che poneva l’accento sul sistema penitenziario. La funzione rieducativa non sarebbe svolta dalla pena in quanto tale, ma dall’ambiente in cui essa dovrà essere concretamente eseguita. Ne consegue la seguente formulazione: «L’ambiente carcerario deve essere organizzato

conformemente al bisogno sociale del condannato. Nessun trattamento può essere contrario al senso di umanità»81.

78 U. T

UPINI, in Assemblea Costituente, op. cit., p. 2880. Così prosegue: «sono convinto, per un elementare senso umano che bisogna fare ogni sforzo perché il reo possa essere rieducato, e credo che non dobbiamo rinunciare i nessun caso a questa possibilità».

79 Ibidem, op. cit., p. 2881. 80 A. M

ORO, in Assemblea Costituente, op. cit., p. 2884.

81 F. M

Tali emendamenti, pur suscitando accese polemiche, non furono approvati dell’Assemblea Costituente. Nello spirito di non esclusiva adesione ai postulati di una delle due Scuole, si aderì alle indicazioni volte a invertire l’ordine delle coordinate. Nel testo definitivo, tuttora vigente, il divieto di trattamenti inumani precede così l’esigenza rieducativa82: «le pene non possono consistere in

trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato».

Attraverso questo serrato dibattito si è dato ingresso, nel dettato costituzionale, ai principi di umanizzazione e rieducazione del condannato. Il trattamento penitenziario, come si avrà ampiamente modo di approfondire, dovrà allora essere conforme al senso di umanità, assicurare il rispetto della dignità della persona e garantire l’attuazione di un trattamento che offra al reo la concreta possibilità di reiserimento nella vita sociale83.

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