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La centralità del tropo coniugale: implicazioni socio-politiche della solidità affettiva

Espressione finale dell’esperienza letteraria del romanzo greco antico è l’opera di Eliodo- rio di Emesa conosciuta con due diversi titoli: Cariclea o Teagene ovvero Le Etiopiche. Scrit- to certamente dopo l’inizio del III secolo , probabilmente a metà del IV, il romanzo di Elio55 -

doro è il prodotto letterario più complesso di questo filone narrativo e, tra l’altro l’unico, in- sieme a Dafni e Cloe e al romanzo di Achille Tazio, a godere di una solida fortuna successiva e a esercitare una più duratura e incisiva influenza sulla narrativa e sul teatro della prima età moderna. Caratterizzata da un sapiente montaggio di ascendenza odissiaca, di cui l’inizio in

medias res dichiara immediatamente il rapporto di continuità, l’opera è un prodigio di citazio-

ni e di stratificazioni di materiale letterario altro, compendio della tradizione con una fascina- zione per gli elementi macabri e miracolosi, per la contemplazione del fatto inusitato e straor- La donna, nella società greca antica, non aveva alcuna possibilità di scegliere autonomamente il proprio desti

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no matrimoniale e passava direttamente dall’autorità paterna a quella del marito: il matrimonio avveniva nei ter- mini di una transazione economica all’interno della quale la donna era considerata alla stregua di merce di scam- bio. I contributi sul tema sono sterminati, ma rimando in particolar modo al recente articolo di Deborah Lyons “Dangerous Gifts: Ideologies of Marriage and Exchange in Ancient Greece”, in Classical Antiquity, 22, 1, 2003, pp. 93-134. Dai romanzi greci emerge, tuttavia, una differente sensibilità e un mutamento di condizione della donna all’interno della società.

Ce lo dice la firma con cui si conclude il romanzo, con cui l’opera viene attribuita ad Eliodoro, un fenicio di

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Emesa: poiché Emesa venne annessa alla Fenicia sotto Eliogabalo imperatore (218-222 d.C.), il romanzo dev’es- sere stato per forza scritto dopo l’inizio del III secolo.

dinario. La trama del romanzo, il più lungo e articolato dei cinque, è innervata di un sentimen- to religioso che emerge in modo potente. Eliodoro, al termine della narrazione, fa coincidere celebrazione del rito matrimoniale con l’investitura sacerdotale dei due protagonisti , i quali, 56

da uno stato d’acerbità iniziale approdano alla pienezza erotico-affettiva e spirituale dell’età adulta. Il protagonista maschile si chiama Teagene ed è un tessalo discendente d’Achille, mentre la protagonista femminile, Cariclea, è figlia della coppia reale etiope, ma, a causa della sua nascita sospetta (la neonata viene al mondo con la pelle bianca), viene affidata a Caricle, sacerdote di Apollo. È proprio a Delfi, ombelico dell’Ellade, dove Cariclea è divenuta sacer- dotessa di Artemide, che i due giovani si incontrano e s’innamorano, tra l’altro in modo istan- taneo come, del resto, prevede la topica romanzesca. Guidati da un sacerdote egiziano, un vecchio esule di nome Calasiris, la coppia lascia la Grecia per l’Egitto dove è coinvolta in una serie infinita di peripezie: l’assalto da parte dei banditi, i pretendenti assillanti , la prigionia, i 57

rovesci improvvisi della sorte. Il viaggio dei due innamorati culmina con l’arrivo in Etiopia, la terra (ri)conquistata da Cariclea che può, finalmente, riappropriarsi delle origini negatele dalla bizzarria fenotipica. Il suo incarnato – si scopre nel quarto dei dieci libri – è il frutto di una distrazione della madre che, durante l’amplesso coniugale, aveva rivolto lo sguardo a un di- pinto raffigurante gli amori di Perseo e Andromeda, ed è proprio da Andromeda che la figlia ha ereditato i tratti somatici, quasi che l’eroina mitologica fosse la madre biologica e la donna che l’ha partorita una madre surrogata.

La riflessione sui rapporti generazionali e, più in particolare, sul ruolo parentale è centrale nel romanzo greco ed è un focus tematico su cui indugia anche la Commedia Nuova con cui la narrativa imperiale condivide moltissimi tratti. In questo romanzo la genitorialità è trattata in modo particolarmente problematico: l’eroina è figlia di due madri (la regina d’Etiopia e An- dromeda) e di due padri (uno biologico e uno adottivo) e la questione identitaria appare evi- dentemente complessa. Tuttavia, anche nel romanzo di Calliroe scritto da Caritone, il primo in senso diacronico del corpus, i due protagonisti, divenuti genitori di un bambino, quando si

Teagene diventa sacerdote di Elios, divinità solare, mentre Cariclea di Selene, divinità lunare.

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Nel romanzo, Arsace, moglie del satrapo persiano dell’Egitto rielabora il modello della virago famelica rap

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ricongiungono rinunciano al figlio: il piccolo non torna, infatti, a Siracusa, ma viene affidato dalla madre, senza apparente motivo, a Dionisio, il secondo marito di Calliroe a cui quest’ul- tima aveva fatto credere di essere il padre naturale del bambino. Il primo e l’ultimo dei cinque romanzi greci superstiti sembrano, così, sollevare un’inquietudine rispetto al modo di conce- pire tanto la genitorialità quanto la filiazione. Nelle Etiopiche un’altra rivoluzione significati- va avviene all’ambito dell’incontro con l’altro da sé: se, come abbiamo visto, in quanto espressione di un nuovo tempo e di un nuovo mondo in cui si è reso necessario ridefinire le identità etniche, il romanzo antico allarga il concetto di grecità, nelle Etiopiche questo stesso concetto viene obliterato. La madrepatria, l’ombelico, la terra a cui tornare non è più la Gre- cia, ma l’Etiopia, non più il centro prima politico, poi culturale del mondo, ma la sua periferia più remota: non a caso, per Omero (Od. I 22-25), era proprio l’Etiopia la terra percepita come, in assoluto, la più lontana dalla Grecia . Tim Whitmarsh parla dell’opera eliodorea come di 58

una «rewrite of the Odyssey […] from a distinctively non-Greek, self-consciously marginal perspective» : un’epica romanzesca dello sradicamento, un manifesto ‘post-coloniale’ ante 59 litteram. Il viaggio del romanzo greco cominciato con Caritone e condotto fino ad Eliodoro

tra continui rovesciamenti di fortuna, il repentino passaggio dalla condizione libera alla schia- vitù, i numerosi camuffamenti, disorientamenti fisici, perdite identitarie, esperienze di esilio e di abbandono, conversione in reietti e recupero del lignaggio iniziale, si conclude nella consa- pevolezza che ciascuno è nient’altro che l’altro da sé, ciascuno è lo straniero. Cariclea insieme acquisisce e recupera una nuova identità, quella di principessa d’Etiopia: il ritorno alla sua terra non è solo il compimento di un oracolo delfico, ma la chiusura di un cerchio, il culmine di un processo di accettazione dell’ambiguità insolubile del sé, sempre sospeso tra possibilità identitarie multiple. L’accoglimento del paradosso è l’approdo finale: Cariclea è etiope e

Per Omero gli Etiopi sono ἔσχατοι ἀνδρῶν (“i più remoti tra gli uomini”), abitanti di una terra lontana.

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Tim Whitmarsh, Narrative and Identity in the Ancient Greek Novel: Returning Romance, Cambridge, Cam

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bianca; è figlia del suo padre naturale, il re d’Etiopia , e di suo padre adottivo; è ritornata alla 60

sua terra di nascita dopo un processo di ‘de-familiarizzazione’ ed esclusione, ha ripudiato la Grecia per abbracciare l’Etiopia, rinunciando al centro per la periferia, o meglio, accogliendo l’essenza sempre e inevitabilmente periferica dell’esistenza e facendola coincidere la periferia con il centro, con l’origine e l’unità ritrovate. Il romanzo traduce in narrazione il conflitto tra dispersione e accentramento, tra spinte disgreganti e intenzione unitaria: l’happy ending coin- cide sempre con la vittoria della coesione sulla disgregazione, dell’integrità sulla frammenta- zione, della purezza sulla macchia, della globalità dell’esperienza esistenziale sul particolare dell’episodio circoscritto. Il matrimonio è l’argine che placa l’ingovernabilità – e, insieme, l’evanescenza – dell’eros e lo strumento attraverso cui ottenere il riconoscimento sociale del- la maturità conquistata, è un fortino contro le smanie predatorie provenienti dal mondo ester- no. La resistenza alla colonizzazione affettiva ed erotica appare come una forma di resistenza alla colonizzazione politica e culturale. Il romanzo è la modalità ‘liquida’, flessibile – per la natura ibrida, per l’indifferenza alla delimitazione spazio-temporale, per le possibilità di inca- stro e di montaggio pressoché infinite – e digressiva, strutturalmente decentrata, di una poeti- ca del decentramento che trova, nelle società rinascimentali segnate da migrazioni, conversio- ni, persecuzioni razziali, esili, sradicamenti, nuovi scenari coloniali e cosmopolitici problema- tici, una fondamentale rispondenza.