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LA POLIFUNZIONALITÀ DELL’ILLECITO CIVILE: DAL TORTO AL CONTRATTO.

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MACERATA

DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA

Corso di dottorato di ricerca in

SCIENZE GIURIDICHE

CICLO XXXIII

LA POLIFUNZIONALITÀ DELL’ILLECITO CIVILE:

DAL TORTO AL CONTRATTO

RELATORE DOTTORANDA

Chiar.mo Prof. Ubaldo Perfetti Dott.ssa Chiara Iorio

COORDINATORE

Chiar.mo Prof. Massimo Meccarelli

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Introduzione 6

Precisazioni preliminari 12

PRIMA PARTE 14

Il Problema: Diritto privato e sanzioni 14

Capitolo I: Le molteplici funzioni della responsabilità civile 15

1.- Sanzione e diritto: una premessa 15

2.- Cenni di diritto romano 17

2.1- L’interpretazione dottrinale nella vigenza del codice civile del 1865 18

2.2.- Il codice civile del 1942 19

3.- Le funzioni della responsabilità civile secondo l’interpretazione dottrinale 22 4.- Le funzioni della responsabilità civile nella applicazione giurisprudenziale 25

4.1.- La giurisprudenza costituzionale 28

5.- Delibazione di sentenze comminatorie di danni punitivi 29

6.- Le Sezioni unite 16601/2017 31

6.1- Criticità della Sentenza n. 16601/2017: funzione intrinseca ma eccezionale 36

6.2.- Criticità (segue): il piano d’indagine 38

Capitolo II: Risarcimento sanzionatorio e dintorni: le sanzioni civili 40 1.- Il risarcimento sanzionatorio nel contesto delle sanzioni di diritto privato 40

2- Le pene private 42

3- Le “multe civili” 49

3.1- L’art. 12 L. 8.2.1948, n. 47 51

3.2- L’art. 4 D.L. 22 settembre 2006, n. 259 56

3.3.- Multe civili nel processo 58

3.4- Le astreintes 59

4.- I rimedi atipici: la retroversione degli utili ex art. 125, comma 3, c.p.i. 62 4.1- Il problema degli “arricchimenti ottenuti mediante fatto ingiusto” 62

4.2- L’art. 125 c.p.i. 65

4.2.1- La teoria risarcitoria 68

4.2.2- La teoria restitutoria 70

4.2.3- Tra rimedio restitutorio e multa civile 72

5- Sanzioni pecuniarie di cui al D. lgs. 7/2016 76

5.1- Ambito oggettivo degli illeciti civili 77

5.2- Natura 78

CAPITOLO III: Gli illeciti ultracompensativi tipici 84

1- Le ipotesi risarcitorie “dubbie” 84

2.- La prima categoria 85

2.1- L’art. 96, III comma, c.p.c.: risarcimento sanzionatorio per il fatto illecito “abuso del

processo” 85

2.2- L’art. 709-ter c.p.c. 94

2.3- Il danno da discriminazione 100

2.4- Art. 187-undecies TUF 103

2.5- Il danno ambientale 109

3- La seconda categoria 114

(4)

3.2- L’art. 3 del d. legisl. 231/2002 120

3.3- L’art. 7, comma 3, L. 24/2017 121

4- Per concludere sul punto: un primo sforzo di sintesi. I limiti della responsabilità civile 123

4.1- L’effettività della tutela 125

SECONDA PARTE 128

Risarcimento e sanzione 128

Capitolo I. Risarcimento sanzionatorio: fondamento e limiti di una teoria 129

1.- Il campo d’indagine del capitolo 129

2.- Il principio di integrale riparazione del danno 130

3.- Equivalenza dolo colpa: un paradigma da superare 134

4.- Tipicità e prevedibilità del risarcimento punitivo 138 Capitolo II: Il risarcimento sanzionatorio in giurisprudenza 145

1.- Il campo d’indagine del presente capitolo 145

2.- Il dolo nella responsabilità civile: oltre il dogma dell’equivalenza con la colpa 146 2.- L’«ingiustizia» del danno e la funzione sanzionatoria della responsabilità civile 147

2.1- Il c.d. danno al patrimonio 150

3.- Il danno in re ipsa 156

4- Il nesso causale e le funzioni della responsabilità civile 163

4.1- Il danno da perdita di chance 166

4.1.2 Chance perduta, inadempimento… 169

4.1.3-. … e illecito civile 171

4.1.4- Perdita di chances di lungo-sopravvivenza 172

4.1.5- La responsabilità per emotrasfusioni infette 179

4.2 Concludendo sul punto 181

Capitolo III: Le molteplici funzioni del risarcimento del danno non patrimoniale 184

1.- Una premessa 184

2- Danno non patrimoniale: la questione 184

3- Il danno biologico: una sintetica ricognizione dell’evoluzione giurisprudenziale 191 4- Il danno morale nell’interpretazione della Suprema Corte: una sinossi 208 4.1 Il danno morale come lesione della “dignità umana” 220

4.1- Illecito endofamiliare 225

5- Una prima conclusione 232

6. Criticità del rigido dualismo rimediale 233

6.1- Per un superamento del sistema duale 236

6.2 Tipicità e prevedibilità del risarcimento polifunzionale 243 7. Danno da illegittimo trattamento di dati personali via internet (cenni) 250

1.- Il sistema anglosassone dei Torts 258

2. I punitive damages nel sistema statunitense 264

3.1- La responsabilité delictuelle 267

3.2- La responsabilità civile tedesca 271

(5)

5. I progetti di unificazione del diritto europeo della responsabilità civile 277 6. I danni punitivi nella giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea 278

TERZA PARTE La nullità sanzione 281

Capitolo I: La nullità-sanzione 282

Premessa 282

1.- Nullità come sanzione? 283

2.- La peculiarità del dolo incidente 285

3- Talune paradigmatiche ipotesi di nullità “sanzione” 287

4- Le nullità: destrutturazione di una categoria 296

4.1- Nullità strutturale 298

5.- Il contratto illecito 300

6- Illiceità quale predicato della condotta 303

6.1 L’abuso unilaterale 309

6.2- Illiceità civile e illiceità penale 312

7.1- La nullità di protezione nel contratto del consumatore: teoria dominante 317

7.2- Le clausole abusive 320

7.3- Nullità consumeristiche: species del contratto illecito 323 7.4- Ulteriori ipotesi di nullità “di protezione” extracodicistiche 326

8- I contratti asimmetrici tra le imprese 329

8.1- Nullità nella legge sulla subfornitura 330

8.2- Nullità nella disciplina dei ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali 336 9- Sulla inattualità del principio di non interferenza tra regole di validità e di comportamento

339

10- Una prima conclusione 343

Considerazioni conclusive 344

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Introduzione

Il concetto di sanzione è consustanziale al diritto. Quale “momento terminale del processo giuridico, […] un complesso di sanzioni a tutela delle convenzioni, delle credenze e dei valori fondamentali di una comunità non può mai mancare”1: è, invero, “meccanismo necessario del funzionamento dell’ordinamento giuridico”2 e garanzia della sua effettività. Se il discorso, in termini di teoria generale del diritto, può dirsi pacifico, l’analisi si fa più problematica quando si intenda esaminare lo spazio che la sanzione può occupare nel contesto delle singole discipline giuridiche.

Non può negarsiche è il diritto pubblico l’ambito elettivo della sanzione, ove quest’ultima si configura alla stregua di una pena inflitta dallo Stato nei confronti del trasgressore di una fattispecie di reato, allo scopo di punire il colpevole e dissuadere i consociati3.

Più problematico parrebbe lo studio del ruolo dell’istituto in seno alle discipline privatistiche. Quanto alle pene private – sanzioni civilistiche per eccellenza – si tratterebbe di ipotesi circoscritte (nel numero e nel rilievo), le quali – proprio per la loro natura eccezionale – confermerebbero la generale estraneità del concetto di sanzione nei rapporti inter-privatistici4.

Venendo alla responsabilità extracontrattuale, s’insegna che gli ordinamenti più evoluti si caratterizzano per una netta separazione dell’illecito civile da quello penale, e che, mentre quest’ultimo mira proprio a sanzionare la condotta antigiuridica, il primo costituisce una reazione meramente compensativa a fronte di una lesione ingiusta. Il processo di c.d.

1 MARRA, Sanzione (voce), in Digesto disc. priv. Sez. civ., XVIII, Torino, 1998, 160. Cfr. anche BOBBIO, Sanzione (voce), in Noviss. Dig. It., XVI, 1969, 530, a detta del quale un sistema normativo potrebbe fare a

meno della sanzione nel solo caso in cui possa contare, a priori, su una perfetta osservanza delle norme da parte dei suoi destinatari, il che potrebbe essere possibile nelle sole due ipotesi-limite di “a) un sistema normativo perfettamente razionale per esseri perfettamente razionali; b) un ordinamento anche non razionale per esseri completamente automatizzati”. D’AGOSTINO, Sanzione (voce), in Enc. dir., XLI, 1989, 303, discorre di “dovere coesistenziale”, da parte dell’ordinamento, di prevedere un sistema sanzionatorio. L’A. puntualizza che “non è cioè ipotizzabile un sistema sociale che non reagisca, in linea di principio, alla violazione del principio della coesistenzialità; esso potrà non reagire di fatto, per motivi diversi (perché non si è individuato l’autore dell’illecito, perché costui si è sottratto alla sanzione, per un’intenzionale e individuale scelta di clemenza, ecc.), ma in linea di principio se rinuncerà a reagire sancirà la propria auto-dissoluzione. La sanzione è quindi un dovere coesistenziale”.

2 MARRA, op. ult. cit., 165.

3 A tacere, ovviamente, delle finalità rieducative della pena ex art. 27, comma 3, Cost. 4 Sul punto, diffusamente, BIANCA, Le autorità private, Napoli, 1977.

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laicizzazione dell’illecito civile avrebbe, dunque, comportato l’espunzione dal risarcimento di ogni connotazione sanzionatoria.

L’idea della sanzione, poi, sarebbe di per sé incompatibile con l’ambito della invalidità contrattuale: presupponendo quest’ultima un comportamento approvato dal diritto (l’esplicazione della libertà negoziale), non sussisterebbero in tale campo divieti, bensì meri oneri che, se inadempiuti, potrebbero al più determinare una frustrazione dell’interesse del contraente (e non una sanzione in senso stretto avverso la sua condotta)5.

Più in generale, il declino dell’idea della sanzione si è accompagnato ad un tendenziale “offuscamento dell’idea (…) dell’«illecito»”6, di cui è prova tangibile la stessa espunzione della relativa voce («Illecito») nelle versioni più recenti del celebre Digesto7.

La moltiplicazione delle ipotesi di responsabilità oggettiva, da un lato, la centralità attribuita al danno e al soggetto danneggiato, dall’altro, hanno condotto – nel campo aquiliano – a relegare in secondo piano la condotta del danneggiante, e, nello specifico, il grado della sua antigiuridicità: oramai “si scrive comunemente «fatti illeciti»; ma si legge «responsabilità civile»”8.

Sono il dogma della equivalenza tra il dolo e la colpa, nonché quello della necessaria misurabilità del danno conseguenza, a confinare il risarcimento del danno entro un perimetro unicamente compensativo. Sennonché la responsabilità civile – dissociata dalla illiceità, e quindi intesa come mera reintegrazione del patrimonio – manifesta evidenti inadeguatezze, determinando un vuoto di tutela nei confronti di determinate tipologie di interessi lesi9. Sono emblematiche, in tal senso, le ipotesi degli illeciti che non “producono depauperamenti patrimoniali”10, o che ledono interessi che siano, al contempo, particolari

5D’AGOSTINO, Sanzione, cit., 303, rileva che “con la nullità non si sanziona l’atto invalido, bensì ci si limita

a constatarne l’irriconoscibilità sociale - il che non comporta di per sé l'irrilevanza giuridica dell’atto sotto diversi profili”

6 BUSNELLI, Atto illecito e contratto illecito, quale connessione?, in Contr. impr., 2013, 4-5, 875.

7 Lo fa notare sempre BUSNELLI, Ibidem, il quale rileva che la prima edizione del Digesto italiano

(1887-1898) conteneva la voce Delitti e quasi delitti di C. Ferrini (1887); la seconda (1938), del pari, includeva la voce Illecito (Atto) – Diritto moderno, di G. Scaduto e D. Rubino; l’ultima voce dedicata all’illecito si deve a R. Scognamiglio, Illecito (voce), cit.. Dalla quarta edizione, la voce scompare, passando l’Enciclopedia giuridica dalla voce “Igãra wa iqtinã” a quella “Illuminismo giuridico”.

8 BUSNELLI, Atto illecito, cit., 877.

9 Evidenzia le insufficienze della responsabilità civile derivanti “da possibili dissociazioni e scarti rispetto

all’area della illiceità” SCALISI, Illecito civile e responsabilità: fondamento e senso di una distinzione, in Riv.

dir. civ., 2009, 6, 10657.

10 Un vero e proprio “angolo morto” della responsabilità civile meramente compensativa, per dirla con

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(del danneggiante), e generali (dell’ordinamento), quali, primi tra tutti, i diritti inviolabili della persona aventi fondamento costituzionale (e sovranazionale).

Quanto all’ambito negoziale, poi, il contratto sarebbe illecito solo “in senso lato”11; la carica di maggiore disvalore12 connessa al contratto “contrario a norma imperativa, all’ordine pubblico o al buon costume” (art. 1343 c.c.), rispetto a quella propria dell’atto nullo perché carente nella fattispecie, non varrebbe a connotare di una qualche peculiarità la relativa invalidità.

Di tali assunti tradizionali è necessario vagliare l’attuale tenuta, alla luce di sostanziali innovazioni che hanno interessato gli ambiti summenzionati (illecito civile, autonomia negoziale, invalidità contrattuale), tanto a livello interno che sovranazionale, sotto i profili normativo e giurisprudenziale, anche alla luce dell’impatto della circolazione dei modelli ordinamentali.

Più in particolare, sviluppando una autorevole intuizione13, va indagata la possibilità di recuperare una categoria unitaria di illiceità, comune tanto all’ambito contrattuale, quanto a quello extracontrattuale, e contraddistinta da una risposta di carattere sanzionatorio e deterrente da parte dell’ordinamento.

Quanto alla responsabilità extracontrattuale e con riferimento al diritto positivo, deve constatarsi la copiosa – quanto confusa e disorganica – congerie di disposizioni a vocazione sanzionatoria introdotte dal legislatore in eterogenei apparati normativi. L’asistematicità della tecnica legislativa ha fatto sì che nelle ricostruzioni dottrinali si assista ad una persistente sovrapposizione – concettuale, prima ancora che terminologica – tra la figura del “risarcimento sanzionatorio e/o ultracompensativo e/o polifunzionale” e i diversi istituti della “pena privata” o del “danno punitivo”. Da ciò, la necessità di una preliminare disamina della natura e della funzione di tali previsioni, onde, per un verso, chiarire il rapporto di ciascuna con la responsabilità civile, e, per altro verso, indagare l’attuale sofferenza del risarcimento del danno, se inteso in senso solo compensativo, in ben individuati settori. Sarà questo l’oggetto della “prima parte” della ricerca. L’indagine dovrà costantemente confrontarsi con il dictum reso dalla Suprema Corte, a Sezioni Unite, nella nota pronuncia

11 MAFFEIS, Contratti illeciti o immorali e restituzioni, Milano, 1999, 81.

12 Di nullità di disvalore parla DI MAJO, La nullità, in BESSONE (diretto da), Trattato di diritto privato, XIII, Il contratto in generale, VII, Torino, 2002, 73; in senso analogo, ROPPO, Il contratto, in IUDICA-ZATTI (a cura di), Trattato di diritto privato, Milano, 2001, 746, il quale discute però di “nullità politiche”

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(la n.16601/2017) avente ad oggetto la discussa delibabilità di sentenze straniere comminatorie di “danni punitivi”. L’affermata (da parte della suddetta sentenza) tipicità della funzione sanzionatoria della responsabilità civile dovrà essere vagliata alla luce di un’analisi di carattere sistematico, cui sarà dedicato il prosieguo della indagine.

Nella “seconda parte” della ricerca, invero, verrà evidenziato che l’inadeguatezza dell’illecito civile meramente riparatorio emerge pure nel diritto vivente. Un attento esame delle pronunce giurisprudenziali rivela una corrispondenza tra “condotta abusiva” – sotto il profilo della sua caratterizzazione psicologica (dolosa, gravemente colposa), ovvero della lesione di diritti fondamentali – e giudizio dal carattere sanzionatorio. Ciò si manifesta tanto nell’accertamento dell’an respondeatur, quanto in quello avente ad oggetto il quantum debeatur, con più specifico riferimento al danno non patrimoniale (e al risarcimento del danno morale, nell’accezione da ultimo chiarita dalla giurisprudenza).

È il principio di effettività della tutela – il quale orienta l’interprete nella individuazione del giusto rimedio14 a fronte degli interessi in conflitto – a giustificare un risarcimento dalle molteplici funzioni, nel caso della lesione di diritti fondamentali.

Recuperato il concetto di illiceità extracontrattuale, l’attenzione dovrà concentrarsi sul diritto contrattuale, allo scopo di indagare la possibilità di concepire la stessa nullità in senso funzionale (e, più in particolare, sanzionatorio): sarà questo l’oggetto della “terza parte” del lavoro.

Una ideale linea di continuità tra due ambiti (quello della responsabilità extracontrattuale, da un lato, e quello della invalidità, dall’altro) è, peraltro, rintracciabile in altra decisione della Suprema Corte, ancora una volta a Sezioni Unite, di poco successiva alla precedente in tema di punitive damages. Con la sentenza del 9.10.2017, n. 2360115, a fronte della medesima omissione (mancata registrazione del contratto di locazione), la Cassazione ammetteva la sanabilità del contratto nullo ma tardivamente registrato, negandola nella ipotesi di simulazione al Fisco del canone: a fronte della identica violazione, dunque, la più forte riprovazione sottesa alla seconda fattispecie (quella della simulazione del canone, che

14 Su cui si rinvia, per il momento, a P.PERLINGIERI, Il «giusto rimedio» nel diritto civile, in Il giusto processo civile, 2011, 1, 1; ID., Il diritto civile nella legalità costituzionale, secondo il sistema italo-comunitario delle

fonti, V, Napoli, 2020, spec. 115 ss; ID., Dei modi di estinzione diversi dall’adempimento, in Comm. c.c. Scialoja e Branca, Libro IV. Delle obbligazioni, artt. 1230-1259, Bologna-Roma, 1975, 29 ss; G. PERLINGIERI,Profili applicativi della ragionevolezza nel diritto civile, Napoli, 2015, 87 ss; ID., L’inesistenza

della distinzione tra regole di comportamento e di validità nel diritto italo-europeo, Napoli, 2013, 90. 15 In Corr. giur., 2018, 1087, con nota di CUFFARO.

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pure integra violazione meno grave rispetto alla integrale elusione dell’obbligo fiscale, connessa alla prima fattispecie), veniva marcata dalla esclusione della sanatoria, e quindi dalla irrimediabile nullità del contratto: invalidità che si carica, con tutta evidenza, di una portata sanzionatoria verso la condotta simulatoria, secondo una impostazione di politica del diritto non dissimile da quella sottesa alla pronuncia n. 16601/201716.

Indicazioni similari giungono anche dalla giurisprudenza della Corte europea di Giustizia, con specifico riferimento alla sorte delle clausole abusive nei contratti consumeristici. Stante la prevista non vincolatività, per il consumatore, della clausola vessatoria (art. 6 dir. 93/1317), è noto l’indirizzo per il quale l’espunzione della clausola abusiva precluda l’integrazione giudiziale: una eventuale riduzione conservativa, invero, contrasterebbe con la finalità dissuasiva che caratterizza la disciplina della nullità consumeristica18.

Il ricorso alla nullità in funzione sanzionatoria, peraltro, non è estraneo alla logica del legislatore interno: si consideri, per tutte, la nullità degli interessi usurari di cui al novellato art. 1815, comma 2, c.c., che la dottrina non ha esitato a qualificare alla stregua di una “pena privata”. Una evidente ratio “punitiva” è sottesa alle (molteplici) previsioni che escludono il diritto al compenso per il professionista che abbia operato in assenza di autorizzazioni, ovvero dell’iscrizione all’albo prevista dalla legge (si consideri sin d’ora la previsione di cui all’art. 167 cod. ass. priv.).

16 In argomento, CUFFARO, Introduzione, in CICERO (a cura di), I danni punitivi, Napoli, 2019, X.

17 Per il quale “gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un

consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive”.

18 Corte giustizia Unione Europea, Sez. I, 14.7.2012, n. 618, Banco Español de Crédito (C-618/10); in tale

vicenda, si chiedeva alla Corte se il giudice potesse rideterminare gli interessi corrispettivi secondo un ammontare non abusivo, ovvero se la nullità della pattuizione assorba ogni regolamento sugli interessi, che non sarebbero così dovuti dal consumatore/debitore. La Corte aderisce al primo orientamento, ritenendo incompatibile con l’art. 6 della direttiva 93/13 la disciplina spagnola di cui all'art. 83 del Real decreto Legislativo 1/2007 (Texto refundido de la Ley Generale para la defensa de los Consimidores y Usurarios) che consente la sostituzione della clausola nulla in sede giudiziale, in quanto in grado di ostacolare l’efficacia dissuasiva della nullità consumeristica. Nel medesimo senso, Corte giustizia Unione Europea, 18.7.2013,

Asbeek Brusse (C-488/11), accertata l’abusività di una clausola penale apposta ad un contratto di locazione

(stipulato tra professionista e consumatore), afferma l’impossibilità, per il giudice, di ridurre l’importo della clausola, e la necessità della mera disapplicazione della stessa. Similter, Corte di Giustizia dell’Unione europea, 27.3.2014, Le Crédit Lyonnais (C-565/12), per la quale “se la sanzione della decadenza dagli interessi venisse mitigata, ovvero puramente e semplicemente eliminata, ne discenderebbe necessariamente che essa non presenta un carattere realmente dissuasivo”; così anche Corte giustizia Unione Europea, 09.11.2016, n. 42, Home Credit Slovakia vs Biroova (C-42/2015).

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A fronte della pluralità di invalidità estranee al paradigma codicistico, è necessario riflettere sulla possibilità di un loro inserimento nel sistema. Tale operazione ermeneutica appare al momento attuale opportuna, se si considerano le innovazioni che, proprio nella categoria di nullità, sono state determinate dall’impatto della invalidità consumeristica e del c.d. terzo contratto.

Nell’ambito negoziale, invero, si è assistito alla moltiplicazione – per effetto di plurimi interventi normativi – di fattispecie di nullità che risulterebbero, secondo la lettura prevalente, irriducibili alla tradizione codicistica. Si discute di “polimorfismo” delle nullità19 che, oggetto di “frammentazione”20, appaiono insuscettibili di essere ricondotte a una categoria ordinante (essendo quella codicistica irrimediabilmente “destrutturata”21). Sempre più frequentemente norme speciali comminano la invalidità del contratto in conseguenza della violazione di un obbligo di informazione, ovvero di una condotta pre o postcontrattuale22: si considerino, per tutte, le disposizioni che prevedono la nullità delle clausole vessatorie nei contratti consumeristici (art. 33, comma 1, e 36, comma 3, cod. cons.), per l’abuso di dipendenza economica (art. 9, L. 192/1998), ovvero ancora per la mancata pubblicazione, da parte della società di intermediazione, del prospetto informativo (art. 100-bis T.U.F.).

Alla tradizionale nullità “di fattispecie” – contraddistinta dall’obiettiva insufficienza strutturale dell’atto – si contrappongono nuove invalidità, derivanti, non dalla difformità dell’atto al paradigma legale, ma da elementi esterni al contratto. Esplodono23 nullità relative, discendenti dall’abuso posto in essere ai danni della “parte debole” del rapporto: prima ancora dell’atto (o meglio, per il suo tramite), “è riprovata una condotta (…) la quale per ciò stesso riceve un predicato di illiceità”24. La regola contrattuale, in sostanza, “si

19 MANTOVANI, Le “nullità di protezione” nella tassonomia dei rimedi, in Studi in onore di Giorgio Cian,

2010, I, 1639.

20GENTILI, Trattato del contratto, IV, Milano, 2006, 41 ss.

21 Di “destrutturazione” della nullità discorre LA SPINA, Destrutturazione della nullità e inefficacia adeguata,

Milano, 2012.

22 In argomento, G.PERLINGIERI, L’inesistenza della distinzione tra regole di comportamento e di validità nel diritto italo-europeo, Napoli, 2013, 68 ss.

23 Cfr. BRECCIA, Causa, in BESSONE (diretto da), Trattato di diritto privato, Il contratto in generale, III,

Torino, 1999, 78, il quale parla di “esplosione delle nullità contrattuali”.

24 ORLANDI, Dominanza relativa e illecito commerciale, in (GITTI VILLI) a cura di, Il terzo contratto,

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disarticola nel comportamento delle parti, ed è su questi che si forma la valutazione del giudice”25.

In contrapposto alla teoria che vorrebbe relegare tali fattispecie a ipotesi eccentriche rispetto al sistema, l’analisi delle “nuove” nullità servirà – piuttosto – da presupposto per un ripensamento della categoria della illiceità contrattuale.

Una volta che si sia dimostrata la pluralità degli statuti della stessa invalidità codicistica, invero, potrà osservarsi che ciascuna ipotesi di nullità si contraddistingue per una differente intensità della qualificazione negativa operata dall’ordinamento, da riconnettersi al diverso interesse sotteso alla disposizione violata. Di talché, accanto alla nullità strutturale, emerge quella da “illiceità”, che è invalidità “funzionale”26, e si connota in senso marcatamente sanzionatorio avverso una condotta lesiva di interessi della controparte e, per il suo tramite, dell’ordinamento.

La ricerca del “giusto rimedio”, atto a garantire la “effettività della tutela”, rappresenta la linea conduttrice della ricerca che, nell’evidenziare la correlazione tra lesione (contrattuale, quanto extracontrattuale) di interessi fondanti del sistema, posti a presidio dei diritti inviolabili della persona umana, e risposta sanzionatoria (e deterrente) da parte dell’ordinamento, evidenzia indici di una matrice comune dell’illecito (contrattuale e extracontrattuale) civile.

Precisazioni preliminari

S’impone, in via preliminare, una duplice chiarificazione di carattere terminologico. La locuzione “danni punitivi” sconta una erronea traduzione dell’inglese “punitive damages”. Nel contesto di Common Law, invero, il termine “damages” è da intendersi come “risarcimento del danno”, essendo invece “damage” l’equivalente del nostro “danno”. Per quanto, dunque, sarebbe maggiormente corretta la traduzione di “punitive damages” come “risarcimenti punitivi”, o “esemplari”, nel testo si farà riferimento, alternativamente,

25 Ibidem. La stessa Cass., Sez, un., 19.12.2007, n. 26724, in Foro it., 2008, I, 784, rileva che è

“effettivamente presente una tendenza evolutiva in tal senso in diversi settori della legislazione speciale”, in cui il legislatore sempre più spesso isola “specifiche fattispecie comportamentali, elevando la relativa proibizione a norma di validità dell’atto”.

26 G.PERLINGIERI, Negozio illecito e negozio illegale. Una incerta distinzione sul piano degli effetti, Napoli,

2003, 12 ss; ID., La convalida delle nullità di protezione e la sanatoria dei negozi giuridici, Napoli, 2010, 92

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anche alla dizione “danni punitivi”, in quanto oramai invalsa nella letteratura scientifica e in giurisprudenza.

In secondo luogo, nella ricerca dello spazio che la sanzione può occupare nel diritto civile, onde reprimere condotte abusive e – al contempo – assicurare una tutela effettiva agli interessi lesi, nel presente lavoro verrà spesso impiegato il concetto della deterrenza. Tanto, nella convinzione del suo indissolubile legame – se non concettuale, certamente operativo e funzionale27 – con il momento sanzionatorio. La “pena”, invero, influisce sulla condotta di un agente in duplice momento temporale, e quindi secondo una differente accezione: ex ante, la sua minaccia funge, rispetto ad un dato soggetto, da stimolo ad astenersi da una data condotta (funzione di deterrenza), comportando ex post (nell’ipotesi patologica) la repressione della condotta posta in essere nonostante il divieto (momento sanzionatorio)28.

27 Di intima connessione “operativa” tra deterrenza e sanzione discorre DE MENECH, Le prestazioni pecuniarie sanzionatorie. Studio per una teoria dei «danni punitivi», Milano, 2019, 173.

28 Cfr. BOBBIO, op. cit., 531, il quale nota che “Lo scoraggiamento si fonda sulla minaccia di una punizione

(o di una riparazione), così come la punizione (o la riparazione) è la conseguenza dell’insuccesso dello scoraggiamento”.

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PRIMA PARTE

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Capitolo I: Le molteplici funzioni della responsabilità civile

Sommario: 1- Sanzione e diritto: una premessa; 2- Cenni di diritto romano; 2.1- L’interpretazione dottrinale nella vigenza del codice civile del 1865; 2.2- Il codice civile del 1942; 3- Le funzioni della responsabilità civile secondo l’interpretazione dottrinale; 4- Le funzioni della responsabilità civile nella applicazione giurisprudenziale; 5- Delibazione di sentenze comminatorie di danni punitivi; 6- Le Sezioni unite n. 16601/2017; 6.1- Criticità della sentenza n. 16601/2017: funzione intrinseca ma eccezionale; 6.2- Criticità (segue): il piano d’indagine

1.- Sanzione e diritto: una premessa

È noto che della sanzione non esiste una definizione univoca, potendosene elencare plurime classificazioni, a seconda che si abbia riguardo al profilo funzionale, al contenuto, al bene su cui stessa si appunta, ovvero al momento della sua irrogazione29. Quanto al primo criterio, e considerate le sole misure c.d. successive alla commissione del fatto, può distinguersi tra sanzione retributiva - consistente nel “rendere bene per bene (il premio, la ricompensa ecc.) o il male per male (le pene, ovvero misure punitive)” - e riparativa, funzionale all’eliminazione o attenuazione del male prodotto dalla trasgressione di una norma30. Quest’ultima, dunque, interviene non sull’azione, ma sul risultato della stessa, che mira ad annullare (si pensi alla confisca, al sequestro, o alla distruzione della cosa ex art. 2933 c.c.), ovvero - laddove la lesione sia economicamente valutabile - a risarcire, mediante l’attribuzione di una somma di denaro di importo equivalente alla perdita subita31.

Tanto basta per concludere che anche il risarcimento del danno appartiene al genus delle sanzioni: in quanto tale, esso partecipa del carattere di deterrenza e punizione che, in senso lato, connota ciascuna tipologia di sanzione. Non può negarsi, in tal senso, che la minaccia

29 Resta inteso che il punto di vista funzionale è solo uno dei molteplici criteri di classificazione, potendosi

ulteriormente distinguere tra sanzione negativa e positiva, a seconda che essa consista nell’inflizione di un male, di una privazione, ovvero in una misura premiale; patrimoniale o personale, a seconda che incida sulla posizione economica del destinatario, ovvero sulla persona; preventiva o successiva, a seconda che intervenga prima (misure di vigilanza o scoraggiamento) o dopo la commissione del fatto.

30 BOBBIO,voce Sanzione, Noviss. Dig. it., XX, Torino, 534. 31 Ibidem.

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della condanna al risarcimento del danno sia idonea, in termini generici, a imporre ai consociati standards più elevati di perizia nell’esercizio della propria attività professionale, o di diligenza e prudenza nell’agire quotidiano; né può confutarsi che la condanna al pagamento di una somma atta a riparare il danno arrecato a terzi possa essere avvertita, dal danneggiante, come una misura latamente afflittiva32.

Ciò non è sufficiente, tuttavia, per poter attribuire al risarcimento una funzione anche in senso stretto sanzionatoria, vale a dire che la sua irrogazione risponda al precipuo scopo di “punire” l’autore della violazione. A tal fine dovrà richiedersi che la misura si caratterizzi, con riferimento alle modalità della sua irrogazione e, più specificamente, della sua quantificazione, in senso esplicitamente punitivo. Il che è stato marcatamente rinnegato dalla dottrina tradizionale, la cui impostazione non pare neppure scalfita da recenti impostazioni giurisprudenziali.

Gioverà, all’uopo, una sintetica ricognizione in chiave storico-evolutiva della responsabilità civile. Quando, invero, si afferma che a quest’ultima è assegnata tradizionalmente una funzione (solo) compensativa, deve chiarirsi, preliminarmente, che l’aggettivo tradizionale ha qui una precisa delimitazione cronologica: deve farsi risalire agli anni ’60 del secolo scorso e ai lavori fondamentali di illustri maestri della nostra civilistica.

Se si guarda all’evoluzione della responsabilità civile, a partire dal diritto romano e sino a giungere ai giorni nostri, invero, parrebbe evidente che l’illecito si sia progressivamente affrancato dall’idea della punizione e della deterrenza nei confronti del danneggiante.

32 CIAN, Antigiuridicità e colpevolezza. Saggio per una teoria dell’illecito civile, Padova, 1966, 391, rileva

che “anche ammesso che pena e risarcimento differiscano essenzialmente tra loro (...), nessuno possa negare che anche il risarcimento rappresenta un male per il soggetto al quale è addossato, in quanto costituisce per lui una perdita di beni economici”; nello stesso senso C.SCOGNAMIGLIO, Danno morale e funzione deterrente

della responsabilità civile, in SIRENA (a cura di), La funzione deterrente della responsabilità civile alla luce

delle riforme straniere e dei Principles of European Tort Law, Milano, 2011, 279 ss, il quale rileva che in

senso “empirico, se non del tutto descrittivo, una funzione in senso deterrente appaia propria di qualunque forma di condanna risarcitoria”. L’A (pag. 290) rileva condivisibilmente che, al fine di affermare una funzione più che compensativa della responsabilità, non è sufficiente addurre che “il risarcimento dei danni ha anche per scopo la prevenzione del danno”, essendo invece necessario che i criteri di quantificazione diano rilievo alla qualificazione soggettiva del danneggiante, ovvero ai vantaggi allo stesso derivanti dall’illecito.

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2.- Cenni di diritto romano

L’idea della sanzione della condotta antigiuridica caratterizzava fortemente il diritto romano delle origini, in ragione della concezione sostanzialmente penalistica dell’illecito33. L’ordinamento predecemvirale, invero, assoggettava l’autore del fatto lesivo (delicta o maleficia) alla vendetta da parte del gruppo di appartenenza del danneggiato, mediante la soggezione fisica del danneggiante (nel caso della actio legis per manus iniectionem)34, ovvero l’esposizione di questi all’uccisione (nel caso della actio per sacramentum)35. Solo in un momento successivo – corrispondente alla enucleazione dell’actio furti, dell’iniuria e del damnum iniuria datum – il diritto romano concepì un sistema della responsabilità civile autonomo rispetto a quello penale. Si colloca in questo frangente la comparsa di rimedi di carattere pecuniario36, in cui l’ammontare della prestazione, anche se parametrato sul danno risarcibile, era suscettibile di subire accentuazioni connesse alla gravità del fatto; accanto a tali azioni reipersecutorie, la funzione punitiva riemergeva nel complesso delle sanzioni civili, che – a fronte della riprovevolezza della condotta o della gravità della lesione arrecata – esponevano il danneggiato al pagamento di “danni multipli”, corrispondenti a quattro volte la misura del pregiudizio arrecato alla controparte.

33 Per un quadro esaustivo dei caratteri e funzioni della responsabilità extracontrattuale nel diritto romano, si

rinvia a VOCI, Risarcimento e pena privata nel diritto romano classico, Milano, 1939; CANNATA, Per lo

studio della responsabilità per colpa nel diritto romano classico, Milano, 1969; L.BOVE, Danno (diritto

romano), in Noviss. Dig. it., V, Torino, 1957, 142 ss; BRANCA, Struttura costante della responsabilità

extracontrattuale attraverso i secoli, in Studi in onore di Edoardo Volterra, I, Milano, 1979, 99 ss.

34 L’azione era esperibile nei casi e alle condizioni previste dalla legge; GAIO, Institutiones, IV, 21, riporta:

“Questa azione era così: chi agiva diceva «siccome sei condannato a mio favore per diecimila sesterzi, e siccome non hai pagato, io, in rapporto a ciò, ti metto la mano addosso per i diecimila sesterzi del giudicato» e nello stesso tempo afferrava qualche parte del corpo di lui”.

35 Ciò appare evidente se si considera che “sacramentum” discende da “sacer esto”, da intendersi come

autoesposizione all’uccisione (Così, BARATELLA, Le pene private, Milano, 2006, 2). In tempi successivi, l’uccisione del colpevole sarebbe stata sostituita con quella di un animale e, infine, con la dazione di una somma di denaro.

36 Dapprima, nel contesto decemvirale, viene introdotta la responsabilità nossale, che consentiva di sostituire

alla pena corporale l’assunzione della responsabilità patrimoniale da parte del pater o del dominus; successivamente, nel diritto postdecemvirale, anche il nexum sarebbe stato abrogato e sostituito dal procedimento formulare, il quale prese il posto dei procedimenti per manus iniectionem e per sacramentum, e che culminava con la condemnatio pecuniaria. Nell’età classica, infine, si assiste alla comparsa di azioni penali in simplum, dalla caratterizzazione al contempo punitiva (in quanto intrasmissibili, esperibili congiuntamente ad altre azioni, nossali, azionabile cumulativamente verso più soggetti) e risarcitoria (in quanto non fondata sul dolo, ma sul mero agire non iure del colpevole, e poiché la somma di denaro da corrispondere veniva parametrata sul valore del bene, sebbene questo fosse rapportato non al momento del danno, ma al massimo valore che la res avesse raggiunto nel periodo di riferimento).

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Parallelamente al moltiplicarsi delle funzioni dello Stato e alla affermata autonomia del diritto pubblico, il diritto imperiale si caratterizza per l’attribuzione di una natura prettamente risarcitoria alla reazione avverso il danno, senza tuttavia mai completamente affrancarsi dall’idea della sanzione, che si mantiene intatta nel diritto intermedio37, sino a giungere – pur con diversi accenti – alle prime opere di codificazione.

2.1- L’interpretazione dottrinale nella vigenza del codice civile del 1865

Sotto la vigenza del codice civile del 1865, in linea di continuità con gli studi del diritto intermedio, alla responsabilità extracontrattuale veniva attribuita la natura di sanzione per quanti, trasgredendo il precetto del neminem laedere, avessero arrecato un pregiudizio al diritto altrui.

In particolare, la responsabilità civile veniva costruita attorno al concetto dell’illecito, vale a dire - come recitava la rubrica relativa del codice civile - intorno alla categoria dei delitti e dei quasi-delitti. Il criterio di selezione del danno risarcibile veniva a coincidere con il requisito del dolo o della colpa del danneggiante, sicché il pregiudizio non ascrivibile a tale elemento soggettivo era destinato a restare a carico del danneggiato. Ciò si giustificava sulla base dell’affermazione ricorrente per la quale “non il danno, ma il fatto illecito per sé, può di regola indurre la responsabilità”38.

Ne discendeva, sotto il profilo funzionale, l’attribuzione alla responsabilità civile di una efficacia prettamente sanzionatoria e deterrente, volta a punire il responsabile dell’illecito e – solo per il suo tramite – a ristorare il danneggiato39. Ne derivava, sotto il profilo ricostruttivo, la riconduzione delle fattispecie di responsabilità oggettiva ad un fondamento sempre e comunque colposo40. Così, ad esempio, la responsabilità dei padroni e committenti veniva ricondotta alla presunzione di una culpa in eligendo, mentre quella dei genitori e tutori alla culpa in vigilando o in educando41. Del pari, la responsabilità per l’esercizio di

37 In età medievale, in particolare, la pena privata riacquista un ruolo di primario rilievo nel campo

dell’illecito civile: il diritto longobardo conosce istituti dalla funzione mista, punitiva e risarcitoria, quali la faida (pena privata irrogata al colpevole dal gruppo di appartenenza del soggetto leso) e la compositio (pena pecuniaria).

38 CHIRONI,La colpa nel diritto civile odierno. La colpa extra-contrattuale, II, Torino, 1903. 39 CHIRONI,ivi, 68 ss; GIORGI, Teoria delle obbligazioni, V, Torino, 1930, 214 ss.

40 BRUGI, La cosiddetta responsabilità oggettiva, in Riv. dir. comm., 1914, II, 250 ss

41 CESAREO CONSOLO, Trattato sul risarcimento del danno, Torino, 1908, 351 ss; BRASIELLO, I limiti della responsabilità per danni, Milano, 1959, 120 ss.

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attività pericolose era spiegata alla stregua di un’inversione (o aggravamento) dell’onere della prova circa l’elemento soggettivo (colpa)42.

2.2.- Il codice civile del 1942

L’evoluzione della responsabilità civile43 è caratterizzata dal progressivo affrancamento dalla primazia dell’antigiuridicità della condotta del danneggiante, per effetto dell’autonomo rilievo attribuito alla responsabilità oggettiva, nonché della centralità assunta – nel contesto della responsabilità per colpa – dal danno e dalla persona del danneggiato. Quanto al primo profilo, è sin troppo noto che l’interpretazione previgente si addiceva ad una società preindustriale nella quale sporadici erano gli eventi di danno ed in cui era sempre rinvenibile un nesso tra la colpa dell’agente e il pregiudizio inferto al danneggiato. Il processo di industrializzazione e la conseguente moltiplicazione del rischio di danni non

42 GIORGI, Teoria delle obbligazioni, V, cit., 610 ss; DE CUPIS, Il danno. Teoria generale della responsabilità civile, Milano, 1947, 175 ss; VENEZIAN, Studi delle obbligazioni, in ID., Opere giuridiche, I, Roma, 1919, 16. Per una attenta disamina di tale interpretazione, si rinvia a BIANCA, La responsabilità, 5, Milano, 2012, 534 ss. L’A. discorre di “concezione etica della responsabilità civile”, intesa come “repressione di un atto colpevole, cioè la sanzione che colpisce la volontaria e consapevole trasgressione di un comando giuridico, che è al tempo stesso dovere morale (non far male agli altri). Questa concezione presuppone un atteggiamento psicologico biasimevole del soggetto, espresso dal dolo o dalla colpa. La colpa è infatti intesa come requisito soggettivo dell’illecito, come un modo d’essere della volontà del soggetto”. L’A. contrappone tale concezione etica a quella tecnicistica la quale – ravvisando l’inadeguatezza del criterio di imputazione fondato sulla colpa con riferimento ai danni di massa determinati dall’innovazione industriale – giungeva a ravvisare nella responsabilità civile una tecnica di allocazione dei danni. L’A. rinviene tre filoni all’interno di tale concezione tecnicistica: (a) quello dell’analisi economica del diritto, che nega qualsiasi rilevanza alla colpa, sul presupposto che il danno andrebbe imputato sulla scorta di soli criteri di convenienza economica (V. CALABRESI, Il costo degli incidenti e responsabilità civile, Analisi economico-giudiziaria (trad. it.), Milano, 1975, 47); (b) quello della teoria oggettivistica, il quale rinviene nella colpa un criterio solo residuale (e via via destinato a scomparire) di imputazione del danno, e comunque sempre prescindente dall’antigiuridicità del fatto (V. TUNC, Introduction, in Int. Enc. Comp. L. XII (Torts), II, ch. 1, 63; (c) la concezione eclettica, che individua due distinti regimi di responsabilità (quella per rischio, e quella per colpa), cui corrispondono due diverse funzioni (punitiva e repressiva). In tema, TRIMARCHI, Rischio e responsabilità

oggettiva, Milano, 1961, 39. In sintesi, alle due possibili funzioni (quella punitiva, propria della concezione

etica, e quella dell’allocazione dei danni, propria della concezione tecnicistica) egli contrappone la funzione di sanzione dell’illecito civile, e quindi reazione avverso la violazione del precetto di rispetto altrui (alterum

non laedere).

43 Per la quale si rinvia, per il momento, a ALPA, Gli incerti confini della responsabilità civile, in Resp. civ. prev., 2006, 1805; ID., La responsabilità civile tra solidarietà ed efficienza, in Riv. critic. Dir. priv., 2004, 195; ID., La responsabilità civile. Parte generale, Torino, 2010, spec. 155 ss, il quale ravvisa, a fondamento della suddetta evoluzione della responsabilità civile, l’attuazione di esigenze di giustizia correttiva; P. PERLINGIERI, Le funzioni della responsabilità civile, in Rass. Dir. civ., 2011, 1, 115, che ben evidenzia l’evoluzione della responsabilità civile sotto il profilo assiologico e, conseguentemente, funzionale; BUSNELLI, Deterrenza, responsabilità civile, fatto illecito e danni punitivi, in Eur. dir. priv., 2009, 909.

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riconducibili ad una condotta colposa, ma derivanti fisiologicamente da attività ritenute socialmente utili, ha comportato un radicale mutamento di prospettiva. Ne è derivata la bipartizione, nell’attuale codice civile, della responsabilità civile in due ambiti egualmente richiedenti la produzione di un danno da risarcire, ma da distinguersi a seconda che il pregiudizio discenda da un attributo della condotta del danneggiante (responsabilità per colpa), ovvero sia da ricondurre ad un diverso criterio di imputazione di carattere oggettivo (responsabilità oggettiva) 44.

Quest’ultima viene a configurare una autonomia categoria di responsabilità indipendente dal requisito della colpa e allo stesso non riconducibile, ma da riconnettere ad attività lecite inevitabilmente foriere di un rischio di danno45. L’autonomia assunta dalle ipotesi di responsabilità oggettiva, nella quale alcun rilievo può essere attribuito alla connotazione della condotta del danneggiante, ha comportato la naturale espunzione dell’idea della sanzione da tale area dell’extracontrattuale. Alle fattispecie oggettive si è, conseguentemente, attribuita una funzione distributiva46, connessa all’allocazione del danno in capo alla sfera giuridica cui sia più utile e ragionevole - sotto il profilo sociale oltre che economico - riversare la perdita.

Ma non è tutto. L’evoluzione della responsabilità civile in un’ottica funzionale si è verificata anche in relazione alle ipotesi di responsabilità per colpa. In tale contesto, infatti,

44 Ma sulla collocazione sistematica delle fattispecie di responsabilità “oggettiva” – e, più nel dettaglio, sul

rapporto tra ciascuna e la previsione di cui all’art. 2043 c.c. – non v’è uniformità di vedute: una prima impostazione, incline ad enfatizzare la portata generale dell’art. 2043 c.c., cui riconduce anche le fattispecie di cui agli artt. 2050-2054 c.c.; una seconda, per la quale gli artt. 2050-2054 c.c. enuncerebbero distinti criteri di imputazione della responsabilità, che, (in luogo della “colpa”), e in aggiunta agli altri elementi (diversi dalla colpa) di cui all’art. 2043 (danno ingiusto, rapporto di causalità) integrerebbero il giudizio di responsabilità. Il carattere generale della colpa di cui all’art. 2043 c.c., secondo tale ultima opinione, discenderebbe dal suo essere residuale, di talché “se non trova applicazione nessun altro criterio di imputazione della responsabilità, si applica quello fondato sulla colpa”. Così, FRANZONI, L’illecito, cit., 343 ss, cui si rinvia per gli opportuni riferimenti dottrinali; per un quadro delle diverse impostazioni ermeneutiche, si veda anche R. SCOGNAMIGLIO,Responsabilità civile, Noviss. DI, XV, Torino, 1968, 628; RODOTÀ,Il problema della responsabilità civile, Milano, 1967, 144 ss.

45 Su cui, diffusamente, P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, Milano, 1961; ID., La responsabilità civile: atti illeciti, rischio, danno, 2 ed., Milano, 2019, 25 ss.

46 Sulla diversa funzione della responsabilità oggettiva, rispetto a quella “per colpa”, si rinvia ancora a P.

TRIMARCHI,La responsabilità civile: atti illeciti, rischio, danno, cit., spec. 283 ss, il quale rimarca che,

accanto alla funzione (comune alle due ipotesi) della reintegrazione del patrimonio del danneggiato, quella oggettiva si caratterizza per la spiccata funzionalizzazione preventiva, mirando il relativo giudizio a costituire “pressione economica su chi ha organizzato l’attività rischiosa (per lo più: un imprenditore) così da indurre a che questa sia razionalizzata da un punto di vista economico generale”; ALPA, La responsabilità civile.

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la tradizionale primazia accordata alla antigiuridicità della condotta, nel giudizio di responsabilità, ha ceduto progressivamente il posto alla centralità del danno e della persona del danneggiato47.

Tale mutamento di prospettiva si è verificato in conseguenza della re-interpretazione della clausola generale di “ingiustizia” del danno ex art. 2043 c.c. Come noto, l’opinione precedente attribuiva il carattere di tipicità al concetto di danno ingiusto, riconducendolo alla c.d. teoria della fattispecie. La qualificazione di ingiustizia poteva essere affermata, di conseguenza, all’esito di un giudizio di conformità, volto a riscontrare nel caso concreto quegli elementi già analiticamente determinati e compiutamente decritti da una norma48. Il nuovo orientamento, di contro, interpreta l’ingiustizia del danno quale clausola generale idonea a conferire all’art. 2043 c.c. una struttura aperta. Ne discende l’impossibilità di identificare a priori le fattispecie protette, ma la necessità di individuare le stesse ex post, in via giudiziale, mediante il bilanciamento degli interessi in conflitto, in applicazione del principio di solidarietà costituzionalmente garantito (art. 2 Cost.)49.

La nuova impostazione determina, in via ulteriore, la lettura dell’art. 2043 c.c. non più quale norma secondaria, ovverosia di carattere sanzionatorio rispetto alla violazione di obblighi o doveri preesistenti e prestabiliti; la clausola generale diviene, invece, una norma primaria immediatamente attributiva della tutela aquiliana anche a beni prima non considerati dall’ordinamento giuridico50.

Il mutamento di prospettiva ha immediate conseguenze sul piano delle funzioni della responsabilità civile. Il tramonto della centralità della colpa, infatti, segna il declino della finalità sanzionatoria, in favore della valorizzazione di una prettamente compensativa. Così, il risarcimento, da sanzione di una condotta illecita, diviene meccanismo di reintegrazione del patrimonio del soggetto danneggiato, da quantificare sulla base dell’estensione del danno effettivamente residuato in capo a costui. Nessun peso può assumere, viceversa, il

47 RODOTÀ, ibidem; R. SCOGNAMIGLIO,ibidem.

48 Così, BARCELLONA,Trattato della responsabilità civile, Torino, 2011, 41.

49 RODOTÀ,Il problema, cit., 183 ss; GALGANO, Le mobili frontiere del danno ingiusto, in Contr. impr., 1985,

159 ss; BUSNELLI, Le nuove frontiere della responsabilità civile, in Riv. critic. Dir. priv., 1988, 469; CASTRONOVO, Le nobili frontiere della responsabilità civile, ivi, 1989, 539; SCHLESINGER, La “ingiustizia”

del danno nell’illecito civile, in Jus, 1960, 339; LIBERTINI, Le nuove frontiere del danno risarcibile, in Contr.

impr., 1989, 85; SACCO, L’ingiustizia del danno di cui all’art. 2043 c.c., in Foro pad., 1960, 1420.

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grado di antigiuridicità della condotta del danneggiante, che, da fondamento, diviene semmai il limite della responsabilità civile51.

3.- Le funzioni della responsabilità civile secondo l’interpretazione dottrinale

Sulla scorta dell’accennata evoluzione storica, possono comprendersi le ragioni per le quali, allo stato attuale, illustre dottrina opti per la ricostruzione della funzione della responsabilità civile in senso rigorosamente unitario.

Proprio il graduale affrancamento dell’illecito dall’idea della colpa e della sanzione, nonché la netta distinzione tratteggiata tra rimedi restitutori (preordinati a far fronte ad un arricchimento ingiustificato) e risarcimento aquiliano (funzionale a riparare una perdita), induce taluno52 ad attribuire a quest’ultimo una efficacia meramente compensativa.

La riflessione è condivisa da quanti53 assumono che assegnare molteplici funzioni alla responsabilità aquiliana comporterebbe una sovrapposizione concettuale tra funzione normativa e efficacia sociale54 delle regole. La responsabilità extracontrattuale avrebbe, secondo la dedotta ricostruzione, una funzione unicamente compensativa, espressione di un disegno risalente alla stessa costruzione del diritto moderno: quello di “preordinare la tutela aquiliana al ripristino (per equivalente) delle risorse là dove il mercato le aveva allocate ed alla surrogazione (sempre per equivalente) dei procedimenti appropriativi che il mercato avrebbe innescato” 55 . La funzione meramente compensativa della responsabilità conformerebbe in senso parimenti compensativo pure il risarcimento del danno, in ragione della logica circolare che presiede al rapporto tra selezione del problema e sanzione apprestata56.

51 SALVI,La responsabilità civile, in IUDICA-ZATTI (a cura di) Trattato di diritto privato, 3^ ed., Milano,

2019, 11.

52 CASTRONOVO,Responsabilità civile, Milano, 2018, spec. 18 ss. 53 BARCELLONA,Trattato, cit., spec. 895 ss.

54 Puntualizza - del tutto condivisibilmente - l’A. che può ben ritenersi che il legislatore nel predisporre una

regola abbia avuto presente che la sua introduzione avrebbe comportato un certo effetto sul comportamento sociale. Ma tale consapevolezza diviene ratio della regola introdotta solo allorché quest’esito abbia condizionato la sua veduta del problema che la regola viene deputata a risolvere, cioè solo quando si sia trasformata nel punto di vista a partire dal quale sono percepiti i problemi del mondo ed in relazione al quale sono strutturate le loro soluzioni giuridiche.

55 Ivi, 892.

56 Monofunzionale è anche l’impostazione di BIANCA, La responsabilità civile, cit., 556 ss, il quale respinge

tanto la c.d. “concezione etica” (per la quale la responsabilità sarebbe uno strumento di punizione del danneggiante), quanto quella c.d. “tecnicistica” (per la quale essa costituirebbe uno strumento di allocazione

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Tale ultimo aspetto non è condiviso da quella dottrina – collocata in una posizione, per così dire, intermedia – la quale propone una netta scissione, in termini funzionali, tra responsabilità e risarcimento, nonché tra risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale. Si osserva57 che, ferma restando la natura sempre compensativa del risarcimento del danno patrimoniale – in ragione della regola dell’equivalenza tra quantum liquidabile e pregiudizio sofferto – ciò non comporterebbe l’attribuzione di una natura soltanto reintegrativa anche al giudizio di responsabilità, ben potendo essere molteplici le ragioni sottese alla logica dell’imputazione58. Non si esclude, in tale ottica, che sia il risarcimento del danno non patrimoniale a poter perseguire funzioni differenti: da quella satisfattiva, fino a quella solidaristica o più propriamente punitiva, diversamente emergenti a seconda della tipologia di lesione di volta in volta rilevante59.

dei danni). Con più esplicito riferimento alla questione dei punitive damages, l’A. riafferma che “occorre ribadire che la funzione punitiva è estranea al diritto privato” (p. 140). Appare dubitare della funzione sanzionatoria della responsabilità civile anche LUCCHINI GUASTALLA, Il punto sui c.d danni punitivi: la

prospettiva civilistica, in PERFETTI (a cura di), Il punto sui così detti danni punitivi, Napoli, 2018,150, il quale rileva che “la logica sanzionatoria apparteneva ad un’epoca anteriore rispetto a quella attuale, che prevede una netta distinzione tra il diritto penale e la responsabilità civile” sicché, allo stato attuale, una finalità punitivo-deterrente risulterebbe semmai “posposta a quella compensativa-riparatoria”; ID., La

compatibilità dei danni punitivi con l'ordine pubblico alla luce della funzione sanzionatoria di alcune disposizioni normative processualcivilistiche, in Resp. civ. prev., 2016, 1474.

57 SALVI, La responsabilità civile, cit., 38 ss; in senso sostanzialmente analogo, FRANZONI, Il danno risarcibile, in Tratt. Della resp. civile, Milano, 628 ss.

58 Tale opinione, nella parte in cui scinde la funzione della responsabilità da quella del risarcimento, non

convince pienamente. Potrebbe obiettarsi che, essendo il risarcimento il rimedio tipico per la responsabilità extracontrattuale, l’eventuale caratterizzazione punitiva del primo ridonda nell’attribuzione di una funzione conseguentemente (e inevitabilmente) punitiva allo stesso giudizio di responsabilità latamente inteso; allo stesso modo, nel caso in cui uno dei parametri per l’imputazione della responsabilità risulti orientato in senso punitivo, è chiaro che il risarcimento, da mezzo per la compensazione del danno, assumerebbe i connotati di una sanzione avverso la condotta in rilievo. L’A., ad esempio, sostiene che la responsabilità (ma non il risarcimento) potrebbe assumere una connotazione punitiva nel caso degli illeciti di dolo o colpa grave: è tuttavia evidente che, nel caso in cui il giudizio di responsabilità dipendesse dalla particolare connotazione soggettiva della condotta antigiuridica, il risarcimento assumerebbe i connotati di rimedio atto non (solo) a compensare la perdita, ma a stigmatizzare la peculiare condotta. Se la “ragione per cui si attiva la tutela” ha una caratterizzazione sanzionatoria, in definitiva, a noi sembra che non può che partecipare della medesima funzione lo strumento di attuazione della tutela, e cioè il risarcimento del danno.

59 La funzione satisfattiva caratterizzerebbe particolarmente il danno biologico e il danno ai diritti della

personalità; l’elemento punitivo e preventivo sarebbero, invece, prevalenti nella responsabilità civile da reato, SALVI, La responsabilità civile, cit., 41 ss; Il danno extracontrattuale. Modelli e funzioni, Napoli, 1985; ID.,

Responsabilità extracontrattuale (Dir. Vig.), in Enc. dir., XXXIX, Milano, 1988, 1187 ss.; ID., Risarcimento

del danno, in Enc. dir., XL, Milano, 1989, in part. 1085; Il paradosso della responsabilità civile, in Riv. crit. dir. priv., 1983, 12.

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Non mancano, poi, opinioni che, sfruttando il contributo dell’analisi economica del diritto e spunti comparatistici, svelano la molteplicità delle funzioni caratterizzanti, in senso generale, la responsabilità civile60. In tale ottica, si afferma che la dimensione compensativa della responsabilità verrebbe a convivere con molteplici ulteriori funzioni, ciascuna delle quali, isolatamente intesa, sarebbe incapace di inquadrare esaustivamente l’istituto. Secondo una autorevole opinione61, in particolare, primaria funzione sarebbe quella organizzativa, consistente nel redistribuire tra determinati soggetti il costo delle rispettive attività, così da indurre un regolamento spontaneo. A tale funzione si aggiungerebbe quella punitiva laddove le peculiarità dell’illecito (quello intenzionale e quello preordinato all’arricchimento del responsabile in primis) non consentano alla mera traslazione del costo di disincentivare il comportamento antisociale. In tali casi una valutazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c., come richiamato dall’art. 2056 c.c., consentirebbe al giudice di valorizzare il grado di antigiuridicità della condotta o gli utili ritratti in misura maggiore del danno causato dal responsabile, così incentivando comportamenti efficienti62. Parzialmente dissimile è l’opinione di chi63, pur enumerando molteplici funzioni, ne evidenzia la stretta dipendenza dal periodo storico di riferimento, per sostenere che al momento attuale due sarebbero quelle prevalenti: compensazione delle vittime e deterrenza verso i responsabili dell’illecito, ovvero reintegrazione e prevenzione64.

Valorizzando una prospettiva assiologica – fondata sul sistema italo-europeo delle fonti – e sulla scorta del principio di differenziazione di cui al riformato art. 118 Cost.65, vi è, poi, chi enfatizza la coesistenza di una pluralità di funzioni (preventiva, compensativa, sanzionatoria, punitiva) della responsabilità, da cui discende la necessità di modulare il

60 ALPA,La responsabilità civile, in Tratt. dir. priv., IV, Milano, 1999; ID., La responsabilità civile, Torino,

2018, 41 ss; MONATERI,La responsabilità civile, in Tratt. dir. civ., III, Torino, 1998; ID., La responsabilità

civile, Torino, 2006; TRIMARCHI,Rischio e responsabilità oggettiva, Milano, 1961.

61 MONATERI,ARNONE,CALCAGNO,Il dolo, la colpa, e i risarcimenti aggravati dalla condotta, in MONATERI

(diretto da) Tratt. resp. civ., Torino, 2014, spec. 33 ss.

62 Tra tutti, è imprescindibile il richiamo a CALABRESI,Costo degli incidenti e responsabilità civile. Analisi economico-giuridica, Milano, 2015.

63 ALPA,La responsabilità civile. Parte generale, cit. 159 ss.

64 TRIMARCHI,La responsabilità civile: atti illeciti, rischio, danno, cit., spec. 4 ss.; e, con più specifico

riferimento alla (in)opportunità di una funzione anche sanzionatoria della responsabilità civile, ID.,

Responsabilità civile punitiva?, in Riv. dir. civ., 2020, 4, 687 ss.

65 Sul quale si veda anche CARUSI, Principio di differenziazione e categorie giuridiche (l’Unione europea, l’eguaglianza, il paradigma della legge), in Rass. Dir. civ., 2010, 713.

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rimedio sulla specificità del caso concreto, e, più nel dettaglio, sulla tipologia della lesione e il rango dell’interesse in rilievo66.

4.- Le funzioni della responsabilità civile nella applicazione giurisprudenziale

A fronte di un panorama dottrinale variegato, sino a tempi recentissimi non era dato rinvenire analoghe aperture anche in giurisprudenza. Salve sporadiche eccezioni, invero, le Corti sono state a lungo arroccate nella interpretazione tradizionale, volta ad attribuire alla responsabilità civile una funzione esclusivamente compensativa.

Il principio si trova espresso in molteplici e rilevanti pronunce, anche relative a vicende di carattere internazionalprivatistico.

Si considerino, anzitutto, le note Sezioni Unite di San Martino67, che, nell’affermare il principio di unità e onnicomprensività del risarcimento del danno non patrimoniale, escludevano l’autonoma risarcibilità del danno morale ed esistenziale, proprio per la necessità di scongiurare duplicazioni risarcitorie e assicurare la esclusiva caratterizzazione compensativa della responsabilità civile.

Ma si pensi, nel medesimo senso, anche alle Sezioni Unite n. 15350/201568. Nel negare la risarcibilità al danno c.d. tanatologico, la Corte poneva l’accento – tra le altre motivazioni – proprio sulla circostanza che “la progressiva autonomia della disciplina della responsabilità civile da quella penale (avesse) comportato l’obliterazione della funzione sanzionatoria e di deterrenza e l’affermarsi della funzione reintegratoria e riparatoria”; di talché, nel caso in cui all’illecito consegua la morte immediata, non potendosi ravvisare alcun danno conseguenza (il quale postula che sia identificabile un soggetto che abbia la capacità di acquistare il diritto), non potrebbe darsi nessuna somma a titolo di risarcimento. Una diversa soluzione avrebbe infatti comportato l’attribuzione al rimedio della finalità,

66 P.PERLINGIERI, Le funzioni della responsabilità civile, cit., 123 ss., ma si veda infra per il richiamo di

ulteriori riferimenti bibliografici; nello stesso senso, QUARTA, Risarcimento e sanzione nell’illecito civile, Napoli, 2013; MALOMO, Responsabilità civile e funzione punitiva, Napoli, 2017; LASSO, Riparazione e

punizione nella responsabilità civile, Napoli, 2018; GRONDONA, La responsabilità civile tra libertà

individuale e responsabilità sociale, Napoli, 2018.

67 Cass. sez. un., 11.11.2008 nn. 26972 – 26975, in Giur. it., 2009, 10, 2196, con nota di ANGIULI; in Danno e resp., 2009, 1, 19, con nota di PROCIDA,MIRABELLI,DI LAURO eLANDINI; in Riv. dir. civ., 2009, 1, 2, 97, con nota di BUSNELLI; in NGCC, 2009, 2, 102, con nota di BARGELLI -DI MARZIO; in Fam. dir., 2009, 2, 113, con nota di FACCI.

68 Cass. sez. un. 22.7.2015, n. 15350, in NGCC, 2015, I, 1008, con note di D’ACUNTO,FOFFA e PUCELLA; Foro it., 2015, I, 2690; Dir. fam. e pers., 2015, I, 1287.

Riferimenti

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