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Motivazioni delle richieste della concessione

Motivo principale delle richieste è senza dubbio quello di tutelarsi dalla concorrenza sleale e dalla contraffazione interna ed esterna alla Repubblica.

Nicola Bruno, segretario di Pietro Bembo, denunciava il plagio di alcune opere del Bembo protette da privilegio asserendo che alcuni tristi, per cupidità de guadagno, le

hano fatto stampir secretamente cum infinite incorrectione, et le vendeno in contempto de la parte sopraditta.72

Si sottintende naturalmente che l’aspetto prioritario attorno al quale ruotano le motivazioni addotte dai supplicanti è di natura economica, ovvero la tutela del capitale investito per la realizzazione della stampa e per lo smercio del prodotto finito. Ad esempio, Gabriele Bracci da Brisichella e compagni affermavano di essersi indebitati enormemente per conducer ad perfectione lo suo universalmente utilissimo

proposito, ovvero la stampa di quatro operete grece.73 Gli editori incorrevano infatti in molti rischi nel corso della propria attività e non era infrequente che gli investimenti non venissero recuperati. I libri pubblicati potevano non incontrare il favore del pubblico, essere perduti durante le operazioni di trasporto e vendita, distrutti da calamità naturali o incidenti dolosi (ad esempio gli incendi), sequestrati se

71

Si riportano due esempi: Che a P. Franc(esc)o Alunno supp(lican)te sia concesso quello che

humilmente l'ha dimandato, con obligatione di osservar tutto quello, che per le lezze nostre è disposto in materia di stampe (ST.30.1538-1540, c. 60v del 7 settembre 1538). L'anderà parte che per auctorità di questo conseglio sia concesso al ditto supplicante quanto el domanda cum le condition de le parte prese circa il stampar. […] Supp(lica)tio suprascripta Michaelis Tramezinj impressoris est in filcia

(ST. 30.1538-1540, c.161r del 19 novembre 1539). 72

ST.24.1525-1528, cc. 86v-87r del 30 gennaio 1526. 73

I soci dell’editore Gabriele Bracci erano Bartolomeo Pelusio da Capodistria, anch’egli editore, ed i tipografi Giovanni Bissoli e Benedetto Mangio, entrambi di Carpi. La società editoriale si costituì nel 1498 con lo scopo di pubblicare alcuni testi di autori classici. Nello specifico, il privilegio del 1498 tutelava la stampa delle epistole di Falaride e Bruto, Filostrato e le favole di Esopo (vedi p. 71 nota 131). Vedi anche ALFREDO CIONI, Giovanni Bissoli, D.B.I. Vedi anche CARLO DIONISOTTI, Aldo

Manuzio umanista e editore, cit., p. 112. Per il privilegio vedi NC.14.1489-1499, c. 171r del 7 marzo

considerati immorali o eretici. Se era difficile prevedere e cautelarsi contro tali eventi, si poteva per lo meno disincentivare i potenziali concorrenti. Chiedere protezione alla Signoria diventava così indispensabile per molti stampatori che altrimenti sarebbero stati costretti a spostare la propria attività altrove, come affermava chiaramente nel 1503 Albertino da Lessona. Se non avesse ottenuto la grazia richiesta, il tipografo vercellese sarebbe stato forzà andar fora del vostro

territorio per le grandissime spese le quale ha facto.74

Ciò non toglie che vi siano altre ragioni su cui far leva. Prima fra tutte la qualità e correttezza del testo, requisito fondamentale cosicché li lectori consequirano perfecta

doctrina.75 Non è dunque un caso che Aldo Manuzio riferendosi alla realizzazione ed immissione sul mercato di edizioni - pirata scorrette di proprie opere sosteneva che è

vergogna de questa terra et de esso supplicante.76 Anche l’umanista Giovanni Francesco Fortunio, come molti altri, calcava sul termine «vergogna» riferendosi all’evenienza che qualcuno ardisse contraffare, e per di più in malo modo, la sua

Regola grammaticale della uolgar lingua.77 Molti stampatori, attratti dalla possibilità di ricavare un profitto con il minor dispendio di energie, tempo e denaro, si arrogavano dunque il diritto di appropriarsi del lavoro altrui, pubblicando frettolosamente e con assai poca cura verso gli aspetti qualitativi del testo. Sempre Aldo Manuzio nel 1505 affermava che gli stampadori molte volte per schivar faticha

et spesa stanpano senza alcuna diligentia et anima adversuum molte cosse, contentandose solamente de far numero de libri per guadagnar, onde le opere escono fuora et se hano incorrette et vitiade cum dano de i studiosi et cum vergogna de i auctori loro.78 Giovanni Lorenzi, volendo stampare cum ogni studio e diligentia et

optima corretion lo Specchio della fede composto dal francescano Roberto

Caracciolo, sosteneva di temere che qualche uno altro, trovata za la opera correcta e

compida, la restampisse et desse per vilissimo pretio a danno e ruina de lui supplicante. Ricorreva pertanto al cospetto della Signoria per ottenere l’esclusiva di

74 NC.15.1499-1507, c. 84r del 22 gennaio 1503. 75 NC.15.1499-1507, c. 166r del 16 giugno 1506. 76

ST.14.1501-1503, c.112r del 17 ottobre 1502. Riproduzione del privilegio in CARLO CASTELLANI,

stampa della suddetta opera entro i confini del dominio veneziano.79 Caso analogo è quello testimoniato dalla supplica di Andrea Torresano, che avendo deciso di stampare alcune opere di diritto canonico e civile, in bona et optima littera et de bona

correction, chiedeva privilegio al Collegio al fine di evitare che qualche altro, trovato za la cossa preparata, le stampisse et mettesse a vil pretio.80

I contraffattori producevano di regola prodotti qualitativamente scadenti, senza preoccuparsi della correttezza del testo. Ma un testo tipograficamente impeccabile era ritenuto componente essenziale del pregio del prodotto tanto da indurre molti a sottolineare nelle suppliche la cura riservata a tale aspetto, chiedendo nel contempo protezione non solo per il contenuto ma anche per la forma in cui esso si presentava.81 La fusione di elementi di eccellenza culturale e tecnica dava alle edizioni quel prestigio necessario per imporsi sul mercato, determinando un aumento della domanda e dunque un aumento delle vendite e dei relativi profitti. Così Bernardino Stagnino chiedeva nel 1506 un privilegio per libri di diritto canonico assicurando che

siano ben correcti, et di bona carta real, come a tal opera se richiede.82 Andrea Arrivabene affermava di aver fatto tradurre Giovenale, Ovidio e Lucano cum bello et

elegante stilo acciochè ognuno ne possi fruir et participar83 e gli eredi di Aldo Manuzio intendevano stampare le orazioni di Cicerone, insieme ad altre opere del detto autore, correttissime […] in forma de foglio grande di bellissima, et grossissima 79 NC.14.1499-1507, c. 120v del 17 novembre 1494. 80 NC.14.1489-1499, c. 153r del 16 dicembre 1496. 81

PAOLO TROVATO, Con ogni diligenza corretto. La stampa e le revisioni editoriali dei testi letterari

italiani (1470-1570), Bologna, Il Mulino, 1991, pp. 31-32.

82

Bernardino Giolito de’ Ferrari (detto lo Stagnino), nacque a Trino verso la metà del XV secolo. Nel 1480 si trasferì a Padova, dove lavorò per circa due anni nella bottega di Johann Herbert di Seligenstadt. Si mise in proprio nel 1483, stampando a Venezia il suo primo libro, ossia il Liber nonus

ad Almansorem del famoso medico Ab Bakr Muammad ibn Zakariyy ar-Rz, noto in Occidente

con il nome di Rhazes (ISTC ir00182000). L’anno seguente Herbort morì, lasciando in eredità a Stagnino alcune matrici e relative forme. Gli anni più fecondi sono compresi tra il 1488 ed il 1495, periodo nel quale la sua produzione editoriale si concentrò principalmente sulle opere di carattere di giuridico, alle quali si deve aggiungere la vasta raccolta di opere di Aristotele - stampata nel corso del 1489 (ISTC ia00964000) - ed una silloge di trattati di medicina di Niccolò Falcucci (ISTC if00046000) - pubblicata tra il 1490 e il 1491 -. Dopo un periodo di stasi produttiva, concomitante alla crisi che investì il campo dell’editoria veneziana, Stagnino riavviò la sua attività, in veste di editore, affidando ad altri tipografi la stampa, dapprima di opere di diritto civile e canonico, per focalizzarsi in un secondo momento (1501-1538) a testi liturgici, di religione e di letteratura. Tornato a Trino nel 1521, pubblicò il dizionario di Ambrogio Calepino (EDIT16, CNCE 8421) e il Canzoniere di Francesco Petrarca (EDIT16, CNCE 33353), rientrando a Venezia nel marzo del 1522. Negli ultimi tre anni della sua attività (1536-1538) la produzione di libri aumentò considerevolmente facendo supporre che tale incremento fosse il risultato dell’associazione con altri stampatori, fra cui altri Giolito. La morte lo colse due anni dopo la cessazione dell’attività (1540). Vedi MASSIMO CERESA, Bernardino Giolito de’

Ferrari, D.B.I. Vedi anche FERNANDA ASCARELLI, La tipografia, cit., p. 166. Sull’attività editoriale di Bernardino Stagnino si rimanda a STEFANO PILLININI, Bernardino Stagnino. Un editore a Venezia tra

Quattro e Cinquecento, Roma, Jouvence, 1989.

Per il privilegio vedi NC.15.1499-1507, c. 173r del 20 settembre 1506. 83

littera per commodo delli vechii.84 Allo stesso modo Andrea Torresano allestiva la stampa di due breviari in forma magna et caractere grosso pro usu senum impegnandosi di usare ottima carta e meticolosa cura nella composizione del testo.85 Non di rado si fa riferimento all’importanza di rendere pubbliche ed accessibili (con i limiti dettati dalla censura) nuove conoscenze o nuovi frutti dell’intelletto a beneficio dei lettori. Il poeta e filosofo Antonio Telesio, per esempio, persuaso da molti ad

utilità delli studenti decideva di affidare al tipografo Bernardino Vitali la stampa del

suo Libellus de coloribus.86 L’editore Oldrado Lampugnani faceva tradurre la Storia della città di Venezia di Marco Antonio Sabellico in quanto l’opera in lingua originale, ovvero in latino, non è salvo che cibo et pasto de homeni doctissimi, el

numero de li quali è pochissimo.87 Attraverso la traduzione l’editore rendeva così accessibile l’opera al gran numero, immo innumerabile, de li homeni vulgari et non

dotati de litteratura et grande intelligentia.88

La creazione e diffusione di opere nuove non andava però a unico favore dei lettori, ma più estesamente dell’intera Repubblica che vedeva così accrescere la propria fama e potenza economica anche attraverso la supremazia editoriale. E così la stessa Repubblica agiva nella tutela dell’industria tipografica, favorendo, sostenendo e invitando li homeni a exercitar i lori inzegni in attrovar et investigar cose nove a

honor di questo fidel(issi)mo Stato, et a utilità delli homeni virtuosi.89 E molti autori sceglievano di affidare alle tipografie veneziane le proprie opere, come il teologo Felice da Prato che nonostante fosse stato esortato da papa Leone X a pubblicare alcune opere veramente molto fructifere a la christiana religion a Roma, scelse di stamparle a Venezia per beneficio de quella (città).90

84 ST.24.1525-1528, c. 255v del 28 febbraio 1528. 85 NC.14.1489-1499, c. 99r del 27 febbraio 1494. 86

ANTONIO TELESIO, Antonii Thylesii Cosentini Libellus de coloribus. Vbi multa leguntur praeter

aliorum opinionem. Impressum Venetiis, opera Bernardini Vitalis, mense Iunio 1528, (EDIT16, CNCE

37986). Per il privilegio vedi ST.25.1528-1530, c. 42r del 29 aprile 1528. Su questa edizione si veda anche ANTONIO TELESIO, On colours 1528, a cura di Roy Osborne, Londra, Universal Publishers, 2003.

87

Le Decades rerum Venetarum di Marco Antonio Sabellico furono pubblicate per la prima volta nel 1487 da Andrea Torresano (vedi capitolo 1, p. 11).

88

NC.15.1499-1507, c. 136v del 22 novembre 1504. 89

Celato sotto le ragioni di accrescere la gloria della Repubblica si può forse trovare anche il desiderio di rendere immortale il proprio nome o quello della propria famiglia, come nel caso della supplica inoltrata al Senato dal patrizio veneziano Giovanni Maria Memmo per la stampa di una traduzione fatta dal defunto zio paterno.91

Nella supplica si legge:

[…] acciochè ser(enissi)mo Principe la fama di quelli spendeno tutto il tempo della vita soa in dar opera cum assidue fatiche alli studii de bone litere non resti sepulta insieme con li corpi loro, essendo ora alla morte dil q(uondam) p(refa)to vostro servitor Zuan Bap(tis)ta Memo, tra molte degne sue opere et composition ritrovata una tradution per lui fatta di greco in latino della divina opera di Apolonio Pergeo in geometria di figura conicha, aciochè le fatiche fatte per lui non siano perse, ma la fama sua sii conservata solo premio dilla virtù ad honor della cel(situdi)ne vostra, et di questo ex(cellentissi)mo dominio […]. 92

La famiglia Memmo aveva limitate risorse economiche ed un rilievo politico piuttosto modesto. Lo stesso Giovanni Maria, giurista e letterato, non riuscì che a ottenere incarichi minori, insufficienti a conferirgli un qualunque risalto pubblico. Privato del prestigio e della remunerazione che un’affermazione politica avrebbe potuto garantirgli, focalizzò i suoi sforzi sul versante culturale, conseguendo in questo una certa fama. Fece dunque stampare alcune opere a proprie spese, inclusa la sopraccitata traduzione latina dell’opera del matematico greco Apollonio di Perge, dedicandola al cardinale Marino Grimani, patriarca di Aquileia.93

Possessori di opere inedite, trovate più o meno fortuitamente, esprimevano non di rado il desiderio di condividere il ritrovamento attraverso la stampa del libro

sua attenzione a Venezia, importante centro dell’editoria ebraica verso la quale aveva indirizzato i suoi interessi anche Daniel Bomberg, originario di Anversa. Assieme a quest’ultimo e Peter Liechtenstein, il frate chiese ed ottenne dalla Repubblica di Venezia un privilegio decennale per la stampa di alcune opere, tra cui le traduzioni in latino di due testi cabbalistici – Sepher Temuna e Imre Sepher – che non furono però realizzate. Tra le opere menzionate nella supplica troviamo anche una Bibbia ebraica ed una Bibbia rabbinica, stampate entrambe nel 1518 da Daniel Bomberg. Per queste opere Felice ottenne dunque un doppio privilegio, quello papale e quello veneziano, preferendo però pubblicare nella capitale editoriale europea, Venezia. Vedi ROSALBA ZANGARI, Felice da Prato, D.B.I. Sulle peculiarità dei privilegi papali e sulle doppie grazie concesse da Roma e Venezia vedi ANGELA NUOVO - CHRISTIAN COPPENS, I Giolito e la stampa, cit., pp. 203-217. Sul sistema dei privilegi a Roma vedi inoltre MARIA GRAZIA BLASIO, Cum gratia et privilegio. Programmi editoriali e politica pontificia.

Roma 1487-1527, Roma, Roma nel Rinascimento, 1988.

Per il privilegio vedi NC.18.1515-1520, c.3v del 23 aprile 1515. 91

APOLLONIUS PERGAEUS, Apollonii Pergei Philosophi, Mathematicique Excellentissimi Opera, per

doctissimum philosophum Ioannem Baptistam Memum ... de Graeco in Latinum traducta & nouiter impressa. Impressum Venetiis, per Bernardinum Bindonum, Mediolanensem, ad instantiam magnifici

domini Ioannus Mariae Memi patritii Veneti, ipsiusque impensa, 1537, (EDIT16, CNCE 2159). 92

ST.29.1536-1538, c. 124r del 12 marzo 1537. 93

rinvenuto, contribuendo in questo modo ad accrescere la notorietà dell’autore. Così per esempio, il patrizio e dottore in legge Andrea Trevisan essendogli pervenuta alle

mani una operetta chiamata il Selvaggio de m(esser) Gioambaptista Cortese da Bagnacavallo, et parendomi inconveniente che ditta opera stia nascosa per esser stato lui homo famoso, et dotto, ricorse alla Signoria affinché gli concedesse

privilegio.94