Grosseto, 1959-1964
Giuseppe G. Gori Rino Vernuccio
Vincitore nel 1959 dell’omonimo concorso nazionale, questo progetto di Gori e Vernuccio con- traddistinto dal motto “Triangolo”, affonda la sua motivazione più intima, in un raffinato ragiona- mento sulla tradizione e sulla sua contestuale, contemporanea e possibile interpretazione. Come di consueto nell’opera di Gori, ogni riflessione compositiva scaturisce inizialmente dall’osservazio- ne della città, in questo caso Grosseto, capace di mostrarsi con un’architettura serrata nel quale al- cune polarità degne di nota, ne costituiscono le centralità.
A questo ragionamento sulla città se ne affianca un altro, attorno alla tipologia romana della basilica e a quella del palazzo urbano comunale e rinascimentale. In particolare, la basilica romana viene vista dai progettisti, come il tempio dell’unica divinità nella quale i romani credessero, ovvero la giustizia. La ba- silica, infatti, viene vista come una piazza coperta dove si discute, si delibera, ma soprattutto dove si fa giustizia. Anche il palazzo comunale e rinascimentale, con il suo cortile interno, viene visto alla stregua di una possibile piazza urbana. Da queste considerazioni, discende l’interpretazione del nuovo Palazzo di Giustizia di Grosseto, come una sorta di nuovo caposaldo urbano, capace di coagulare attorno a se e grazie a se, relazioni, flussi e valori tali da dare un valore corale all’intero spazio si cui sorgerà. La parti- colare conformazione dell’area urbana, stretta tra due vie che convergono ad angolo acuto sullo spazio di una piazza, determina la scelta della volumetria triangolare e murata posta in prossimità della stes- sa piazza, lasciando così libero, lo spazio retrostante che viene lasciato a parcheggio e a verde pubblico. L’impianto planimetrico vive della consueta chiarezza distributiva delle opere di Gori. Impostandosi sulla immediata riconoscibilità di aree funzionali omogenee destinate, lo schema del Palazzo di Giu- stizia risulta, quindi, molto chiaro anche per i visitatori occasionali, nonché estremamente compat- to, quindi dotato di percorsi ridotti e flessibile alle diverse modulazioni e sistemazioni dei suoi spazi interni. Tutto il perimetro su cui si susseguono, come un nastro modulato, gli uffici, le aule, le gallerie e i collegamenti verticali posizionati sui vertici del triangolo, si affaccia su una vera e propria piaz- za interna che viene illuminata dall’alto. Tutto l’insieme esprime con la propria compattezza, un’idea di coerenza e solidità, affidando la caratteristica di equilibrio che la giustizia dovrebbe veicolare, alla sapiente mediazione di un’architettura solida e massiva, capace, tuttavia, attraverso il tema della lu- ce, del dettaglio e della percorrenza, di aprirsi in squarci inattesi di invenzione.
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Su un muro basamentale grave e bugnato si poggia, quasi fosse un ponte, una più aerea struttura a reticolo modulare, composta da più piani in elevazione che contiene gli uffici. Da questa scatola, si stacca il motivo formale delle diverse aule, la cui superficie carnosa e chiaroscurata, formata dal- le liste di marmo di Moscona variamente affondate come in un unico lastrone corroso dal tempo, dona vibratilità alla possente massività dell’insieme. Tutto il tema dell’estroflessione delle aule, tro- va un suo momento prioritario nell’impennata della grande loggia di ingresso, capace di caratteriz- zare lo spazio dell’intera piazza.
La dimensione simbolica della sua funzione, consente all’edificio, di lavorare su concetti quali la sim- metria, la caratterizzazione dei volumi, nonché la durata degli stessi materiali impiegati che in fun- zione della loro perennità, ben si prestano a tradurre l’idea di una giustizia come valore indispensa- bile della società contemporanea.
L’intera planimetria impostata sulla ripetizione di uno stesso modulo elementare, consente una fles- sibilità che rende modificabili i vari uffici nel tempo secondo le mutate esigenze. Uffici che si affac- ciano lungo i ballatoi che caratterizzano i lati della grande piazza triangolare interna.
La dislocazione delle tre diverse aule destinate all’Assise e al Tribunale, anche in caso di forte ac- cesso di pubblico, consente di mantenere una loro autonoma fruizione in quanto ognuna dotata di una scala dedicata che connota il grande spazio centrale.
In sezione, la semplicità dell’organismo, pare arricchirsi di una complessità che ricerca intersezio- ni tra i vari piani di vita. L’intero edificio, ospita al suo primo livello, leggermente ribassato sul piano della viabilità urbana, lo spazio garage, mentre dalla quota stradale, si raggiunge tramite una scalina- ta pubblica, la quota della piazza interna, attorno alla quale si concentrano le funzioni vitali del pa- lazzo, come la Pretura, l’ufficio di Conciliazione, la Sede Avvocati e Procuratori. La Corte d’Assise è posta in posizione preminente e ben differenziata dal resto del complesso. Essa, infatti, tende a di- stinguersi della volumetria principale andando a connotare la grande loggia di ingresso. All’ultimo piano del palazzo trova spazio il casellario giudiziario.
La consueta e collaudata attenzione ai caratteri distributivi dello spazio viene affidata alla redazione dei vari percorsi, facendo attenzione a non creare sovrapposizioni e intralci. Nell’Aula del Tribunale, per esempio, magistrati, pubblico, avvocati, testi e detenuti hanno tutti un proprio percorso che non va ad interferire con gli altri, mentre ogni spazio è modellato per suggerire le varie destinazioni: più raccolto e illuminato dall’alto dove seggono i magistrati, più spazioso e illuminato da luce diretta e diffusa quello de- stinato al pubblico, mentre il tutto risulta separato da uno spazio filtro che media la galleria di distribuzio- ne con l’aula. La piazza interna viene pensata come una estensione del battito e del flusso vitale della cit- tà , portati direttamente all’interno dell’edificio. Una volta entrati dall’ingresso principale, lo sguardo spa- zia sull’ambito concluso della piazza interna, ma contemporaneamente sfugge all’esterno, catturato dal- la presenza del verde posto nel giardino collocato all’esterno vicino al parcheggio, in asse con l’ingresso. Cuore dell’intera composizione è lo spazio triangolare della piazza interna. Uno spazio ascensiona- le ma al contempo frenato dall’orizzontalità dei ballatoi dei piani che vi si affacciano. Il volume sago- mato posto in alto a conclusione della piazza interna, pare levitare sull’asola di luce che corre lun- go tutto il perimetro dell’invaso, dando a questo pezzo, una insolita quanto riuscita leggerezza visiva. Anche in un edificio di tali ampie dimensioni, l’attenzione al dettaglio non viene smarrita. Al contrario, in questo esempio, pur nell’apparente semplificazione del disegno generale, si assiste ad un uso em-
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blematico del particolare e del materiale, esaltato da una impeccabile realizzazione costruttiva. I ma- teriali impiegati, infatti, sono quelli del luogo, impiegati secondo la loro schietta natura. Per i muri basa- mentali, per aumentare il senso dell’attacco a terra e quindi del radicamento al suolo, si impiega una trachite bugnata. Per sottolineare il senso di leggerezza delle strutture portanti, si utilizza un cemento armato a cassero piallato, mentre un rivestimento in listre verticali di pietra di Moscona viene impie- gato per le aule, ed un rivestimento di lastre sottili di granito del Giglio viene impiegato per la parte rimanente dell’edificio. Per la prima volta nel percorso progettuale di Gori, il consueto disegno raffi- nato degli infissi in legno, cede il passo all’impiego di infissi in metallo inossidabile, standardizzati, capa- ci, comunque, per comunque di accendere nei confronti delle masse murarie dell’edificio, una riuscita dialettica tra leggerezza e pesantezza.
Le falde di copertura caratterizzate da una leggerissima inclinazione del 5%, compresa quella triango- lare del vuoto della piazza interna, vengono rifinite con un rivestimento in lastre di piombo, in modo da raggiungere di concerto con la masse in elevazione, un senso di continuità “a tutto tondo”.
Bibliografia: Il concorso per il palazzo di giustizia vinto da due architetti fiorentini, in «La Nazione» del 13 Novem- bre 1959; Le caratteristiche del progetto per il nuovo Palazzo di Giustizia, in «La Nazione» del 17 novembre 1979; Il Palazzo di Giustizia di Grosseto. Un progetto funzionale degli architetti Gori e Vernuccio, in «Il Paese» del 16 di- cembre 1959; Si inizierà al più presto la costruzione del Palazzo di Giustizia, in «Giornale del Mattino» del 14 no- vembre 1959; Ecco il palazzo di Giustizia, in «Giornale del Mattino» del 15 novembre 1959; Sarà semiclande- stino il Palazzo di Giustizia, in «La Nazione» del 6 febbraio 1960; La corte di giustizia al centro del quartiere mo- derno, in «Giornale del Mattino» del 24 novembre 1959; Stasera al consiglio comunale illuminazione dello stadio e progetto palazzo di giustizia, in «La Nazione» del 9 novembre 1959