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Se da una parte la Repubblica di Venezia offriva protezione agli autori ed editori attraverso l'istituto del privilegio, dall'altra tutelava sé stessa contro i pericoli derivanti dalla circolazione di idee sovversive, immorali o eretiche. Tale tutela veniva esercitata mediante la censura.147

L'organo incaricato dell'approvazione dei testi era il Consiglio di Dieci, in virtù del suo ruolo di garante della sicurezza pubblica e difensore della morale. In un primo momento tale controllo fu esercitato in maniera discontinua ed indefinita e non vi era alcun obbligo di presentare il testo prima della pubblicazione ed immissione sul mercato. Tuttavia c'era chi nelle proprie suppliche assicurava di non stampare opere contrarie all'etica o alla fede cristiana e chi sottoponeva precauzionalmente i testi che intendeva stampare. Volendo stampare opere in lingue orientali, e quindi difficilmente controllabili, Democrito Terracina si impegnava a non stampare mai

libri li quali tractino cossa alcuna pertinente a la secta Maomettana, né che siano in favor de quella, né contra la nostra sanctissima fede, ma tute in favor et augumento de la fede christiana,148 mentre Giacomo Penzio affermava, nel 1505, di avere ottenuto facoltà dai Capi del Consiglio di Dieci di poter stampar le Tres

methaphisicae quaestiones composte da Bernardo Zane.149 Per l'opera dell'arcivescovo di Spalato il tipografo lecchese sosteneva di avere inoltre ricevuto

146

Il Collegio usa esplicitamente i termini «molestia» e «impedimento». 147

Per le considerazioni sulla censura preventiva mi sono, in parte, basata sul lavoro svolto da Horatio Brown. Vedi HORATIO BROWN, The Venetian Printing Press, cit., pp. 60-72.

148

NC.17.1512-1514, c. 51v del 15 luglio 1498. 149

BERNARDO ZANE, Reuerendissimi et doctissimi d. Bernardi Zane archiepiscopi Spalaten. Tres

methaphisicae questiones. De entis analogia. De indiuiduationis principio. De vniuersalibus ...

Impressum Venetijs, per Iacobum Pentium de Leucho impressorem diligentissimum, 1505 nono Kal. Ianuarias, (EDIT16, CNCE 33630). Per il privilegio vedi NC.15.1499-1507, c. 155r del 20 novembre 1505.

l'approvazione del Patriarca, ma non sappiamo se fossero stati i Capi ad ordinare la presentazione di tale documento o se fosse stata un'iniziativa presa dallo stampatore stesso. Lo stesso Andrea Mocenigo,150 patrizio e letterato veneziano, membro dal 1491 del Maggior Consiglio, nonché titolare di numerose cariche politiche, sottopose a preventiva approvazione il suo Pentateucho.151 L'opera teologica fu approvata dai Capi Francesco Tiepolo e Marco Zorzi e dal Patriarca, ottenendo in questo modo sia la licenza che il testamur. Ottenere l’autorizzazione del Patriarca era indispensabile sia per la natura dell’opera, nella quale venivano trattati temi teologici, sia per l’impostazione formativa di Andrea Mocenigo. Egli fu infatti allievo del filosofo Pietro Pomponazzi, celebre per aver composto un’opera, il De immortalitate animae, nella quale negava l’immortalità dell’anima. Pubblicata a Bologna nel 1516, l’opera di Pomponazzi sollevò una violenta reazione della Chiesa, tanto che papa Leone X diede ad Agostino Nifo l’incarico di scriverne una confutazione, mentre a Venezia il libro fu dato pubblicamente alle fiamme.152

Nessun riferimento alla licenza si evidenzia nella petizione presentata dal domenicano Silvestro Mazzolini, priore del convento di santa Anastasia a Verona. Le opere teologiche da lui composte furono invece esaminate ed approvate dal padre Generale

del ordine nostro per el reverendo padre maestro Martino da Zenoa, al presente predicatore ne la chiesia de Sancto Zuane e Paulo, et da la persona sua trovate bone et optime et de salda doctrina ed inviate a Venezia affinché cum più diligentia siano facte.153 Il frate Bernardino Cinzio si rimise al giudizio di tre uomini di Chiesa (legato apostolico, Patriarca e inquisitore). Anche nella sua supplica non compare alcun riferimento alla licenza, che comunque non era ancora obbligatoria per ottenere il

150

Nato a Venezia nel 1473, Andrea Mocenigo era un nobile veneziano che ricoprì importanti incarichi nel governo della Repubblica, tra cui quello di senatore, consigliere del Doge e procuratore di San Marco. Conseguì nel 1503 il dottorato presso l’Università di Padova, dove fu allievo di Pietro Pomponazzi. Al periodo universitario è connesso l’Enchiridion, un volume che raccoglie le tesi di Mocenigo nel campo della teologia, della fisica e della metafisica. Nel 1515 il Consiglio di Dieci gli accordò il permesso di consultare tutta la documentazione di cui necessitava per realizzare un’opera storiografica sulla guerra di Cambrai, con l’unica condizione che il lavoro non fosse divulgato in alcun modo, né tantomeno stampato senza la preventiva autorizzazione del Consiglio. Ottenuta la licenza di stampa nel 1518, l’opera fu pubblicata per i tipi di Bernardino Vitali nel 1525. Morì a Padova il 4 aprile 1542. Vedi ELENA VALERI, Andrea Mocenigo, D.B.I.

privilegio.154 Benché Horatio Brown ponga la questione della censura ecclesiastica entro il più vasto ambito della censura laica, i due ambiti andrebbero distinti: infatti, in campo religioso, la censura era regolamentata dal diritto canonico. Era dunque normale per i religiosi, come Silvestro Mazzolini e Benardino Cinzio, chiedere l’approvazione ai propri superiori. Essendo le tematiche religiose di esclusiva competenza della Chiesa, la Repubblica non poteva che accettare quanto da loro veniva disposto, purché l’intervento di quest’ultima avesse ad oggetto tematiche teologiche e non lesive degli interessi e del dominio veneziano. In caso di pareri contrastanti fra le due autorità, spirituale e secolare, quest'ultima poteva imporre la sua posizione vietando ciò che la Chiesa aveva concesso.

Ben altra posizione assumeva il governo per ciò che concerneva l’approvazione di opere di esclusiva competenza del Consiglio. E’ probabile che agli esordi della censura ci fossero le stesse richieste degli stampatori che, come abbiamo visto in precedenza, avvaloravano le loro suppliche con promesse di accuratezza, fedeltà e precisione nella stampa dei testi, denunciando al contempo le copie scorrette che circolavano senza alcun controllo. Portavoce del malcontento dei lettori verso tali edizioni scorrette, il giurista Giovanni Nevizzano giudicava scandalosa la concessione di privilegi per testi di pessima qualità.155 Riconoscendo l’importanza commerciale del libro veneziano, la Repubblica decise di intervenire al fine di salvaguardarne la qualità e quindi, di conseguenza, per tutelare la propria economia e reputazione. Il 30 gennaio 1516, il Consiglio di Dieci decretò che tutti i libri di umanità che in futuro si sarebbero pubblicati dovessero essere sottoposti al vaglio del nobile Andrea Navagero.156

Massima attenzione veniva naturalmente prestata a tutto ciò che poteva compromettere la gloria e l’onore della Serenissima. Qualsiasi critica o pensiero formulato con lo scopo di danneggiare la credibilità e potenza della Repubblica

154

Per il privilegio a favore di Bernardino Cinzio vedi ST.22.1521-1523, c. 73v del 2 settembre 1521. 155

GIOVANNI NEVIZZANO, Clarissimi iurisconsulti d. Io. de Neuizanis ciuis Asten. Silua nuptialis: in

qua ex dictis moder. per regulam fallentias plurime questiones quotidie in practica occurentes nundum per quempiam redactae in materia matrimonij, dotium, filiationis, adulterij, originis, successionis & monitoralium: vna cum remedijs ad sedandum factiones de Guelfis & Giebellinis cum perfecta doctrina qualiter debeat se iudex continere in iudicando & exequendo iussa principum, vbi de auctoritatibus doctorum & priuiliegijs miserabilium personarum. Sumpte ex questione an sit vtile nubere copiosa & ordinata breutate enucleatur. In amena ciuitate Astensi, impressit Franciscus de

Silua, 1518, (EDIT16, CNCE 31508). Vedi anche ANGELA NUOVO, The Book Trade, cit., p. 239. 156

RINALDO FULIN, Documenti per servire alla storia della tipografia veneziana, «Archivio Veneto», 23 (1882) 1, pp. 95-96, 189 no. 210. Riproduzione in Appointment of Andrea Navagero as Literary

Censor, Venice (1516), in Primary Sources on Copyright (1450-1900), edito da L. Bently e M.

veniva soffocato. La diffusione di idee politicamente lesive degli interessi del dominio, tanto più se prodotte in serie, veniva combattuta con la censura politica applicata rigorosamente anche prima dell’emanazione di una legge che disponeva l’impossibilità di ottenere un privilegio senza la preventiva autorizzazione del testo. E possiamo immaginare che le pene previste per coloro che osavano diffamare la Repubblica dovessero essere davvero severe ed esemplari. E' probabile che proprio il timore di incorrere in tali pene abbia indotto il poeta veneto Bartolomeo Cordo a sottoporre a preventivo controllo un'opera da lui composta, che fu per l'appunto visionata dal Magnifico messere Marco Antonio Lauredano, uno dei tre Capi di Dieci.157 Il poemetto tratta di un avvenimento centrale accaduto durante la guerra che contrappose Venezia e la Lega di Cambrai, ovvero la presa di Padova da parte dei veneziani avvenuta il 17 luglio 1509. Con il rientro dei veneziani a Padova la città venne saccheggiata mentre la nobiltà locale filoimperiale subì la dura punizione della Signoria. Si intuisce dunque che il tema affrontato da Cordo fosse di estrema delicatezza per gli affari della Repubblica, tanto più che fu stampato un anno dopo tale avvenimento e a guerra ancora in corso. Paradossalmente, anche se non disposto da nessuna legge il preventivo controllo era pressoché d'obbligo.

Le casistiche sopraccitate mostrano che la sensibilità della Repubblica nei riguardi del movimento delle opinioni e del controllo sui testi, fu precedente alla diffusione della Riforma protestante. All’inizio del secolo XVI la censura era praticata saltuariamente: a volte, come abbiamo visto, quando un autore o un editore chiedevano il privilegio, il Consiglio di Dieci sottoponeva il testo ad un esperto per verificare non contenesse proposizioni pericolose dal punto di vista religioso, morale o politico.158 Ma se prima del 1517 la correzione dei testi umanistici costituiva la maggiore preoccupazione del governo veneziano, in seguito alla predicazione di Lutero l’attenzione si spostò verso i testi religiosi. La Serenissima cercò di contenere e reprimere la diffusione dell’eresia, costituendo un proprio sistema di controllo, che consentisse di non subire passivamente l’iniziativa della Chiesa di Roma. A partire dal 1527 si successero una serie di provvedimenti che, sebbene riflettessero le tensioni religiose dell’epoca e le

norme emanate da Roma, cercarono di mantenere il controllo della stampa in mano laica.159

Il controllo preventivo dei testi fu regolarizzato con la Parte del 29 gennaio 1527, la quale stabiliva che non si potesse stampare se prima non li sarà permesso da i Capi

de questo Consiglio, per termination de man loro sottoscritta, la qual permission però, et termination se habbia a far, dapoi che essa opera sarà sta’ veduta da do persone almeno.160 Bernardo Tasso ad esempio supplicava il Senato di concedergli privilegio per i suoi tre libri degli Amori dal momento che non contenevano cosa

alcuna contra la fede nostra, né lo Stato della S(ignoria) v(ostra) et boni costumi, sì come per la relatione havuta in scrittura dal R(everen)do Domino Gio(vanni) Francesco Valerio et D(omino) Aloisio de Priuli, fo del m(esser) Marco, et presentata alli ex(cellentissi)mi Sig(no)ri capi del ex(cel)so suo conseglio di x.161

Sembrerebbe peraltro che per stampare opere di contenuto religioso non fosse sufficiente ottenere il consenso di autorità religiose, nemmeno se tale consenso era espresso dal papa. Il vicentino Aurelio dall'Acqua,162 autore di una narrazione sui Vangeli chiamata Catena evangelica, affermava di aver ottenuto l'imprimatur e il privilegio dal sommo pontefice dopo che tale opera fu rivista e approvata dal Patriarca di Venezia. Nella sua richiesta di privilegio inoltrata al Senato sosteneva altresì che volendo stampare a Venezia, l'opera era stata esaminata dai Capi del Consiglio che avevano convalidato il testo e concesso la licenza.163

159

MARIO INFELISE, I padroni dei libri. Il controllo sulla stampa nella prima età moderna, Roma; Bari, Laterza, 2014, pp. 26-27.

160

Riproduzione della Parte in HORATIO BROWN, The Venetian Printing Press, cit., p. 208. Vedi anche

Venetian Decree on Pre-publication Censorship, Venice (1527), in Primary Sources on Copyright (1450-1900), edito da L. Bently e M. Kretschmer, <www.copyrighthistory.org>.

161

BERNARDO TASSO, Libro primo de gli amori di Bernardo Tasso. In Vinegia, per Giouan Antonio et fratelli da Sabbio, 1531, (EDIT16, CNCE 32290).

BERNARDO TASSO, Libro primo [e secondo] de gli amori di Bernardo Tasso. In Vinegia, per Ioan. Ant. da Sabio, 1534 del mese di settembre, (EDIT16, CNCE 32018).

BERNARDO TASSO, Libro terzo de gli amori di Bernardo Tasso. In Vinegia, per Bernardino Stagnino, 1537, (EDIT16, CNCE 33400).

Per il privilegio vedi ST.26.1530-1532, cc. 200v-201r del 23 settembre 1531. 162

Nacque a Vicenza nel 1476 da Daniele e Angela de’ Calderari e sposò intorno al 1500 la figlia di Francesco da Schio, professore di diritto all’Università di Padova. Conseguita la laurea in diritto civile a Padova (1501), tornò a Vicenza con la moglie ma nel 1509, a causa delle disastrose conseguenze del trattato di Cambrai, si rifugiò a Venezia. Non rimase molto nella città lagunare, nello stesso anno infatti rientrò a Vicenza dove fu eletto deputato alle Cose utili della città. Nel 1520 fu eletto governatore dell’Istituto Proti a Vicenza e l’anno successivo fu nominato vicario a Padova. Negli anni Trenta lo vediamo ancora ricoprire numerosi incarichi politici ed ssere al centro di tutte le vicende concernenti la vita vicentina, intraprendendo vari viaggi a Venezia per pubblici affari per conto del suo governo. Morì il 13 marzo 1539. Vedi RAFFAELLA ZACCARIA, Aurelio Dall’Acqua, D.B.I.

163

Aurelio dall’Acqua morì prima di aver stampato la sua opera. Per il privilegio vedi ST.27.1532-1534, c. 89r-v del 30 ottobre 1532.

La Parte del 1527 non faceva chiarezza sulla procedura da applicarsi nei casi di inosservanza della stessa, cosicché il Consiglio di Dieci dovette nuovamente intervenire il 12 febbraio 1543, affidando la repressione dei reati di stampa agli esecutori contro la bestemmia e inasprendo le pene per chi stampava o vendeva libri privi di licenza,164 mentre la revisione delle opere venne affidata ai riformatori dello Studio di Padova. Tuttavia gli interventi risultarono ancora sporadici: Venezia continuava a mantenere la sua tradizionale posizione di tolleranza, sperando in una conciliazione tra cattolici e protestanti.165

Ad ogni modo attraverso lo studio dei soli privilegi non è possibile approfondire il discorso inerente la censura, se non per le informazioni che possiamo carpire dai privilegi stessi. Sono poco più di una ventina i riferimenti rinvenuti e soltanto in un caso alla concessione del privilegio viene fatta precedere la trascrizione della licenza riuscendo così ad avere i due documenti a confronto.166

Si rileva che nella quasi totalità dei casi la dichiarazione di approvazione o ottenimento della licenza viene menzionata dagli stessi supplicanti, il 62 per cento dei quali sono autori. Si riscontra inoltre che tali istanze hanno ad oggetto per lo più opere nuove di varia natura,167 seppur con una certa predominanza di opere teologiche e letterarie.

164

Chiunque avesse stampato libri privi di licenza sarebbe incorso in una sanzione pecuniaria del valore di 50 ducati. Coloro che avessero venduto tali libri avrebbero pagato una multa di 25 ducati, mentre gli ambulanti di piazza sarebbero stati fustigati e rinchiusi in carcere per sei mesi. L’apposizione di false note tipografiche era invece punita con un anno di detenzione e l’esilio. Vedi PAUL F. GRENDLER, L’inquisizione romana, cit., p. 125.

165

MARINO ZORZI, Dal manoscritto al libro, cit., p. 934. Per la Parte del 12 febbraio 1543 (stile comune) vedi HORATIO BROWN, The Venetian Printing Press, cit., pp. 210-211.

166

Si tratta del documento ST.28.1534-1536, c. 206r-v del 7 ottobre 1535. Il medico ed ellenista Vittore Trincavelli otteneva dal Senato il privilegio per la stampa di quattro opere in greco antico. La concessione è preceduta dalla licenza dei Capi del Consiglio di Dieci Bernardus Superantius, Pandulphus Maurocenus e M(arcus) Ant(oniu)s Trivisanus.

EPICTETUS, Arrianou Epiktetos Arriani Epictetus. [Venezia, Bartolomeo Zanetti] (Venetijs, in aedibus Bartholomaei Zanetti, aere vero, et diligentia Ioannis Francisci Trincaueli, 1535), (EDIT16, CNCE 18138).

FLAVIUS ARRIANUS, Arriani De ascensu Alexandri. [Venezia, Bartolomeo Zanetti], 1535 (Venetiis, in aedibus Bartholomaei Zanetti : aere & diligentia Ioannis Francisci Trincaueli, 1535), (EDIT16, CNCE