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Chance perduta, inadempimento…

3 Il danno in re ipsa

4- Il nesso causale e le funzioni della responsabilità civile

4.1.2 Chance perduta, inadempimento…

Si consideri, anzitutto, l’inadempimento contrattuale.

Ebbene, laddove il conseguimento di una determinata occasione favorevole sia dedotto a oggetto della prestazione, è chiaro che non vi sarà spazio per la configurazione del danno da perdita di chance. In tale evenienza la mancata realizzazione del risultato favorevole costituirebbe il fondamento stesso della responsabilità, risultando per ciò stessa risarcibile, ove le parti le abbiano attribuito un valore patrimoniale503.

Né ci sembra che il pregiudizio sia configurabile sotto forma di conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento. Qualora sussista un obbligo giuridico di fonte contrattuale, è, infatti, noto che il danno effettivo - e dunque risarcibile - è rappresentato dal mancato

501 Va rammentato che il criterio del “più probabile che non” (probabilità relativa) viene impiegato dalla

giurisprudenza civile a partire da Cass. 16.10.2007, n. 21619, in Corr. giur., 2008, 35 (conf. da Cass., sez.un., 11.01.2008, n. 581, in Foro it., 2008, I, c. 453, e da ultimo Cass., 27.9.2018, n. 23197) in contrasto col rigorismo dell’accertamento eziologico secondo il criterio della prova “oltre ogni ragionevole dubbio” impiegato in sede penale, inaugurato dalle Sez.un. pen., 11 settembre 2002, n. 30328 (c.d. sentenza Franzese), in Corr. giur., 2003, 348, con nota di DI VITO; da ultimo v. Cass. pen., 15.5.2018, n. 46392.

502 Il riferimento va, anzitutto, a PUCELLA, La causalità “incerta”, cit.; ID., L’insanabile incertezza e le chance perdute, in NGCC, 2018, 1684 ss.

risultato dovuto, e dalle utilità che dallo stesso sarebbero derivate. Rispetto a tali pregiudizi - cui corrispondono le categorie codicistiche del danno emergente e del lucro cessante - non pare potersi ammettere voci risarcitorie ulteriori504.

Si pensi all’esempio classico dell’avvocato che - inadempiendo il mandato ricevuto - non impugni la sentenza sfavorevole entro i termini di legge, o a quello del postino che non consegni al candidato - che abbia superato un test preselettivo - la lettera contenente la data della prova orale del concorso.

Solo impropriamente potrebbe assumersi che il danno risarcibile sia rappresentato dal venir meno dell’occasione favorevole di conseguire la riforma della sentenza, o di superare il colloquio ed essere assunto. Se così si ragiona, verrebbe risarcito un pregiudizio del quale non potrebbe essere dimostrata - secondo la regola del “più probabile che non” - la derivazione eziologica rispetto al dato inadempimento, stante l’irresolubile incertezza in ordine al futuro conseguimento del dato vantaggio.

Ne consegue che la tendenza, da parte delle Corti, di liquidare il danno da perdita di chance rappresenta l’espediente per monetizzare pregiudizi non risarcibili secondo la regola tradizionale, perché non certi nei loro presupposti eziologici505. Da ciò, l’inevitabile effetto sanzionatorio del relativo giudizio di causalità.

504 DI MAJO, op. ult. cit., 96, per il quale “non sembra che, nel contesto dell’inadempimento, possa trovare

spazio una voce autonoma di danno (da perdita di chance) rispetto a ciò che già va sotto il nome di “lucro cessante” e/o di mancato guadagno”.

505 Tale impiego della teorica della chance nel campo dell’inadempimento non appare, peraltro, condivisibile

sotto il profilo dogmatico. Più correttamente, onde evitare di ricorrere alla categoria di un danno eventuale contrastante con le categorie generali, dovrà valutarsi se l’inesatto adempimento abbia privato il creditore del risultato dovuto (instaurazione del giudizio; consegna della missiva) e, nell’affermativa, ritenere che in ciò consista il pregiudizio, certo nella sua sussistenza e, pertanto, risarcibile. Tuttavia, essendo quest’ultimo un danno “che non può essere provato nel suo preciso ammontare”, ai fini della sua liquidazione il giudice potrà impiegare, come previsto dall’art. 1226 c.c. un criterio equitativo, assumendo quale parametro la misura delle probabilità che l’interessato avrebbe avuto di risultare vincitore in appello, o di essere assunto dall’azienda. Il giudizio prognostico sarebbe allora finalizzato non alla selezione delle voci di danno risarcibile, ma alla quantificazione del danno (certo ed effettivo) da inadempimento. Soltanto una volta esaurito l’accertamento dell’an respondeatur (secondo la regola del “più probabile che non”) e correttamente individuato il danno risarcibile, dunque, sarà possibile riferirsi alla possibilità perduta. Si intende, allora, che solo in senso atecnico è giustificabile l’impiego dell’apporto logico/giuridico proprio della chance, precisamente quale strumento di quantificazione del danno (certo nella sua ontologia, ma incerto nel suo ammontare) conseguente alla mancata realizzazione del programma negoziale.

4.1.3-. … e illecito civile

A conclusioni non differenti ci sembra debba giungersi con riferimento alla responsabilità extracontrattuale. In tale ambito è la perdita stessa della chance che assurgerebbe a fondamento della responsabilità, a differenza che nel contratto in cui l’inadempimento assorbe, nell’ambito delle categorie del danno emergente e del lucro cessante, ogni conseguenza pregiudizievole immediata e diretta. Nondimeno, l’inclusione del requisito dell’ingiustizia del danno tra i presupposti per la condanna risarcitoria ex art. 2043 c.c. ha giustificato più di una riflessione critica sul punto506. Si è, infatti, osservato che la chance, non corrispondendo a un’autonoma situazione giuridico-soggettiva, non può integrare - se lesa - un danno ingiusto, e non è, conseguentemente, risarcibile. La sua tutela giudiziale implicherebbe, infatti, la risarcibilità di un danno c.d. “meramente patrimoniale”, fattispecie la cui configurabilità – come già si è accennato – presenta talune criticità sotto il profilo dogmatico507.

Ciò che potrebbe effettivamente destare preoccupazioni è il possibile eccessivo ampliamento dell’area del danno risarcibile in via aquiliana, soprattutto in considerazione del fatto che il fardello risarcitorio graverebbe non su una delle parti di un rapporto obbligatorio, ma su un quisque de populo, il quale, responsabile pur per colpa lieve di un illecito, sarebbe chiamato a rispondere della perdita di tutte le occasioni favorevoli che il danneggiato avrebbe potuto conseguire508. È evidente che, anche in tale ipotesi, il risarcimento assume un carattere sanzionatorio, essendo diretto, non tanto a compensare il reale pregiudizio subito dal danneggiato (irrisarcibile in quanto privo del requisito dell’ingiustizia), quanto piuttosto a colpire la condotta antigiuridica del danneggiante509. E infatti il risarcimento si scontra con la regola causale vigente in materia extracontrattuale, comportando la liquidazione di un danno che non potrebbe dirsi ragionevolmente causato dalla condotta illecita. Più precisamente, a essere incerta, e nei fatti indimostrabile, è la

506MAZZAMUTO,Il danno da perdita di una ragionevole aspettativa patrimoniale, cit., 49; CASTRONOVO, Del non risarcibile aquiliano, cit., 315.

507 Favorevole alla risarcibilità del danno meramente patrimoniale è, come osservato, DI MAJO,Profili della responsabilità civile, cit., spec. 87 ss. Contra, CASTRONOVO,Responsabilità civile, cit., 299 ss.

508 MAZZAMUTO,op. cit., 61.

509 Vi è, invero, chi ha interpretato il risarcimento da perdita di chance quale escamotage giurisprudenziale

finalizzato non a risarcire una possibilità irrimediabilmente compromessa ma, invece, a sanzionare la violazione di un obbligo giuridicamente rilevante, e, dunque, a colpire chi con il suo comportamento non si sia uniformato ai principi della correttezza e lealtà; in tal senso v. ad es. VIOLANTE,La chance di un giro di

circostanza - essenziale, perché integrante il fondamento dell’imputazione della responsabilità - che la probabilità sia stata perduta per fatto del responsabile510.

Si è opportunamente affermato, in tal senso, che la risarcibilità della chance si scontra con un duplice ostacolo: anzitutto, quello della personalizzazione, vale a dire la trasformazione di un dato valoriale generale (ad es.: l’astratta sussistenza del 35% di probabilità di conseguire un risultato positivo) in uno status personale (l’appartenenza del danneggiato proprio a quel 35% dei fortunati, invece che al 65% destinato a non veder mai concretizzata la possibilità, pur in essenza dell’illecito)511.

Ne discende, quale diretta conseguenza, che il secondo ostacolo logico alla risarcibilità delle chances perdute è rappresentato dalla “impossibilità di individuare un legame causale credibile che unisca la condotta illecita alla perdita delle chances, a dimostrazione della circostanza che la prima abbia determinato il verificarsi della seconda512”. Il danno da perdita di chance non è altro - in definitiva - che una “stampella della zoppia causale”513, proprio perché rende liquidabile un pregiudizio del quale non risulti accertabile la effettiva sussistenza mediante gli ordinari criteri di accertamento del nesso eziologico.

4.1.4- Perdita di chances di lungo-sopravvivenza

I profili di dubbia compatibilità, rispetto al sistema, della teorica della perdita di chance sono tutti riscontrabili in una delle più problematiche e – ad oggi– maggiormente ricorrenti applicazioni giurisprudenziali: quella che ha interessato la responsabilità medica. A partire dalla nota sentenza n. 4400 del 4 marzo 2004514, invero, la Suprema Corte ha teorizzato il danno da perdita di chance di lungo-sopravvivenza, configurabile nelle ipotesi in cui un ritardo diagnostico e/o terapeutico ai danni del paziente affetto da patologia (generalmente tumorale) dal sicuro esito infausto abbia causato non il decesso - esito ineluttabile della malattia - ma la riduzione delle possibilità di sopravvivere per un determinato lasso temporale. Tale indirizzo si fondava sulla previsione di una “causalità da perdita di chances”, vale a dirsi su un accertamento eziologico che (diversamente da quello ordinario) si attestava sul versante della mera possibilità di conseguire un diverso risultato terapeutico.

510 PUCELLA,loc. ult. cit., 1688.

511 Ibidem.

512 Ibidem.

513 PUCELLA, Causalità civile e probabilità: spunti per una riflessione, in Danno resp., 2008, 43

Sicché nel danno da perdita di possibilità di sopravvivenza le chances, penetrando nel nesso causale, consentivano risarcimenti accertati con un criterio meno rigoroso di quello ordinario.

La misura delle dette probabilità sarebbe stata (erroneamente) impiegata, dunque, non ai fini della valutazione del superamento della soglia di rilevanza giuridica del danno, ma soltanto allo scopo di delimitare il quantum della sua liquidazione515. Sennonché, a partire dal 2018, un gruppo di sentenze di legittimità516 ha denunciato expressis verbis i c.d. “paralogismi” propri della interpretazione vigente, in punto di indebita commistione tra chances patrimoniali e non patrimoniali, nonché di errato accertamento del nesso eziologico, puntualizzando che il danno da perdita di chance di lungo-sopravvivenza: (i) è riconducibile al danno da perdita di chances non patrimoniale (o non pretensiva), in cui non preesiste un quid su cui andrà ad incidere negativamente la condotta colposa del danneggiante (come accade per la chance patrimoniale, o pretensiva), ma nel quale è l’apparire del sanitario su una scena già patologica a determinare la creazione di una chance (quella di guarire, o di allungare il periodo di esistenza) prima inesistente; (ii) sussiste allorquando l’evento di danno sia incerto e non può consistere - come predicato dalla teoria ontologica - in una entità patrimoniale a sé stante, certa e attuale, incidente sul bene giuridico rappresentato dalla possibilità del conseguimento del risultato; la possibilità eventistica propria della chance è, invece, ravvisabile tipicamente laddove le conclusioni del CTU risultino espresse in termini di insanabile incertezza rispetto all’eventualità di maggior durata della vita e di minori sofferenze, ritenute soltanto possibili alla luce delle conoscenze scientifiche e delle metodologie di cura del tempo;

(iii) va risarcito all’esito di un rigoroso accertamento eziologico tra condotta ed evento rappresentato dalla possibilità incerta di conseguire il risultato sperato; tanto, sul presupposto che l’incertezza - con riferimento al danno da perdita di chance - è destinata ad

515 Ex multis, Cass.,14.06.2011, n. 12961, cit.; Cass., 18.09. 2008, n. 23846, in NGCC, 2009, 291. Cfr in

particolare Cass., 16.10.2007 n. 21619, cit.,, che, nel delineare una scala discendente nell’accertamento del nesso eziologico, descrive la causalità da perdita di chance come quella “che si attesta sul versante della mera possibilità di conseguimento di un diverso risultato terapeutico, da intendersi, rettamente, non come mancato conseguimento di un risultato soltanto possibile, bensì come sacrificio della possibilità di conseguirlo, inteso tale aspettativa (la guarigione da parte del paziente) come “bene”, come diritto attuale, autonomo e diverso rispetto a quello alla salute”.

516 Cass., ord 23.03.2018, n. 7260; Cass., 19.03.2018, n. 6688 e 9.03.2018, n. 5651, in Foro it., 2018, 5, 1607,

incidere non sull’analisi del nesso eziologico (come postulava la pregressa interpretazione giurisprudenziale), ma soltanto sull’identificazione del danno;

(iv) una volta accertato, dovrà essere risarcito sulla scorta di una quantificazione equitativa, ove risultino comprovate conseguenze pregiudizievoli (ripercussioni sulla sfera non patrimoniale del paziente) che presentino la necessaria dimensione di apprezzabilità, serietà, consistenza.

Discende da quanto premesso che non potrebbe discorrersi di danno da perdita di chances laddove risulti provato, secondo il criterio del più probabile che non517:

(a) che l’errore del medico abbia determinato la morte anticipata del paziente: in tal caso non di “maggiori chance di sopravvivenza” sarà lecito discutere, bensì di un evento di danno rappresentato, in via diretta ed immediata, dalla minore durata della vita e dalla sua peggiore qualità (fisica e spirituale);

(b) che fattori alternativi (quale il sopravvenire di una patologia capace di determinare autonomamente l’evento) interrompano la relazione logica con l’evento, nel qual caso nessun danno sarà risarcibile;

(c) in tutti i casi di incertezza - ad esempio, nell’ipotesi di cd. multifattorialità dell’evento - sul rapporto di derivazione eziologica tra la condotta stessa e l’evento, consistente in un concorso di cause la cui disamina si risolva, nelle conclusioni del CTU, in termini di insanabile incertezza causale rispetto all'evento. Anche in tale caso, nessun danno sarà risarcibile.

Nonostante il tentativo di ricondurre a rigore gli ordinari criteri di accertamento giudiziale del danno, l’applicazione della teorica della chance alla perdita di possibilità di lungo- sopravvivenza continua a presentare un connotato sanzionatorio. Tale carattere, a ben vedere, è insito nella configurazione anche della chance c.d. non pretensiva.

Si è accennato che la perdita di chance ha tradizionalmente avuto applicazione con riferimento a “vicende interrotte”518, vale a dire fattispecie in cui l’illecito abbia interrotto una sequenza di eventi che - probabilmente, ma non certamente - avrebbe arrecato al danneggiato un vantaggio; sicché, ex post, non sussistendo alcuna legge di copertura o di regolarità causale idonea ad affermare che l’illecito abbia privato il soggetto di un preciso vantaggio, non vi sarebbe la certezza giuridica di un danno effettivo, potendosene

517 Cfr. Cass., 11.11.2019, n. 28993, cit. 518 Sic, TRIMARCHI, op. cit., p. 578.

configurare soltanto la potenzialità in termini probabilistici. Diversamente è a dirsi in tutte le circostanze nelle quali, in conseguenza dell’illecito, si sia già prodotto un danno effettivo e concreto, posto che, in tali evenienze, è rispetto a tale ultimo pregiudizio che dovrà valutarsi l’incidenza causale della condotta dolosa, o colposa.

Ora, nelle ipotesi di perdita di una possibilità di guarigione, un danno concreto ed effettivo sussiste, ed è quello della morte anzitempo del paziente. Sicché, a stretto rigore, andrebbe accertato se la malpratice abbia determinato il pregiudizio della anticipazione della morte, e non quello (artificioso) della riduzione della possibilità di vivere più a lungo. E tuttavia le Corti operano una sistematica quanto ingiustificata sostituzione del danno risarcibile, individuato, non nella morte anzitempo (danno certo), ma nella perdita delle chances di lungo-sopravvivenza (danno incerto).

Il risultato dell’operazione è evidente: precisamente, quello di rendere risarcibili pregiudizi che, ove si operasse una rigorosa selezione dell’evento di danno, da un lato, e si svolgesse un puntuale accertamento causale, dall’altro, sarebbero destinati a restare privi di ristoro519. La diversa selezione dell’evento di danno da ritenersi effetto dell’atto illecito (la perdita di una chance di lungo-sopravvivenza, anziché la morte anticipata) ha immediate conseguenze, anzitutto sul piano dell’accertamento del nesso causale. È, infatti, evidente che la prova della lesione della mera probabilità di vivere più a lungo è altro dalla prova della morte anticipata del paziente.

Nel primo caso l’onere probatorio ricadrebbe sulla causazione di un danno concreto e effettivo (morte anticipata), in quanto tale da accertarsi secondo un rigoroso nesso causale rispetto al fatto illecito. Il secondo, invece, avrebbe ad oggetto la dimostrazione di un evento c.d. insanabilmente incerto, e dunque, per definizione contraddistinto da un legame causale più debole con il fatto generatore della responsabilità (negligenza del sanitario).

È, difatti, noto che il carattere della “certezza” del danno consegue all’affermazione della sussistenza di un legame eziologico (rigorosamente accertato) tra fatto illecito e danno,

519 Che il risarcimento della chance si riconducesse alla problematica della causalità giuridica è apparso

chiaro sin dalle prime interpretazioni dottrinarie: ALPA,Responsabilità civile e danno, cit., 205: “nella perdita

di una chance il giudice mette a confronto effetti probabili di più fattori egualmente aleatori: una colpa, il cui impatto determinante sull’attività non è certo, ma è considerato una delle condizioni che hanno agevolato un tale evento, e tutta una serie di altri elementi esterni ugualmente incerti nella loro consistenza e nelle loro conseguenze”.

“In tal modo” - precisa l’A. - “si trasforma il pregiudizio di cui è incerto il risultato in un pregiudizio certo, svincolato dal criterio probabilistico, perché la chance diventa elemento del patrimonio” (ivi, 207).

sicché “incerto” è quel pregiudizio che sia riconducibile ad una condotta secondo un grado di probabilità inferiori a quelle ordinarie.

E tuttavia la Corte di legittimità riconosce rilevanza giuridica al danno da chances perdute qualora “le conclusioni del CTU risultino espresse in termini di insanabile incertezza rispetto all’eventualità di maggior durata della vita e di minori sofferenze”, ma sempre che sia “provato il nesso causale, secondo gli ordinari criteri civilistici tra la condotta e l'evento incerto (…) ”520, non avvedendosi che l’insanabile incertezza del danno equivale ad un accertamento di probabilità inferiore al 51% (quello ordinariamente richiesto) nel rapporto tra condotta e evento; sicché è la stessa concettualizzazione di un danno incerto a impedire un accertamento rigoroso del nesso eziologico; infine, viene a rimettersi alla mera (e difficilmente sindacabile) discrezionalità del giudice l’apprezzamento della soglia di chances rilevanti, vale a dirsi stabilire il discrimen tra danno meramente incerto, e quindi irrisarcibile, e quello incerto ma comunque integrante una occasione perduta giuridicamente rilevante. È, insomma, il concetto di probabilità (ossia incertezza) del risultato che implica quello di probabilità causale da cui la Cassazione intenderebbe affrancarsi, di talché la dimostrazione di una apprezzabile possibilità di giungere al risultato migliore sul piano dell’evento di danno equivale proprio alla prova (che Cassazione intenderebbe ripudiare) della probabilità che la condotta dell’agente abbia cagionato il danno da perdita di chance sul piano causale.

Ma non basta. La diversa selezione del danno ha una ulteriore incidenza sul profilo dell’accertamento eziologico.

Nella prima ipotesi di cui sopra (danno da morte anticipata) sono ravvisabili una pluralità di concause (naturale e umana), sicché l’accertamento del nesso tra atto umano e morte anticipata implicherebbe la necessità di selezionare quella maggiormente rilevante secondo il criterio del “più probabile che non”; nella seconda, al contrario, non è in discussione un concorso causale, di talché il danno incerto non potrebbe che ricondursi al fattore umano521.

520 Cass., 11.11.2019, n. 28993, cit.

521 “Se, infatti, l’evento è costituito dalla perdita materiale (l’aggravamento della malattia o la morte, ad

esempio), la causalità è questione del concorso di due cause, la malattia e la colpa del medico, in quanto entrambe contribuiscono all’esito finale, e si tratta quindi di capire in che misura la colpa del medico abbia influito. Se, invece, come evento si considera la perdita della probabilità di guarigione, allora tale evento non può che essere attribuibile solo al medico, e la causalità non sarà più una questione di concorso di due cause, ma di misura di incidenza dell’una e dell’altra”. Così, CRICENTI,La perdita di chance come diminutivo astratto. Il caso della responsabilità medica, in Resp. civ. prev., 2016, 6, 2073. Risolve la questione della

In sostanza, laddove sia difficoltoso dimostrare che l’errore terapeutico abbia determinato la morte del paziente, sarebbe senz’altro più agevole provare che lo stesso abbia ridotto le possibilità di vivere più a lungo, così da attribuire un risarcimento anche in tutti quei casi destinati a restarne esclusi, in conseguenza del ricorso all’ordinario accertamento del nesso causale522.

La Suprema Corte, dunque, mentre proclama la necessità di osservare rigorosamente la triade probatoria (atto illecito, nesso di causalità, evento di danno) e di ricondurre la prova della derivazione eziologica entro confini rigorosi, al contempo aggira l’ostacolo mediante la sostituzione del danno effettivo col suo diminutivo astratto523.

Sembra, dunque, che la ricostruzione della Suprema Corte, pur apprezzabile sul piano retorico, lasci all’interprete i medesimi interrogativi posti dalla c.d. teoria ontologica e da quella eziologica, posto che, nell’uno come negli altri casi, la risarcibilità del danno verrebbe, pur sempre, a fondarsi su un accertamento causale incompiuto.

Ne consegue che il giudizio di responsabilità per il danno da perdita di chance continua a gravare sul danneggiante, risultando un mezzo per sanzionare la condotta del sanitario524.

perdita di possibilità di guarigione alla stregua dell’accertamento del concorso di causa anche BOCCHIOLA,

Perdita di “chance” e certezza del danno, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1976, 55.

522 Conf., PUCELLA,Causalità e responsabilità medica: cinque variazioni del tema, in Danno e resp., 2016,

8-9, 82. Per l’A. il risarcimento della perdita di chance nel caso di specie rappresenta una soluzione di