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Trasporti, infrastrutture e concorrenza nel diritto dell’Unione europea dei Trattati

Capitolo 2. La regolazione delle infrastrutture di trasporto

1. Trasporti, infrastrutture e concorrenza nel diritto dell’Unione europea dei Trattati

Il processo di sviluppo della politica comune dei trasporti, culminato nelle ultime misure di apertura concorrenziale, più o meno ampia, dei diversi modi può essere suddiviso in una pluralità di fasi121.

119 Ciò è tanto più vero quanto si percepisce la capacità delle infrastrutture (di trasporto) di fungere da vero e proprio volano per lo sviluppo economico dell’Unione europea e strumento indispensabile per realizzare gli obiettivi di coesione sociale, economica e territoriale sanciti nei Trattati istitutivi (cfr. artt. 2, primo trattino,TUE e 4, par. 2, lett. c) TFUE).

120 A mente dell’art. 106 TFUE (ex art. 86 TCE) le imprese incaricate di svolgere servizi di interesse economico generale possono essere destinatarie di diritti speciali o esclusivi al fine di meglio adempiere alla propria missione. I diritti speciali o esclusivi detenuti da talune imprese, se non sono giustificati da una missione d’interesse economico generale, possono tuttavia generare prezzi elevati, un servizio meno efficiente e ritardi in termini di innovazione o investimenti. Di qui la necessità per il legislatore europeo di liberalizzare quei settori maggiormente soggetti a monopolio, al fine di migliorare la qualità del servizio e ridurre il livello dei prezzi.

In un primo momento, individuabile grosso modo fino a metà anni ‘70, l’obiettivo principale era il raggiungimento di una effettivamente libera prestazione dei servizi di trasporto e l’estensione delle regole di concorrenza al settore dei trasporti su ferrovia, strada e vie navigabili122. Il libero mercato dei trasporti veniva, infatti, inteso come lo strumento principale per dare vita ad un sistema di trasporto comunitario che non solo garantisse il corretto funzionamento del settore dei trasporti, ma che, già allora, promuovesse efficacemente al tempo stesso la sicurezza degli utenti dei trasporti, la tutela dell’ambiente e del progresso tecnico e sociale.

Nella sua risoluzione del 25 settembre 1974, il Parlamento europeo ha approvato in linea di principio la strategia elaborata dalla Commissione europea l’anno precedente123 e, assumendo una posizione che precorreva i tempi, ha sottolineato quelli che riteneva essere i principi base della politica comune dei trasporti. La politica comune dei trasporti, sosteneva il Parlamento europeo, avrebbe dovuto essere coerente con le politiche economiche e sociali della CEE, nel senso che avrebbe dovuto servire a creare un mercato comune dei trasporti funzionale allo sviluppo della Comunità, dar vita ad una rete coesa di infrastrutture europee di trasporto che fornisse agli utenti dei trasporti una più ampia scelta tra modi di trasporto concorrenti e all’interno di ciascuna modalità, in un mercato deregolamentato e facilmente accessibile124.

Quasi contemporaneamente la Corte di giustizia fornì il suo importantissimo contributo con la sentenza sul caso c.d. “Marinai francesi”, ove, come vedremo meglio in seguito, si affermò per la prima volta l’applicabilità dei principi sanciti nel Trattato, inclusi gli artt. 74-84 TCEE (oggi artt. 90-100 TFUE), anche al trasporto marittimo ed aereo125. Il completamento di una politica dei trasporti impostata sul principio della libera concorrenza sembrava finalmente realizzabile.

122 Cfr. il Memorandum della Commissione europea del 10.04.1961, sur l’orientation à

donner à la politique commune des transports, COM (61) 50 def., il Programma di azione della Commissione del 16.04.1962 (COM (62) 88 def.), nonché il Parere del Parlamento europeo pubblicato in G.U. del 1962, p. 1256. A riguardo si v. P. PINAY, Régles de concurrence et

transports dans le cadre de la C.E.E., in Annuaire Français de Droit International, 1962, p. 783-786.

123 Comunicazione della Commissione al Consiglio sullo sviluppo di una politica comune

dei trasporti, del 24.10.1973, COM(73) 1725 def.

Tuttavia la situazione non mutò di molto neppure a seguito dell’innovativa pronuncia della Corte di Lussemburgo, in quanto le normative di attuazione della politica comune dei trasporti tardavano ad arrivare126.

La ragione del continuo procrastinare lo sviluppo effettivo della politica comune dei trasporti, almeno fino a metà degli anni ‘80, non è stata certo la mancanza di proposte di massima, bensì la tattica dilatoria del Consiglio e dei suoi membri (ossia gli Stati), incapaci di giungere ad un compromesso.

Il Parlamento europeo ricoprì un ruolo altresì fondamentale promuovendo avanti alla Corte di giustizia un’azione in carenza avverso il Consiglio il quale aveva mancato di legiferare in ossequio agli obiettivi in materia di politica dei trasporti formulati nel Trattato. Nella sentenza del 22 maggio 1985127, la Corte ha ordinato al Consiglio di adempiere ai propri obblighi derivanti dal Trattato nel campo della politica dei trasporti128. In questo modo, il Parlamento ha raggiunto un notevole successo davanti alla Corte di giustizia europea, che deve essere considerato come una pietra miliare nello sviluppo di una vera e propria politica comune dei trasporti, seppure 28 anni dopo la fondazione della CEE.

Nel settore dei trasporti, la libera prestazione di servizi si riferisce alla libertà dei vettori, indipendentemente dalla loro nazionalità, di offrire e fornire i propri servizi di trasporto in tutto il territorio dell’Unione europea129. Ciò non implica necessariamente che tutte le imprese comunitarie abbiano un diritto assoluto di accesso al mercato, del tutto libero e non regolamentato: come vedremo in seguito, nella maggior parte dei settori l’accesso al mercato dei servizi e delle infrastrutture è subordinato al rilascio di licenze di esercizio e autorizzazioni, ma può subire ulteriori limitazioni per ragioni di interesse generale o per vicende contingenti che incidono negativamente sulla capacità dell’infrastruttura.

Un libero mercato, tuttavia, può svilupparsi a beneficio delle imprese e dei consumatori/utenti solo se gli operatori possono competere a parità di condizioni.

126 Così F. MUNARI, Il diritto comunitario dei trasporti, Milano, 1996, p. 51 ss.

127 Sentenza in causa 13/83, Parlamento europeo c. Consiglio delle Comunità europee, in Racc., 1513.

128 Si noti come a Corte nel suo giudizio partiva dal presupposto per cui un ricorso contro il Consiglio era ammissibile per carenza nel perseguire le finalità strettamente definite nel Trattato in materia di libera prestazione dei servizi ma non per la mancata introduzione di una strategia generale, come la politica comune dei trasporti.

Per questo motivo, l’armonizzazione delle condizioni tecniche, sociali e fiscali è diventato anch’esso uno degli obiettivi della politica comune dei trasporti130.

Le norme del titolo dedicato ai Trasporti sono, pertanto, le prime ad innestare, grazie anche all’azione della Corte di giustizia, le regole della concorrenza nell’intero settore trasportistico. Tuttavia sono, queste, norme che non hanno specifiche ricadute in termini di regolazione dei mercati perché non contribuiscono alla creazione di mercati di trasporto veramente contendibili: un tanto sino all’attuazione concreta della politica europea di liberalizzazione dei trasporti di merci e passeggeri.

2. Regolazione delle infrastrutture di trasporto e processi di