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L’attività dell’ISS nel contesto internazionale e nazionale

Nel documento 1978-2018: (pagine 130-134)

L’attività dell’ISS nell’ambito dei rischi ambientali per la salute umana sin dall’inizio è stata correlata a tematiche e priorità ben identificate a livello internazionale sul binomio ambiente e salute, partecipando con i propri esperti a programmi di ricerca e riunioni internazionali (WHO, UE, OECD, UNEP, SCOPE) e offrendosi come punto di riferimento e coordinamento sia nazionale che internazionale.

Agli inizi degli anni Settanta veniva introdotta in ISS l’area di ricerca della mutagenesi ambientale (Morpurgo, 1979). Questa disciplina tossicologica, oggi riconosciuta fondamentale alla pari della cancerogenesi, ha gettato le basi per lo sviluppo degli studi sul meccanismo d’azione degli agenti inquinanti, che oggi hanno un ruolo chiave nella valutazione del rischio tossicologico, e sulle basi molecolari delle malattie ambientali. In questa area è stata importante la partecipazione dell’ISS a programmi europei (“Genetic effects of Environmental chemicals”, STEP, ENVIRONMENT, 1974-1996) che si sono rilevati essenziali per lo sviluppo di questa

113 disciplina. Tra i suoi prodotti più rilevanti va ricordato il contributo allo sviluppo di test per la valutazione della genotossicità di sostanze chimiche, oggi molto utilizzati in ambito biomedico e farmaceutico-industriale (Carere et al., 1995), e la nascita della mutagenesi molecolare che ha permesso l’identificazione dei mutageni ambientali responsabili di alcuni tipi di tumore attraverso l’analisi delle mutazioni presenti nel genoma del tumore (Dogliotti, 1996).

Fra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta fu avviato nel Laboratorio di Igiene Ambientale un approccio epidemiologico al tema ambiente e salute. Questo approccio si sviluppò su due linee di lavoro così riassumibili.

Il primo filone di studio riguardò l’amianto, già oggetto di attenzione da parte dell’ISS da circa un decennio, soprattutto dal punto di vista della determinazione delle fibre in diverse matrici ambientali; il lavoro dell’ISS avrebbe contribuito alla messa al bando dell’uso di questo minerale con la Legge 257 del 1992. L’aspetto innovativo dell’approccio fu di mappare la mortalità per tumore maligno della pleura, successivamente codificato come mesotelioma pleurico, su tutto il territorio nazionale, in 20 Regioni e Province Autonome e circa 8000 comuni. Lo studio, svolto in collaborazione con l’Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l’Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile (ENEA), permise di evidenziare diverse aree del Paese caratterizzate da significativi eccessi di mortalità per questa patologia. Fra queste aree ricordiamo il Comune di Broni, in provincia di Pavia, sede di un importante stabilimento per la produzione di manufatti in cemento amianto e il Comune di Biancavilla, in provincia di Catania, alle falde dell’Etna, dove l’eccesso di mesoteliomi risultò attribuibile non all’amianto, ma a una fibra anfibolica precedentemente sconosciuta, la fluoro-edenite (Comba et al., 2003), che la IARC avrebbe poi classificato come cancerogena per l’uomo (Gruppo 1). Sia Broni che Biancavilla sono stati riconosciuti, insieme a molti altri, Siti di Interesse Nazionale (SIN) per le bonifiche.

Il secondo filone riguardò il tema delle aree ad elevato rischio di crisi ambientale. L’ipotesi di partenza era la seguente: gli studi di

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epidemiologia ambientale sono spesso resi difficoltosi dal fatto che vengono studiati rischi di entità non elevata, relativi a patologie spesso caratterizzate da un’eziologia multifattoriale, e questo rende difficoltosa l’individuazione di nessi causali. Concentrandosi su situazioni di esposizioni estreme, quali quelle che avevano portato al riconoscimento di area ad elevato rischio di crisi ambientale, si potevano ragionevolmente cogliere significativi impatti sanitari. Il lavoro fu svolto in collaborazione con il Centro Europeo Ambiente e Salute della WHO, allora ubicato a Roma, l’ENEA, e altre istituzioni, e portò alla prima analisi sistematica delle aree del territorio nazionale maggiormente esposte alla contaminazione ambientale derivanti da una serie di grandi poli industriali, come Massa Carrara, Manfredonia, Brindisi, Taranto, Crotone, Augusta-Priolo, Gela e Portoscuso, per i quali si ebbero le prime stime di impatto sanitario. Da questo filone avrebbe preso origine il Progetto SENTIERI (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento), messo a punto nell’ambito del Programma Nazionale Strategico Ambiente e Salute (Ricerca Sanitaria Finalizzata 2006), successivamente evoluto in un sistema permanente di sorveglianza epidemiologica delle popolazioni residenti nei Siti di Interesse Nazionali per le Bonifiche (Pirastu et

al., 2014).

Come pietra miliare nello sviluppo del settore ambiente e salute va anche menzionato il Progetto di Ricerca quinquennale “Ambiente” (1991-1995) che fu realizzato come sviluppo e ampliamento di un precedente Progetto “Ambiente” che aveva lanciato le basi per un impegno della ricerca dell’ISS in questo settore. La novità di questo progetto è che nel suo disegno riconosceva la necessità della convergenza della ricerca di base e applicata su specifiche problematiche ambientali ritenute prioritarie a livello nazionale e internazionale, attraverso programmi collaborativi atti a consentire un approccio multidisciplinare in cui gli esperti nel settore ambiente e salute lavoravano in sinergia.

Dal 2002, la presenza nello stesso dipartimento (con diverse denominazioni nel tempo) di competenze di tipo chimico,

115 tossicologico, microbiologico ed epidemiologico ha reso più incisivo l’approccio integrato alle tematiche di salute ambientale — dallo studio dei meccanismi d’azione degli agenti ambientali nocivi ai loro effetti sulla salute — dando luogo ad un’efficace sorveglianza della popolazione con studi di monitoraggio ambientale, biomonitoraggio umano e indagini epidemiologiche (vedi “Attività svolta in caso di emergenze”).

A livello nazionale l’ISS ha prestato e presta un ampio e continuativo supporto sia al Ministero della Salute sia al Ministero dell’Ambiente (loro varie denominazioni nel tempo) in attività pre- e post-regolatorie per quanto concerne la valutazione della qualità dell’aria in ambito urbano e industriale, del suolo, dell’acqua, degli alimenti e dell’ambiente in toto e del rischio per la popolazione in seguito ad esposizione ad agenti inquinanti. L’attività, sia di ricerca che di controllo, è sempre stata in linea con i Piani Sanitari Nazionali (PSN) e con i Piani Nazionali della Prevenzione (PNP), parte integrate dei PNS, adottati per la prima volta per il triennio 2005-2007. Il PNP nasce da un’intesa del Ministero della Salute con le Regioni e le Province Autonome. Questa governance compartecipata del PNP ha prodotto un processo culturale innovativo, identificando ad ogni rinnovo, nuovi obiettivi specifici da raggiungere tramite l’adozione di specifiche linee operative. Vale peraltro ricordare come numerosi interventi ambientali dell’ISS siano stati effettuati dietro sollecitazione della Protezione Civile.

Oggi l’attività del Dipartimento Ambiente e Salute si muove in sintonia sia con le priorità ambientali del PNP 2014-2018 che con quelle lanciate dalla WHO ad Ostrava (Sesta Conferenza Interministeriale, 2017) condividendone strategie/obiettivi prioritari. Le aree identificate per le principali attività di ricerca del Dipartimento sono: a) migliorare la valutazione dell’esposizione per ridurre i rischi per la salute; b) rendere sicura l’acqua per proteggere la salute umana; c) minimizzare gli effetti negativi delle sostanze chimiche sulla salute umana e sull’ambiente; d) prevenire e eliminare gli effetti negativi ambientali e sanitari legati alla gestione dei rifiuti e ai siti contaminati; e) investire nello studio della salute degli

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ecosistemi per affrontare i rischi sanitari connessi a fattori ambientali inclusi i cambiamenti climatici sostenendo le misure per la loro mitigazione; f) sostenere gli sforzi delle città e delle regioni europee per diventare più sane e sostenibili. A livello europeo, è attivo il coordinamento della rete delle istituzioni europee COST Action “Industrially Contaminated Sites and Health Network (ICSHNet)” da parte del WHO Collaborating Centre for Environmental Health presente nel Dipartimento.

Nel documento 1978-2018: (pagine 130-134)