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Chi ce lo fa fare?

Nel documento I protestanti e la religione a scuola. (pagine 72-77)

MILLENOVECENTOTTANTACINQUE L’ANNO DELLA RATIFICA

3. Chi ce lo fa fare?

Ad agosto uno dei temi centrali del Sinodo valdese è il rapporto fra Stato e chiese ed in particolare la destinazione dell’8 per mille che ogni italiano dovrà indicare sulla propria denuncia dei redditi. Le posizioni sono diverse, il Sinodo s’interroga a fondo e le idee lievitano, si confrontano, si con- trappongono, si integrano. Daniele Garrone descrive su La

Luce la sua perplessità: “Condivido le preoccupazioni di carat- tere giuridico con cui la proposta di accedere all’otto per mille è valutata da diversi di noi: [...] La domanda può essere for- mulata in termini molto banali: chi ce lo fa fare? (di gestire come chiese gli svariati miliardi che l’8 per mille metterebbe a nostra disposizione). E’ evidente che, per usare cifre simili in opere di utilità sociale, qui in Italia o a favore del Terzo Mondo, bisognerebbe darsi delle strutture, degli uffici, utiliz- zare delle persone, fare dei programmi, occupare per questo parte dei nostri lavori assembleari. Ma, proprio su questi ter- reni, abbiamo già grosse difficoltà con le attività già in corso: i lavori sinodali sono sempre più tecnici e farraginosi; faccia- mo già fatica a gestire bene le opere e gli istituti che già abbiamo, a trovare persone disponibili per tutti i comitati. Già abbiamo l’impressione che le attuali strutture e opere possano diventare un peso schiacciante o realtà che ci paraliz- zano. Perché dunque fare ancora un salto (e grosso) in questa linea? [...] Dovremo essere capaci di proporre delle realtà che mobilitano, che impegnano, che coinvolgono a livello delle comunità , nel piccolo e nel quotidiano. A chi si avvicina a noi, ai nostri figli e amici, dovremo offrire non grandi progetti in cui riconoscersi con ammirata approvazione, ma delle scel- te di vita, delle concrete prospettive di impegno qui ed ora. L’uso del danaro; i rapporti fraterni; l’uso del tempo; uno stile di vita improntato al servizio e all’anticonformismo, una diakonia leggera, cioè con poche strutture e pochi muri, ma molto lavoro volontario e molto autofinanziamento: queste le realtà che localmente dovremmo vivere e proporre a chi ascol- ta la nostra predicazione, cioè una versione attuale del discor- so calvinista sulla santificazione. L’attualità dell’Evangelo e la concretezza del comandamento di Dio mi sembrano i nodi da rimettere al centro di una chiesa e di un sinodo che sembra avere sempre più il suo centro di gravità in grandi questioni e grandi opere”. (11)

Franco Becchino è certo più possibilista e ipotizza un uso oculato dell’8 per mille, rifiutando comunque la spartizio- ne della fascia di contribuenti che non manifesta la propria

preferenza. Le operazioni del prelievo fiscale dovrebbero co- munque essere tutte investite in opere sociali, sotto il control- lo dello Stato. Comunque nella dichiarazione dei redditi del 1990 vi saranno due caselle in alternativa e cioè “culto cattoli- co” e “Stato” e gli evangelici barreranno certamente la casella che indica lo Stato. “Ma siamo proprio convinti” si domanda Becchino, “che la soluzione del problema sia qui, cioè di affi- dare questa gestione soltanto allo Stato? In fondo noi in questi ultimi anni non abbiamo scartato la possibilità di una gestione da parte delle nostre chiese di un Servizio per il territorio nel settore dell’educazione, nel settore socio-sanita- rio, assistenziale ecc. C’è da chiedersi se non sarebbe allora ipotizzabile un’utilizzazione di questa famosa percentuale del- l’imposta, gestita dalle nostre chiese e destinata naturalmente a necessità sociali delle popolazioni del territorio. Ciò non sarebbe in contrasto con le scelte che noi abbiamo operato e potrebbe consentire una terza ipotetica casella accanto alle due che certamente ci saranno presentate”. (12)

Il Sinodo comunque non risponde definitivamente, come registrano Paolo Gay e Marco Pasquet. “In alcuni interventi in Sinodo, ad una domanda di tal genere, si è detto che è difficile rispondere di no. Ma è compito della Chiesa gestire attività di questo tipo, o queste non dovrebbero piuttosto essere spettan- za dell’ente pubblico? Il problema di fondo è la ricerca e la definizione della identità della Chiesa e dello Stato”. (13)

Sul versante dell’IRC nella scuola il Sinodo: “Ribadisce che il contributo che le Chiese valdesi e metodiste sono pronte a dare in risposta alle eventuali richieste provenienti dagli alun- ni, dalle loro famiglie o dagli organi scolastici in ordine allo studio del fatto religioso e delle sue implicazioni (Intesa, art. 10), non può essere inteso se non nel quadro dell’art. 9 dell’In- tesa che, esprimendo la convinzione che l’educazione e la for- mazione religiosa dei fanciulli e della gioventù sono di specifica competenza della famiglia e delle chiese, esclude l’organizzazio- ne di un insegnamento religioso protestante che invece po- trebbe apparire predisposto e previsto dai nuovi programmi elementari. Invita la Tavola ed il CP dell’OPCEMI a promuo-

vere, se del caso con le altre Chiese evangeliche in Italia, l’elaborazione e la diffusione di adeguati strumenti per la preparazione e l’aggiornamento degli insegnanti elementari, programmi che affrontino le problematiche culturali, indicate in detti programmi e collegate al fatto religioso, sulla base di una corretta informazione sul fenomeno religioso e sulle sue influenze storiche e culturali e sociali, nonché sulle posizioni presenti nelle diverse confessioni religiose in ordine ai valori del pluralismo e della libertà di coscienza”. (14)

In questo periodo sono numerosi in tutta Italia i dibattiti sull'IRC.

Com-Nuovi tempi riporta nel gennaio i dati emersi in un seminario promosso dal Movimento per la cooperazione educativa, dal quale emerge la richiesta dell’abrogazione del R.D. del 1928 che pone la religione cattolica a fondamento e coronamento di tutto l’insegnamento. (15) A Roma presso la Facoltà valdese intervengono Giacomo Cives, Marcello Vigli e Rosanna Ciappa Nitti, la quale ribadisce “la posizione prote- stante, espressa dall’Intesa con la Repubblica Italiana, che la fede non la si insegna come materia scolastica”. (16)

A Novara nei locali del Centro Evangelico d’Incontro si svolge un dibattito a cui partecipano cattolici e protestanti. Da parte cattolica si teme il disimpegno e il disinteresse deri- vati dall’introduzione della facoltatività, mentre il pastore Benecchi, per parte protestante, si domanda: “Il nuovo Con- cordato afferma che la religione cattolica non è più religione di Stato. Come mai nell’articolo 1 si afferma che Stato e Chiesa cattolica collaboreranno per la promozione dell’uomo e il bene del Paese?” (17)

Mentre a Palermo una tavola rotonda sul nuovo Concor- dato e l’Intesa valdese e metodista presso il Liceo Meli “viene vietata con un fonogramma del Provveditorato tre ore prima dell’inizio”. (18)

Nel mese di marzo tavola rotonda a Taranto promossa dalla locale Chiesa valdese su tema L’insegnamento della reli- gione nelle scuole dopo le Intese e il rinnovo del Concordato, alla quale partecipano rappresentanti del PCI, del Comitato

per la laicità della scuola, del CGD. (19)

Ampia partecipazione protestante anche al Convegno della FNISM sul tema Pedagogia laica e politica scolastica: un’eredi- tà storica (20), in novembre a Torino con interventi dei Prof.ri Vittorio Telmon, dell’Università di Bologna, Domenico Izzo, dell’Università di Firenze, Remo Fornaca dell’ Università di Torino (21).

Anche da parte delle Chiese dei fratelli c’è una presa di posizione: “Quindi, stante l’attuale situazione” scrive Paolo Moretti, “i genitori che hanno figli nelle scuole elementari faranno bene a ricordare al direttore didattico e all’insegnante che all’istruzione religiosa dei propri figli provvede la fami- glia. E’ sempre bene fare questo con una comunicazione scrit- ta che potrà essere in sé una buona occasione di testimonian- za” .(22)

All’IRC la rivista La Scuola domenicale dedica due artico- li nel numero di aprile .(23) Ancora i nodi da sciogliere alla riapertura del prossimo anno scolastico saranno molteplici e Giorgio Peyrot, su La Luce, fa notare come il Min. della P.I. non si è reso conto del senso della Legge 449. (24)

Si fa cenno sulla stampa evangelica anche alle proposte di legge per il finanziamento alle scuole private, ci riflette Tullio Rapone su Gioventù evangelica. “Pluralismo, diritto allo studio, uguaglianza ecc. ecc. Non stiamo citando le parole d’ordine di qualche redivivo Consiglio di fabbrica, ma delle motivazioni con le quali le varie associazioni di studenti, geni- tori e gestori di scuole private sostengono il progetto della DC, il quale prevede che, nel caso un istituto privato venga defini- to paritario, lo Stato paghi le retribuzioni del personale direttivo e docente di tali scuole. Per le scuole dell’obbligo lo Stato dovrebbe pensare a retribuire anche i bidelli e segretari. Ov- viamente personale docente e non docente sarebbe assunto su discrezione di chi gestisce la scuola”. (25)

Nel documento I protestanti e la religione a scuola. (pagine 72-77)