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Erving Goffman, fra gioco e realtà

Il terzo contributo che andiamo ad affrontare, più pragmatico e legato all’etnografia rispetto ai precedenti, è quello di Erving Goffman. Nella prima parte di Espressione e identità, l’autore descrive le dinamiche dell’interazione faccia a faccia e delle “riunioni focalizzate” attraverso l’indagine del concetto di “divertimento” e per farlo utilizza come base di partenza teorica l’idea di gioco. Diversi sono gli spunti interessanti e da sottolineare. Innanzitutto Goffman pone come premessa fondamentale il trattamento

“serio” dell’idea di divertimento. Ancora una volta questa affermazione appare scontata ma è opportuno ribadirne la validità. Proseguendo, il concetto di riunione focalizzata viene descritto con precisione:

Per i partecipanti ciò implica: un’attenzione focalizzata su un unico centro visivo e conoscitivo; un’apertura reciproca e preferenziale alla comunicazione verbale; un rafforzamento della rilevanza reciproca degli atti; una concentrazione ecologica degli sguardi che amplifichi le possibilità che ha ciascuno di percepire in che misura l’altro lo tenga sotto osservazione31.

Tale situazione comunicativa viene paragonata alla “situazione ludica”, soprattutto per la presenza di una serie di norme che definiscono l’esperienza “corretta” della situazione e per la definizione di una “barriera” (ancora il cerchio magico) che separa la situazione comunicativa, o ludica quindi, dalla realtà. Dunque con “gioco” si intende fondamentalmente ancora una volta l’unione di due qualità oggettive:

 regolamentazione;

 separazione dal reale.

Tuttavia Goffman approfondisce questi due aspetti definendo alcune tipologie di regole: una prima classe di norme, definite “di irrilevanza”, funge da prima scrematura

31 GOFFMAN, E., Encounters. Two studies in the Sociology of Interaction, Bobbs-Merrill, Indianapolis, IN 1961 (tr. it. Espressione e identità. Gioco, ruoli, teatralità, Il Mulino, Bologna 2003), p. 33.

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per gli stimoli esterni al fine di evitare che i partecipanti vengano distratti o paralizzati da un eccessivo afflusso di pensieri diversi dall’azione ludica. Ciò significa che la forma degli oggetti o dei contesti utilizzati nel gioco non conta in relazione alle norme dello stesso, ovvero per esempio che la forma delle pedine su una scacchiera non ha nessuna importanza rispetto alla rosa di mosse che ciascuna pedina può compiere secondo le regole degli scacchi. Questo tipo di filtro evidenzia ancora una volta la separazione del gioco che si configura come una situazione a parte in grado di alimentare autonomamente un mondo autosufficiente e coerente a prescindere dagli stimoli provenienti dalla “realtà”. Una seconda classe di regole aiuta a comprendere come questa barriera sia tuttavia paragonabile a una membrana porosa, recuperando alcune delle caratteristiche del mondo esterno nella situazione ludica. Le regole “di trasformazione” infatti gestiscono le qualità caratteriali dei partecipanti, che vengono tenute in considerazione durante il gioco. Anche in questo caso dunque la struttura del cerchio magico si scontra con l’intervento del giocatore e con le sua soggettività. La porosità della membrana che divide il gioco dal reale tiene inoltre conto della natura psico-biologica del coinvolgimento dello stesso giocatore, definito come “spontaneo” e

“non oggettivo”. Tale coinvolgimento verrebbe evidentemente perso se ci si limitasse a un’indagine formale del contesto o dell’oggetto ludico. Quando questa “spontaneità” è contenuta coerentemente nel mondo di gioco come definito dalle regole di trasformazione, il giocatore è a suo agio, altrimenti può ritrovarsi in una situazione di tensione disforica che conduce al rifiuto del gioco stesso. Il controllo di questa tensione è evidentemente la condizione necessaria al mantenimento della barriera e quindi della situazione ludica. Esistono infatti incidenti, integrati o meno, situazioni difficili e straripamenti che intaccano il gioco e possono indurre per esempio a: “Modificare apertamente le regole, ridefinendo la situazione in base alla situazione del trasgressore, non trattandolo però più d’ora in poi come un partecipante ma come un semplice fuoco dell’attenzione; meglio, come un attore involontario”32. Dunque la situazione ludica si conforma in base alla natura della membrana di interazione:

32 Ivi, p. 71.

33 Quando il mondo esterno attraversa i confini di un incontro e viene elaborato nell’attività interazionale, avviene qualcosa di più di un semplice riordinamento o di una semplice trasformazione di modelli. Si verifica qualcosa che ha una natura psico-biologica, organica. Una parte del mondo esterno, potenzialmente determinante, viene ignorata con facilità, una parte viene soffocata, e una parte infine viene rimossa con imbarazzo, con costo evidente in termini di distrazione33.

Esistono poi secondo Goffman alcune componenti dell’ambiente esterno in grado di espandere o contrarre gli eventi appartenenti all’incontro e altre che lo rendono durevole o lo distruggono. Nell’indagare queste componenti si giunge alla definizione di due principi fondamentali per il gioco:

 l’incertezza del risultato;

 la simulazione nella forma di esibizione sanzionata di qualità del mondo reale.

Ma non solo, proseguendo nell’indagine del secondo aspetto è possibile: “Vedere nei giochi un mezzo per infondere o integrare negli incontri di gioco una gran varietà di fatti esterni socialmente significativi”34. In questo modo dunque il gioco viene ancora una volta considerato come uno strumento di simulazione, una palestra, in cui provare e sperimentare fattori sociali o dinamiche comunicative in sicurezza, senza conseguenze sulla vita reale attraverso ciò che Goffman chiama, sfociando nella psicanalisi,

“mascheramento”: “Un modo per rivelare quel tanto che può essere tollerato in un incontro. Circondiamo i nostri incontri con dei recinti; con gli stessi mezzi con cui teniamo lontana una parte della realtà, possiamo fari in modo di reintrodurla sotto qualche forma”35. Dice bene Paolo Maranini nell’introduzione dell’edizione italiana dell’opera quando afferma che questo mascheramento, oltre a rendere innocuo il reale nel contesto ludico, assolve anche un’altra funzione, quella di farci comprendere che ciò

33 Ivi, p. 76.

34 Ivi, p. 82.

35 Ivi, p. 87.

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che trattiene le persone nel gioco non è il riconoscimento di questi strascichi di reale ma piuttosto: “Il bisogno di mettersi a confronto con delle difficoltà, di misurarsi con la fatica e con il rischio, di sfidare il destino; è la lotta con i compagni di specie per la conquista dei beni primari”36, lotta che viene ridotta nel gioco all’interno di quelle società in cui la ricerca di beni primari non è più un problema percepito. Si tratta dunque di una sorta di bisogno istintivo, legato alla ricerca della coscienza del sé che sopraggiunge solo nel momento in cui l’individuo è in grado di conciliare leggi di movimento contraddittorie che invitano a performance contemporanee e profondamente differenti. Nel caso l’individuo non riesca a operare questa conciliazione, all’interno di una situazione non ludica per esempio, entrerà nel regime dell’imbarazzo, causato dal non sapersi comportare in una determinata situazione. La situazione del gioco dunque:

È una situazione eccezionale […] continuamente assediata dalla realtà esterna; se la situazione normale è quella di una molteplicità di ruoli, di richiamo multiplo e sincrono a cornici (frames) diverse, a messaggi metacomunicativi che indicano come leggere la realtà e come condurvisi dentro, la società tecnologicamente sofisticata tende sempre più a turbare i ritmi naturali di consonanza con le leggi interiori di condotta37.

Ciò significa che realtà e tecnologia sopraggiungono a intaccare la chiarezza dei ruoli che l’individuo può assumere nella situazione ludica. La perfezione di tale situazione è allora una chimera e la barriera che la separa dal reale non può che essere profondamente porosa. Non solo, è lo stesso Goffman ad affermarlo implicitamente nel momento in cui descrive la capacità simulativa che rende la situazione ludica un esercizio, al contempo ridotto e simbolicamente valido, di istinti reali.

36 MARANINI, P., Introduzione, in GOFFMAN, Espressione e identità, cit., p.12.

37 Ivi, p.17.

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Dunque, in conclusione è possibile riconoscere qualità ludiche accostabili a quelle individuate da Huizinga e Caillois. Le prime, oggettive e costanti nei tre autori:

 regolamentazione;

 separazione dalla realtà attraverso una membrana porosa;

e altre, attive, già incontrate ma parzialmente riformulate da Goffman:

 simulazione o palestra in cui provare e sperimentare fattori sociali o dinamiche comunicative,

 in sicurezza, senza conseguenze sulla vita reale;

 bisogno istintivo di mettersi alla prova,

 con risultati incerti.

Anche in questo caso si insiste sulla mancanza di conseguenze sulla vita reale, posizione precisata dall’idea di sicurezza che si lega a quella di formazione caratteriale, ovvero alla possibilità di sperimentare ruoli potenzialmente “negativi” senza subirne appunto le conseguenze. Si parla inoltre di esiti incerti e viene introdotto il concetto di istinto come motivazione principale del bisogno simulativo dell’uomo, desideroso di essere messo alla prova in una situazione di sicurezza.