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La centralità della persona nell’etica clinica e nell’etica

Nel documento 1978-2018: (pagine 109-117)

della sanità pubblica

Prima del 1978 il sistema sanitario italiano era basato sulle cosiddette “casse mutue”. Il diritto alla cura, quindi, era conseguenza dell’essere lavoratore e non cittadino, e talvolta si verificavano gravi diseguaglianze tra i cittadini con casi di mancata copertura.

Obiettivo principale dell’istituzione dell’SSN era garantire omogeneità e uguaglianza dei servizi prestati a tutta la cittadinanza, come riportato nell’articolo 1 della Riforma Sanitaria che definisce l’SSN così come: “Il complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento e al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione, senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio” (Legge 23 dicembre 1978, n. 833).

L’SSN coniuga la dimensione collettiva tipica della sanità pubblica con la dimensione individuale tipica della medicina clinica: per promuovere e tutelare la salute della popolazione, infatti, occorre promuovere e tutelare la salute di ciascun individuo. La nozione di centralità della persona, quindi, è un principio fondante dell’SSN.

Tale nozione è anche un caposaldo per l’etica medica (Taboada et

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paziente (Lagrée, 2004) e per la bioetica più in generale (Sledziewski, 2007).

Nell’ambito dell’SSN la centralità della persona si esprime in una serie di diritti per i cittadini, quali: i) libertà di scelta del medico di medicina generale e del luogo di cura, libertà che rappresenta la prima forma di rapporto con l’SSN, si basa su un rapporto fiduciario e permette la revoca della scelta da parte del cittadino; ii) diritti di informazione e diritti di partecipazione, ovvero sono previsti sistemi di informazione e indicatori di qualità dei servizi e delle prestazioni sanitarie nonché forme di partecipazione da parte dei cittadini e del volontariato per la programmazione, il controllo e la valutazione dei servizi sanitari a livello regionale e aziendale; iii) diritti di opposizione, cioè la possibilità per ciascun cittadino di presentare osservazioni, opposizioni, denunce, reclami per opporsi a un atto o a un comportamento o comunicare un disservizio; iv) consenso informato e diritto di riservatezza, cioè il diritto del cittadino ad essere informato sulla modalità di esecuzione del trattamento e eventuali rischi correlati e il diritto alla tutela della riservatezza dei dati sanitari come regolamentato dalla normativa vigente e dalla deontologica professionale (Libro bianco sui principi fondamentali del servizio sanitario nazionale del 2008).

L’SSN, dunque, è finalizzato a garantire adeguata assistenza sanitaria a ciascun cittadino. Tuttavia, esso opera anche a livello di gruppi e di popolazione, nella prospettiva tipica della sanità pubblica. La sanità pubblica si pone in una posizione differente rispetto alla prospettiva medico-paziente della pratica clinica.

In tutte le definizioni di “sanità pubblica” è infatti evidente la dimensione collettiva che, in alcuni casi, può entrare in conflitto con le necessità del singolo e la dimensione particolaristica dell’etica clinica (Gostin, 2008): spesso infatti gli interessi dei gruppi non corrispondono agli interessi individuali, oppure addirittura confliggono con essi. Tipici esempi sono il controllo delle malattie infettive, l’allocazione delle risorse e le misure di prevenzione che prevedono una restrizione delle libertà individuali.

93 Il controllo delle malattie infettive può richiedere l’imposizione di misure di prevenzione obbligatorie, come le vaccinazioni di massa, la limitazione delle libertà individuali per tutelare la salute collettiva, mediante la quarantena e l’isolamento (Bensimon & Upshur, 2007) e le forme di sorveglianza e “contact tracing” che vengono effettuate senza consenso (Lee et al., 2012).

L’allocazione delle risorse pone alcuni tra i dilemmi forse più drammatici: quando non sono disponibili risorse (non solo economiche, ma anche mediche, umane, ecc.) per ciascuno, si impongono scelte che corrispondono esattamente all’opposto di ciò che il medico farebbe ponendo il bene del “suo” paziente come obiettivo prioritario: occorre infatti deliberatamente trascurare qualcuno per curare altri, selezionati sulla base di criteri stabiliti a seconda delle circostanze. Significativo in tale senso è il fatto che, tra le varie problematiche che portarono alla nascita della bioetica come disciplina autonoma agli inizi degli anni Settanta del secolo scorso, vi furono anche dilemmi riguardanti l’allocazione delle risorse, posti, per esempio, dalla nuova tecnica della dialisi e dai primi successi nel trapianto di organi con la conseguente richiesta di cure, allora molto costose, da parte di un numero crescente di persone.

La sanità pubblica, in genere, tende a risolvere tali conflitti adottando un’etica utilitarista, in cui si cerca di massimizzare il beneficio per il maggior numero di persone (Lyon, 2011), anche quando ciò eventualmente comportasse una penalizzazione per singoli individui o per sottogruppi: “nella sanità pubblica le scelte personali e le preferenze di alcuni sono spesso scavalcate dall’interesse superiore per il benessere dell’intera popolazione” (Thomas, 2003). L’approccio utilitarista tipico della sanità pubblica ha portato numerosi autori a ritenere che la sanità pubblica sia intrinsecamente differente o addirittura incompatibile con l’etica clinica, centrata sulla persona. Per esempio secondo Charlton (Charlton, 1993) vi è una profonda differenza tra l’etica che governa la sanità pubblica e l’etica appropriata per le specialità cliniche e secondo Bayer e Fairchild la bioetica non può servire come base di ragionamento per i bilanciamenti che occorrono in sanità pubblica.

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Se iniziamo il processo di costruzione di un’etica della sanità pubblica, è subito chiaro che la bioetica è il posto sbagliato da cui iniziare (Bayer & Fairchild, 2004).

Tuttavia, sarebbe semplicistico ritenere che l’impostazione dell’etica della sanità pubblica sia improntata soltanto all’utilitarismo: secondo Wynia i conflitti che insorgono quanto cerchiamo di mettere in atto questa visione semplicistica” dimostrano chiaramente “la sua inadeguatezza nella pratica (Wynia, 2005).

Il fatto che l’etica della sanità pubblica non coincida soltanto con l’approccio utilitarista emerge dalla molteplicità di valori indicati nei testi di orientamento, siano essi assimilabili a codici deontologici, quali, ad esempio, il Public Health Code of Ethics della Public Health Leadership Society (PHLS) (PHLS, 2002) adottato anche dall’American Public Health Association (APHA), oppure a checklist operative, quali, ad esempio, il Framework for the Ethical Conduct

of Public Health Initiatives di Public Health Ontario (Public Health

Ontario, 2012). Ne emerge un insieme di valori che vanno ben oltre il mero utilitarismo.

Nel momento in cui la bioetica estende il suo orizzonte di applicazione dalla medicina clinica al campo della sanità pubblica, necessariamente si trova a ripensare i propri criteri etici di riferimento. Gli interrogativi che la sanità pubblica solleva sono numerosi e complessi e necessitano di risposte per le quali alcuni principi tradizionali della bioetica, come ad esempio il principio di autonomia o del consenso informato, potrebbero mostrarsi inadatti. Tra tali valori merita, nella prospettiva di sanità pubblica dell’SSN, particolare attenzione la solidarietà (Prainsack & Buyx, 2011) che costituisce un tratto necessario anche sul versante della compartecipazione dei cittadini, basti pensare alle attività cliniche che si fondano sul dono sociale, quali la trasfusione di sangue o il trapianto d’organo. Il ruolo della società intera nella promozione della salute pubblica, tuttavia, si esprime necessariamente anche attraverso la responsabilità, cioè tramite le azioni responsabili dei singoli individui e dei vari gruppi sociali.

95 I principali valori espressi dalla legge istitutiva dell’SSN sono conformi a un’etica centrata sulla persona, sia essa clinica o di sanità pubblica, in quanto non si opera alcuna distinzione di genere, residenza, età, reddito e lavoro e si attuano principi di responsabilità pubblica, tutela della salute, universalità ed equità di accesso ai servizi, nonché di solidarietà sociale.

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i pilastri della sanità pubblica in ISS

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Malattie infettive: il ruolo dell’ISS

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