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La Prima guerra mondiale: una memoria capillare Mario Isnenghi ha scritto pagine significative sulla proliferazione

Michele Finell

3. La Prima guerra mondiale: una memoria capillare Mario Isnenghi ha scritto pagine significative sulla proliferazione

dei monumenti ai Caduti della Grande Guerra, tracciandone una efficace distinzione con la ‘monumentomania’ post-unitaria: «si trat- ta – ha scritto lo storico veneziano – di un autorispecchiamento mo- lecolare del paese, che non attende di essere innescato dal fascismo [e che] come propaganda è ancora più incisivo e diffuso di quello del monumento di Garibaldi»30. Un fenomeno tutto sommato pre- vedibile, considerato che la guerra di massa aveva seminato vittime in ogni angolo della penisola, stimolando l’elaborazione di un lutto nazionale che portò ad un «autoriconoscimento collettivo sul piano locale […] Concittadini, parenti, padri, figli, tutti i figli di una loca- lità ‘Caduti per la Patria’»31.

Isnenghi ha inoltre proposto una periodizzazione di questa onda- ta celebrativa, individuandone tre fasi. La prima, dal 1918 al 1922, tra Vittorio Veneto e la Marcia su Roma, vide la nascita spontanea di comitati pro-monumento, moltiplicando le iniziative e le cerimonie anche all’interno di uno stesso Comune: ogni frazione, ogni scuola od ufficio pubblico celebrava i suoi Caduti. A partire dall’ottobre del 1922, con l’avvento del fascismo al governo, cominciò la seconda 29 Gemignani, Massa-Carrara. Una provincia difficile cit., p. 179. L’immagine del leone è ricorrente nella scultura risorgimentale: in particolare, a Ravenna, il monumento dedicato ai martiri delle guerre d’indipendenza, ha ai suoi lati quattro leoni, proprio come quello di piazza Aranci; si veda a tal proposito M. Finelli–N. Farinelli, Monumenti, tradizione risorgimentale e associa-

zionismo politico nell’Italia di fine secolo. Appunti di ricerca e immagini, in Memoria e ricerca cit., pp. 191 e 200.

30 Isnenghi, Le guerre degli italiani cit., p. 341. 31 Ivi, p. 343.

fase, nella quale si diffuse il «culto civile della guerra come habitat naturale del nuovo e più energico italiano del tempo di Mussolini [così] certi monumenti dei primi anni apparivano, ai più intransi- genti, datati e pericolosamente inclini a supportare la ‘inutile stra- ge’»32. L’istituzione dei Parchi della Rimembranza, voluti dal sotto- segretario alla Pubblica Istruzione, Dario Lupi, mirò ad uniformare le manifestazioni: «ogni morto in guerra nel più piccolo Comune d’Italia avrà infatti il suo albero, piantato apposta per lui e con il suo nome sul tronco: nell’uguaglianza della morte per la patria, solo il grado distingue ancora i membri della comunità militare»33 ed un maggior controllo delle autorità sull’erezione dei monumenti, i cui Comitati, sovente insediatisi nell’immediato dopoguerra, non ave- vano realizzato il progetto per carenza di fondi o contrasti di natura politica. Su questo passaggio, come ha osservato Bruno Tobia, ebbe senza dubbio un’influenza mediatica determinante l’inaugurazione del monumento al Milite Ignoto, avvenuta il quattro novembre del 1921: «Lo Stato liberale nel suo crepuscolo consegna al fascismo incipiente la materia prima della quale esso a piene mani si servirà per la costruzione di uno spazio politico sacralizzato, un artefatto, che idealmente coincida con l’intera nazione»34.La terza fase iniziò nel 1928, quando il regime oltre ad imporre la presenza del fascio littorio in tutti i monumenti pubblici, frenò le iniziative a locali e avviò la costruzione dei grandi sacrari nazionali.

Questa periodizzazione naturalmente non va assunta in termi- ni rigidi, ma come uno strumento essenziale per inquadrare le fasi della proliferazione dei monumenti anche per la provincia di Massa- Carrara.

3.2. Marina di Carrara e Montignoso: tracce di ‘umanità’ (1918- 1922)

Anche in provincia di Massa-Carrara gli anni dal 1918 al 1922 furono caratterizzati dallo spontaneismo indicato da Isnenghi. 32 Ibidem.

33 Ivi, p. 307.

34 B. Tobia, «Salve o popolo d’eroi... ». La monumentalità fascista nelle fotografie

Numerosi comitati sorsero in Lunigiana, probabilmente grazie al carisma di Ettore Viola, medaglia d’oro al valor militare e dal 1924 presidente dell’Associazione Nazionale Combattenti35, e nativo di Villafranca Lunigiana. Nel giro di pochi mesi Pontremoli, Bagnone, Fivizzano, Groppoli di Mulazzo, Villafranca Lunigiana e Pallerone (fig. 3), frazione del Comune di Aulla, videro la costituzione di un Comitato ai Caduti.

Figura 3. Monumento ai Caduti, Pallerone (Aulla), inizio anni Venti. Foto di Michele Finelli

La stessa situazione si riscontrò a Carrara, dove alle iniziative del- le frazioni e delle associazioni si affiancò il dinamismo degli artisti locali che parteciparono sovente con successo ai numerosi concorsi banditi in tutta la penisola36. Nonostante i fascisti avessero assunto il ‘controllo’ della città dal gennaio 1922, quando costrinsero alle di- 35 Sulla figura di Ettore Viola si veda E. Viola, Combattenti e Mussolini dopo il

Congresso di Assisi, Firenze, L’Impronta, 1975.

36 Si veda al proposito Opere di artisti nostri per i Caduti della Patria, «Il Giornale di Carrara», 25 novembre 1922.

missioni la giunta repubblicana guidata da Edgardo Lami Starnuti37, l’inaugurazione alla lapide dei Caduti della Pubblica Assistenza di Marina di Carrara, avvenuta il 3 agosto del 1922, fu ispirata a valori di pietà e solidarietà. Patria ed Umanità era il titolo della corrispon- denza dedicata alla manifestazione da «Il Giornale di Carrara», perio- dico dei liberali carraresi38. La lapide del sodalizio ricordava con sem- plicità i nomi dei Caduti – Egidio Bardini, Argante Bedini, Augusto Bogazzi, Emilio Catapiani, Ulisse Giacopini e Daniele Maggiani – e fu salutata da Oreste Nori, redattore del periodico liberale con un linguaggio lontano dall’esaltazione della guerra cara ai fascisti:

All’ideale, alla solidarietà, all’amore fra gli uomini, alle manifestazioni più pure della carità nel dolore, l’oratore, con eletta forma, sciolse un inno caldo, affermando e dimostrando che, oggi più che mai, le nazioni, i popoli e gli uomini abbiano bisogno di queste luci e di questa fiamma per esserne illuminati e riscaldati fuori dai sentieri dell’egoismo, della discordia e della violenza, onde raggiungere una più giusta fraterna convivenza sociale. […] Rievocando tutti i compagni caduti in guerra egli [Nori, N.d.A.] li immagina oggi convenuti tra l’Alpe Apuane e il Golfo di Luni, a sorridere alla festa dell’umanità39.

Rientrò in questo spirito ‘pietistico’ anche la lapide apposta nel dicembre del 1922 a Montignoso, terzo Comune costiero della pro- vincia che, «non contando ancora 5.000 anime, […] è fiero di avere dato ben 54 morti per ferite riportate combattendo»40. Il bassorilie- vo della lapide, opera dello scultore Angiolo Del Santo, raffigurava una madre che «sollevato il suo bambino gli fa baciare il libro sopra cui sono scritti i nomi dei 54 caduti […]. L’espressione di fortezza e di infinito dolore che traspare dal volto di quella madre, interpreta 37 Si veda Finelli, L’Edera e il marmo cit., pp. 74-75.

38 Patria ed Umanità, «Il Giornale di Carrara», 5 agosto 1922. Sul periodico si veda Bertozzi, La stampa periodica in provincia di Massa-Carrara cit., pp. 164-165.

39 Ibidem.

40 Il monumento ai Caduti di Montignoso, «Il Giornale di Carrara», 9 dicembre 1922.

in modo meraviglioso il dolore delle madri di Montignoso»41. Toccò a Pier Alessandro Sforza, figlio del conte Giovanni Sforza, celebrare lo spirito patriottico del Comune, vivo da quel 1797 in cui i suoi abitanti «si batterono contro le truppe francesi del generale Miollis che volevano conquistare il paese […]. Fin d’allora, disse il capi- tano Sforza, qui erasi suonato l’inno del Piave. Rievocò il valoro- so contributo dato da Montignoso nelle guerre dell’Indipendenza. Commossi assistevano alcuni gloriosi reduci garibaldini. Gli applau- si furono vivissimi; le madri montignosine cui egli portò il saluto erano commosse»42. Seppur intrisa di retorica, quella di Montignoso fu, probabilmente, una delle ultime manifestazioni in cui i senti- menti prevalsero sulla ‘liturgia’ fascista.

4. Carrara e la ‘fascistizzazione’ delle celebrazioni (1923-