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La dicotomia tra regolazione economica e regolazione sociale e la sua sintesi nel

Capitolo 1. Lo statuto europeo della regolazione nel settore dei servizi di rete

5. La dicotomia tra regolazione economica e regolazione sociale e la sua sintesi nel

L’intervento del regolatore sul mercato non segue necessariamente le direttrici delle logiche concorrenziali tout court, poiché regolare un mercato significa non solo ottenere obiettivi economici (pubblici e/o privati) mediante l’impiego di soggetti orientati all’efficienza, ossia creare “pressioni pro-concorrenziali” nel

mercato stesso, ma anche perseguire ulteriori finalità sociali intrinseche rispetto alla natura pubblica (rectius: di interesse generale) sottesa al servizio regolato74. In altre parole, la circostanza per cui si è imposta in sede europea la contendibilità dell’attività economica di servizio pubblico, se da un lato consente al principio della libera concorrenza di manifestarsi in tutta la sua portata nell’ambito, prima intercluso, del servizio pubblico di rete, dall’altro lato non può e non deve espungere il pregnante carattere sociale del servizio di interesse generale dai principi che tale servizio governano75. Sicché l’interesse sociale e quello economico,

74 Sul rapporto tra regolazione economica e regolazione sociale nel diritto comunitario dei servizi si rimanda a F. DI PORTO, Regolazioni di ‘prima’ e di ‘seconda’ generazione. La

liberalizzazione del mercato elettrico italiano, in Mercato conc. reg., 2/2003, p. 201 ss. Procede alla medesima suddivisione, sebbene ricorrendo ad altra terminologia, M. SEBASTIANI, Prospettive

della regolazione nei settori infrastrutturali, Relazione presentata al Workshop “Concorrenza e regolazione – confini mobili”, AGCM, Roma, 13 settembre 2010, secondo cui «Le ragioni a

base della regolazione possono essere suddivise in due tipologie. Quella relativa ai fallimenti del mercato, ossia alla incapacità pratica di questo di raggiungere gli obiettivi che tradizionalmente si ritiene gli siano “propri”: esternalità, debolezza (temporanea o strutturale) della concorrenza, incompletezza dei mercati, beni pubblici, problemi di agenzia, asimmetrie informative, distruttività della concorrenza, ecc. […]. E quella relativa ai “limiti” del mercato, vale a dire, a obiettivi socialmente utili che il mercato non persegue poiché estranei alla sua logica: obiettivi di solidarietà sociale, di coesione territoriale, di accessibilità, ecc.; così come quelli che si pongono in un orizzonte temporale che sopravanza quello preso in considerazione anche dai più lungimiranti operatori privati (è il caso, ad esempio, delle risorse naturali, delle quali i mercati fissano prezzi che nella migliore delle ipotesi riflettono le sole scarsità attuali)». Anche autorevole dottrina economica accoglie la duplice dimensione dell’attività regolatoria. Cfr. in merito R. BALDWIN - M. CAVE,

Understanding Regulation, op. cit., i quali sostanzialmente affermano che la regolazione interviene come fattore limitante di quei comportamenti di mercato delle imprese da cui deriverebbero effetti socialmente non auspicabili, puntando viceversa a raggiungere risultati socialmente desiderabili ma che non sarebbe possibile conseguire se le imprese fossero libere di agire in senso prettamente economico e di mercato.

Si noti bene come la coesistenza dell’interesse economico e di quello sociale nell’ambito dei mercati regolati non impone solamente al regolatore di procedere al necessario contemperamento, bensì coinvolge direttamente anche l’operato della Commissione europea e della Corte di giustizia europea nello svolgimento delle rispettive funzioni. Opportunamente evidenzia M. CLARICH, Servizi pubblici e diritto dell’Unione europea della

concorrenza: l’esperienza italiana e tedesca a confronto, in Riv. trim. dir. pubbl., 2003, p. 91 e ss., come «il nuovo articolo 16 del Trattato influisca sugli indirizzi operativi della Commissione e sugli

orientamenti della Corte di Giustizia che dovrà tener conto della necessità di bilanciare i valori, talora non agevolmente componibili, dell’efficienza del mercato e degli obiettivi sociali di coesione e inclusione».

75 Sul rapporto tra valori economici e valori sociali, nonché sul loro bilanciamento, si segnalano tre sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee: la sentenza del 11 dicembre 2007, causa C-438/05, International Transport Workers’ Federation, Finnish Seamen’s

Union v. Viking Line APB, OÜ Viking Line Eesti, in Racc., p. I- 10779; la sentenza del 18 dicembre 2007, causa C-341/05, Laval un Partneri Ltd c. Svenska Byggnadsarbetareförbundet, in

Racc., p. I-11767; la sentenza del 3 aprile 2008, causa C-346/06, Dirk Rüffert e Land

ancorché entrambi vestiti della dimensione pubblica e generale, devono trovare nella regolazione la giusta modulazione, mentre questa, dal canto suo, si riversa sulle istanze dei soggetti che operano nel mercato regolato o che ne compongono l’utenza.

Si va definendo un nuovo modello di regolazione: la dimensione economica e quella sociale della regolazione convivono necessariamente nel diritto dell’Unione europea dei servizi di rete. Viene così meno quella distinzione tra “regolazione economica” e “regolazione sociale” operata dalla dottrina affrontando il tema della regolazione sotto un profilo generale76, mentre si afferma con forza il principio che impone di gestire (rectius: regolare) la conversione alle logiche di mercato dei servizi di interesse economico generale in una cornice di diritti, tutele e garanzie (economiche e sociali) dell’utenza, della collettività, dello sviluppo sociale, economico e territoriale dell’ordinamento europeo e dei singoli Stati membri.

Analogo discorso deve farsi circa il contemperamento tra interessi privati e pubblici nel mercato regolato.

Le istanze private che il Regolatore si trova a dover disciplinare nell’ambito del mercato sono essenzialmente due, i cui titolari sono i cittadini e le imprese europee. Dette istanze sono contraddistinte da un comune substrato giuridico e principio fondamentale sviluppatosi negli ultimi anni nel diritto dell’Unione europea, sancito all’art. 14 Trattato FUE (ex art. 16 Trattato CE): il diritto a beneficiare di servizi di interesse economico generale di qualità. Da un lato vi è quindi l’utenza del servizio di interesse generale che viene presa in cura dal Regolatore in quanto parte contraente debole del c.d. “rapporto d’utenza”77 con

Corte di giustizia statuisce che «Si deve aggiungere che, ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. c) e j), CE,

l’azione della Comunità comporta non soltanto “un mercato interno caratterizzato dall’eliminazione, fra gli Stati membri, degli ostacoli alla libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali”, ma anche “una politica nel settore sociale”. L’art. 2 CE afferma infatti che la Comunità ha il compito, in particolare, di promuovere “uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche” e “un elevato livello di occupazione e di protezione sociale”. Poiché dunque la Comunità non ha soltanto una finalità economica ma anche una finalità sociale, i diritti che derivano dalle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali devono essere bilanciati con gli obiettivi perseguiti dalla politica sociale».

76 Cfr. M. D’ALBERTI, Riforma della regolazione, op. cit., p. 171; L. DE LUCIA, La regolazione

amministrativa dei servizi di pubblica utilità, op. cit..

77 Sull’evoluzione del settore dei servizi pubblici in funzione del rapporto di utenza cfr. G. NAPOLITANO, Regole e mercato nei servizi pubblici, op. cit., p. 145 ss.; F. MERUSI, Servizi pubblici

l’erogatore del servizio; dall’altro lato sussiste un diritto alla competitività, di carattere prettamente economico, la cui titolarità è ad appannaggio delle imprese europee, e che è diretta derivazione del combinato disposto dei principi del diritto dell’Unione in materia di servizi di interesse economico generale, libertà economica, libera circolazione, libera concorrenza78.

Ma la regolazione dei rapporti tra interessi privati ed interessi pubblici attiene strettamente anche la disciplina dei contratti di servizio nonché delle concessioni di servizio pubblico. La questione relativa all’imposizione degli oneri di servizio pubblico è, in tal senso, emblematica. Il potere (regolatorio) di imporre coercitivamente alle imprese aggiudicatici della gestione dei servizi di interesse generale l’erogazione di determinate tipologie di prestazione in favore di particolari fasce di utenza, rappresenta esattamente l’espressione della limitazione dell’autonomia privata e dell’interesse privato in favore di un prevalente interesse pubblico (rectius: generale).

Autorevole dottrina79, poi, dà una lettura del fenomeno regolativo in quanto espressione del principio di uguaglianza che, come è noto, presidia il dispiegarsi dell’attività economica, sia in ambito interno che in ambito dell’Unione europea (secondo i dettami dell’art. 345 Trattato FUE, ex art. 295 Trattato CE): tale principio impone una volta di più la necessità di conformare il mercato ad un bilanciamento tra interesse pubblico ed interesse privato, finanche dando luogo e costituendo fonti autonome del negozio d’impresa rispetto alle quali l’autonomia privata non solo cede, ma talora neppure viene in rilievo80.

In ragione di quest’ultimo assurto, il rapporto tra regolazione e autonomia privata si manifesta, in definitiva, sotto un duplice aspetto. E’ fuor di dubbio, anzitutto, che la regolazione incida sull’esercizio dell’attività economica, sulla libertà economica, sulla libertà contrattuale delle imprese e dello Stato con le

italiana dei professori di diritto amministrativo, Annuario 2001, Milano, 2002, p. 63 ss.; G. NAPOLITANO, Autorità indipendenti e tutela degli utenti, in Giorn. di dir. amm., 1996, p. 14 ss. Sul diritto degli utenti alla luce dell’ex art. 16 Trattato CE, v. M. MARESCA, L’accesso ai servizi di

interesse generale, op. cit., p. 441 ss.;

78 Detto principio viene enucleato da G. BORRUSO – S. M. CARBONE – C. MALINCONICO – M. MARESCA, Europa Mediterraneo, Bologna, 2006, e ripreso da C. DEREATTI, Sviluppo territoriale e

servizi di interesse economico generale: verso un nuovo diritto alla competitività?, in Dir. Comm.

Int., 2006, p. 715 ss.

imprese che erogano i servizi pubblici, producendo a sua volta diritto privato. Ma è altrettanto vero che le autorità di regolazione si inseriscono nei rapporti (contrattuali) tra soggetti privati nel momento in cui rivestono il compito di mediare tra interesse economico delle imprese ed interessi sociali degli utenti (tipico esempio è rinvenibile nella determinazione delle tariffe così come dei livelli qualitativi dei servizi).

6. Il principio dell’indipendenza come garanzia del ruolo del regolatore: