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Peppino Ortoleva, l’homo ludicus

7. MEDIA STUDIES: PRATICHE LUDICHE

7.2 Peppino Ortoleva, l’homo ludicus

Nel trattare il concetto di gioco nella contemporaneità Ortoleva sceglie un approccio processuale negando l’utilità di una definizione strutturale e introducendo l’idea che il gioco stia emergendo in contesti e situazioni che non sono ludici per definizione:

Interpretare l’ascesa della ludicità nel nostro tempo riducendo il gioco a una serie di princìpi di immediata utilizzazione si traduce nel negare proprio ciò che lo rende gioco, nel rifiutarsi di guardarlo in faccia come tale. […] Nel corso degli ultimi decenni l’avvento di nuove tecnologie, la riorganizzazione del tempo di vita, e anche fattori culturali più sottili hanno introdotto nuove tipologie di gioco, ridefinendo i confini e i rapporti tra il gioco e la realtà, toccando aspetti della vita e del sistema sociale che, in precedenza, col gioco sembravano non avere rapporti160.

Gli oggetti a cui si riferisce nello specifico Ortoleva appartengono a due categorie.

Da un lato i casual game, che si affermano grazie al grande successo di DS e Wii di Nintendo, due console per videogame messe sul mercato fra 2005 e 2006. I due prodotti, oltre a presentare sostanziali innovazioni tecnologiche (DS è una console portatile dotata di touch screen, Wii è una home console dotata di controller che tracciano il movimento del giocatore permettendogli di interagire semplicemente muovendosi) sono stati i principali strumenti della nuova strategia di posizionamento di Nintendo. Lo scopo era quello di creare un nuovo mercato composto da ultratrentenni ormai poco interessati ai videogame. Le due console dunque sono state presentate come strumenti per un intrattenimento prettamente familiare e l’atto del videogiocare è stato definitivamente svincolato dalla classica idea di perdita di tempo solitaria, privilegiando

160 ORTOLEVA, P., “Homo Ludicus”, GAME – The Italian journal of game studies, 1(1), 2012 [http://www.gamejournal.it/homo-ludicus-the-ubiquity-and-roles-of-play-in-present-society].

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invece un’idea di svago rinfrescante, dai tempi elastici e da svolgere soprattutto in compagnia. Tale strategia è stata confermata anche dalla possibilità di creare avatar personalizzati dall’aspetto caricaturato da usare nei diversi giochi a disposizione161. Seguendo il successo di questi prodotti numerosi sviluppatori hanno deciso di puntare al nuovo mercato casual introdotto da Nintendo. La quasi totalità del panorama mobile game, sorto già alla fine degli anni Novanta (con l’insuccesso di Nokia N-Gage) ma definitivamente affermatosi solo nell’ultimo lustro, è composta da applicazioni casual. In questo caso si tratta di una soluzione quasi obbligata dato il ridotto spazio a disposizione e la limitata potenza dei device utilizzati. Tuttavia è evidente la correlazione fra il grande successo dei mobile game (un settore che sta soppiantando quello delle console portatili classiche) e la rivoluzione casual nata con Nintendo.

L’altra categoria a cui si riferisce Ortoleva sono i social game, applicazioni gratuite integrate nei social network (Facebook soprattutto) che a classiche dinamiche di gioco uniscono quelle “sociali” del servizio che la ospita. Una definizione più azzeccata di questi prodotti è in realtà appointment game dato che ogni azione svolta nel gioco ha bisogno di tempi di ricarica molto lunghi (dai quindici minuti alle ventiquattro ore). Il giocatore è incentivato così a ricollegarsi a intervalli regolari (veri e propri

“appuntamenti”) per portare a termine le azioni che in quel preciso momento gli sono concesse. Le sessioni di gioco sono così molto brevi (dieci-quindici minuti) e frequenti nell’arco della giornata. Altra cosa fondamentale è il fatto che gli effettivi atti ludici si sviluppano con il semplice cliccare diverse icone in successione. Non è necessaria alcun tipo di abilità pratica, cognitiva o intuitiva, il gioco prosegue volenti o nolenti e i migliori giocatori sono evidentemente quelli che si collegano più spesso, seguendo con precisione la successione dei tempi di ricarica. Non solo, la natura free-to-play di queste applicazioni non è assoluta. La valuta virtuale (nel senso di non tangibile ma tuttavia profondamente attuale) con cui acquistare i beni nel mondo di gioco è ottenibile sia attraverso la realizzazione di obiettivi sia acquistabile con denaro reale. Spendendo

161 I Mii di Nintendo sono il primo esperimento di questo tipo. Anche la loro creazione da parte degli utenti è stata da subito presentata come un momento ludico profondamente socializzante. Interessante inoltre la possibilità di vedere i Mii di utenti non presenti dal vivo utilizzati dall’intelligenza artificiale in sessioni di gioco (come compagni o avversari nei titoli sportivi, per esempio).

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dunque un giocatore può ottenere diverse agevolazioni, dal superamento istantaneo dei tempi di attesa a bonus di ogni tipo per migliorare l’esperienza di gioco, fino a semplici oggetti virtuali (o attuali dunque?) che decorano l’ambiente di gioco. Proprio quest’ultimo tipo di offerta ci porta all’ultima caratteristica dei social game: il grande numero di oggetti acquistabili rende l’esperienza molto più vicina a quella di un collezionista che a quella di un giocatore. Anche la completa assenza di abilità pragmatiche necessarie e di qualsivoglia discriminante che distingua giocatori esperti e principianti, se non il tempo speso a cliccare o i soldi investiti, sono qualità di una pratica collezionistica piuttosto che ludica. Concludendo questa rapida descrizione dei social game è necessario precisare anche la questione del gioco cooperativo: più amici virtuali un utente possiede più ha l’occasione di migliorare la propria esperienza con bonus e azioni supplementari. Tuttavia si tratta più di un “utilizzo” dei propri amici che di vero e proprio gioco collaborativo. Le partite sono infatti diacroniche, con ogni utente che sfrutta le abilità sviluppate (o acquistate) dagli amici nelle proprie partite senza mai coinvolgerli direttamente. In questo modo la componente social si rivela evidentemente fittizia. Una frequente degenerazione di questo sistema si realizza nel momento in cui utenti ignoti stringono amicizia sul social network esclusivamente per avere a disposizione le altrui abilità allo scopo di progredire (i giochi spesso richiedono un minimo di amici anche solo per accedere a stadi successivi), una sorta di collaborazione muta e impersonale tutt’altro che socializzante162. Paradossalmente è altrove dunque che il social network esprime meglio la sua ludicità: “Le distinzioni nette tra universo ludico e universo ‘ordinario’ stanno lasciando il posto a una vasta area intermedia o semi-ludica, dove un modello giocoso fa da base anche a relazioni sociali che non hanno finalità ludiche”163. Tale modello giocoso dunque appartiene alla struttura stessa delle relazioni implicate dal social network (ancora Ortoleva, ma anche De Biase164) piuttosto che alle applicazioni definite ludiche al suo interno. È la stessa posizione promossa dal product manager del comparto giochi di Facebook, Gareth Davis:

162 SALVADOR, M., “Collecting Virtual Items”, paper presented at the 2011 MAGIS Spring School, Gorizia.

163 ORTOLEVA, “Homo Ludicus”, cit.

164 DE BIASE, L., Cambiare pagina. Per sopravvivere ai media della solitudine, BUR, Milano 2011.

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The big thing that Facebook introduced to the world is that everybody likes to play games but most people don’t consider themselves a gamer. The beauty of many Facebook games, you ask them if they’re playing a game, and they say no I’m just hanging out and talking and having fun. A lot of games on Facebook have made that experience prominent165.

La considerazione di sé stessi come giocatori all’interno di queste esperienza ibride è dunque ancora una questione problematica. Ci torneremo nel capitolo 4.

Ortoleva descrive nel suo lavoro il casual game per dispositivi mobile Angry Birds e il social game Farmville, prodotti esemplari in grado di evidenziare con chiarezza la progressiva sovrapposizione di attività ludica e realtà, o meglio la progressiva evoluzione dell’attività ludica in realtà attraverso tali media. Le condizioni per la realizzazione di questo processo sono due:

 da un lato la possibilità di usare tecnologie all’avanguardia e in particolare: 1) portatili; 2) sempre connesse e dall’interfaccia semplificata. Inoltre: “La nuova ludicità ci fornisce sia le pratiche sia le metafore di base per confrontarci con macchine con cui il rapporto è reciproco (si inter-agisce), e ci fornisce anche molti dei modelli di cui ci serviamo per manovrare apparati sempre più complessi”166. In rapporto reciproco dunque, ludico e tecnologico si compenetrano: la diffusione di quest’ultimo contribuisce a quella del primo mentre viceversa l’abitudine al ludico aiuta la comprensione e l’utilizzo del tecnologico che su di esso si fonda;

 dall’altro la presenza nella vita individuale di molteplici brevissime finestre di

“tempo libero” da riempire. Tali finestre finiscono per costituire un parallelo ludico non tanto al “reale”, di cui il gioco è come detto parte integrante, quanto al “lavorativo”, al “precettato”, a ciò che è necessario fare per guadagnarsi da

165 OLANOFF, D., “Facebook And Games: Can The Social Network Turn All Of Us Into “Gamers,” Or Are We Already?”, Techcrunch.com, 16 novembre 2012 [http://techcrunch.com/2012/11/16/facebook-and-games-can-the-social-network-turn-all-of-us-into-gamers-or-are-we-already/].

166 ORTOLEVA, “Homo Ludicus”, cit.

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vivere. La giornata individuale finisce così per comporsi di quello che chiameremo per semplificare “lavoro” intervallato da momenti di “gioco” che occupano finestre più o meno rilevanti a seconda delle situazioni.

In riferimento a queste due condizioni necessarie alla compenetrazione di gioco casual e social con la realtà, Ortoleva prosegue:

La caduta della rigida divisione dello spazio-tempo tra lavoro e gioco è insieme una premessa essenziale di una nuova ludicità e una conseguenza del suo imporsi, e altrettanto lo è la caduta della divisione altrettanto rigida tra giochi accettabili per gli adulti e altri solo infantili. Una conseguenza del primo fenomeno è il formarsi di una vasta area di semi-ludicità, una conseguenza del secondo è che il gioco come risorsa adattiva e il gioco come paradosso perennemente irrisolto tendono a sovrapporsi. Entrambi i fenomeni contribuiscono a dar vita alla nuova figura dell’homo ludicus167.

Ortoleva propone infine di sostituire al termine gioco quello di “giocosità”, al ludens di Huizinga il ludicus. Un’idea che ricalca quelle di Malaby e Taylor che promuovevano analisi basate sulla complessità intrinseca del giocare e non sull’individuazione di una serie di qualità oggettive e procedurali, ribadendo l’idea di gioco come processo, modalità dell’agire che può attivarsi ovunque e con qualunque strumento. A questo proposito si può tornare per un attimo a Bateson:

Attraverso il gioco un individuo diventa consapevole dell’esistenza di vari tipi e categorie di comportamento [...] E il gioco stesso è una categoria di comportamento classificata in qualche maniera da un contesto. [...] Mi interessa mostrarvi come il gioco predisponga una cornice per il comportamento168.

167 Ibidem.

168 BATESON, Questo è un gioco, cit., pp. 35- 36.

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Il gioco dunque può essere considerato una meta-comunicazione, con cui si trasmette il semplice messaggio. “Questo è un gioco”, e, di conseguenza, una “cornice comportamentale”, che potremmo chiamare “giocosità”. Questa idea, insieme a quelle di inoppugnabile attualità pragmatica e di commistione con il lavoro della pratica ludica sono alla base del “semi-ludico” contemporaneo che descriveremo nel dettaglio nel prossimo capitolo.

Siamo dunque giunti alla conclusione della nostra rassegna. Una progressiva selezione ci ha condotto a considerare le posizioni di Murray e Ortoleva come decisive nell’elaborazione di un modello analitico per il ludico contemporaneo. Tuttavia, l’incapacità di raggiungere una definizione comune e condivisa ha caratterizzato il confronto fra tutti i contribuiti presentati. Abbiamo cercato di problematizzare diversi campi e categorie in cui le diverse definizioni di gioco sono state costruite, a volte parzialmente in contraddizione fra loro, individuando delle qualità ricorrenti, mettendole in rapporto fra loro e arrivando infine a rifiutarne del tutto alcune. Si possono dunque individuare alcuni nodi problematici emersi:

1) Innanzitutto la distinzione fra qualità passive appartenenti agli oggetti ludici