UNA NUOVA LEGGE SPECIALE PER VENEZIA
5. CITTA’ METROPOLITANA: GESTIONE UNITARIA E AUTONOMIA COMUNALE
L’istituzione della Città Metropolitana contempla la possibilità di ridefinizione dei confini comunali al suo interno, quindi nel caso specifico di Venezia, potrebbe riaprire la discussione sull’autonomia amministrativa della città lagunare e una più razionale gestione dedicata alla realtà lagunare e alla sua tanto ripetuta e riconosciuta “specificità”.
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A sua volta, la terraferma troverebbe indubbi vantaggi nel creare una propria amministrazione comunale rivolta ai suoi particolari problemi e più vicina alle legittime istanze della sua sempre più numerosa popolazione.
Le funzioni attribuite al nuovo ente Città Metropolitana potrebbero far venir meno i motivi tecnici che fin qui sono stati posti come ostacolo alla separazione comunale di Venezia e terraferma.
Infatti, la città metropolitana permetterebbe di:
- governare separatamente i servizi tipicamente di carattere locale, come l’assistenza sociale,
la politica della residenzialità, la regolamentazione dell’offerta turistica e delle attività commerciali, la raccolta dei rifiuti, gli eventi culturali, la difesa dell’artigianato e delle attività tipiche ecc. lasciando a ogni Comune la gestione di tali politiche. Tali servizi devono essere gestiti in relazione a un territorio che presenta caratteristiche fisiche e socio- economiche omogenee, quindi omogenee problematiche e alle quali rispondere con specifiche modalità di erogazione dei servizi;
- governare in maniera unitaria gli aspetti che interessano il territorio lagunare e dell’entroterra limitrofo, dove esistono i principali terminal e nodi infrastrutturali che si rivelano essenziali anche per la Venezia lagunare. Quindi, l’ente metropolitano dovrà detenere la gestione nei settori dell’ambiente, del territorio, delle infrastrutture, dei trasporti e delle politiche macro-economiche. Il tutto con competenze ben separate da quelle dei Comuni interni al territorio metropolitano, e non sovrapponibili.
Per questi e altri motivi la Città Metropolitana appare il perfetto punto d’equilibrio tra le esigenze di autogoverno che le numerose realtà territoriali componenti l’attuale Comune di Venezia manifestano sempre più chiaramente e quelle di coordinamento e interconnessione tra queste realtà stesse e il territorio circostante per quanto riguarda le questioni d’interesse comune. Pertanto, è auspicabile che l'amministrazione comunale veneziana, in accordo con la Provincia di Venezia e la Regione Veneto, si attivi per sfruttare l’opportunità normativa e istituire una Città Metropolitana di Venezia in base a criteri che assicurino una delimitazione territoriale coerente con il dettato di legge, ovvero comprendendo i comuni che risultano maggiormente interconnessi e che necessitano di un governo comune nelle materie affidate al nuovo ente.
La Città Metropolitana di Venezia “ideale” dovrebbe essere quindi costituita da tutti quei comuni che si affacciano sulla laguna di Venezia, da Jesolo a Chioggia, con Venezia come centro geografico, politico e amministrativo, e da quei comuni limitrofi che pur non avendo uno sbocco sul mare mantengono con i comuni lagunari stretti rapporti, interscambi e
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legami socioeconomici, ovvero i comuni della prima cintura urbana di Mestre; la ridefinizione dei comuni metropolitani, con la creazione dei comuni autonomi di Venezia, Mestre e Marghera; il ruolo centrale di Venezia comune capoluogo, che deve essere tutelato esplicitamente nell’ambito dello statuto della Città Metropolitana, nel quale dovrebbero essere previste norme specifiche per tutelare il ruolo di centro politico ed economico della città storica, puntando al ritorno e alla creazione di sedi di enti e aziende pubblici nella città storica. In tal modo nuove e diverse opportunità di lavoro potrebbero sorgere nella città lagunare, così da superare gradualmente il problema della monocultura turistica e della mancanza di impieghi alternativi.
La Città Metropolitana “de facto”, ovvero dei servizi appare una via probabilmente più breve e agevole, evitando complessi passaggi legislativi e burocratici, per raggiungere una Città Metropolitana non più “istituzionale” ma quantomeno un’entità organizzata simile alla prima nei fatti. In questo caso non sarebbe necessaria l'abolizione della Provincia, né una legge costitutiva, ma una reale volontà di coordinamento tra le città tra loro confinanti in un territorio caratterizzato da elementi comuni (l'acqua, nel caso di tutti i comuni che si affacciano sulla laguna di Venezia) e che vogliono far parte di un sistema integrato per la gestione dei servizi pubblici e della difesa e salvaguardia dell'ambiente. Il che dovrà esser realizzato tramite la costituzione di consorzi.
Una Città Metropolitana consortile quindi, dei servizi, la quale chiaramente non essendo “istituzione” non avrebbe tutte le competenze della Città Metropolitana “De Iure” ma potrebbe agire efficacemente per il mantenimento di quell'interconessione tra comuni che appare necessaria soprattutto nel campo dei trasporti.
Con la creazione di consorzi per la gestione unitaria dei servizi d'interesse comune, sul modello di molti altri comuni e province italiani, si avrebbe un'importante rete gestionale in cui far rientrare oltre ai nuovi comuni autonomi di Venezia, Mestre e Marghera, anche il Cavallino e tutti quei comuni che si affacciano sulla Laguna, più quelli confinanti e collegati ai comuni lagunari da strette interrelazioni (gli stessi che abbiamo citato per la Città metropoliatana ”de iure”).
Ad esempio Actv diverrebbe un'azienda partecipata dai diversi comuni uniti in consorzio per la sua gestione. Allo stesso modo potrebbe venire rafforzata la copertura inter-comunale dei servizi relativi al rifornimento dell'acqua, alla raccolta e smaltimento dei rifiuti ecc. In più consorzi per gli acquisti relativi ai diversi servizi comunali, come asili nido, strutture di assistenza sociale, ecc. con evidente risparmio sui costi derivanti dal miglior prezzo legato a maggiori quantità acquistate.
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Occorre dare uniformità di competenza e gestione di diversi ambiti, individuando un unico Ente o Autorità di riferimento oppure, in subordine affidandone il coordinamento al Comune di Venezia.
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CONCLUSIONI
Il mio auspicio è quello di essere riuscita a fornire un inquadramento sufficientemente esaustivo delle principali fonti legislative esistenti per la salvaguardia di Venezia.
Il percorso prescelto ha cercato di esemplificare le principali problematiche incontrate a partire dalla L.n. 171/73 ad oggi, in un quadro complesso e assolutamente particolare, come quello della laguna, un ecosistema unico al mondo, il cui territorio appartiene oggi a nove comuni (Venezia, Chioggia, Campagna Lupia, Mira, quarto D’altino, Codevigo, Jesolo, musile e, oggi Cavallino), ma le cui vicende sono strettamente dipendenti dall’evoluzione di un bacino che, a sua volta, ne comprende centodieci, appartenenti a ben quattro province ( Venezia, Padova, Treviso e Vicenza).
L’iter di questo studio ha voluto mettere in evidenza la necessità di un assetto di un governo unitario nuovo che tuteli la Laguna di Venezia, conferendole l’importanza che merita.
Come abbiamo potuto riscontrare, la decisione di strutturare la disciplina per la salvaguardia di Venezia attraverso il concorso delle competenze dello Stato, Regione e degli enti locali, in origine volta a suggellare l’importanza, o meglio, la preminenza dell’interesse nazionale della tutela di Venezia, si è dimostrata troppo macchinosa. Ho enucleato, attraverso la disamina dei successivi testi di legge, la volontà del legislatore di superare la frammentarietà del sistema attraverso espedienti volti a ridurre la segmentazione della disciplina normativa.
Emergono da qui le difficoltà, addirittura interpretative, della disciplina giuridica degli strumenti operativi della legge; significativo al proposito è il caso della Commissione di salvaguardia, tornata in vita dopo essere stata arbitrariamente pretermessa dal Comune di Venezia. Vengono in luce le polemiche, gli errori e ancora gli interessi politici che hanno condizionato e condizionano fortemente lo sviluppo della salvaguardia di Venezia. La problematicità dell’istituto della concessione unitaria fa emergere chiaramente i contrasti giuridici con la normativa nazionale ed europea. Attraverso una serie di passaggi e di atti amministrativi a questo pool di imprese è stato affidato uno straordinario e inusitato insieme di compiti: è il concessionario esclusivo per lo Stato per lo studio, la sperimentazione, la progettazione e l’esecuzione delle opere necessarie per la salvaguardia della Laguna, tutte finanziate con fondi pubblici. Le risorse di straordinaria entità messe a disposizione di questo monstrum istituzionale sono tali che esso ha avuto la possibilità di esercitare un vero monopolio sulla ricerca e sulla promozione delle soluzioni volta a volta proposte.
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I tentativi di far valere, di fronte ai tribunali internazionali, l’anomalia di un affidamento così ampio di compiti senza alcun ricorso a procedure concorsuali (e quindi al di fuori delle norme di tutela della concorrenza) sono state abilmente eluse. Italia Nostra aveva presentato (luglio 1998) un ricorso alla Commissione europea che accolto e causa di apertura di una procedura di infrazione alle direttive europee nei confronti del governo italiano.
Tuttavia, dopo una fase interlocutoria, la Commissione europea sceglieva di dare una soluzione politica alla questione, e con un compromesso ha chiuso la procedura. Pur riconoscendo la difficoltà della questione e ammettendo di non avere raggiunto certezze in materia, ha cercato di risolvere la illegittimità con una soluzione cucita ‘al filo bianco’. Si decideva che il Consorzio si impegnava a dare in subappalto una parte dei futuri lavori, tramite gara pubblica organizzata dal Consorzio stesso.
Il sistema MO.s.e è lo specchio delle problematiche inerenti al sistema che “funziona” con difficoltà.
I lavori alle bocche di porto (Mo.S.E) sono stati lasciati alla piena gestione del Consorzio Venezia Nuova, che continua ad essere il concessionario degli interventi più delicati e più discussi per la salvaguardia della Laguna.
Di fatto, si è creato in Laguna un potere, più forte di tutti quelli presenti nell’area, nell’ambito del quale la missione degli attori più rilevanti (la totalità dei membri del Consorzio) è quella di aumentare il volume degli affari, quindi la qualità delle opere da realizzare e dei materiali da impiegare (acciaio, ferro, cemento).
È ben difficile che, in un simile quadro, l’opera del Consorzio possa ispirarsi a quei saperi, a quelle procedure tecniche, a quel saggio equilbrio di sperimentazione, gradualità, reversibilità che secoli di saggezza amministrativa avevano distillato e che la politica italiana (in una sua fase certo non eccelsa, ma infinitamente più alta di quella attuale) aveva compreso e adottato. E' necessario un nuovo patto solidale tra generazioni con il mantenimento e potenziamento delle strutture del sapere (università, istituti di ricerca innovativa e produzione culturale), coinvolgendole maggiormente nello studio del proprio territorio comprensoriale, di mio personale auspicio metropolitano, della sua cultura e della sua storia culturale per ricercare quelle specificità che sono state in passato gli elementi generatori del miracolo Venezia alla cui base l’ecosistema lagunare ha rappresentato il bene comune fondante che, come tale, è stato protetto e governato nelle sue secolari trasformazioni.
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Per tutti, qui ed ora, questo bene comune deve continuare ad essere fondante ed ogni trasformazione non può non misurarsi con l’obiettivo di conservazione e di innovazione compatibile. Venezia deve essere anche città per i giovani ed i bambini con opportuni servizi scolastici e culturali: luoghi di aggregazione (non solo di consumo) in spazi (spesso ora dismessi) per il gioco, la musica, il teatro e i concerti e, in genere, le attività autoprodotte. Con la dismissione virtuosa del porto a Santa Marta, spazi preziosi ad hoc si liberano. Di fatto va bloccata ed invertita la politica di dismissioni e alienazioni di beni ed immobili preziosi per la collettività e la storia della città che non può continuare a essere comperata dai Benetton, Prada, Pinaud. La democrazia partecipata da esigenza è divenuta una necessità: le decisioni importanti sulle scelte amministrative - soprattutto quelle problematiche - devono prevedere procedure informative fin dall'inizio e di consultazione popolare prima delle decisioni amministrative finali, con trasparenti valutazioni di soluzioni alternative di confronto come, del resto, prevedono anche le leggi (VAS strategica e varie leggi sulla partecipazione).
Sono diverse le proposte di riforma ma tutte accomunate dal medesimo obiettivo di rilancio del precedente sistema normativo ponendo al centro delle questioni dibattute il problema della laguna e la volontà di scardinare la gerarchia cristallizzata nel vertice dello Stato portando il potere più vicino a chi vive la città, nella speranza di una migliore dialettica che renda meno difficile la gestione della città.