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Il deficit: gli anni Settanta dell’Ottocento

Sheyla Moron

2. Una città da reinventare

2.2. Il deficit: gli anni Settanta dell’Ottocento

Quando la presa di Roma si avvicina e mentre anche De Amicis fa ‘propaganda’ a favore della nuova, ineluttabile capitale, a Firenze rimangono solo aspettative ‘smisurate’ come quelle legate ai lavori per i Nuovi Mercati20.

Ben presto 70 mila fiorentini sono conteggiati fra i poveri mentre il sindaco Ubaldino Peruzzi affrontando il nuovo assetto socio-economico della città, nel 1870, afferma (citando Gino Capponi) che le migliori e più fruttuose speculazioni fatte dal popolo sono state «le costruzioni e i monumenti»21. Proprio questo sindaco e Guglielmo Cambray Digny

pp. 451-454.

16 «Annuario del Ministero delle Finanze del Regno d’Italia», IV, 1865, D.R. 11 dicembre 1864, n. 2047.

17 Cfr. S. Fei, Nascita e sviluppo di Firenze città borghese, Firenze, G&G, 1971. 18 Cfr. S. Camerani, Cronache di Firenze capitale, Firenze, L.S. Olschki, 1971. 19 Solo nel primo anno l’incremento è di 50.000 abitanti; cfr. P. Bandettini,

La popolazione della Toscana dal 1810 al 1959, Firenze, Scuola di Statistica

dell’Università, 1961; C. Cresti, Firenze e l’Italia, in Italia sia! Fatti di vita e

d’arme del Risorgimento italiano, Pisa, Pacini, 2010, pp. 74-77.

20 B. Tobia, Una patria per gli italiani, Roma-Bari, Laterza, 1991, p. 17. 21 U. Peruzzi, Relazione del Sindaco al Consiglio comunale di Firenze all’adu-

devono sostenere un’opera difficile per cercare di rimediare allo stato di dissesto delle finanze fiorentine successive, soprattutto, al 1871. In quei mesi entrambi incrociano spesso anche il biasimo dei viaggiatori/turisti stranieri incarnati da Henry James, che rimpiangono il primato della cit- tà nell’arte e che comparano la nuova urbanistica cittadina a quel che era successo e stava succedendo alla tumultuosa e ingovernabile Chicago22.

Nel 1871 la Camera dei Deputati proclama Firenze benemerita del- la nazione per la «liberalità e il patriottismo con cui ha compiuto l’alto ufficio di ‘sede temporanea’ del governo italiano»23, ma molti fiorentini non si sentono del tutto soddisfatti. Anche se la conquista di Roma è un avvenimento che ha unito la folla nei mesi precedenti, gli abitanti di Firenze non sono convinti che l’Italia porti solo benefici, visto - per esempio - che il numero dei coscritti toscani analfabeti è (ri)salito al 60 per cento24. L’incomunicabilità fra la città e il suo ceto dirigente peggiora quando nel 1872 il sindaco Peruzzi relaziona al Consiglio comunale (insediatosi il 1° gennaio) che la città, che sta per perdere 28.000 abitanti, ha fra le sue priorità quella di sbarazzare i monumenti dalle costruzioni che li nascondono o li deturpano, oltre che quella di migliorare le comunicazioni fra i luoghi notevoli: Peruzzi rimane convinto per molto tempo che il futuro della città, non potendo essere né manifatturiero, né commerciale, sia quello «prestamente e risoluta- mente» di città artistica.25 Nello stesso anno, Cambray Digny diventa presidente della Banca Nazionale Toscana e vicepresidente del Senato, nonché membro della Commissione Finanze, fornendo una manifesta- zione della forza politica di cui godono ancora i nobili toscani.

D’altra parte, per esprimere lo spumeggiante milieu artistico della ‘città dei gigli’ basterebbero le lettere che i Macchiaioli scrivono in quegli anni in cui Firenze è segnata da fratture artistiche, intellettuali 22 L. Ducci, Riflessioni e giudizi su Firenze: il crocevia degli scrittori inglesi e sta-

tunitensi, in Ballini (a cura di), Lotta politica ed élites amministrative a Firenze

cit., p. 63.

23 Museo del Risorgimento di Milano, Op. 15556.

24 S. Cingari, L’istruzione nella ‘metropoli d’Italia’, in Ballini (a cura di), Lotta

politica ed élites amministrative a Firenze cit., p. 81.

e politiche che non si ricompongono nemmeno nei momenti in cui la nuova ‘nazione’ viene celebrata e che anzi si acuiscono per essere rilanciate contro la nuova capitale (Roma)26.

Dal momento in cui Firenze viene consacrata capitale, alla fine del secolo, sono inaugurati ben sette monumenti legati alla memoria e al mito dell’Unità (solo nelle mura cittadine)27. La maggior parte però nell’ultimo decennio quando la capitale è stata spostata a Roma ormai da quindici anni.

Già nel 1876 tutta Italia è conscia del malumore della Toscana (ti- tolo di un articolo comparso il 4 marzo sulla «Gazzetta Piemontese»). La tradizionale ‘consorteria’ toscana minaccia di trasformarsi in una ‘permanente’ come era avvenuto a Torino. Le ragioni del malcon- tento stanno nel declino del grande prestigio e della notevole au- torevolezza che l’oligarchia moderata ha raggiunto negli anni dopo l’Unità28, dopo la quale Firenze si è illusa di rimanere ciò che era stata, mentre il Comune è amministrato in tandem da Peruzzi e Cambray Digny. Seguono nello stesso solco tracciato dal ‘malcon- tento’ anche i monumenti eretti in quegli anni: monumenti che da ‘nazionali’ si fanno sempre più ‘fiorentini’ in quanto voluti, pa- trocinati e in parte finanziati da comitati locali29, ma soprattutto offerti a ‘grandi uomini’ toscani che hanno fatto grande l’Italia e non viceversa.

Già nel 1878, infatti, una parte del discorso pubblico individua una «responsabilità morale» prima che economica dello Stato nel- la situazione del Comune. In un celebre articolo comparso su «La Nuova Antologia» l’avvocato Francesco Genala accusa il Regno di non aver ammortizzato le spese per Firenze capitale a cui ormai si 26 Cfr. L. Giudici, Lettere dei Macchiaioli, Milano, Abscondita, 2008.

27 S. Bertelli, La chioma della vittoria, Firenze, Ponte alle Grazie, 1997, p. 171.

28 A. Berselli, Il governo della Destra. Italia legale e Italia reale dopo l’Unità, Bologna, il Mulino, 1997, p. 804.

29 Cfr. I. Porciani, Stato, statue, simboli. I monumenti nazionali a Garibaldi e

a Minghetti del 1895, «Storia, amministrazione, Costituzione. Annale per la

usa sommare anche il mancato ottenimento del credito «per il man- tenimento delle milizie austriache dal 1848 al 1855»30.