La crescente consapevolezza dell’elevata prevalenza dei disturbi mentali, dell’ingente carico di sofferenza e di disabilità a essi associato, e dei loro costi diretti e indiretti, ha portato alla considerazione che occorresse fare qualcosa anche nel campo della prevenzione e non solo della terapia. Tale considerazione si basa sulla convinzione, suffragata da ampie evidenze e dal parere dei più grandi esperti di prevenzione, che migliorare il livello medio dei fattori protettivi o diminuire il livello medio dei fattori di rischio nelle
179 popolazioni costituisce il modo migliore di prevenire i problemi di salute.
Fino a poco tempo fa, parlare di prevenzione dei disturbi mentali poteva sembrare basato su un uso del termine molto ampio, oppure utopistico e velleitario. Negli ultimi anni, tuttavia, si sono accumulate evidenze che avvalorano l’idea che la prevenzione di alcuni disturbi mentali e la promozione della salute mentale siano possibili nei bambini, negli adolescenti, nelle puerpere, sul luogo di lavoro, e anche tra i disoccupati. Ci sono sempre maggiori evidenze che intervenire precocemente può migliorare gli esiti di salute nei pazienti con disturbi psicotici, e che interventi nelle scuole e con i genitori possono ridurre i disturbi della condotta e verosimilmente i disturbi depressivi e ansiosi nei bambini, nei ragazzi e negli adolescenti.
In altre nazioni sono state già introdotte e valutate iniziative di promozione della salute mentale. Nel Regno Unito, ad esempio, anche in considerazione degli elevati costi associati ai disturbi mentali stimati essere pari a 105 milioni di sterline l’anno, il ministero della salute ha avviato nel 2011 un programma dal suggestivo titolo No health without mental health.
La prevenzione primaria e la promozione della salute mentale e della qualità della vita rappresentano un’area in cui sono particolarmente necessari progetti riguardanti interventi di provata efficacia. In questo ambito, l’ISS ha fornito un contributo con la realizzazione e l’applicazione di un intervento di promozione della salute mentale nelle scuole di istruzione secondaria, di cui sono state valutate sia la fattibilità che l’efficacia sperimentale (Gigantesco et
al., 2015; Gigantesco & Morosini, 2015).
Conclusioni
La riforma dell’assistenza psichiatrica avviata nel 1978 ha prodotto un cambiamento epocale in Italia, che ha avuto ampia risonanza anche all’estero. È stato osservato che il monitoraggio e la
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valutazione avrebbero dovuto essere considerati aspetti imprescindibili di questo cambiamento, e che la valutazione avrebbe dovuto avere, per quanto possibile, una base epidemiologica (Tansella et al., 1987).
Tuttavia, in Italia non esisteva all’epoca una solida tradizione epidemiologica nel settore della salute mentale, e non erano disponibili studi valutativi. Di conseguenza, la riforma era stata in gran parte pianificata e implementata senza una valutazione adeguata. Sebbene in seguito si sia assistito a un graduale intensificarsi dell’attività di ricerca nel campo, essa ha risentito ancora per molto tempo di alcuni limiti, quali la prevalenza degli aspetti meramente descrittivi su quelli valutativi e la pressoché totale mancanza di studi dell’efficacia sperimentale di interventi psicosociali.
La cultura valutativa e scientifica dei DSM italiani sta notevolmente migliorando, grazie anche all’influenza delle nuove modalità organizzative dell’SSN, e alla spinta dei Piani Sanitari verso la definizione di obiettivi misurabili e la promozione di iniziative di valutazione e miglioramento della qualità.
Abbiamo motivi di credere che a questo miglioramento abbia contribuito anche l’ISS, mediante le iniziative di formazione continua, la diffusione di strumenti di valutazione in grado di coniugare validità e utilizzabilità nella pratica clinica, e la promozione e l’implementazione di attività di ricerca scientifica orientata alla qualità del lavoro dei DSM e alla sistematica considerazione dei vari aspetti della salute e della qualità della vita dei pazienti psichiatrici e dei loro familiari.
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