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Scuola elementare

Nel documento Giuseppe Giorgio Gori. Opera Completa (pagine 110-118)

Via della Pace, Grosseto, 1957

Giuseppe G. Gori Rosario Vernuccio

Il 30 settembre del 1957 Giuseppe Gori e Rosario Vernuccio presentano il materiale per l’appalto concorso di due scuole dell’obbligo da realizzarsi nel tessuto urbano di Grosseto. I criteri che infor- mano il loro lavoro e affermati con la forza di una dichiarazione di intenti nella relazione presenta- ta insieme al materiale progettuale, vertono su pochi principi tutti riconducibili alla costruzione di una nuova coscienza e sensibilità sociale destinata ad immaginare una «scuola per tutti ed aperta a tutti». Principi, come si legge nella relazione di cui sopra, che vanno a delineare l’idea di una «scuo- la attiva con una fisionomia netta, ordinata, decorosa, improntata su criteri moderni, semplici, privi cioè di ogni artificiosità costruttiva e distributiva».

I nuovi orientamenti in materia di architettura scolastica, scaturiti oltre che dalle numerose ricerche in campo internazionale anche da un apparato legislativo che in Italia dopo la metà degli anni ’50 va a dare precise indicazioni, come la Legge del Presidente della Repubblica del 19 dicembre 1956 e le Disposizioni del Ministro Togni del 22 agosto 1957, sono alla base di questa molteplice propo- sta progettuale che vede l’ipotesi di realizzare due scuole diverse da 15 e 11 aule da collocarsi ri- spettivamente in via della Pace e in zona Portavecchia.

Per quanto riguarda la proposta della scuola con 15 aule, Gori e Vernuccio elaborano ben due so- luzioni alternative, sviluppando quello che chiamano schema estroverso e schema introverso. La motivazione alla base dello sviluppo di entrambi gli schemi dipende dalla qualità del contesto edilizio circostante, molto compatto e denso di residenze che potrebbero interferire con la serenità e il raccoglimento necessario alla scuola. Per ovviare a questo inconveniente, si propone allora nello schema estroflesso, una planimetria che dispone le aule a gruppi articolati tra loro in modo da for- mare degli spazi aperti protetti alla vista circostante e nello schema introverso, una conformazione planimetrica protetta da opportune cortine di verde, dotata all’interno di una distribuzione che fa- vorisce l’intimità delle aule, facendole tutte affacciare sulla grande aula comune.

Entrambi gli schemi, pur nella differenza squillante della loro risoluzione architettonica, mantengo- no caratteristiche comuni, quali un unico accesso controllato e protetto, una efficientissima riso- luzione dei vari flussi facendo attenzione a non creare interferenze tra loro, rapporto con il ver- de circostante in modo che la scuola si prolunghi idealmente e fisicamente nei vari ambiti esterni.

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Diversi appaiono nei due schemi, i rapporti di relazione tra le varie aule e gli spazi comuni, impron- tati comunque al concetto dell’accoglienza.

«Così alla voce del maestro, alla ricchezza dei contenuti culturali o emotivi che da essa scaturisce, all’azione mnemonica o fantastica del materiale didattico, all’attrattive sempre nuove del libro, la scuola moderna vuole aggiungere la suggestione silenziosa e pure eloquente dell’ambiente, espres- sa nelle forme architettoniche e di arredamento. Un ambiente quanto più possibile “umano”, cioè aderente allo spirito di chi vi abita e alle funzioni che in esso si esercitano; un ambiente che ben lungi dal “costringere”, produce, invece l’impressione opposta, cioè quella di “accogliere”».

In ognuno dei due schemi è comunque presente l’aula comune, nella quale idealmente proseguire la vita domestica e nella quale, oltre alla presenza dei tavoloni da lavoro, spicca in un ambito defila- to, la protettiva e rassicurante presenza di un camino.

«Occorre che la scuola sia la naturale continuazione della vita familiare; che essa si inserisca sponta- neamente e gradualmente nell’esistenza di tutti i giorni, consentendo ai fanciulli di allargare la sfera delle loro attività, ma non costringendoli a mutare quegli interessi, atteggiamenti ed abitudini che ad essi derivano dalla protettiva atmosfera della famiglia. Così, l’edificio scolastico deve essere, so- prattutto, per i bimbi, una vera “casa”, e serbare della casa l’intimità e la serenità; quei valori affettivi, cioè, che, soprattutto nel mondo moderno appaiono i più preziosi, insostituibili, per l’armonica e compiuta formazione della personalità umana».

Nello schema estroflesso, le 15 aule vengono suddivise in tre gruppi di 5 aule e ogni gruppo viene servito da una sala per le attività collettive. In questo schema, la comunità degli alunni è suddivisa in tre gruppi che possono svolgere contemporaneamente tre tipi di attività diverse senza disturbarsi a vicenda. Nello schema introverso invece, sussiste la presenza di un’unica grande sala destinata ad accogliere tutti gli allievi della scuola per le attività collettive e ricreative.

Come di consueto nei lavori di Gori, ogni aspetto non viene lasciato al caso e anche in questo esempio, molta attenzione viene data allo studio dell’illuminazione con la conformazione dei fronti capaci tramite aggetti e rientranze di articolare e modulare differentemente la luce e l’aria in inverno e in estate in mo- do da avere diverse condizioni di confort interno. Anche lo studio dei dettagli e l’uso dei materiali rappre- senta un consueto approfondimento, prevedendo per gli esterni l’uso di murature in mattoni lasciati in vi- sta e stuccati a cemento ai quali si affiancano piccole specchiature di intonaco dal contorno nitido che si confrontano con il rigore degli infissi concepiti secondo un abaco di poche variazioni per l’intero edificio

Bibliografia: G.K. KoeniG, Architettura in Toscana, ERI Edizioni Rai Radiotelevisione Italiana, 1968

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Scuola elementare

Portavecchia, Grosseto, 1957-58

Giuseppe G. Gori Rosario Vernuccio

«Tra le opere (…) successive di Gori fa spicco una scuola elementare a Grosseto, progettata in collaborazione con Rino Vernuccio, esemplare per la correttezza dei particolari, tutti studiati e realizzati con estrema semplicità, come se fossero prototipi di una serie. E infatti, la vittoria di Gori nell’appalto concorso si dovette al prezzo più basso, ed è estremamente raro veder coniugati la massima economia con il miglior risultato. Quando ciò si verifica, vuol dire che gli architetti hanno fatto uno sforzo eccezionale nella progettazione, perché si deve solo al paziente lavoro se le due cose antitetiche si son potute conciliare» 1.

Questa caratteristica ricorrente nell’opera di Gori, ovvero la questione dell’impeccabilità realizzati- va della sua architettura, trova in questa progettazione scolastica grossetana di 11 aule costruita in zona Portavecchia, una sua emblematica applicazione.

Con la collaborazione di Rino Vernuccio che in futuro raccoglierà ed evolverà le sonorità più decise del- la lezione e dell’eredità progettuale di Gori, la composizione della scuola si precisa con il consueto ap- proccio messo a punto in tutte le esperienze di appalto concorso, tramite l’ausilio di schemi esemplifica- tivi e chiarificatori delle molte analisi e delle conseguenti dinamiche progettuali che da esse scaturiscono. Il nuovo edificio, immaginato in una zona prevalentemente verde, articola le sue volumetrie in vari corpi di fabbrica che si distendono nel terreno secondo il disegno rigoroso di una chiara gerarchiz- zazione delle varie parti, evidenziando attraverso la forma e la sua espressione, oltre agli spazi ser- viti e gli spazi serventi, anche gli spazi destinati alle aule da quelli destinati alle attività comuni. Parti- colare attenzione viene data allo studio dei vari percorsi che prevedono un unico accesso al com- plesso, controllato e protetto in modo che gli alunni possono anche attendere fuori dall’edificio ma sempre in zona coperta. L’uscita degli allievi viene frenata nella sua corsa al momento della campa- nella da tutta una serie di accorgimenti architettonici, quali muretti destinati a fioriera e un ingres- so aperto su una strada laterale meno soggetta al traffico. I flussi del pubblico che si reca alla dire- zione e alle segreterie sono rigorosamente separati dal flusso degli alunni in modo da non interfe- rire reciprocamente. La zona uffici, infatti, si estroflette dalla composizione, in un corpo di fabbrica schermato da un patio verde, con accesso diretto dalla strada principale.

1 Cfr. G.K. KoeniG, Architettura in To-

scana, ERI Edizioni Rai Radiotelevisio-

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Tutta l’area verde circostante viene pensata come un prolungamento dello spazio interno, in par- ticolare delle aule di studio che vengono isolate dalle aree più rumorose attraverso lo stesso dise- gno dell’architettura e attraverso l’uso di piantagioni che schermano e filtrano il rumore della cit- tà circostante.

Tutta la distribuzione prevede il posizionamento dei corridoi a nord mentre i due blocchi delle aule si dispongono secondo i quadranti sud-est e sud-ovest. In particolare, nel blocco di aule a due piani, viene previsto anche l’inserimento di una cucina per l’eventuale refezione degli alunni, che potrà es- sere consumata in una delle aule comuni. Al piano superiore, le tre aule prospettano su un grande atrio a comune nel quale si era previsto un camino. Il camino, così come le aule a comune e quel- le all’aperto, incarnano gli elementi di quella nuova pedagogia “attiva” che Maria Montessori sco- prì come metodo di particolare efficacia nello sviluppo delle “autonome personalità” dei bambini. Linguisticamente l’architettura di questa scuola si presenta in bilico su una dimensione asciutta, ri- gorosa e razionale nel proprio impiego di una sorta di razionalità di fondo che si esprime nelle or- togonalità della planimetria e degli alzati, nelle giustapposizioni dei volumi, nella sintassi chiara delle parti, nella modulazione chiara dei fronti, nel disegno secco dei particolari, che vanno a fondersi e a confrontarsi con una generale dimensione “domestica” affidata alla declinazione impeccabile ma “calda” dei diversi materiali impiegati. La pietra, il cotto, il legno, l’intonaco, riportano ad una dimen- sione tradizionale dell’architettura che emerge come tratto distintivo pur nella razionalità e nel ri- gore dell’impianto generale.

Particolarmente riusciti in questa architettura, appaiono proprio tutti gli elementi e le soluzioni ar- chitettoniche capaci di esaltare quel senso di sintatticità della forma che pare costituire uno dei tratti dominanti della progettualità di Scuola Fiorentina. Non tanto le singole parti nella loro auto- nomia, ma il come queste parti si connettono e si relazionano tra loro. Quindi le cerniere, le scan- sioni d’angolo, gli attacchi a terra, le soluzioni di coronamento, sono i momenti che danno forza e sostanza a questa architettura, splendido esempio di quella colta artigianalità tipica affermazione di questo particolare segmento architettonico sviluppato appena prima che la standardizzazione e la burocratizzazione dei percorsi progettuali tipica degli anni Sessanta, concorresse a frenare ogni ri- cerca e ogni stimolo nel campo della ricerca architettonica sui temi della scuola.

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progetto di quartiere residenziale

Nel documento Giuseppe Giorgio Gori. Opera Completa (pagine 110-118)