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Sheyla Moron

4. Il Risorgimento vicino: Garibaldi, Manin e Vittorio Emanuele

4.2. Manin: gli sfratt

La statua di Garibaldi sul lungarno prende il posto che era stato pensato per la statua dedicata a Manin, monumento inaugurato nel 1890, anno che si segnala per il «primato di attività costruttiva»73.

71 Monumenti garibaldini in Italia: La Spezia, «La Camicia rossa», gennaio 2008, 8, p. 11.

72 Cfr. I. Porciani, Stato, statue, simboli. I monumenti nazionali a Garibaldi e a

Minghetti del 1895 cit., p. 231 e cfr. M. Isnenghi, Garibaldi fu ferito. Storia e mito di un rivoluzionario disciplinato, Roma, Donzelli, 2007.

73 P. Aranguren, Firenze dopo l’Unità: la trasformazione edilizia, 1865-

1896, Firenze, Giuntina, 1966, p. 8; R. Boldrini, Inventario dell’Archivio Guicciardini, 1851-1915, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, p.

Figura 3. Cartolina illustrata di piazza Manin a Firenze, fine XIX secolo (Collezione privata)

La comunità dei veneti presenti in Toscana a soli quattro anni dalla creazione del Comitato promotore è già in grado di collocare questa statua in piazza Ognissanti, allora ribattezzata piazza Manin

(fig. 3)74. Il Comitato è composto da un presidente (il generale Carlo Alberto Radaelli), dal contrammiraglio Tommaso Bucchia, dal conte Giovanni Camerini e dal segretario professor Giuseppe Castellazzi75. La gara per il monumento viene vinta da Urbano Nono, scultore veneto «essenzialmente autodidatta»76, fratello del pittore Luigi e co- gnato di Riccardo Selvatico, in quegli anni sindaco ‘progressista’ di Venezia (e ideatore delle biennali della città lagunare)77. Sia Selvatico

74 F. Cesati, Le piazze di Firenze: storia, arte, folclore e personaggi che hanno reso

famosi i duecento palcoscenici storici della città più amata del mondo, Roma,

Newton Compton, 2005.

75 Biblioteca Centrale Nazionale di Firenze (BCNF), Appello del Comitato e ASCF, Fondo 1865-1979, Serie 1860-193, Onoranze e monumenti agli uo-

mini illustri diversi, Serie 1860-1949, sottoserie 1860-1903, Unità 1860-

1898, Filza 5, sottounità 1887-1890.

76 Cfr. , E. Querci, Urbano Nono, in http://www.treccani.it/enciclopedia/ur- bano-nono_(Dizionario-Biografico)/, consultato il 22/2/2015.

77 Cfr. T. Agostini (a cura di), Venezia negli anni di Riccardo Selvatico, Venezia, Edizioni dell’Ateneo veneto, 2004.

che Torrigiani, sindaco di Firenze tra il 1886 e il 1889 e ancora tra il 1891 e il 1901, diventano poi deputati negli stessi anni. La statua del «dittatore statista» viene inaugurata il 9 febbraio78 con un discorso di Guicciardini stesso (invitato probabilmente dal francofilo e non più antisabaudo Diego Martelli) (fig. 4)79. Il presidente onorario del Comitato Ubaldino Peruzzi è l’autorità che più di tutte patrocina l’evento e la nuova collocazione del monumento80.

A segnalare quanto questo momento sia stato atteso (e non solo dalla comunità dei veneti residenti a Firenze) è la premura dello stesso Guicciardini che avvisa di persona alcuni ospiti illustri e in particolare Ernesto Venturini (un ex garibaldino di Chioggia, tosca- no per scelta)81. Il forte legame con Manin e la sua memoria ‘mo- narchica’82 è confermato dalle iscrizioni del monumento che paiono essere composte da Isidoro Del Lungo83 che a Manin dedica molti passi delle sue «Conferenze fiorentine», in cui definisce i fiorentini «Mannini»84.

Alla base della statua stanno quattro epigrafi85 che la pongono nel- la scia della lapide di Santa Croce già collocata nell’ottobre del 1861 (anche allora con il concorso della comunità degli espatriati veneti): «A Daniele Manin | dittatore | la patria pericolante | governò | colla virtù dei magnanimi». Nelle parole del discorso d’inaugurazione di 78 Aranguren, Firenze dopo l’Unità: la trasformazione edilizia cit., p. 8. 79 Boldrini, Inventario dell’Archivio Guicciardini cit., p. 184.

80 Mazzanti, L’Unità d’Italia cit., p. 53.

81 Archivio Biblioteca Labronica, Autografi e Manoscritti, cass. 054, ins. 0745.

82 G.L. Fruci, The two Faces of Daniele Manin. French Republican celebrity

and Italian monarchic icon, 1848-1880, «Journal of Modern Italian Studies.

Special Issue: Mediating the Risorgimento», vol. 18, March 2013, n. 2, pp. 157-171; P. Ginsborg, Daniele Manin e la rivoluzione veneziana del 1848-

1849, Torino, Einaudi, 2007.

83 Resoconto del Comitato per il monumento a Daniele Manin inaugurato in

Firenze il 9 febbraio 1890, Firenze, Ariani, 1890.

84 I. Del Lungo, Conferenze fiorentine, Milano, Cogliati, 1901, p. 276. 85 Cfr. Cesati, Le strade di Firenze cit, p. 231.

Angelo Arboit (ex sacerdote friulano), Manin si erge dapprima quale «Presidente della Repubblica», in seguito (e soprattutto) «più arbitro che Dittatore della medesima per diciassette mesi», mostrando la palese non sintonia tra la percezione liberal-monarchica dei fioren- tini e quelle di retaggio democratico dei veneti circa il personaggio. Arboit racconta come Manin «difese coraggiosamente Venezia, si- stemò l’amministrazione, mantenne in difficili circostanze la quiete e l’ordine, lontano egualmente dalle esagerazioni degli intemperanti e dai pusillanimi consigli dei troppo prudenti»86, tracciando il qua- dro di uno statista perfetto e vicino più alla leggenda che alla realtà (come il Garibaldi di Cavallotti).

Figura 4. Inaugurazione del monumento a Daniele Manin in Firenze, il 9 feb-

braio 1890 (disegno dal nostro corrispondente fiorentino pittore E. Sanesi),

«Il Secolo Illustrato», 1890, p. 61

La statua di Manin è poi allontanata dalla piazza nel 1931 (se- guendo la sorte che aveva visto spostare il Garibaldi per omaggiarlo), 86 Inaugurazione della lapide a Daniele Manin in Firenze, Firenze, G. Mariani,

in pieno regime fascista. Nel 1935 il monumento viene sostituito con il pezzo di Romano Romanelli, Ercole e il leone, e spostato in piazzale Galileo nella zona di Arcetri87.

4.3. Il Re e il cavallo

Figura 5. Cartolina illustrata Firenze. Monumento a Vittorio Emanuele II: scul-

tore Emilio Zocchi, Firenze, edizioni Brogi, fine XIX secolo (Collezione privata) Il monumento a Vittorio Emanuele viene affidato a Emilio Zocchi (già riconosciuta autorità in merito alla produzione monu- mentalistica - aveva modellato anche il Benjamin Franklin di New York) e portato a termine fra il 1889 e il 1890 (fig. 5). La sua sede finale è (quasi ovviamente) piazza Vittorio Emanuele (oggi piazza della Repubblica), dove è posto nell’agosto del 1890 e da dove vie- ne spostato per essere portato alle Cascine nella notte fra il 19 e il 20 ottobre 1932 in piazza Vittorio Veneto88. Coerentemente con i dettami di Ojetti, il monumento, ‘torna’ nel luogo per cui era stato 87 Cfr. fra gli altri anche D. Pirro, Hercules and the Beast, «The Florentine», 28

February 2013.

88 A. Petrioli-M. Petrioli, Album della vecchia Firenze, vol. 1, Firenze, Media Point, 2012, p. 54.

progettato tant’è che già nel 1881 l’autore di una diffusa guida tu- ristica di Firenze, lo storico Guido Carocci, scriveva che nella piaz- za Vittorio Emanuele (poi Vittorio Veneto) «dovea sorgere la statua equestre di S. M. il Re»89.

L’opera considerata la ‘principale’ dell’artista, è in bronzo, alta cinque metri e mezzo con una base di sei.90 È completata da due bassorilievi: nel primo è raffigurata la presentazione al sovrano del plebiscito toscano e vi sono ritratti Cavour, La Marmora, Peruzzi, Iacini, Fanti, Mamiani e Ricasoli; il secondo riproduce il saluto di Vittorio Emanuele al popolo di Firenze prima di recarsi a occupare la città di Roma.

Il monumento al monarca è inaugurato due mesi dopo il mo- numento di Garibaldi posto sul lungarno91, precisamente il 20 set- tembre 1890 (unica festa ‘laica’ e popolare dell’Italia postunitaria)92, alla presenza del Re, della Regina e di migliaia di fiorentini93. In un suo sonetto («Vittorio Emanuele a corpo sciolto»), Vamba prende in giro anche questo manufatto94. Alla provocazione risponde lo stesso Zocchi, ormai avvezzo alle polemiche con il Direttore, che scrive il 22 settembre con altrettanta ironia: «Le sono riconoscente per le pre- mure sue a mio riguardo in questa circostanza. Lusingandomi [mi auguro] che il tempo mi porga l’occasione di contraccambiare Lei di tanta sua cortesia». È presumibile che Bertelli avesse voluto prendere di mira non solo la statua, ma anche la pomposa ode composta da Luigi Randi in onore dell’evento e, ancor di più in generale, l’opera- 89 G. Carocci, I dintorni di Firenze. Nuova guida-illustrazione storico-artistica,

Firenze, Tip. Galletti e Cocci, 1881, p. 170.

90 V. Vicario, Gli scultori italiani dal neoclassicismo al Liberty, Lodi, LodiGraf, p. 686.

91 P.F. Listri, Come eravamo, Firenze, Le Lettere, 2002, p. 33.

92 G. Verucci, Il XX settembre, in M. Isnenghi (a cura di), I luoghi della memo-

ria. Personaggi e date dell’Italia unita, Roma-Bari, Laterza, 1997, p. 97.

93 AFG, b. 101, f. 27, Manifesto per lo scoprimento della statua equestre di

Vittorio Emanuele II, contiene una minuta e ritagli di giornali («Tribuna» e

«Fieramosca» del 20 e 21 settembre 1890).

94 Vamba, Sonetti fiorentini, a cura di A. Nocentini, Livorno, L’informazione, 1993, p. 15.

zione mediatico-politica, gonfia di retorica. 95 In effetti, la celebrazio- ne del 20 settembre a Firenze è una delle prime a essere ‘inquadrata’ in una «griglia politica» preparata anche con l’ausilio del Prefetto al fine di rendere la data ancora più significativamente legata alla mo- narchia; la statua sembra comunque iscriversi nel pensiero espresso dal costituzionalista Domenico Zanichelli nel 1889, secondo il qua- le: «Il popolo non comprende la sovranità se non quando è incarnata e si manifesta in maniera visibile»96.

Il monumento equestre è posto in una zona che avrebbe dovuto essere la ‘vetrina’ della nuova Firenze: per allargare la nuova piazza già nel 1884 erano state avviate le pratiche per l’esproprio. E nel 1885 il Vecchio Ghetto era già stato evacuato, mentre continuavano le demolizioni e la piazza del Mercato Vecchio veniva allargata fino alle dimensioni dell’attuale piazza della Repubblica97. Quando però la statua è inaugurata una gran parte dei lavori di demolizione delle case medievali è ancora in corso, causando qualche disagio98. D’altra parte, la zona può usufruire di un servizio di omnibus che porta verso Porta Romana, tant’è che il monumento è posto in piazza il 13 agosto nel bel mezzo dei lavori (e non senza intoppi visto che un inci- dente con il tramway funesta anche il giorno dell’inaugurazione)99.

La statua è fatta oggetto per molto tempo di pareri negativi, ma (come sempre) molto appassionati. L’intellettuale Pietro Franceschini apre, per esempio, con queste parole un pamphlet sulle statue che vanno ad abbellire la città: «- E così Franceschini, del monumento a Vittorio 95 Per lo scoprimento della statua equestre di Vittorio Emanuele II in Firenze. 20

settembre 1890, Firenze, Salvadore Landi, 1890, p. 17 («E tu, Vittorio, ulti-

ma folgore | lanciasti ai vili mostri ed intrepido | percorrevi, araldo di gloria, | le risorte legioni tebane»).

96 Brice, Monarchie et identité nationale en Italie (1861-1900) cit., pp. 49 e 147.

97 G. Fanelli, Firenze. Le città nella storia d’Italia, Roma-Bari, Laterza, 1980, p. 212.

98 Com’è possibile notare nella fotografia su cartone contenuta in ASCF, ArchiDis, Coll. car. 381/002, microfilm: 34848, File immagine: 411539. 99 Cfr. La base del monumento del re Vittorio Emanuele II, «La Nazione», 23

Emanuele cosa ne dite? - Sono del parere dei più, signor ingegnere [...]. Che non siamo stati fortunati»100. Querelles sulla composizione e la conduzione della Commissione artistica non sono risparmiate:

Nella scena del plebiscito in bassorilievo per esempio il Re dovrebbe essere ai piedi e non al fianco del Trono [...]. Il Cavour [...] è posto sul dinanzi con le mani in tasca come se fosse un facchino. [...] Guardi fatalità, nessun patriottico monumento innalzato a Firenze negli ultimi venti anni è riuscito meglio. Il Fanti, il Niccolini, il Capponi, il Manin, dica lei se risorgendo dalla tomba potrebbero dichiararsi contenti di quel che si è fatto loro [...]. Garibaldi è effigiato in quella età in cui il suo fisico era in piena decadenza101.

Franceschini sottolinea lo iato fra la ‘sensibilità artistica’ degli scultori (in gran parte affascinati dal verismo) e quella politica degli

opinion makers fiorentini (che richiedeno un grado di ‘eroicizzazione’

e mitizzazione elevati dei propri ‘eroi’). Particolarmente presi di mira dalle critiche sono la pinguetudine del Sovrano e il cavallo; malgrado Zocchi abbia lavorato tantissimo allo studio del quadrupede, questo viene da molti definito ‘inverosimile’.

In realtà, la statua a Vittorio Emanuele II è stata la più fortemente desiderata e anche la più pesantemente danneggiata dalle disavven- ture economiche che legano Firenze al nuovo Regno da lui ‘creato’. Nel 1859 il Governo provvisorio della Toscana aveva infatti bandito un concorso per due monumenti equestri: uno a Vittorio Emanuele II e uno per Napoleone III, da porre nella ex piazza Maria Antonia (pensata durante la Restaurazione). Nel concorso per la statua del Re, il vincitore Salvino Salvini aveva impiegato ben cinque anni per portare a compimento un «modello colossale» concepito in relazione alle notevoli dimensioni della piazza102. Sia la statua, che la piazza,

100 P. Franceschini, Del monumento a Vittorio Emanuele II e di altre moderne

opere di scultura in Firenze, Firenze, Tip. Coppini e Bocconi, 1890, p. 3.

101 Ivi, p. 14.

102 C. Vasić Vatovec, Tre monumenti scultorei per le piazze fiorentine nel tar-

do Ottocento, in E. Godoli-G. Orefici (a cura di), Arredo e decoro urbano dall’Unità d’Italia alla Prima guerra Mondiale, Roma, Kappa, 1996 («Storia

non erano state fortunate negli anni successivi: la statua, in partico- lare, non aveva mai incontrato il favore né dell’opinione pubblica, né degli addetti ai lavori ai quali era stata presentata in forma di bozzet- to. A seguito di questi pareri (o ‘con la scusa’ di questi), il Comune non aveva erogato lo stanziamento previsto e l’idea del monumento veniva ripresa solo dopo la costituzione di una Commissione pre- sieduta dal sindaco Peruzzi e di cui facevano parte, oltre a tre vice- presidenti (il marchese Carlo Alfieri di Sostegno, senatore e assessore, dimessosi il 26 febbraio 1882, il conte senatore Cambray Digny e il marchese Pietro Torrigiani), un segretario, un economo e un tesorie- re103. La nuova commissione si forma solo dopo la morte del Re e, in mancanza di risorse, il Comune stabilisce di «promuovere e ordina- re una pubblica sottoscrizione» per erigerla: la cittadinanza risponde versando 114.872,06 lire. Per un po’ di tempo oltre alle difficoltà economiche si aggiungono quelle logistiche: si pensa infatti di po- sizionarla sul lungarno Novo (cioè Vespucci) o al centro del piazzale degli Uffizi; solo in subordine vengono prese in considerazione piazza Indipendenza (ma in caso si debba pensare ad una colonna celebrati- va) e (di nuovo) piazza Vittorio Veneto. La sotto-commissione inca- ricata di decidere si pronuncia a favore di piazza Pitti104: scelta contro la quale si scaglia Giovanni Pini in una lettera al direttore de «La Nazione». Pini condanna duramente l’amministrazione locale per lo scarso «discernimento artistico», già dimostrato nell’ubicazione di al- tri monumenti (tra cui quello di Fanti) e rilancia per questa specifica statua la piazza delle Cascine105. Solo nel maggio del 1881 il Sindaco interviene dopo un lungo dibattito pubblico esprimendo la fondata speranza che il nuovo spazio urbano sia pronto per l’ occasione.

Nel frattempo Firenze si è già guadagnata un posto di rilievo nel «pellegrinaggio organizzato alla tomba del Gran Re Vittorio

dell’urbanistica. Toscana», 4), p. 36.

103 ASCF, Inaugurazione del monumento a Vittorio Emanuele II Re d’Italia, 12 gennaio 1878, b. 4182.

104 Vasić Vatovec, Tre monumenti scultorei per le piazze fiorentine nel tardo

Ottocento cit., p. 46.

Emanuele» rendendo meno ‘impellente’ anche un omaggio anche monumentale al sovrano106.

Figura 6. Inaugurazione del monumento a Vittorio Emanuele II a Firenze il 20

settembre (da fotografia dei Fratelli Alinari di Firenze), «L’Illustrazione Italiana»,

28 settembre 1890, p. 201

Il 2 febbraio 1882 una giuria formata da Ulisse Cambi, Raffaele Belliazzi, Giuliano Masini, Camillo Boito (che già nel 1861 defini- sce la scultura monumentale «l’arte più importante»)107, e presieduta da Santo Vanni, effettua la prima scelta tra dieci bozzetti che, a loro volta, si riducono a sette, messi pubblicamente in mostra dal 24 agosto al 5 settembre. Il 13 settembre il Comitato sceglie il bozzetto di Zocchi per il lavoro definitivo. Il 28 dicembre 1886 è approvato il piano di riordinamento redatto dall’Ufficio Arte del Comune e quindi la statua viene posta nell’attuale piazza della Repubblica. Sia il Comune che il comitato si mobilitano per i festeggiamenti e la cerimonia di inaugurazione a cui partecipano «venticinquemila per- sone» con «entusiasmo sincero, ma composto», tra le quali spiccano il Sindaco e il presidente dei reduci garibaldini «il quale ebbe il bon 106 Manifesto Comitato centrale promotore di Firenze agli italiani, 20 giugno 1883. 107 D. Mengozzi, Bellezza e coscienza nazionale. Dalle requisizioni napoleoniche

senso di raccomandare a’ suoi di lasciare a casa la camicia rossa, di cui si fa troppo sfoggio in ogni circostanza» (fig. 6). 108

Anche se il monumento non piace a molti, altrettanti comunque pensano che esso riesca a imprimere al nuovo spazio urbano una precisa identità; già emersa per un giorno durante i festeggiamenti, grazie all’esposizione degli stemmi delle arti che fanno rivivere «un tratto della Firenze antica accanto alla nuovissima».109

Nel 1932, tuttavia «La Nazione» scrive:

Pare, e Dio voglia, che al più presto quell’arcone con tanto di scritta pretenziosa, sia già condannato, […] l’antico centro «pellegrinaggio alla tomba del Gran Re Vittorio Emanuele» della città dovrebbe insomma perdere quel meschino aspetto che il falso grandioso gli conferisce110.

Nello stesso anno, viene invece significativamente posta alle Cascine la statua di George Washington (fortemente patrocinata dalla cosiddetta ‘colonia americana’ di Firenze), segnale di un nuovo riavvicinamento della comunità statunitense alla città, dopo l’allon- tanamento avvenuto nel periodo post-unitario.