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PRINCIPALI ASPETTI CRITICI DEL MOSE

Funzionamento delle paratoie

3. PRINCIPALI ASPETTI CRITICI DEL MOSE

Vi è un ampio dibattito sulla reale rispondenza delle caratteristiche tecniche del MOSE ai requisiti richiesti dalla Legge Speciale per la salvaguardia di Venezia. In partcolare, si discute sulla rispondenza dell’opera ai criteri di gradualità, sperimentalità e reversibilità. Al proposito, occorre esaminare alcuni dei principali aspetti critici del principio di funzionamento e della architettura di sistema adottati nel progetto MoSE.

Si discute innanzitutto dell’ architettura del MoSE la quale non pare modificabile durante tutta la sua vita operativa (prevista in 100 anni) e si deve pertanto considerare come irreversibile.Infatti, il progetto Mo.S.E si basa su un sistema di paratoie mobili costituite da strutture scatolari in acciaio incernierate su strutture modulari di fondazione in cemento armato, interrate nel fondo dei canali delle bocche di porto.

Secondo il progetto, le paratoie in condizioni di riposo, sono completamente zavorrate al fondo laguanare. All’occorrenza vengono svuotate dall’acqua di zavorra mediante l’immissione di aria e fatte emergere a formare una barriera continua per ogni bocca di porto, realizzando così la chiusura del bacino lagunare.

Le operazioni di apertura e chiusura delle paratoie avvengono contro corrente rispetto alla marea entrante ed uscente, rispettivamente. L’equilibrio al battente idrostatico dovuto al dislivello di marea è assicurato solamente dalla spinta di galleggiamento realizzata dall’aria immessa.

E’ stato osservato che l’opera necessita di un monitoraggio costante non sempre realizzabile (della quantità dell’aria immessa in funzione della sua posizione, del dislivello di marea e della corrente nella bocca, a seconda delle diverse fasi di manovra e di operazione).Tutta l’energia necessaria per equilibrare l’azione della marea entrante deve essere quindi fornita attivamente, sotto forma di aria compressa, dall’impianto di azionamento e il mantenimento dell’assetto della paratoia che può contrastare la pressione (variabile) della marea deve essere garantito modulando opportunamente nel tempo la spinta di galleggiamento della paratoia. Emerge la necessità di un controllo attivo costante.

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In assenza o in caso di malfunzionamento del monitoraggio, il sistema MoSE non può funzionare: affonda all’aumentare del livello della marea o si puo rovesciare al suo diminuire175.

Quando attivate, le paratoie inducono un’inversione del carico (trazione verso l’alto) sulle cerniere di collegamento con la struttura di fondazione. Le cerniere devono pertanto essere vincolate a tali strutture per mezzo di connettori meccanici sconnettibili176 con azionamento

remoto, necessari per consentirne lo sblocco e permettere il recupero delle paratoie per le normali operazioni di manutenzione.

Riguardo ai connettori essi risultano parzialmente sperimentati e l’assenza di una certificazione di tali componenti innovativi comporta una reale incertezza sulla stessa fattibilità dell’opera nel suo complesso.

L’introduzione delle modifiche richieste per poter smontare la parte femmina del connettore, avra sicuramente un impatto determinante sulla configurazione del connettore e delle basi di fondazione indicate nel cosiddetto “progetto definitivo” che pertanto, allo stato attuale, non puo considerarsi tale177.

La necessità di un controllo dinamico attivo ed in tempo reale della quantita d’aria immessa e la ingente quantità d’aria necessaria (alcune migliaia di metri cubi per ogni paratoia), impongono di collocare le valvole di controllo in prossimita delle singole paratoie, dove devono essere collocati anche i dispositivi di azionamento dei connettori.

Al fine di assicurare la funzionalità ed affidabilità nel tempo, sono necessari, come e prassi nelle realizzazioni di grande importanza tecnica ed economica quale quella qui considerata, degli esaurienti programmi di sviluppo, sperimentazione e collaudo di accettazione nelle reali condizioni di dimensionamento, carico ed esercizio.

Altre critiche vengono mosse all’assenza di metodi, attrezzature ausiliarie e interfacce sui moduli di fondazione per riparare danni maggiori che si dovessero produrre sui connettori in caso di eventi accidentali, con il rischio che un simile evento possa rendere inutilizzabile lo sbarramento per tempi non definiti.

La scelta tecnologica di utilizzare impianti basati su componenti di superficie ha imposto di alloggiare gli stessi in locali stagni a pressione atmosferica, posti nelle strutture subacquee di fondazione, immediatamente vicino alle sedi dei connettori, e di prevedere quindi tunnels per collegarli alle opere di spalla, per consentire l’accesso di operatori nelle fasi di

175Per questi motivi, ad esempio, sono state previste strutture a collasso predeterminato, che in caso di ribaltamento delle paratoie, si

devono rompere per evitare danni irreparabili alle paratoie e alle strutture di fondazione.

176 Tali connettori sono elementi innovativi nella tecnica, critici e vitali per il sistema e devono essere dimensionati per le piu gravose

condizioni operative, oltre a dover essere mantenuti in perfetta efficienza per tutta la vita delle opere.

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costruzione ed esercizio. Questa necessità condiziona negativamente e pesantemente la configurazione del sistema.

La relazione Tecnica del Comune di Venezia “Aspetti critici strutturali del Mo.S.E” conferma quanto esaminato. In particolare:

- Riguardo alla criticità dei tunnels178 alloggiati nei cassoni di fondazione, (che contengono

gli impianti vitali del sistema), che rendono la struttura di fondazione dello sbarramento (costruita con piu elementi modulari contigui collegati alle opere di spalla) un sistema completamente integrato (sia strutturalmente che funzionalmente e che e praticamente irrecuperabile senza essere distrutto) non sono ritenuti idonei a sostenere carichi come quelli di una marea eccezionale179 e l’allagamento dei tunnels180 può portare alla perdita

dello sbarramento per tempi non definibili. L’opera non puo’ quindi soddisfare i requisiti di gradualita, sperimentalita e reversibilita imposti dalla legge speciale.

- Per garantire la presenza di un ambiente a pressione atmosferica nei locali sottomarini ed evitarne l’allagamento, e necessario che tra i singoli cassoni di fondazione, in corrispondenza dei tunnels, vi siano delle giunzioni elastiche di tenuta, la cui integrita funzionale (tuttavia mai dimostrata per una durata pari alla vita dell’opera) e condizionata dai massimi cedimenti differenziali tra i cassoni contigui, dovuti ad assestamenti del fondale su cui insistono: questa limitazione impone la necessita di stabilizzare il terreno di fondazione con l’infissione di un grandissimo numero di pali di consolidamento (12000), con la relativa perturbazione degli equilibri geologici degli strati profondi del sottosuolo. - Riguardo alla presenza di gas pericolosi nei tunnel181, il possibile ingresso di gas dal

sottosuolo presenti nell’area (metano, anidride solforosa, ecc.), richiede nei tunnels la predisposizione di potenti impianti di condizionamento e riciclo d’aria ed una complessa architettura dei sistemi per preservare la sicurezza degli operatori (porte antifiamma, vie di fuga…), con evidente impatto sulle condizioni di esercizio degli impianti stessi e sulle procedure operative.Si tartta di un ulteriore svantaggio potenziale sede di pericolo.

La dimensione, la complessità e la criticità degli impianti di azionamento associate alle gravose condizioni ambientali di installazione, impongono, per poter assicurare una adeguata affidabilità di sistema, l’adozione di un'estesa duplicazione e ridondanza degli impianti e componenti con un ovvio gravoso impatto sui costi e tempi di costruzione, gestione e manutenzione e sulla criticità delle procedure di impiego, esaltando la possibilità di errori umani in tutte le fasi operative.

178 Punto 3 relazione tecnica del Comune di Venezia

179 Si parla di migliaia di tonnellate per cassone concentrate in corrispondenza della sede dei connettori

180 La possibilità di allagamento dei tunnels, in relazione alla grande quantità di penetrazioni, attraverso le pareti in cemento armato da

rotture di tubazioni, connettori meccanici, cavi dei sensori..., o dovuto a fessurazioni determinate da eventi accidentali od usura.

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Ciò comporta gravosi problemi di notevole risonanza che richiedono il sovradimensionamento delle strutture e dei componenti meccanici ed impongono procedure molto sofisticate per il passaggio dai dati misurati sul modello in scala ai i valori di progetto per il sistema al vero, tecnicamente detto:passaggio vasca-mare.

Non c’e evidenza, nel cosiddetto “Progetto Definitivo”, che questo essenziale aspetto di analisi sia stato considerato e tali procedure eseguite; in esso anzi questi evidenti fenomeni di risonanza, evidenziati tra l’altro dalla commissione di esperti internazionali, sono esplicitamente ed erroneamente dichiarati come non influenti.

Le dimensioni delle paratoie, dei moduli di fondazione che devono alloggiare i tunnels ed i locali a pressione ed ambiente atmosferico, e delle opere di spalla, unitamente alle dimensioni dei moduli degli impianti di azionamento ed ausiliari, determinano un pesantissimo impatto ambientale relativo all’entita dei volumi di dragaggio necessari alla collocazione sotto il fondale degli sbarramenti ed all’estensione delle colmate necessarie a contenere i moduli di servizio. La scelta di realizzare i cantieri di prefabbricazione dei cassoni di fondazione e delle opere di spalla in aree dei lidi prossime alle bocche di porto, comporta la distruzione di aree naturalistiche per tempi prolungati, il cui ripristino, ove venisse effettivamente portato a termine, avra costi anche superiori a quelli di realizzazione. L’opera deve essere quindi dimensionata per le condizioni ambientali estreme prevedibili in tale spazio temporale: la sua validità è, in particolare, condizionata dalla correttezza delle previsioni assunte per l’aumento del livello del mare dovuto a fenomeni di eustatismo e “global warming” in tempi cosi lunghi.

L’inclusione di tali effetti a lungo termine nelle premesse di progetto ne rendono comunque ulteriormente gravoso il dimensionamento, inoltre la sua irreversibilità, qualora si verificasse un innalzamento del livello medio mare, comporterebbe, a parità di statistica di marea, un numero e una durata delle chiusure delle bocche di porto notevolmente superiore a quello iniziale con un impatto disastroso sulle attività portuali come dimostrato da simulazioni fatte da esperti del CNR.

Si aggiunge alle critiche ormai consolidate nel tempo un breve riferimento al secondo intervento dell'Europa per sanzionare l'Italia sul progetto del Mose.

Dopo aver spedito nel gennaio 2006 una lettera di messa in mora del nostro paese, prima tappa formale della procedura di infrazione, la Commissione europea ha riscritto al governo di Roma chiedendo di fornirle, entro un mese, nuove informazioni sul progetto in costruzione per contrastare il secolare fenomeno delle acque alte nella laguna.

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Una missiva che nasce dall'insufficiente documentazione presentata dall'Italia, ma volta al contempo ad evitare il secondo stadio della procedura di infrazione, ovvero l'invio del parere motivato che prelude al deferimento alla Corte di Giustizia.

L''Europa poneva la necessità di una spiegazione esauriente in merito all'impatto ambientale che le dighe mobili avranno sull'area lagunare della città dei Dogi. L’iniziativa182

non mirava a fermare il Mose, ma a precisarne l'impatto ambientale.

La Commissione intimava al Governo di fornirle, entro un mese, nuove informazioni, non considerando sufficienti quelle già ottenute. Il progetto, interessava "diversi siti protetti dalla rete Natura 2000 e secondo la direttiva Ue sugli uccelli selvatici".

Il commissario dell'Ambiente Stavros Dimas sospettava che l'Italia non avesse completamente salvaguardato il patrimonio ecologico delle aree che accoglievano i cantieri preposti alla realizzazione del Mose, un patrimonio di interesse comunitario che rischiava di venire intaccato dalle dighe mobili che avrebbero dovuto difendere la fascia veneta esposta all'alta marea.

Una azione, quella europea, che veniva accolta con soddisfazione dall'amministrazione di Venezia. Dopo aver espresso la volontà di incontrare lo stesso Commissario all'Ambiente Stavros Dimas, il primo cittadino si diceva convinto del fatto che ormai esistesse una diffusa consapevolezza, anche Oltralpe, dell'impatto ambientale negativo che il progetto avrebbe avuto sulla laguna, un potere distruttivo non riducibile "alla salvezza di qualche uccellino", bensì vera e propria “alterazione irreversibile di interi habitat protetti dalle normative locali, nazionali ed europee”.

Del resto, più di dodicimila cittadini si rendevano protagonisti di una petizione indirizzata al parlamento europeo con cui esplicitavano le ragioni ambientali, paesaggistiche e urbanistiche della loro contrarietà. Una iniziativa che veniva presa sul serio da Bruxelles, che a fine febbraio convocava un'audizione per ascoltare le loro obiezioni e per esaminare il dossier; mentre a metà maggio inviava un gruppo di ispettori della Commissione Ambiente a visitare i cantieri. A seguito di questo, l'Europa provvedeva a indirizzare la prima lettera di infrazione invitando l'Italia a fornire maggiori informazioni soprattutto sullo studio dell'impatto ambientale, secondo Bruxelles non ancora realizzato.

L’eurodeputato del Prc, Roberto Musacchio183 spiegava perché il sistema del Mose doveva

lasciare spazio ad altri interventi, più compatibili con l'ambiente e più efficaci.

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ha spiegato Lena Reuterberger, portavoce del commissario all'Ambiente

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"Il Mose", sosteneva Musacchio, "è stato concepito rispondendo ad una loggia antiquata che lo rende poco incisivo e deleterio per l'ambiente, come testimonia una cospicua letteratura tecnico-scientifica in materia". "Al contrario", proseguiva, "come sostenuto anche dai comitati locali che lo contrastano, sarebbe più opportuno pensare ad operazioni diverse, rispettose dell'habitat ma capaci allo stesso tempo di incidere realmente sul problema”

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Tra queste ipotesi alternative, la migliore consisteva in "una ridefinizione del porto della laguna, attraverso il superamento di quelle opere che nell'ultimo secolo sono state realizzate e che hanno impedito lo scorrimento delle acque". Sulla lettera europea e sulla possibilità che si potesse bloccare la realizzazione del Mose, Musacchio si diceva ottimista184 perché

"finché non si procede alla costruzione delle paratoie e finché l'Europa continua a puntare il suo faro di attenzione sul progetto e sull' impatto ambientale che esso potrebbe avere, è ancora possibile sperare che il governo riveda la sua posizione e si proceda a scelta alternative".

Successsivamente, nel 2009, l'Italia adottava le misure di rimedio all'infrazione, misure che per la Commissione "appaiono adeguate dal punto di vista tecnico". Bruxelles continuerà a monitorare con costanza gli adeguamenti.

Il provvedimento di archiviazione di Bruxelles è di particolare rilievo perché consentiva di sbloccare il finanziamento assegnato dalla Bei al progetto Mose per un miliardo e mezzo di euro la cui erogazione era legata proprio alla chiusura del dossier da parte della Commissione.