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individuare una teoria della conoscenza che consideri possibile la creazione di testi con caratteristiche peculiari e che conceda al lettore la possibilità di agire oltre la semplice fruizione.

1.1 Una teoria della conoscenza partecipativa

Ne l’Opera Aperta Umberto Eco descrive un tipo di testo intrinsecamente aperto al lavoro ermeneutico del lettore. Quest’ultimo infatti fruirebbe un libro in modo autonomo e parzialmente indipendente dalle intenzioni autoriali, attraverso un affrancamento che gli permetta evidentemente di “giocare” col testo stesso. Tale indipendenza si mantiene salda anche di fronte a obiettivi autoriali dichiarati: “L’apertura quindi è, sotto questo aspetto, la condizione di ogni fruizione estetica e ogni forma fruibile in quanto dotata di valore estetico è ‘aperta’. Lo è [...] anche quando l’artista mira a una comunicazione univoca e non ambigua”200. L’apertura di un’opera inoltre non dipende da particolari condizioni di esistenza: “Ogni forma fruibile è aperta”201. L’atto in cui si realizza il più elementare degli interventi da parte del lettore è infine quello che Eco definisce “tendenza al completamento”. Attraverso questa operazione ermeneutica di base, naturale e tipica dell’uomo, il lettore riempie le lacune strutturalmente contenute in un testo narrativo rendendone l’universo fittizio coerente e credibile. È lo stesso lettore dunque a rendere l’universo simulato dal medium il più possibile immersivo e coinvolgente. Tale tendenza costituisce inoltre il trait d’union fra le diverse esperienze artistiche: “Vediamo innanzitutto in che modo l’arte di tutti i tempi appaia come una provocazione di esperienze volutamente incomplete, improvvisamente interrotte al fine di suscitare, grazie a una aspettativa frustrata, la nostra naturale tendenza al completamento”202. Si tratta in definitiva dell’utilizzo di un altro concetto fondamentale nella trattazione echiana, quello di “enciclopedia”, al fine di completare i tasselli mancanti di un’opera, per renderla in ultima analisi significativa.

Per prendere a modello una visione di questo tipo è necessario, ce lo ponevamo

200 ECO, Opera aperta, cit., p. 89.

201 Ibidem.

202 Ivi, p. 138.

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come obiettivo poche righe fa, collocarla all’interno di una precisa teoria della conoscenza che ci permetta di proseguire nell’osservazione del ludico non solo nell’evidenza delle strutture degli oggetti mediali ma anche negli stessi processi conoscitivi e di discorsivizzazione.

Ripartiamo dunque da Eco e dalla sua introduzione al concetto di enciclopedia, nello specifico alla contrapposizione con il più diffuso modello conoscitivo medievale, l’Albero di Porfirio, basato su contrasti dicotomici fra qualità. Tale modello, ideato dall’omonimo filosofo e teologo greco nel III° Secolo, viene presentato come introduzione alle Categorie di Aristotele con lo scopo ultimo di ordinare specie e generi attraverso uno schema ad albero con biforcazioni successive (dai sommi generi alle specie, in un sistema in cui ogni specie possiede tutte le caratteristiche del suo genere ma non viceversa). Questa teoria della conoscenza, o “semantica a dizionario”, non funziona più nel momento in cui è necessario duplicare le opposizioni a livelli differenti dell’albero, rendendo irrealizzabile il processo di implicazione diretto fra concetti primitivi nel percorso dal genere alle specie203.

In alternativa Eco propone, ragionando a partire dalla semiosi illimitata di Peirce, una semantica a enciclopedia fondata sull’idea di dipendenza del processo di significazione dal contesto e sulla possibilità di interpretazioni diverse per lo stesso segno. I “primitivi semantici” implicati dallo schema di Porfirio vengono dunque messi da parte a favore di una struttura a nodi più complessa e navigabile. Tale modello non è altro che il “rizoma”, modalità di lettura della realtà descritta da Deleuze e Guattari a metà degli anni Settanta204. Il rizoma è un modello semantico radicalmente opposto a quello ad albero e, nello specifico, alla sua struttura gerarchica e lineare che impone alla significazione un ordine prestabilito:

203 ECO, U., Semiotica e filosofia del linguaggio, Einaudi, Torino 1984.

204 DELEUZE, G. & GUATTARI, F., Mille Plateaux, Les Editions de Minuit, Paris 1980 (tr. it. Millepiani, Capitalismo e schizofrenia, Castelvecchi, Roma 1980)Anche alcune idee di Roland Barthes richiamano il concetto di Rizoma. In BARTHES, R., Fragments d'un discours amoureux, Éditions du Seuil, Paris 1977 (tr.

it. Frammenti di un discorso amoroso, Einaudi, Torino 2005) e S/Z essai sur Sarrasine d'Honoré de Balzac, Éditions du Seuil, Paris 1970 (tr. it. S/Z, Einaudi, Torino 1981) l’autore descrive il concetto di ipertestualità postulando molte delle caratteristiche del rizoma e costituendo al contempo la base teorica per l’affermazione dell’ipertesto elettronico.

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Il rizoma collega un punto qualsiasi con un altro punto qualsiasi, e ciascuno dei suoi tratti non rimanda necessariamente a tratti dello stesso genere, mette in gioco regimi di segni molto differenti ed anche stati di non-segni. Il rizoma non si lascia ricondurre né all’Uno né al multiplo. [...] Rispetto ai sistemi centrici (anche policentrici), a comunicazione gerarchica e collegamenti prestabiliti, il rizoma è un sistema acentrico, non gerarchico e non significante205.

Eco riprende pertanto questa idea, rinunciando dichiaratamente alla struttura ad albero:

Ogni punto del rizoma può essere connesso e deve esserlo con qualsiasi altro punto, e in effetti nel rizoma non vi sono punti o posizioni, ma solo linee di connessione; un rizoma può essere spezzato in un punto qualsiasi e riprendere seguendo la propria linea; è smontabile, rovesciabile; una rete di alberi che si aprano in ogni direzione può fare rizoma, il che equivale a dire che in ogni rizoma può essere ritagliata una serie indefinibile di alberi parziali; il rizoma non ha centro.

L’idea di una enciclopedia a rizoma è conseguenza diretta dell’inconsistenza di un albero di Porfirio206.

Il modello dell’enciclopedia semiotica dunque chiarifica senza riserve l’impossibilità per la conoscenza di essere esaustiva e circoscritta. Inoltre è evidente che tale sistema rende giustizia anche al più lineare dei concetti che, in contesti particolari, può generare una serie infinita di rimandi e differenziazioni. Il risultato è una teoria della conoscenza di tipo sincretico, in cui tutto è compresente e accessibile contemporaneamente. Un sistema privo di gerarchia fra i significati che richiede tuttavia uno sforzo di comprensione supplementare proprio in quanto il percorso di conoscenza non emerge autonomamente e in modo chiaro di fronte al lettore.

Le idee di eterogeneità e di connessione su cui si basa la teoria enciclopedica dunque, fondano un modo di pensare la cultura radicalmente nuovo. L’analisi del prodotto

205 DELEUZE & GUATTARI,Millepiani, cit., p. 33.

206 ECO, Semiotica e Filosofia del linguaggio, cit., p. 112..

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culturale rinuncia definitivamente alle concezioni di coerenza e coesione, tipici del XIX°

e del XX° secolo, in favore di un approccio più negoziabile e profondamente legato alla contingenza e alla volontà del fruitore. Di fronte a oggetti di questo tipo dunque il lettore si trova investito di un potere radicale, che gli permette di giocare innanzitutto con il livello ermeneutico del testo. La postmodernità del resto ha da diversi anni introdotto l’idea di un’opera d’arte partecipativa in cui la fruizione e l’interpretazione si svolgono in un gioco di rimandi, citazioni e inganni fra l’autore e il lettore. Si pensi, per rimanere all’interno della letteratura, a tutta l’opera di Bret Easton Ellis, ai livelli metaletterari di Glamorama e Imperial Bedrooms, alla struttura di rimandi fra i personaggi della sua intera produzione, alle maniacali liste di opere musicali o audiovisive207 che richiedono al lettore un’esperienza sul tema non indifferente per essere colte nella loro totalità.

La presa di coscienza di questi nuovi ruoli per autori e lettori si è sviluppata parallelamente alla produzione e ha condotto alla nascita di nuove tipologie testuali. Un tentativo di sistematizzazione appartiene al già citato Espen Aarseth, che in Cybertext si pone lo scopo di elaborare nuove categorie che riescano a rendere conto sia dei testi a stampa che di quelli digitali208. La distinzione fra testo e ipertesto dunque andrebbe secondo lo studioso norvegese eliminata, svincolando definitivamente il cybertext dall’essere considerato un’anomalia della stampa, figlio del pastiche postmoderno. Il testo digitale infatti va equiparato a quello cartaceo con la sola discriminante della sua

“ergodicità” (la richiesta di uno sforzo non triviale per essere affrontato, la presenza di una scelta pragmatica necessaria che traduca l’agency del lettore) che lo differenzia dalla letteratura “classica”, che richiede invece al lettore un duplice ma più immediato approccio: da un lato meccanico (muovere gli occhi e girare le pagine), dall’altro ermeneutico (semplicemente comprendere ciò che c’è scritto).

Nel privilegiare una teoria della conoscenza basata sul modello rizomatico, ci siamo concentrati prevalentemente sull’aspetto partecipativo dei media, tralasciando l’altra

207 Le stesse di Nick Hornby o David Foster Wallace, altri autori di grande impatto e importanza per la letteratura degli ultimi vent’anni. Per alcuni titoli di questi autori e per i dettagli di tutte le opere letterarie citate nelle pagine seguenti si rimanda alla bibliografia.

208 AARSETH, Cybertext: Perspectives on Ergodic Literature, cit.

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questione proposta come centrale all’inizio di questo capitolo, la simulazione. Il sostrato narrativo e simulativo che accompagna la realizzazione e la fruizione dei testi letterari o audiovisivi, che mettono in scena in modo programmatico un mondo simulato potrebbe infatti apparire quasi sovrastrutturale. Tuttavia, il database di informazioni fornito dal prodotto mediale da cui ogni lettore trae il proprio percorso interpretativo integrandolo con habit ed enciclopedia, deve essere necessariamente, se non coerente, quantomeno molto ampio. Questa ampiezza è alla base del successo di una fruizione sintagmatica che differenzia, da lettore a lettore, da utilizzo a utilizzo, il risultato finale. Nonostante già da ora alcuni aspetti del discorso sulla simulazione inizino a emergere esigendo chiarimenti, ritorneremo su questo nel momento in cui tratteremo le strutture ecosistemiche degli audiovisivi contemporanei. Per ora basti pensare all’esistenza di numerosi casi particolari in cui l’idea di simulazione trascende il semplice mondo diegetico: casi di meta-fiction in cui viene simulata la realizzazione stessa del prodotto, o di mockumentary, dove la simulazione “gioca” con lo spettatore attribuendosi uno statuto di realtà che non le appartiene. Per ora però continuiamo a parlare di partecipazione, concentrandoci nello specifico sul medium letterario.