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Prolungamenti, riconferme, dichiarazioni di nullità

Una delle caratteristiche dei privilegi è che avevano una validità temporanea, variabile a seconda dei casi (per una trattazione più dettagliata sui limiti temporali si rimanda al quarto capitolo). Circostanze di diversa natura potevano però rendere insufficiente il tempo previsto dal decreto per l’attuazione dell’impresa editoriale e/o per la vendita del prodotto finito, rendendo necessaria la richiesta di un prolungamento temporale del privilegio. Ad ogni modo questo genere di richieste ha carattere eccezionale ed in linea di massima venivano accolte solo se sostenute da motivazioni importanti o se ritenute convenienti per la Repubblica.

Un esempio di prolungamento è quello che vide protagonista Alessandro Vellutello. Caso emblematico, in quanto egli ottenne nell'agosto del 1525 la grazia per il suo commento alle Rime del Petrarca e in prossimità della scadenza chiese una riconferma, concessa il 4 settembre 1535 per il tempo che li resta della gratia già

concessali. Ma essendo il privilegio valido per dieci anni, nel settembre del 1535

risultava già scaduto, così, accortosi dell'errore il Senato emise a distanza di pochi giorni una deliberazione nella quale, accanto alla spiegazione del disguido occorso, decretava che al supplicante fosse concesso un prolungamento di cinque anni, posticipando in questo modo la scadenza del privilegio al 1540. Non si conoscono le ragioni che avevano indotto l’umanista a chiedere tale riconferma, che poi si tradusse in un prolungamento, in quanto i documenti del 1535 riportano le sole Parti prese dal Senato. Si sa solamente che l’autorità accolse l’istanza in quanto le cause addotte dal petente nella supplica vennero giudicate juste, et honeste. Inoltre la Signoria credeva che accettare la richiesta di un uomo virtuoso potesse dar lustro alla Repubblica stessa ponendola a simbolo ed esempio di magnificenza e benignità.118

Il prolungamento poteva poi essere richiesto per far fronte all’impossibilità di smerciare le opere a causa delle instabilità politiche e degli eventi bellici. Così Ottaviano Petrucci da Fossombrone, insieme ai soci Amedeo Scoto e Niccolò Raphael, aveva ottenuto nel 1498 un privilegio ventennale per una nuova tecnologia atta a stampare commodissimamente canto figurado,119 ma per rispetto de le guerre

et turbolentie sono al presente, non hano possuto dar expeditione a le ditte opere stampate […] et perchè nel poco tempo che resta de ditta gratia è impossibile dare idonea expeditione a detti libri, ma li restariano a le spalle cum grandissimo detrimento de dicto Octaviano et compagni ricorsero alla Signoria affinché

concedesse loro un prolungamento di cinque anni azochè possino, se non a tute,

almanco a bona parte de ditte opere dar qualche bon fine per poter fruire qualche beneficio de le sue fatiche et vigilie, essendo ser Nicolò de Raphael diventato mezo orbo, che non po più exercitarsi ne le sue solite mercantie, mediante le quali substentava la sua fameglia: et azochè ditti supplicanti posino più promptamente far stampare molte altre opere nove de ditta facultà da loro raccolte in diversi loci cum grandissima spesa et fatica et etiam excogitar altre nove invention a ornamento et beneficio di questa inclyta cità.120

Anche il giurista e protonotario Leonardo Crassi sosteneva di non essere riuscito a vendere tutte le copie di un’opera a causa dei tempi et disturbi de guerra. L’opera in questione è l’Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna, stampata nel 1499 da Aldo Manuzio e per la cui pubblicazione Crassi investì, come affermava lui stesso,

Repubblica per un’innovazione concernente la stampa di musica. Fu inoltre il primo a produrre su larga scala, pubblicando interi libri di musica e creando un mercato di testi musicali a stampa distinto dal restante settore editoriale. Vedi FERNANDA ASCARELLI, La tipografia, cit., pp. 172-173. Sul privilegio concesso a Ottaviano Petrucci (con riproduzione dello stesso) e sui riflessi di tale concessione sullo sviluppo e sulla tutela della stampa musicale si veda JOANNA KOSTYLO,

Commentary on Ottaviano Petrucci’s music printing patent (1498), in Primary Sources on Copyright (1450-1900), edito da L. Bently e M. Kretschmer. <www.copyrighthistory.org>. Riproduzione del

privilegio in: AUGUSTO VERNARECCI, Ottaviano de’ Petrucci da Fossombrone inventore dei tipi mobili

metallici fusi della musica nel secolo XV, Bologna, Forni editore, 1971, pp. 42-43; CARLO

CASTELLANI, La stampa in Venezia, cit., p.73; MARY KAY DUGGAN, Italian Music Incunabula.

Printers and Type, Berkeley; Los Angeles; Oxford, University of California Press, 1992, p. 300;

STANLEY BOORMAN, Ottaviano Petrucci. Catalogue Raisonne, Oxford, University Press, 2006, p.1146.

Per il privilegio vedi NC.14.1489-1499, c.174r del 25 maggio 1498. 120

NC.17.1512-1514, c. 94r del 26 giugno 1514. Riproduzione del privilegio in: CARLO CASTELLANI,

La stampa in Venezia, cit., pp. 82-83; MARY KAY DUGGAN, Italian Music Incunabula, cit., p. 301. Su Ottaviano Petrucci si veda AUGUSTO VERNARECCI, Ottaviano de’ Petrucci da Fossombrone, cit., (riproduzione del privilegio pp. 146-149). Si veda inoltre STANLEY BOORMAN, Ottaviano Petrucci, cit., pp. 90-92 (riproduzione del privilegio p. 1150). Boorman rileva un parallelismo tra questa richiesta e quella formulata nel 1513 da Lelio e Paolo de’ Massimi per riconfermare un precedente privilegio concesso allo zio Democrito (di tale documento si tratterà più avanti). Sebbene il privilegio degli eredi di Terracina fosse ancora valido, una riconferma e una dichiarazione di sostegno da parte del Collegio, avrebbe aiutato loro a pianificare una più lunga operazione di mercato, nella speranza di ottenere alti profitti. La domanda di Petrucci potrebbe dunque essere stata una reazione al precedente stabilito dagli eredi di Terracina. Dei tre soci l’unico che sembra effettivamente in ristrettezze economiche era Niccolò Raphael; il suo ruolo era simile a quello di Terracina: era un libraio, non uno stampatore o un editore. Per quanto riguarda gli altri due soci, Scotto aveva ripreso l’attività editoriale l’anno precedente (1513), mentre Petrucci stava nuovamente lavorando, in gran parte affidandosi ai contatti con gli Stati pontifici. Parebbe dunque che Petrucci stesse seguendo l’insolito precedente dei nipoti di Terracina, rinnovando il privilegio già concesso e appigliandosi ad avversità e difficoltà che in realtà non dovettero essere realmente pregiudicanti.

centinaia di ducati, pertanto chiedeva un prolungamento di dieci anni alla grazia a lui concessa otto e più anni prima affinché potesse restar senza damno, et trazer el

suo.121 In realtà è probabile che il reale motivo che indusse Crassi a formulare la richiesta di prolungamento sia riconducibile alla diffusione dell’opera: il romanzo non riscontrò un grande successo, forse a causa dell’alta tiratura.122

Cause di forza maggiore indussero l’editore Bernardino Benali ad appellarsi alla clemenza del Senato affinché le spese sostenute per l’acquisto e la stampa del

Vocabolario di Ambrogio Calepino venissero, almeno in parte, recuperate. Il

manoscritto fu comprato da Benali direttamente dal suo autore e pubblicato nel 1520 e nel 1526.123 Ma solo una piccola quantità delle copie furono acquistate mentre le restanti, in attesa di essere vendute, vennero depositate in un magazzino a santo Stefano, sventuratamente devastato da un incendio. Per far fronte alla perdita economica, effetto della distruzione del capitale librario ivi conservato, il tipografo si vide costretto a chiedere la riconferma, nonché il prolungamento, della grazia concessagli undici anni prima.124

Un caso particolare resta infine quello dell’editore e mercante Alessandro Calcedonio che, in data 11 dicembre 1500, pregava la Signoria affinché opere per cui aveva ottenuto grazia fossero protette per altri quindici anni dal momento in cui saranno

compidi li anni de dicte gratie.125 Tale prolungamento, accordato dal Collegio per anni dieci, comprendeva sia le opere già stampate che quelle ancora da imprimere. Calcedonio non indicava nello specifico a quali precedenti privilegi e titoli si riferisse, ma dall’esame dei documenti emergono che tra il 1493 e il 1499 egli avesse

121

NC.16.1507-1512, c. 40r del 16 febbraio 1509. Dall’esame del documento si rileva che Leonardo Crassi aveva richiesto il privilegio a proprio nome, mentre l’autore era estraneo alla pubblicazione del suo romanzo. Crassi acquisì dagli eredi dell’autore o forse da una terza persona estranea, il manoscritto originale considerando tale iniziativa un investimento finanziario, nonché un’operazione di alto livello culturale. Vedi PAOLO VENEZIANI, Alla ricerca di Polifilo, «Gutenberg Jahrbuch», (2001), p. 131. ALESSANDRO SCARSELLA, Tra testo e immagine dell’Hypnerotomachia Poliphili: in margine alla

dedicatoria di Leonardo Grassi a Guidobaldo da Montefeltro, «Hvmanistica», 4 (2009) 1, pp. 47-52.

Del privilegio concesso otto anni prima non resta traccia negli archivi. Ma rifacendosi a quanto scritto da Leonardo Crassi e dall’indicazione del privilegio sull’edizione aldina (ISTC ic00767000) è possibile ritenere che la grazia fosse stata rilasciata nel 1499 o poco prima.

122

Solo in un secondo momento, il Polifilo trovò larga diffusione. Nel 1545, Paolo Manuzio decise quindi di ristampare l’opera, ormai molto richiesta (EDIT16, CNCE 12823). Vedi GIOVANNI

ottenuto quattro privilegi.126 Le opere indicate nei primi tre documenti in ordine di tempo risultano realizzate, al contrario di buona parte di quelle riportate nella supplica del maggio 1499,127 ma non è chiara la ragione per cui l’editore abbia sentito l’esigenza di chiedere questo prolungamento dal momento che i privilegi erano ancora validi nel momento di inoltro della supplica del 1500. Egli giustificava semplicemente la sua richiesta affermando che per tali opere li ha havuto grande et

intolerabil spese.

Congiuntamente o indipendentemente alle richieste di prolungamento del privilegio, è possibile riscontrare istanze volte a riconfermare precedenti grazie. La richiesta di riconferma poteva essere presentata per integrare o chiarire il contenuto di un antecedente privilegio, per rimarcare concetti passati inosservati, per legittimare il passaggio di titolarità di un privilegio o per accertarne l’effettivo accoglimento ed efficacia.

Per ciò che concerne l’aspetto connesso alla modifica del contenuto si evidenziano casi in cui la riconferma avviene con la finalità di integrare o specificare la parte inerente le pene o più frequentemente l’oggetto della protezione. Questo secondo aspetto doveva per ovvie ragioni essere definito con estrema chiarezza al fine di evitare qualsiasi possibilità di aggirare il divieto. Bernardino Benali chiese nel novembre del 1499 protezione per il Canone di Avicenna commentato in tutte le sue parti da Gentile da Foligno e Jacques Despars cum molte cosse nove che mai più

forono stampate in questa cità.128 L’editore si accorse di aver omesso un dato rilevante in questa prima petizione, un dato che avrebbe potuto mettere a rischio il suo investimento, perciò nel febbraio del 1500 inoltrò un’altra istanza. Egli affermava che la Signoria nel novembrio proximo passato mi concesse di gratia che, per X anni

continui, altri cha me non potesse stampar una opera videlicet Avicenna cum Zentil et dicto Jacomo unite insieme. Per vigor de la qual gratia io, oltra le prime spese, entrai in molto mazor spesa per far stampar dicta opera, et perchè qualchuno invidioso potria, cum modi indirrecti, defraudar dicta mia opera et totalmente ruinarmi del

126

In data 18 gennaio 1493, 1 agosto 1493, 9 agosto 1496 e 4 maggio 1499.

127

[…]Virgilio cum li soi commenti; omnia opera Ovidij; omnia opera Ciceronis; omnia opera Statij;

Valerio Flacco; omnia opera D. Augustini Sesse; opera Arucij; Nestor vocabulista; Justinianus vocabulista; Methaphisica Soncinij; omnia opera D. Benedicti Caprae; sermones Aquilanij; omnia opera Dumeltonis; omnia opera Algazelis; opera Avicenna; opera Egidij; opera Thome Tanglici; Cornucopia; Plinio; Janchon sopra la Methaphisica […]. Troviamo edizioni di queste opere del 1499

o posteriormente a tale anno ma non riconducibili ad Alessandro Calcedonio. Vedi NC.15.1499-1507, c. 6v, del 4 maggio 1499.

128

mondo cum voler stampar dicto Jacomo aut solo da per se, aut accompagnato cum altre zonte de Doctori, sotto pretexto de esser stampa' diverso da la gratia mia a destruction de essa mia gratia et total ruina de la facultà et fatiche mie.129 A tal fine Benali pregava l’autorità affinché si precisasse che la glossa del medico francese non potesse essere stampata né singolarmente, né insieme ad altri autori, né in qualunque modo o forma.

Il 30 gennaio 1526 il Senato confermava ed integrava il privilegio concesso l’anno precedente a Cola Bruno in seguito alla contraffazione delle opere di Pietro Bembo sottoposte a protezione. Il Senato stabiliva dunque che alcun non possi vender, sì in

questa cità, come in le altre terre et luogi nostri, le sopraditte opere, sotto qualunque forma o modo che dir o immaginar se possi riportando altresì con maggiore chiarezza

le pene previste in caso di contraffazione.130

Gabriele Bracci e compagni chiesero il 7 marzo 1498 un privilegio per l’invenzione da loro impiegata per la stampa di opere latine e greche e per le Epistole de Phalare

et Bruto, Philostrato et Fabule de Aesopo.131 Ma così formulata la supplica poteva essere fraintesa, cioè ritenuta valida esclusivamente per le suddette quattro opere. A distanza di due mesi la compagnia inviò ulteriore supplica al Collegio affermando che

non facendo lor compagni concorrentia ad alcuno li solicito stampar cussì greco come latino, remosso ogni intrigo et garbuglio, algun potesse far a dicta compagnia et che niun altro possi usar sua nova inventione, nè stampar possi se non da poi X anni quelle medeme opere, o grece o latine, siano le qual non mai stampade da altri dicta compagnia primamente stamperà.132 In questo modo Bracci e soci si assicuravano la tutela di tutte le opere pubblicate con la loro nuova tecnica.

Il passaggio esclusivo delle competenze inerenti il rilascio dei privilegi librari al Senato, avvenuto come ricordato con la Parte del primo agosto 1517, determinò

129

NC. 15.1499-1507, c. 15v del 17 novembre 1499. Vedi anche NC.15.1499-1507, c. 18r del 1 febbraio 1500.

130

ST.24.1525-1528, c. 38v del 25 luglio 1525. Vedi anche ST.24.1525-1528, cc. 86v-87r del 30 gennaio 1526.

131

l’annullamento di tutte le grazie anteriormente concesse. Coloro che avevano ottenuto privilegi dal Collegio si trovavano dunque nella condizione di doverli riconfermare presso il Senato. Naturalmente ciò valeva per privilegi che potenzialmente fossero ancora validi in termini temporali nel momento dell’emanazione della Parte e che avessero ad oggetto opere nuove. Il caso riscontrabile nel documento datato 11 settembre 1517 ne è un chiaro esempio. Camillo Leone ottenne il 2 marzo dello stesso anno il privilegio che gli garantiva di tutelare il proprio investimento per la pubblicazione di un’opera composta dal padre ma, scoprendo che la Signoria annullò qualunque grazia e che tale grazia si dovesse ottenere per lo Ex(cellentissi)mo

Conseglio de Pregadi, domandò che gli fosse confermato tutto ciò che il Collegio

aveva decretato azò che possa galder el fructo de le fatiche, vigilie et lucubratione et

de l'opera composta da suo padre.133 Esempio analogo è quello rappresentato dalla richiesta di riconferma di precedenti privilegi concessi nel 1515 a Daniel Bomberg. Il 5 aprile 1518, il Senato accolse la supplica del tipografo fiammingo con queste parole: Quod gratia alias de 1515 die vii Decembris, facta per Dominium nostrum

Danieli de Bombergo, mercatori anglico habitanti in hac civitate nostra Venetiarum, imprimendi libros in lingua hebraica per annos X de novo concedatur et confirmetur auctoritate huius Consilii per tempus quod restat finiendum ex dictis X annis, modis et conditionibus ut in ea. Si decretava inoltre che nemo alius quam idem Daniel, per tempus quod restat ut supra possit imprimere Psalterium traductum de hebraico in latinum, impressum per eum de anno 1515; et Gramaticam hebraicam compositam in hebraico et latino; et similiter Vocabulistam hebraicum compositum in hebraico et latino. Quae Gramatica et Vocabulista imprimentur post complectam Bibliam antedictam, opere per la cui realizzazione ne era sorta una società formata da

Bomberg, Peter Liechtenstein e Felice da Prato. In effetti quest’ultimo, traduttore, filologo, editore ed insegnante di ebraico fu la guida che assisté Bomberg nel difficile campo degli studi giudaici.134

Dallo studio dei documenti emerge un caso insolito. I Capi del Consiglio di Dieci concessero il 14 febbraio 1531 un privilegio decennale a favore dello scrittore Giovanni Mariani per la sua Tariffa de tutti li ori e cinque mesi dopo integrarono la

133

NC.18.1515-1520, c. 52r del 2 marzo 1517. Vedi anche ST.20.1517-1520, c. 83v dell’11 settembre 1517.

134

NC.18.1515-1520, c. 3v del 23 aprile 1515; NC.18.1515-1520, c. 25r del 7 dicembre 1515; ST.20.1517-1519, c. 131r del 5 aprile 1518. Vedi la voce Daniel Bomberg, in Dizionario dei tipografi

e degli editori italiani. Il Cinquecento, a cura di Marco Menato, Ennio Sandal e Giuseppina Zappella,

concessione specificando la motivazione che li aveva indotti ad accogliere la supplica. Il privilegio sarebbe stato valido per altri due anni quando intervenne il Senato legittimando la richiesta dell’autore per altri venti anni (su Giovanni Mariani si rimanda al quarto capitolo).135

Successiva alla Parte del 1517, la legge del 3 gennaio 1534 stabilì che le opere per cui si chiedeva protezione dovessero essere stampate entro l’anno pena il decadimento della grazia. L’ammonimento ad attenersi a tale disposizione si trova spesso riportato nelle stesse parole dell’autorità concedente: che il sopraditto sia tenuto in termine di

anno uno haver fatto stampar et dar fuora le sopraditte opere, altramente passato il ditto tempo resti la presente concession nostra di niun valor.136 E’ quello che accadde a Girolamo Giberti che nel 1543 fu costretto a pregare il Senato di concederli la riconferma di un privilegio per il commento al Digesto, commento che non fu possibile stampare nel termine previsto dalla legge a causa del miserabile incendio

successo della libraria del Pinci. L’opera verrà infatti pubblicata nello stesso 1543

dalla compagnia editoriale al segno della Corona, tra i cui membri emerge lo sfortunato tipografo vittima della disgrazia.137

Le riconferme potevano essere avanzate non solo dai titolari effettivi di una grazia, ma anche dagli eredi, come dimostra il caso che segue. I nipoti di Democrito Terracina (pseudonimo di Bernardo de’ Massimi) chiedevano il rinnovo del privilegio concesso allo zio per la stampa di alcune opere in lingua arabica, morescha, soriana,

armenicha, indiana et barbarescha in quanto, con la sua morte (avvenuta il 14 aprile

1513), Democrito non lasciò altro che debiti. Lelio e Paulo de’ Massimi affermavano che lo zio avesse fatto solamente grande et quasi intollerabel spexe senza alcuna

utilità lasciando ai nipoti l’onere di recuperare gli investimenti risanando l’ammanco.

Per comprendere questa richiesta è necessario fare un passo indietro. Nell’agosto del 1497 Marco Antonio Sabellico otteneva dal Senato un privilegio quindicennale per la stampa delle sue Enneades ab orbe condito, che furono pubblicate da Bernardino e

Matteo Vitali nel marzo dell’anno successivo.138 Sabellico si convinse a dare alle stampe la propria opera, non ancora completamente terminata, in seguito alle amichevoli pressioni di Democrito, il quale svolse l’importante ruolo di ‘editor’ dell’opera coadiuvato da Giovanni Armonio139 e dal monaco Bernardino Gadolo.140 Per la stampa delle Enneadi, Democrito formò una società con un certo Demetrio Coletti, proveniente da Mileto, in Asia Minore, che a Venezia svolgeva l’attività di sensale. In tale società la massima parte dell’impegno finanziario fu sostenuto da Coletti, mentre Democrito doveva fornire l’assitenza tecnica all’operazione, ma tra i due nacque una disputa che fu portata dinnanzi ai Giudici di Petizion. Sembra infatti che Democrito avesse utilizzato il capitale di Demetrio a suo personale vantaggio, pubblicando più copie di quanto concordato, e rivendendole in proprio. Sembra inoltre che Democrito avesse coinvolto nell’affare il nipote Lelio, cedendogli alcuni suoi diritti riguardanti una certa somma, dovutagli, a suo dire, da Demetrio in relazione alla stampa delle Enneades. Non conosciamo gli esiti della vicenda giudiziaria con Coletti, ma sappiamo che Democrito trascorse gli ultimi anni della sua vita in miseria, senza poter realizzare la sua più grande ambizione in ambito tipografico, ovvero la stampa di opere in diverse lingue orientali. Un sogno che lasciò in eredità ai nipoti Paolo e Lelio, come dimostra il suddetto privilegio.141

Il privilegio concesso a Democrito aveva una durata di venticinque anni, esaurendo la sua efficacia nel 1523. I nipoti chiesero il rinnovo nel 1513 non per i restanti dieci anni, bensì per altri venticinque. La domanda fu accolta, ma non dobbiamo pensare fosse un errore dovuto alla distanza temporale delle due petizioni, poiché l’istanza del 1513 è preceduta nel registro dalla copia dell’istanza del 1498.142

138

MARCO ANTONIO SABELLICO, Enneades ab orbe condito (Impressum Venetiis, per Bernardinum et Matheum Venetos, Kal. aprilis 1498), (ISTC is00007000).

Per il privilegio vedi NC.14.1489-1499, c. 163v del 27 agosto 1497.