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La centralità del diritto dell’Unione europea nell’elaborazione dell’attuale modello

Capitolo 1. Lo statuto europeo della regolazione nel settore dei servizi di rete

3. La centralità del diritto dell’Unione europea nell’elaborazione dell’attuale modello

L’attuale modello di regolazione dei mercati dei servizi infrastrutturali sia figlio del diritto dell’Unione europea: sin dall’articolato del Trattato di Roma del 1957 sono state gettate le basi su cui nei decenni successivi si sarebbe costruita la dottrina della regolazione dei servizi di rete e delle rispettive infrastrutture, evolvendosi fino a raggiungere l’attuale complessità del fenomeno.

Infatti, come già ampiamente sottolineato in precedenza, la concezione di regolazione qui adottata è, oltretutto, strettamente connessa ai servizi pubblici a rete e all’evoluzione in senso concorrenziale che l’ordinamento comunitario ha loro imposto; perciò possiamo affermare che quanto aveva trovato le proprie origini nel Trattato costitutivo della CEE si è fortemente sviluppato negli anni parallelamente alla realizzazione del mercato unico dei servizi.

La regolazione dei servizi e delle infrastrutture non è disciplinata in quanto tale e in maniera organica dal diritto dell’Unione europea, eppure è indiscutibile come proprio il diritto comunitario positivo abbia determinato la necessità di introdurre nei singoli ordinamenti nazionali un nuovo (rispetto alla tradizione americana) concetto di regolazione, nella sua più completa e vasta concezione economico-sociale che abbiamo tratteggiato in precedenza. Si può descrivere, questo, come un fenomeno di regolamentazione (nel senso di imposizione di norme giuridiche regolative) indiretta, in quanto determinata da norme e principi posti a priori rispetto alla (successiva e da essi imposta) regolazione economica39.

Procedendo con ordine, vi sono, anzitutto nel diritto europeo dei Trattati e nella giurisprudenza della Corte di Giustizia, taluni principi che costituiscono il fondamento giustificativo della regolazione. Alcuni di essi sono riconducibili al c.d.

39 In altre parole, se nel diritto dell’Unione europea non si affronta e disciplina la regolazione dei mercati come una materia a sé stante, è pur vero che dal diritto dell’Unione europea, dei Trattati e derivato, dalla giurisprudenza della Corte e del Tribunale, dalla prassi della Commissione europea, emergono regole e principi che impongono precisi obblighi ed oneri regolativi dei mercati attraverso un completo quadro normativo.

“diritto europeo dell’economia”40 e vanno intesi come esplicazione del più generale principio del “buon funzionamento del mercato”41: il principio di uguaglianza tra impresa pubblica e privata (art. 345 TFUE, ex art. 295 TCE) il quale ammette, tra l’altro, un intervento degli Stati membri nei settori economici d’interesse generale mediante proprie imprese42, a condizione che queste non risultino privilegiate rispetto alle concorrenti private che agiscono nel medesimo ambito economico43; il principio del mercato volto alla libera concorrenza (artt. 101-102, 106-107 TFUE, rispettivamente ex artt. 81-82, 86-87 TCE); il principio di libera circolazione (di

40 Per un inquadramento della nozione e per un’analisi delle ricadute che l’applicazione del diritto europeo dell’economia ha avuto sulle norme della Costituzione italiana, nonché in merito ai rapporti tra le due fonti, si rimanda ai lavori di S. CASSESE, La nuova Costituzione

economica, Bari, 2004; G. DI PLINIO, Dir. Pubbl.dell’economia, 1998; G. AMATO, Il mercato nella

Costituzione, in Quaderni cost., 1992, p. 7 ss.; G. GUARINO, Pubblico e privato nell’economia. La

sovranità tra Costituzione ed istituzioni comunitarie, ivi, p. 21 ss.; P. DAMIANI, Elementi di diritto

pubbico dell’economia, Roma, 2009, p. 21 ss.. Con particolare attenzione alle conseguenze del contrasto tra le norme fondamentali del diritto europeo dell’economia e le disposizioni costituzionali cfr. N. IRTI, L’ordine giuridico del mercato, Bari, 1998, p. 96; ID., Economia di

mercato e interesse pubblico, in Riv. Trim. di Dir. e Proc. Civ., 2000, p. 440, ove si sottolinea il contrasto della nostra Costituzione con i principi europei e si ritiene che «il criterio di

definizione dell’interesse pubblico va ricavato (o va anche ricavato) dai principi comunitari, e dunque include in sé, prima tra altre, la garanzia di piena e libera concorrenza nel mercato europeo». Per una lettura dell’art. 41, comma 3, della Costituzione alla luce del Trattato CE cfr. F. MERUSI,

Considerazioni generali sulle amministrazioni indipendenti, in F. BASSI – F. MERUSI (a cura di),

Mercati e amministrazioni indipendenti, Milano, 1993, p. 159 ss.. Sottolinea V. CERULLI IRELLI,

Impresa Pubblica, fini sociali, servizi di interesse generale, in Riv. it. dir. pubbl. comun., 2006, p. 759, come le norme della c.d. Costituzione economica, non rientrando tra i principi fondamentali dell’ordinamento, non beneficiano di quella inderogabilità ad opera del diritto comunitario prevista dalla c.d. “teoria dei controlimiti” elaborata dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 183 del 1973.

41 Cfr. M. MARESCA, La regolazione nel comparto dei trasporti, in M. MARESCA (a cura di), Lo

spazio mediterraneo della mobilità, Udine, 2010, p. 111 ss. Il buon funzionamento del mercato va inteso come fine ultimo da preservare non solo da eventuali comportamenti anticoncorrenziali quali intese, abusi di posizione dominante, aiuti di Stato, ripartizioni dei mercati e più in generale ogni restrizione della libera concorrenza, ma da ogni possibile ostacolo alla realizzazione dell’obiettivo fondamentale della costituzione di un effettivo Mercato unico europeo e quindi il libero accesso al mercato, la trasparenza nella selezione dei concorrenti, ecc.

42 Non imponendo, pertanto, alcun processo di privatizzazione delle imprese che in tali settori operano.

43 Cfr. in proposito V. CERULLI IRELLI, Impresa pubblica, fini sociali, servizi di interesse

generale, op. cit, p. 780, laddove afferma: «nel settore dei servizi pubblici, imprese pubbliche e

imprese private, nel nuovo contesto ordinamentale di fonte europea, sono dunque chiamate a competere tra loro sul mercato, sottostando le une e le altre ai poteri (e alle normative) di regolazione, imposte dalla autorità affinché esse realizzino (adempiano) gli obblighi di servizio in favore della collettività servita. Obblighi a fronte dei quali alle imprese può essere riservata una posizione privilegiata sul mercato, a fronte delle altre, nei limiti della stretta necessità (di copertura, diciamo

persone, servizi, merci e capitali); l’accesso a servizi di interesse economico generale ad elevato standard di qualità e a condizioni che consentano loro di assolvere i loro compiti (art. 14 TFUE, ex art. 16 TCE); i c.d. “principi procedurali” del diritto dell’Unione europea in materia amministrativa, in particolare il principio di “buona amministrazione” che impone neutralità e contraddittorio anche nei procedimenti amministrati dai regolatori dei servizi e delle infrastrutture44.

Altri, invece, appartengono al novero dei principi generali dell’ordinamento europeo, e proprio in quanto tali trovano applicazione e rilievo (vedremo meglio in seguito in quale misura) anche nell’ambito oggetto del presente lavoro: il riferimento (non esaustivo) è al principio di non discriminazione in base alla nazionalità (ad esempio nell’accesso ai servizi), di leale collaborazione (che trova applicazione tanto nella collaborazione tra i regolatori istituiti presso i singoli Stati membri come tra essi e le Istituzioni dell’Unione europea), al principio di tutela del legittimo affidamento (ad esempio in caso di atti regolativi che incidano in peius su contratti di servizio già in vigore).

Altri ancora, quali il diritto di accesso al mercato e il principio di separazione (unbundling) tra gestore dell’infrastruttura ed erogatore del servizio, vedono la luce nella normativa derivata adottata all’epoca della “stagione delle liberalizzazioni” avviata dalla allora CEE nei primi anni ‘90, salvo poi venire precisati e riaffermati

così, degli oneri del servizio); mentre, allo stesso tempo esse sono soggette ai poteri di regolazione spettanti alle pubbliche autorità». E’ possibile, quindi, leggere il principio di neutralità come una fonte di legittimazione per l’intervento pubblico in economia, ma anche, al tempo stesso, come una sorta di clausola limitativa dell’intervento medesimo. Sicuramente l’art. 345 TFUE assurge a parametro fondamentale dell’attività del regolatore, il quale dovrà esercitare la propria funzione secondo i canoni della neutralità e negli stretti limiti derogatori. Cfr. sul tema della neutralità del diritto dell’Unione europea G. AMORELLI, Le privatizzazioni nella

prospettiva del trattato istitutivo della Comunità Economica Europea, Padova, 1992, passim; E. M. APPIANO, L’influenza del diritto comunitario sui processi di privatizzazione negli Stati membri, in L. G. RADICATIDI BROZOLO (a cura di), Servizi essenziali e diritto comunitario, Torino, 2001, p. 89 ss.; A. VERHOEVEN, Privatisation and EC Law: is the European Commission “neutral” with respect to

public versus private ownership of companies?, Londra, 1996; W. DEVROE, Privatizations and

Community law: neutrality versus policy, in Comm. mar. law rev., 1997, p. 267 ss..

44 Il principio della buona amministrazione si applica non solo all’attività amministrativa degli organi dell’Unione europea, ma anche ad ogni amministrazione nazionale «che agisca in funzione comunitaria». Cfr. E. CHITI, La disciplina procedurale della

regolazione, op. cit., p. 724 ss., in cui l’A. richiama la giurisprudenza della Corte di giustizia nel caso Hautzpollamt Hamburg-Jonas c. Ditta P. Krücken, sentenza del 26 aprile 1988, in causa 316/86, in Racc. 2213.

con forza nelle ulteriori norme di apertura dei mercati così come nelle decisioni della Commissione europea in materia di concorrenza.

Questo ulteriore passaggio ha rappresentato il culmine del processo di conversione della politica dei servizi pubblici nel segno della concorrenza e sancito il tramonto del modello concessorio monopolistico dei servizi stessi come regola inattaccabile: conseguenza di un tanto è stata proprio la necessità di individuare meccanismi di regolazione che guidassero la transizione dei pubblici servizi e della rete infrastrutturale da attività in mano alla gestione pubblica esclusiva e sottratte al mercato ad attività aperte al mercato concorrenziale e al libero accesso45. Il cambiamento avvenuto a livello di assetto del mercato dei servizi ha, ovviamente, originato delle ricadute sensibili relativamente alla gestione delle infrastrutture di supporto: l’incremento dei competitors nella fornitura del servizio ha richiesto una maggiore capacità di regolare l’accesso alla stessa nonché un controllo più pregnante sulle tariffe e le modalità di utilizzo della rete; il principio di libera concorrenza e il divieto ex art. 102 TFUE (ex art. 82 TCE) ha imposto la separazione soggettiva tra gestione dell’infrastruttura e fornitura dei servizi, eccetera.

Vi sono, infine, principi sanciti in taluni atti di soft law, ossia atti di indirizzo e di programmazione (spesso peculiari della Commissione europea quali Comunicazioni, Libri Verdi e Libri Bianchi) che tracciano le linee generali della

45 Nella sua politica di liberalizzazione dei servizi pubblici, la Commissione ha optato per un approccio settoriale, in quanto ogni settore ha le sue proprie caratteristiche tecnologiche e di mercato. Tuttavia, ci sono, nella legislazione europea, alcuni importanti elementi comuni a tutti i settori interessati, ad esempio taluni obblighi di servizio pubblico (sia tra quelli definiti a livello europeo che tra quelli scelti di volta in volta dagli Stati membri). Così, poi, in ciascun settore vi sono disposizioni concernenti il principio di separazione (c.d. “unbundling”) volto ad impedire che una medesima impresa o imprese verticalmente integrate tra di loro operino contemporaneamente sul mercato del servizio e della gestione dell’infrastruttura. Inoltre, in tutti i settori si procede ad una ulteriore distinzione tra gestori dei servizi e autorità cui è devoluta la regolazione del settore stesso. Per la normativa europea di apertura dei mercati dei servizi di rete alla libera concorrenza cfr. la Direttiva 90/388/CEE in materia di telecomunicazioni, pubblicata in GU L 192 del 24.7.1990, p. 10; la Direttiva 96/92/CE abrogata dalla Direttiva 2003/54/CE relativa a norme

comuni per il mercato interno dell’energia elettrica, pubblicata in GU L 176 del 15.7.2003, p. 37; la Direttiva 97/67/CEE, recentemente modificata dalla Direttiva 2008/6/CE, concernente regole

comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio, pubblicata in GU L 52 del 27.2.2008, p. 3; la Direttiva 98/30/CE, abrogata dalla Direttiva 2003/55/CE relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale, pubblicata in GU L 176 del 15.7.2003, p. 57; la Direttiva 91/440/CEE modificata successivamente dalla Direttiva 2001/12/CE in materia di trasporto ferroviario, pubblicata in GU L 75 del 15.3.2001, p. 1.

politica europea nei diversi settori e che incidono a loro volta sui principi che ispirano la regolazione dei mercati, dei servizi e delle infrastrutture46: tra questi, nel settore dei trasporti, i maggiormente significativi riguardano la auspicabile ripartizione dei traffici dai modi di trasporto più congestionati ed inquinanti verso quelli più virtuosi, l’equa tariffazione delle infrastrutture che consideri i costi connessi all’utilizzazione delle stesse ed il loro livello di congestionamento, la tutela della sicurezza, la promozione delle infrastrutture strategiche, ecc..

Tutti i principi sin qui richiamati, siano essi direttamente applicabili negli ordinamenti nazionali o meno, fungono da parametri fondamentali su cui costruire il modello di regolazione dei mercati europei dei servizi di rete e delle infrastrutture stesse. Il regolatore nazionale che non dovesse improntare la propria attività a tali principi (vincolanti) incorrerebbe sicuramente in una violazione del diritto dell’Unione europea, con tutte le conseguenze del caso in tema di relativa responsabilità.

4. L’evoluzione dei servizi di interesse economico generale nello scenario