Firenze, 1941
Giuseppe G. Gori
Giovanni Michelucci, coordinamento generale
Leonardo Ricci Leonardo Savioli
La “Firenze di Mussolini”, tanto celebrata dalla stampa fascista, viene attuata con lo sventramento del quartiere di Santa Croce, nel quale il “piccone risanatore”, già attraverso una delibera del 1936, prevede di abbattere un primo gruppo di isolati. A queste demolizioni però non fecero seguito co- me si pensava, una immediata politica di investimenti, tanto che si decise piuttosto che di ricostru- ire nuovi edifici, di andare a restaurare quelle poche emergenze rimaste in piedi nell’area, in mo- do che potessero assolvere al ruolo di nuove polarità in grado di rimetter in moto l’attenzione del mercato immobiliare della zona.
In questa visione, nel 1937 il Podestà Venerosi Pesciolini, autorizza il restauro del Palazzo Gerini, adibito fino a quel momento a sede del commissariato di sicurezza e a sede dei Reali Carabinieri. L’artefice di tale restauro è il capo dell’Ufficio di Belle Arti ovvero, l’architetto Ezio Zalaffi che crea una nuova facciata in stile neorinascimentale, otre ad un pesante rimaneggiamento degli spazi inter- ni attuato per mezzo di grosse demolizioni in modo da creare un organismo dalla misura ariosa con una distribuzione chiara e funzionale. A questo restauro seguì poi la scelta di destinare i rinnovati spa- zi del palazzo ad una destinazione prestigiosa di pubblico interesse; per questo la scelta ricadde sulla nuova sede del recentemente costituito Museo Nazionale della Scuola, ordinato fin dal 1925 da Gio- vanni Calò -ordinario di Pedagogia presso l’ateneo fiorentino- e che fin dal 1925 stazionava nella se- de provvisoria di via Laura. Un Museo della Scuola e un Centro Didattico Nazionale che avrebbero raccolto ed esposto sotto forma di documentazione ogni dato, progetto ed esperienza riguardante l’architettura e l’arredamento scolastico, nonché i programmi e i metodi didattici, i lavori degli alunni e tutto quanto necessario alla dimostrazione di come la scolarizzazione e la cultura potessero essere interpretate come questioni fortemente volute dal Fascismo. I curatori di tale museo sarebbero stati Piero Bargellini e Nazareno Padellaro che insieme al contributo di Giovanni Michelucci, prefigurarono la struttura di tale mostra che doveva prevedere spazi immensi. L’incarico di Michelucci risale al 1939 ed è relativo oltre alla sistemazione generale dei locali di Palazzo Gerini, anche alla progettazione di un nuovo corpo di fabbrica che sarebbe dovuto sorgere di fianco al palazzo nell’ampia area adiacente rimasta vuota dopo le demolizioni. Per questo edificio Michelucci disegna un corpo di fabbrica com- patto di volume parallelepipedo, classicamente tripartito e caratterizzato da un marcato attacco a ter- ra formato da una fascia basamentale in lastre di pietra forte sulla quale si apre una teoria di finestre
quadrate. Il piano nobile è caratterizzato da un ritmo di ampie vetrate verticali e il coronamento ri- trova il prevalere della massa come suo tema dominante, mentre all’ultimo livello, una terrazza avreb- be consentito lo sviluppo delle sperimentazioni legate alla didattica all’aria aperta.
Il volume in ampliamento, per vicissitudini varie non ha visto mai la luce, mentre si consolida l’ipo- tesi di concentrare il tutto all’interno dei rinnovati spazi del palazzo, attraverso un semplice proget- to di arredamento e di allestimento. Per la realizzazione dell’arredamento di questo Centro Didat- tico Nazionale e di questo Museo della Scuola, Michelucci chiama a collaborare con se alcuni gio- vani architetti suoi ex allievi, ovvero: Edoardo Detti, Giuseppe Gori e Leonardo Ricci e fin da subito si intuisce che la portata dell’intervento non è esclusivamente limitata all’arredo, quanto, piuttosto, destinata alla creazione di una nuova spazialità, modellandone la sua qualificazione attraverso ac- centi diversi capaci di conferirle l’accezione e il senso di una vera e propria architettura degli interni. L’inaugurazione di questa nuova struttura museale nel centro fiorentino avviene il 28 ottobre del 1941 alla presenza del ministro per l’Educazione nazionale Giuseppe Bottai e già all’indomani sull’inte- ra stampa regionale si apprezza il carattere moderno e razionale dell’intervento, volto a mettersi in re- lazione con i segni storici presenti nella preesistenza architettonica, proponendo una serie di soluzioni che non vanno a soverchiare né il contenitore nelle quali sono ospitate, né i materiali che mostrano. Nelle molte sale che si dispiegano per i tre livelli del palazzo, pare emergere la volontà di non fa- re apparire una regia comune, una medesima mano che tenti di uniformarne diversità e caratteri- stiche, quanto, piuttosto, la sensibile consapevolezza di interventi puntuali che vanno ad esaltare le singole potenzialità di quelli che sono i materiali esposti e le filosofie dei vari temi trattati, anche se sopra tutto pare aleggiare una comune caratteristica di austerità e di misura che bene si addice al- la serietà insita nel ruolo della cultura e nei valori dell’istruzione.
Da un punto di vista compositivo, il disegno dell’allestimento di queste sale, non si limita al sempli- ce oggetto di arredo, ma coinvolge l’intera spazialità dei locali, proseguendo nel colore delle pare- ti, nel disegno dei rivestimenti, nel tentativo di creare legami visivi tra le parti, nel collegare fluida- mente ambienti diversi tra loro, così come nel cercare una sorta di unità data da un nuovo sen- so architettonico attribuito all’interezza dello spazio, sottolineato anche dalla sua gestione in alzato, come nel caso della biblioteca caratterizzata dal compenetrarsi di livelli ottenuti dal ballatoio che crea spazi di lettura e consultazione ad altezza differenziata rispetto al piano di calpestio principale. In questa prova progettuale capace di trasformare un semplice problema di arredo in una questione di architettura, si matura secondo Giovanni Klaus Koenig quella attitudine, tutta fiorentina, ad una pro- gettualità che avrà il «particolare modo di concepire l’architettura partendo dallo spazio interno»1, e che avrà la forza di imprimere una direzione al lavoro futuro dei giovani collaboratori -tra cui Giusep- pe Gori- e che avrà la forza di strutturarsi in una sorta di vera e propria costante nelle modalità di ap- proccio progettuale proprie delle diverse generazioni di progettisti di Scuola Fiorentina.
1 Cfr. G.K. KoeniG, Architettura in
Toscana 1931-1968, ERI edizioni Rai,
1968, p. 43.
Bibliografia: Edoardo Detti 1913-1984 architetto e urbanista, Milano, Electa, 1993; A Palazzo Gerini, in «Il Nuovo Giornale», 28 Ottobre 1941; P. BarGellini, I Collegi, in «Scuola», Marzo 1942; M.E. Buonafede, La Scuola Fiorentina
tra le due guerre. Genesi, figure e contributi nella cultura architettonica europea, Print & Service, Firenze, 1993; C.R. Guidotti, Prime indicazioni di ricerca, in «La Nuova Città», V serie n. 6-7, Firenze, 1992; L’inaugurazione del Centro
Didattico Nazionale, in «La Nazione» del 29 ottobre 1941; G. orefice, Da Ponte Vecchio a S. Croce Piani di risana-
mento a Firenze, Firenze, Alinea Editrice, 1992; G.K. KoeniG, Architettura in Toscana 1931-1968, ERI Edizioni Rai,