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Civitali, Piaggia e i sussulti di fine secolo

Alessandro Breccia

6. Civitali, Piaggia e i sussulti di fine secolo

Quella apertasi nel 1884-1885 fu una breve parentesi per la storia amministrativa della città di Lucca. Alle elezioni locali del 1888 i clericali intransigenti avrebbero riconquistato il predominio nell’au- la consiliare, avvalendosi di un’alleanza con i liberali del «Comitato elettorale della campagna e del suburbio», gruppo del quale facevano parte alcune personalità della tradizione liberal-progressista locale. La «clerico-progresseria», come la definivano gli avversari, avrebbe guidato il Comune affidando la poltrona di sindaco ad Enrico Del Carlo che, vista la sua consolidata esperienza istituzionale, forniva alcune rassicurazioni ai rappresentanti del potere regio. Ancora una volta, tuttavia, i progetti di nuovi monumenti misero in risalto il 59 Cfr. gli articoli ospitati da «Il Progresso», X, 1885, 38.

60 Per un’analisi particolareggiata della giornata del 20 settembre 1885 si veda Micheletti, Il monumento cit., pp. 137-140.

portato conflittuale degli orientamenti clerical-aristocratici. Come accaduto in passato, nel momento di massima tensione le posizio- ni dell’ente comunale sarebbero giunte a causare un vero e proprio conflitto tra istituzioni dello Stato, con l’intervento della prefettura a invalidare le decisioni del Comune.

Figura 7. Urbano Lucchesi, Monumento a Benedetto Cairoli, Lucca, 1893

La relativa tregua sperimentata in occasione della collocazione – nel 1889 e nel 1890 – dei monumenti a Garibaldi e Mazzini, che secondo «Il Progresso» dovevano ora comporre insieme a Vittorio Emanuele un’ideale triade pacificatrice in presidio dello status quo61, si rivelò passeggera. Nel 1893, infatti, furono proprio le inaugura- zioni di due sculture pubbliche di segno differente a catalizzare i contrasti politici. Il mese di settembre, tripudio della ‘sacralità luc- chese’ per i festeggiamenti del Volto Santo, ospitò – come spesso 61 Cfr. Inaugurazione del monumento a Giuseppe Garibaldi, «Il Progresso», XIV, 1889, 38, p. 1. Sul monumento in onore di Garibaldi si veda anche L. Luciani, L’Eroe di pietra. La statua di Garibaldi a Lucca, «Camicia Rossa», XXVI, 2006, 2, pp. 17-19, su quello per Mazzini R. Pizzi, Mazzini e Lucca, «Actum Luce», XXXV, 2006, 1, pp. 160-172.

si era verificato in precedenza – le cerimonie inaugurali. In pochi giorni la città accolse la statua in bronzo di Matteo Civitali sotto la loggia di Palazzo pretorio, seguita – il giorno della presa di Roma – dal busto in memoria di Benedetto Cairoli, posto sul baluardo della Libertà (fig. 7).

L’onoranza per Civitali ebbe una storia ben distinta rispetto alle imprese monumentali sin qui ricordate. Il grado di coinvolgimento della società cittadina fu assai più ampio, mentre il Comune si fece su- bito efficace sostenitore, anche dal punto finanziario, dell’opera, colla- borando con il comitato promotore. Il patriziato scelse di partecipare attivamente, basti rammentare che il presidente del comitato era il marchese Giacomo Sardini, giungendo sino ad aprire i propri palazzi il giorno dell’inaugurazione per esibire le più importanti collezioni private di opere d’arte. Nella città, agghindata a festa per l’apoteosi del genio lucchese, andava in scena la Manon Lescaut di Puccini, ma si trovava pure spazio per l’esposizione al pubblico, da parte del pittore Luigi Norfini, di un ritratto equestre di Umberto I62. La definitiva consacrazione di Civitali, artista per secoli dimenticato e fatto emer- gere dall’oblio da qualche decennio, sembrava diventare il momento della celebrazione dell’asse tra liberali ‘transigenti’ e clericali.

Matteo Civitali andava esaltato in quanto gloria del luogo, ma per molti era degno di questi onori non semplicemente per i suoi natali lucchesi. Civitali soddisfaceva, infatti, appieno i canoni di un’identità comunitaria fondata anche, e soprattutto, sul tradizionalismo catto- lico. La riscoperta della sua arte era avvenuta impiegando una chiave interpretativa che lo trasformava nel campione di un Rinascimento integralmente fedele ai dettami dell’ortodossia confessionale, da con- trapporsi alle correnti rinascimentali non considerate virtuose per- ché tendenzialmente laiche e razionaliste. Nei medesimi frangenti dell’inaugurazione, un sacerdote, Giovanni Volpi, illustrava quella pe- culiare visione spiegando che lo scultore di Lucca, «artista puramente religioso», si era riconosciuto in un’arte esclusivamente finalizzata alla 62 A. Mazzarosa, Il monumento a Matteo Civitali inaugurato in Lucca il 17

Settembre e la festa artistica di cui fu motivo, «Arte e Storia», XII, 1893, pp.

devozione, il cui scopo era stato «il culto o la glorificazione del culto», rifiutandosi di seguire la lezione del «falso Rinascimento pagano». Nella sua opera erano stati messi in «armonia […] i nuovi elementi di coltura colla sostanza delle idee cristiane e coi vigenti ordini politici e sociali», animando il «Rinascimento vero e cristiano». Volpi avrebbe allargato lo sguardo a tutto il panorama culturale italiano, mettendo al fianco di Civitali Petrarca e Dante, a loro volta considerati come antagonisti nei confronti del «pagano» Boccaccio63.

Si comprende dunque perché l’erezione della statua potesse assu- mere per i gruppi cattolici più integralisti il significato di una prima affermazione pubblica, quasi una rivincita, nell’era sabauda, dopo tante battaglie in opposizione alle iniziative monumentali degli av- versari politici. Il marchese Lorenzo Bottini, alla guida del circolo dell’Immacolata concezione, scelse di partecipare all’inaugurazione, avvenuta il 17 settembre 1893, deponendo ai piedi della scultura una corona di fiori corredata dello stemma papalino. Il gesto indusse le associazioni laiche presenti, insieme agli studenti universitari e a quelli dell’Accademia di belle arti, ad abbandonare la cerimonia in segno di protesta. Seguirono incidenti con gli agenti di polizia e una sassaiola ai danni della redazione de «L’Esare», il giornale di proprie- tà di Bottini e diretto dallo stesso marchese64.

All’interno dei circuiti della sociabilità laica e risorgimentale la presenza del sindaco Del Carlo e del marchese Bottini alla successiva cerimonia per la collocazione del busto in onore di Benedetto Cairoli suonò come una provocazione. Il giorno della breccia di porta Pia i promotori intendevano omaggiare con Cairoli il fratello dei martiri di Villa Glori e l’uomo della Pentarchia, esibendo con orgoglio la 63 Matteo Civitali artista del Rinascimento cristiano. Discorso letto dal sac. Giovanni

Volpi direttore della scuola Matteo Civitali nella solenne distribuzione dei premi il 10 settembre 1893, Lucca, Tip. Baroni 1893, pp. 7-10, 56. Sugli accenti

‘confessionali’ della riscoperta ottocentesca di Civitali si veda M. Ferretti,

Matteo Civitali, Lucca, l’Ottocento, in Matteo Civitali e il suo tempo. Catalogo

della mostra (Lucca, 3 aprile-11 luglio 2004), Cinisello Balsamo, Silvana editoriale, 2004, pp. 15-28.

64 Cfr. R. Pizzi, Il turbolento settembre lucchese del 1893, «Documenti e Studi», XV, 1996, 18/19, pp. 255-277: 264 ss.

tradizione del risorgimento anti-papale e trasmettendo un messaggio di rinnovata fermezza nei confronti di atteggiamenti più conciliativi verso il mondo clericale, come quello tenuto dal sindaco ormai da alcuni anni. Del Carlo, per parte sua, puntava anche in quella circo- stanza a sostenere una rilettura del profilo politico di Cairoli affine a quella costruita attorno a Mazzini e Garibaldi nei circuiti a lui più vicini, depurata cioè dalle asperità laiciste. I prevedibili, copiosi fischi che la folla riservò al suo discorso ebbero uno strascico pro- cessuale, a causa della denuncia sporta dal primo cittadino, che ali- mentò velenose polemiche sulla stampa locale. L’accoltellamento del consigliere comunale repubblicano Enrico Cambogi da parte di un «contadino» sostenitore di Del Carlo, commesso durante la seduta consiliare del 30 novembre 1893, sarebbe stato una vivida dimostra- zione della vitalità di una contrapposizione politica che continuava ad avere robuste radici nell’irriducibile identità del luogo65.

Figura 8. Augusto Passaglia, Monumento a Carlo Piaggia, Lucca, loggia di Palazzo Pretorio, 1896

In un simile contesto, la forza evocativa dei monumenti non avrebbe accennato a scemare, anzi avrebbe ancora catalizzato la contesa. Tre anni dopo, sempre nel fatidico 20 settembre, fu la vol- ta del busto (fig. 8) dell’esploratore Carlo Piaggia66. Dopo Civitali la loggia di Palazzo pretorio si arricchiva dell’omaggio ad un per- sonaggio di certo diverso, che nel 1877 – ancora in vita – era stato salutato dalla locale Fratellanza artigiana come un eroe del «civile progresso del nostro secolo». Il saluto si era reso necessario perché la città aveva sempre riservato alle sue imprese un’indifferenza che ricordava «quella nera ingratitudine e […] quella vilissima perse- cuzione» attuata in passato dagli «uomini intenti a nascondere i lumi della scienza e i progressi della umanità». Piaggia veniva ac- comunato, sempre dalla Fratellanza artigiana, a «Paolo Sarpi […] Galileo […] Bruno di Nola […] [all’] infelice Colombo», vitti- me della «vendetta dei poteri che parlando a nome del cielo o del dispotismo politico si arrogavano il diritto di reggere le sorti dei popoli»67. La glorificazione della fama scientifica dell’esploratore, motivo di orgoglio per la comunità, veniva rivestita del valore di una indiretta tesi politica, nei confronti della quale tutti erano co- stretti a pronunciarsi.

Nel marzo 1882, all’indomani della morte avvenuta nella lo- calità egiziana di Carcoggi, sarebbe stato costituito un «Comitato promotore per le onoranze a Carlo Piaggia», con il triplice obiettivo di trasportarne in Italia le ceneri, di «innalzare un monumento a lui dedicato» e di pubblicarne gli scritti. Nonostante nel comitato si realizzasse una convergenza – quasi irripetibile – di ben venti realtà associative assai eterogenee tra loro, dall’Associazione monar- 66 Su Carlo Piaggia ci si limita a rinviare ai coevi E. De Amicis, Carlo Piaggia,

«Almanacco del Fanfulla», VIII, 1878, e F. Bonola, In memoria di Carlo

Piaggia. Conferenza letta il 23 settembre 1894 nella grande Sala del Liceo mu- sicale Pacini, Lucca, Tip. Baroni, 1895, nonché al recente E. Rossi, Carlo Piaggia. Un antropologo prima dell’antropologia, Roma, Aracne, 2008.

67 La Fratellanza artigiana a Carlo Piaggia nel giorno del suo arrivo in Lucca

(11 aprile 1877), Lucca, Tip. Benedini, 1877, p. 1, in ASLu, Fratellanza Artigiana, b. 29, n. 1.

chico costituzionale sino al Circolo operaio repubblicano68, il com- plesso, e dispendioso, progetto originario si rivelò impraticabile e l’organismo promotore di fatto si sciolse. Dopo una pausa di ben tredici anni tornò a riunirsi nel 1894, con una composizione ridot- tasi a sole dieci associazioni e sotto la direzione del vice-presidente Odoardo Carina, esponente del Comizio dei veterani presto elevato al ruolo di presidente. L’impegno era «attuare almeno l’altra parte del suo programma, la erezione cioè di un modesto monumento che tramandi ai posteri le sembianze dell’illustre viaggiatore»69. Si optò per un busto in bronzo, da affidarsi ad Augusto Passaglia, che così avrebbe ampliato la galleria delle proprie opere in città dopo le statue a Vittorio Emanuele e a Francesco Carrara. La data dell’inau- gurazione, come detto, fu individuata nel 20 settembre 1896; l’as- sociazione tra l’«uomo di scienza» e quello snodo storico svelava le indirette implicazioni di quell’iniziativa. Con l’approssimarsi del rito pubblico, si manifestarono le prime conseguenti tensioni con la maggioranza del Consiglio comunale. Il dissenso espresso dal- la comunale «commissione per le iscrizioni» sul testo dell’epigrafe proposto dal comitato comportò l’adozione dell’asettica formula «Intrepido esploratore delle terre africane negli anni 1856-1881», che eliminava dalla versione trasmessa al Comune il riferimento all’«apoteosi della patria»70. Al contempo, entro l’ente presieduto da Carina si discusse se attribuire o meno un impronta politica alla manifestazione.

Enrico Del Carlo, che da poche settimane aveva lasciato l’incarico di sindaco e partecipava in qualità di rappresentante dell’Associazione progressista, perseguì anche in quella sede una strategia di apertu- ra verso gli ambienti clericali anche più radicali esprimendo durante 68 L’elenco completo, con l’indicazione dei rappresentanti designati a rappre-

sentare ciascuna associazione in seno al comitato, nella lettera a stampa in- viata «ai cittadini lucchesi» dal Comitato per le onoranze a Carlo Piaggia, 23 marzo 1882 (ivi, n. 4).

69 Si veda la circolare inviata dal vice presidente Carina, Lucca 14 febbraio 1895 (ivi, n. 9).

l’adunanza del 14 settembre l’«opinione di invitare […] le associazio- ni tutte senza distinzione di partiti […] trattandosi di una festa che non deve avere carattere politico». Al contrario, per la maggioranza del comitato, l’inaugurazione doveva essere munita di un connota- to politico immediatamente percepibile. Carina si oppose a quanto suggerito da Del Carlo, dichiarandosi favorevole a invitare «tutte le associazioni liberali esclusivamente» e marcando quindi i confini di una ben definita scelta di campo71. Con tutta probabilità la fermezza adottata in quel frangente avrebbe logorato ulteriormente le relazioni con il municipio, che poco dopo la cerimonia – quasi a mò di ritor- sione – comunicò «di non poter concorrere alla spesa del monumen- to […] non essendovi fondi a tal uopo stanziati in bilancio»72.

Di lì a poco i due mondi sarebbero tornati a confliggere in manie- ra assai più clamorosa intorno ad un’ulteriore iniziativa non gradita all’anima clericale della città. Nei primi mesi del 1896, l’associa- zione dei reduci delle patrie battaglie aveva annunciato l’intenzione di erigere un Monumento ai Caduti della provincia di Lucca, da collocarsi all’interno della cerchia muraria, più precisamente nella centrale piazza delle Erbe, limitrofa a piazza Napoleone. Il Consiglio comunale approvò una simile destinazione, così come il progetto, opera di Urbano Lucchesi, scultore formatosi – analogamente a Passaglia e Fazzi – nell’atelier di Duprè e autore a Lucca delle sculture a Garibaldi, Mazzini e Cairoli73. Lo scontro con il comitato promo- tore avvenne sulla successiva richiesta di mutare il nome della piazza intitolandola al 20 settembre, ricorrenza che il governo Crispi, due anni prima, nel venticinquesimo anniversario, aveva elevato a festa ufficiale. Il 26 giugno 1897 il Consiglio comunale ometteva di ri- spondere direttamente, approvando una mozione che rinominava lo spazio dove sarebbe sorto il monumento in «piazza indipendenza». 71 Cfr. Verbale dell’adunanza del comitato per le onoranze a Carlo Piaggia, Lucca

14 settembre 1896 (ivi, n. 34).

72 Lettera del sindaco Carlo Pierantoni a Odoardo Carina, Lucca, 2 ottobre 1896, ivi, n. 52.

73 Cfr. E. Del Carlo, Commemorazione dello scultore Urbano Lucchesi – XIX

Il solito Bottini, dalle colonne de «L’Esare», avrebbe chiosato che tale denominazione consentiva di onorare la memoria di coloro che era- no periti nella stagione risorgimentale, e allo stesso tempo avrebbe permesso di fare riferimento all’«auspicata riacquisizione dell’indi- pendenza del Papa»74.

Dietro istanza del comitato, dovette intervenire il prefetto Carosio, che annullò la delibera in questione il 9 luglio 1897, ma le resistenze non furono vinte. Quando il Consiglio comunale votò per la seconda volta a favore della mozione su «piazza dell’indipenden- za», il 1° agosto, il nuovo conflitto tra istituzioni dello Stato divenne esplicito. Il prefetto cancellò anche il secondo pronunciamento, fa- cendo notare come la richiesta del comitato di intitolare una piazza alla presa di Roma coincidesse con la volontà del governo, e ordinò al Consiglio comunale di pronunciarsi in maniera diretta su tale domanda. Tenacemente, la maggioranza del Consiglio, con in testa Bottini, non si piegò, bocciando la richiesta e provocando le dimis- sioni della Giunta, che nel frattempo con grande riluttanza si era adeguata alla linea dettata dal prefetto. Le dimissioni determinaro- no la nomina di un commissario straordinario, che avrebbe subito scavalcato l’organo rappresentativo comunale, stabilendo d’urgen- za, il 4 novembre 1897, che «in perpetuo» piazza delle Erbe sarebbe diventata «piazza XX settembre».

Il municipio era stato di fatto esautorato di una sua importante prerogativa, e Bottini – forse non del tutto a torto – lamentò «il calpestamento del diritto nella nostra città»75. A quasi quarant’an- ni dalla proclamazione dello Stato nazionale, a Lucca l’assemblea municipale non accettava ancora di uniformarsi alle mitopoiesi che stavano accompagnando le evoluzioni politiche del Regno, richia- mandosi con ostinazione ai dettami del tradizionalismo cattolico, imperituro codice di identificazione comunitaria, anche a costo di sfidare la supremazia dell’autorità statuale. Tale paradigma sembrò solo marginalmente scalfito dalle importanti trasformazioni avvenu- te durante l’età giolittiana. La collocazione del monumento in onore 74 Pizzi, Presenze laiche cit., pp. 143-144.

di Tito Strocchi sotto la loggia di Palazzo Pretorio, celebrata il 29 giugno 1913, sarebbe stata accompagnata da una nutrita manifesta- zione che l’inesauribile Bottini avrebbe definito «sovversiva, masso- nica, anticattolica, repubblicana», ma anche «antilucchese»76.

76 Cfr. R. Pizzi, Sussulti laici a Lucca nell’età giolittiana, «Documenti e Studi», XV, 1998, 20/21, pp. 151-188: 186.

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