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Il Parlamento ratifica: Concilio addio

Nel documento I protestanti e la religione a scuola. (pagine 68-71)

MILLENOVECENTOTTANTACINQUE L’ANNO DELLA RATIFICA

1. Il Parlamento ratifica: Concilio addio

Una delle prime notizie su cui riflette la stampa evangeli- ca è la ratifica del Concordato da parte del Parlamento. Ac- cordi senza entusiasmi, titola La Luce, “L’avvenimento è so- lenne”, ripetono un po’ tutti, ma nell’aula della Camera dei Deputati a discutere la ratifica al Concordato con la Santa Sede ci sono non più di una ventina di Deputati tra rappresen- tanti dell’opposizione, della maggioranza e del Governo. Fuori dell’aula è un vero black-out dell’informazione, dovuto allo sciopero dei giornalisti, che fa sì che della discussione si sap- pia ben poco .(1)

Su Com-Nuovi tempi, nell’occhiello, si legge un articolo di Vittorio Bellavite. “Il cattolicesimo più ufficiale si sforza di dimostrare che il nuovo Concordato non è contrario allo spiri- to del Vaticano II, ma i fatti parlano con chiarezza. Un appel- lo: non tutti i cattolici accettano in silenzio la nuova pace costantiniana” .(2) Su lo stesso numero appare anche un ap- pello di personalità legate alle Comunità di base, fra cui La Valle, Mazzi, Balducci .(3) L’articolo sembra far eco ad un’in- tervista di Giorgio Gardiol all'on. Rodotà e apparsa su La Luce del 5 aprile, nel quale, il giurista afferma che “siamo in pre- senza di una modifica del sistema delle fonti normative nel- l’ordinamento giuridico italiano”. (4) Secondo Rodotà si travi- sa un principio costituzionale della reciproca indipendenza fra Stato e Chiesa, introducendo il principio della collabora- zione in determinate materie, “depotenziando” così la Costi- tuzione che prevede un semplice accordo fra le due parti.

“Siamo dunque”, continua Gardiol “di fronte ad un radi- cale mutamento dell’ordinamento giuridico italiano e ci po- tremo trovare un domani di fronte ad accordi tra le burocra- zie delle varie amministrazioni dello Stato e della Chiesa cat- tolica che in forza del nuovo Concordato si troverebbero auto- maticamente inserite nell’ordinamento giuridico italiano. Non si tratta di una preoccupazione di poco conto e lo stesso relatore della legge di ratifica del nuovo Concordato, on. Emi- lio Colombo, ha cercato di interpretare il nuovo sistema di rapporti tra Stato e Chiesa cattolica sottolineando il fatto che sia le intese con la CEI che le materie amministrative che eventualmente derivassero da queste intese restano controllabili dal Parlamento e dalla Corte Costituzionale. La preoccupazione che alcune materie sfuggano al controllo par- lamentare non è solo della Sinistra Indipendente e di altri gruppi contrari al Concordato (DP e radicali), ma anche dei liberali, dei socialisti, dei comunisti e dei repubblicani ed il governo ha dovuto accogliere un ordine del giorno in cui si impegna a sottoporre al Parlamento ogni proposta o ipotesi di intesa concernente nuove materie o l’attuazione di principi sanciti dall’accordo concordatario al fine di consentire alle Camere di esercitare in tempo utile i propri poteri di indiriz- zo. Poteri di indirizzo, ha ricordato il sottosegretario alla presidenza del consiglio, on. Giuliano Amato, sono quelli di cui le Camere dispongono istituzionalmente e non altri.

Ma basterà questo ad evitare il contenzioso davanti alla Corte costituzionale?” .(5)

Puntuale e ben calibrato l’intervento di Raniero La Valle su Com-Nuovi tempi, che mette in evidenza le numerose incongruità di tutta l’operazione concordataria, riportando anche le perplessità dell’on. Amato. “L’utilità del dibattito in Senato è consistita nel fatto che il governo, incalzato dalle contestazioni di una sia pur piccola minoranza come la no- stra (come già era avvenuto alla Camera), ha finito per svelare la debolezza e pretestuosità della sua operazione. Il sottose- gretario Amato ha ammesso che si sarebbe potuto procedere in questa seconda fase con un semplice scambio di lettere con

la Santa Sede; ha ammesso che è desueto far seguire a una legge di ratifica di un accordo internazionale una seconda legge interna (cioè, nella prassi italiana, è un artificio); ha ammesso che anche questo accordo sugli enti e sui beni si muove nell’ambito dell’art. 7 della Costituzione (cioè fuori delle analogie con le intese con gli altri culti o altri accordi internazionali); l’unica labilissima frontiera su cui si è trince- rato, è che si tratterebbe di una sub-intesa rispetto al primo testo di Concordato, e perciò si tratterebbe di norme sub- concordatarie. Ma a questo punto si tratterebbe, anche ad ammetterla, di una distinzione puramente accademica, di scuo- la, perché nella sostanza si riconosce che ci si trova di fronte a norme protette dalla particolare tutela del secondo comma dell’art. 7: sono inemendabili, anche se - vivaddio! - devono poter resistere al vaglio di compatibilità con le altre norme della Costituzione (ciò che peraltro dato il carattere di molte di queste norme, non sarà facile). Questa dunque è la conclu- sione della storia. Avevamo un Concordato di 45 articoli, ca- dente, diroccato; ora abbiamo due Concordati, freschi di into- naco, con 89 articoli, un Protocollo addizionale, due ratifiche, tre leggi, e una norma concordataria aperta ad ogni ulteriore proliferazione pattizia” .(6)

Il 3 giugno Craxi e Casaroli si scambiano “gli strumenti di ratifica del nuovo patto stipulato a Villa Madama” e Gianfranco Carpente scrive su Com-Nuovi tempi, con toni di amara delusione per una sconfitta che gli appare ora in tutta la sua evidenza, “Noi che, con altri, ci siamo sempre opposti allo strumento-Concordato per regolare i rapporti Stato-Chie- sa cattolica in Italia - e questo tanto per fedeltà alla Costitu- zione repubblicana che allo spirito del Vaticano II, oltre che, naturalmente, per fedeltà alle Beatitudini proclamate da Gesù come norme per i suoi discepoli - dobbiamo dunque registra- re una amara sconfitta. Una sconfitta, certo, preannunciata da molte cronache, e dunque, niente affatto improvvisa o sor- prendente. Ma, egualmente, sconfitta è. Non tanto nostra, si intende, perché non sarebbe il caso di raccontare alla gente le nostre sconfitte personali o quelle del nostro piccolo cerchio.

Si tratta, invece, di una sconfitta dell’Evangelo, del suo an- nuncio in questo paese. E questo non ci dà pace” (7).

Nev pubblica durante i lavori dell’Assemblea FCEI, un’in- tervista a Giorgio Bouchard, sul tema più ampio del Concor- dato e più specificatamente sulla presenza protestante nei settori dell’educazione e del sociale. “Che prospettiva ha aperto il Nuovo Concordato? - Credo che nella sostanza il suo conte- nuto sia ancora largamente privilegiato, ad ogni modo nel suo aspetto formale imposta in maniera moderna il rapporto con i cattolici. Contemporaneamente l’Intesa firmata con i Valdo- metodisti simboleggia la nostra partecipazione alla vita della nazione. [...] Sul piano sociale quali sono le nostre iniziative? - Per nostra vocazione siamo la Chiesa della Bibbia e il nostro è un impegno di responsabilità individuale e di morale collet- tiva. Inoltre lavoriamo su progetti, che non intendiamo però targare confessionalmente. Qui posso citare scuole ed ospeda- li come la lotta contro la mafia e la corruzione. - Ma una scuola evangelica in che modo si distingue da un istituto catto- lico? Non sono confessionali tutti e due? - Noi partiamo dalle situazioni di necessità. Nelle Valli Valdesi, dove siamo mag- gioranza, non abbiamo neanche un asilo e invece a Palermo abbiamo voluto costruire una scuola per 500 ragazzi. Altrove costruiamo ospedali per anziani, ricoveri per handicappati”.(8)

Nel documento I protestanti e la religione a scuola. (pagine 68-71)