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coinvolgimento diretto dell’utente basato sulla tendenza al completamento. Queste tre categorie, seppur ancora poco strutturate e approfondite, confermano la necessità di analizzare insieme pratiche d’uso e affordance degli oggetti, entrambe componenti imprescindibili per un percorso descrittivo sensato, e contribuiscono in modo decisivo all’individuazione degli strumenti con cui procederemo all’analisi degli oggetti.

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interazione con tempi di fruizione dilatati ed estesi, in ultima analisi usi continuativi. Cercheremo durante l’analisi di comprendere quanto queste qualità dei supporti siano significative per la fruizione, dato che affronteremo oggetti nati nella culla di tali tecnologie e dunque imprescindibilmente legati alle loro capacità. Inoltre, da un lato terremo conto di una libertà intesa come occasione di utilizzare il medium in tempi interstiziali aprendo frequenti finestre “semi-ludiche” a piacimento, dall’altro di una libertà intesa come possibilità di lasciar agire il dispositivo sottotraccia durante attività quotidiane, senza spenderci sopra troppo tempo.

Presenza di feedback riconoscibili in grado di generare il desiderio di interagire con l’oggetto in almeno tre modi differenti. Da un lato la mappatura (in forma di elenchi, barre e percentuali) della propria attività e il relativo desiderio di accrescimento e completamento dei dati; dall’altro la presenza di soddisfazioni sia intrinseche, ricompense in termini di divertimento e soddisfazione personale, sia estrinseche, premi tangibili, in denaro o beni commerciali. Questo dualismo rimanda alla differenza fra reward lavorative intrinseche ed estrinseche descritte, fra gli altri, dal sociologo statunitense Clifford J. Mottaz303. Le reward intrinseche sono connesse all’interesse del lavoratore per la mansione che sta svolgendo e vengono generate autonomamente. Le reward estrinseche invece sono prodotte dal committente e hanno solitamente la forma di premi in denaro. Il reale coinvolgimento nel proprio lavoro dipenderà allora dalla graduale sovrapposizione di queste due classi di reward al valore (in forma di desideri e aspettative) che il lavoratore assegna allo svolgimento dei propri compiti. Sarà dunque la qualità propria dei reward ad avere la capacità di modificare profondamente la passione del lavoratore per le proprie mansioni. In questa tassonomia non trovano posto quelle ricompense digitali tipiche della gamification o dei social game: punteggi, badge, achievement infatti non possiedono la tangibilità delle reward estrinseche, pur essendo forniti non tanto dal committente quanto piuttosto dal fornitore del servizio, e al contempo non sono generati

303 MOTTAZ, C. J., “Determinants of Organizational Commitment”, Human Relations, 41 (6), 1988.

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dall’utente ma sono fornite dal sistema. È utile dunque ipotizzare una definizione di reward virtuali (in opposizione sia all’idea di “attuale” che a quella di

“interiore”) che funga anche da punto cardine per la terza tipologia di feedback che vogliamo descrivere: la presenza cioè di una chiara e riconoscibile risposta alle proprie scelte o azioni all’interno delle pratiche d’uso, idea evidentemente portata in dote dalle esperienze di game design.

Presenza di una narrazione persistente che induce pratiche di interazione con un universo virtuale di sfondo, una patina calata sul medium che ne contestualizza i contenuti mediandone la fruizione. Tuttavia non verrà presa in considerazione solo la presenza di un ecosistema narrativo top-down credibile e coerente in grado di fidelizzare e coinvolgere l’utente, ma anche la produzione e condivisione da parte dell’utente di micro-narrazioni, autobiografiche e non, che introducano una forte componente emotiva alla fruizione. Oltre a questo, anche il processo di registrazione e mappatura automatica delle abitudini personali svolto da diversi degli oggetti che descriveremo assume dal nostro punto di vista evidenti forme narrative biografiche.

Presenza di un contesto spaziale significativo legato alla mobilità dei supporti.

Per quanto riguarda le pratiche di interazione con lo spazio, i luoghi diventano importanti sia al variare delle pratiche di fruizione, sempre più spesso geolocalizzate, sia per la capacità di modificare sensibilmente e in modo univoco il singolo percorso d’uso. Vale qui lo stesso discorso fatto per la libertà temporale: essendo questi oggetti legati alla portabilità dei supporti per cui vengono creati, il punto sarà non tanto la possibilità di fruirli ovunque quanto piuttosto la presenza di un significato riconoscibile assegnato allo spostamento spaziale durante il loro utilizzo.

È evidente che le caratteristiche individuate non appartengono in modo chiaro a una piuttosto che a un’altra delle categorie di ludico, che per ora lasceremo da parte.

Proveremo infatti a presentare un modello basato su questi cinque parametri, ripetuto per ognuno dei casi di studio, collocandoli su una scala graduata allo scopo di mapparne

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le ricorrenze negli oggetti analizzati: dalla completa “Assenza” alla totale “Presenza”

attraverso due livelli di vicinanza meno decisa o parziale, a seconda di quante delle configurazioni descritte poco fa siano riconoscibili. La valutazione caso per caso sarà effettuata in base alla presenza delle diverse componenti di ogni singola categoria e al grado di centralità che esse ricoprono dal punto di vista delle affordance e delle relative pratiche di discorsivizzazione dell’oggetto. Attraverso questo modello proveremo a proporre alcuni passi in avanti nella descrizione degli oggetti mediali “semi-ludici”

mettendo in relazione successivamente i risultati di questa rassegna con le tre categorie della ludicità che in questa fase non stiamo considerando. Emergeranno lo vedremo rapporti funzionali a una loro netta intensificazione, probabilmente principale qualità del processo di “semi-ludicizzazione”. Ma procediamo con ordine.

Per ipotizzare una tassonomia dei venti casi di studio individuati è necessario descrivere finalmente nello specifico di quale tipologia di oggetti stiamo parlando: si tratta prevalentemente di applicazioni per dispositivi mobile304 e siti web, con un videogame, due pervasive game e una webserie a fare da casi eccezionali. Non faremo grosse distinzioni fra piattaforme mobile, anche se di volta in volta le specificheremo distinguendo le applicazioni disponibili per iOS, il sistema operativo di Apple installato su iPhone, iPod e iPad, per Android, il software montato prevalentemente su dispositivi Samsung, e infine per Windows 8, sistema operativo prescelto dagli smartphone di marca Nokia. Sebbene infatti le differenze fra versioni possano essere significative, esse non andranno a influenzare l’efficacia e la coerenza dell’analisi.

Stiamo dunque parlando di oggetti in cui si riconosce il tentativo di creare una patina

“semi-ludica”, di generare nell’utente il desiderio di compiere azioni “semi-ludiche” o di creare contenuti “semi-ludici”, che accompagnino azioni quotidiane, quali per esempio esplorare lo spazio, guidare o guardare la TV. Una prima sottile differenza sta nel fatto che da un lato si assiste alla “semi-ludicizzazione” di azioni che continuano a essere svolte, anche se magari in maniera leggermente diversa, in modo tradizionale.

304 Un’interessante indagine storica e contestuale delle pratiche d’uso non solo ludiche dei dispositivi mobili si può trovare in SUOMINEN, J. & PARIKKA, J., “Victorian Snakes? Towards A Cultural History of Mobile Games and the Experience of Movement”, Game Studies, 6(1), 2006 [http://

gamestudies.org/0601/articles/ parikka_suominen].

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L’obiettivo dell’agire non viene in pratica modificato dalla patina ludica; dall’altro invece si assiste al radicale cambiamento delle proprie abitudini, ovvero alla produzione ex novo di atti o contenuti volti a soddisfare l’utilizzo dell’applicazione. Da una parte quindi il tracciamento e la sistematizzazione delle proprie attività quotidiane (compreso l’utilizzo mediale) attraverso strutture informatiche e feedback, dall’altra l’incentivo ad agire in modo particolare modificando le finalità delle proprie azioni in cambio di ricompense anche tangibili. È in questa seconda tipologia di casi inoltre che le potenzialità commerciali di questi oggetti sono più evidenti e sfruttate, con il frequente utilizzo di reward estrinseche (premi attuali) a scopi promozionali. Tale distinzione tuttavia è molto sfumata e problematica da sistematizzare con esempi mutualmente esclusivi. Meglio allora procedere a una tassonomia basata sul tipo di pratica (negoziata come detto fra uso e design) messa in atto di volta in volta. Avremo di fronte dunque almeno quattro differenti situazioni:

pratiche di mediazione dell’interazione con lo spazio (Dimensions, Shadow Cities, Foursquare, SCVNGR, World Without Oil, Critical City Upload);

pratiche di mediazione di altre attività attuali (Zombies: Run!, Nike+, Internet Eyes, Backseat Driver, Street Pong, Payoff);

pratiche di ulteriore mediazione di utilizzi mediali (Miso, Viggle, Beintoo, RAPTR);

pratiche di rimediazione (Whai Whai, Moveable Feast, Waze, Lost in Google).

È importante precisare che l’insieme degli oggetti presi in considerazione non è altro che un estratto da un panorama davvero sterminato di applicazioni e siti web molto simili fra loro. Si è cercato pertanto di comporre un campione significativo sulla base delle quattro tipologie di pratiche di cui sopra. Procediamo dunque all’analisi dei casi del primo tipo.

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