• Non ci sono risultati.

Classificazione dei manoscritti in base al volgare

I L T RACTATUS EPISTOLARUM

6.2 Classificazione dei manoscritti in base al volgare

I mss. si possono ripartire però anche secondo un altro criterio, quello del tipo di volgare impiegato. Infatti, per la sola sezione di grammatica abbiamo numerosi impieghi di parole e frasi in volgare (i cosiddetti themata), che forniscono un’ottima indicazione per risalire, fin dove è possibile, all’origine del manoscritto. Si possono operare, grosso modo, tre grandi ripartizioni, a seconda che il volgare sia settentrionale, toscano o del sud dell’Italia.

Per la seguente analisi, ci appoggiamo in parte all’esame condotto sui codici da Franceschini: alcuni dei termini e delle frasi di cui ci serviamo per motivare la nostra ripartizione si leggono nell’articolo Une marque d’identité: la variation linguistique et toponomastique dans les grammaires du Moyen Age et de la Renaissance e Le “Regule” di Francesco da Buti tra scuola laica e Osservanza: un atlante linguistico dell’Italia tre-quattrocentesca, “Contributi di Filologia dell’Italia Mediana”, 17 (2003).

a. Mss. con volgare toscano

La determinazione del tipo di volgare si può operare a un duplice livello: quello dei termini impiegati per tradurre singole parole latine e quello dei toponimi presenti nel testo.

Per quanto riguarda il primo livello, Franceschini utilizza come esempi termini che appartengono alla categoria dei verbi atmosferici:

• ningo (“nevicare”) per il quale troviamo la dittongazione tipica dei dialetti della Toscana centro-settentrionale (pisano e lucchese):

• nievicare che riportano i mms.

F (Falconara, Archivio dei Frati Minori delle Marche, 7), R (Firenze, Biblioteca Riccardiana, 674),

P (Pisa, Biblioteca di S. Caterina, 149),

V (Verona, Biblioteca Capitolare, CCXLV/216)

• nievare che mostra, invece, il ms. X (Roma, Biblioteca Corsiniana, Fondo Corsini, 653)

• corruscho (“lampeggiare”), tradotto con il termine lusneo, ancora impiegato in molti testi medievali di Pisa, come la traduzione del trattato De amore di Albertano da Brescia, la traduzione del Dialogo di S. Gregorio di Domenico Cavalca di Vicopisano, il Colloquio spirituale di Simone da Cascina.

Per quanto riguarda i toponimi, i mss. sopra indicati riportano indicazioni di luoghi che sono quelli dei borghi e dei castelli medievali nei dintorni di Pisa, Vallis Here, Vicus, Cascina, Pegianus, oppure nomi di città vicine, come Luca e Pistorium.

Invece il ms. C (Firenze, Bibl. Nazionale Centrale, Landau Finaly, 260) mostra un tratto antifiorentino e antipisano (la forma debole dell’articolo el, di contro alla forma forte lo), che è attestato precocemente nel senese e nel sangemignanese. Inoltre, la nota finale (a c. 92v) indica che il codice è stato

scritto per me Gentilem Pele de Colle Vallis Else sub anno domini MCCCCXXXXVII, indictione VII, die vero XXVIII mensis settembris, che farebbe pensare ad una provenienza del codice dall’area di Colle Val d’Elsa.

Infine, il ms. Vat. Lat. 1499 della Biblioteca Apostolica Vaticana mostra chiari tratti antitoscani come l’impiego di e atona al posto di i in farse vespero, la navecella, la cepolla; l’assenza di anafonesi in la ponta; lo sviluppo del gruppo RJ verso la semplice liquida /R/ in lo cellaro; altre caratteristiche linguistiche spingono poi a localizzarlo piuttosto nell’Italia centrale (ad es. lo sviluppo del gruppo GI – J in /j/ in saiettare; lo sviluppo di GL in /j/ in la ianda), in una delle seguenti zone: Lazio settentrionale, Umbria meridionale, Marche meridionali, Abruzzo settentrionale. Al Lazio rinviano anche altri tratti come l’assimilazione del gruppo ND a NN in annare (trad. di gradior, “andare”), ed il fenomeno contrario di ripristino di ND in ingandare (trad. di fallo, decipio). All’area di Viterbo e Orvieto rimandano anche il passaggio di –er atono ad – ar in currare, mettare, e la forma della III persona plurale del presente indicativo, facio. Inoltre, la nota di possesso del sec. XVI (c. II), Gentilis Saxoli de Gualdo prius mag. Nicolai cartolarii in Burgo S. Petri de urbe, indica la presenza, già in antico, del codice a Roma.

b. Mss. con volgare di colorito settentrionale.

Gli stessi verbi atmosferici vengono in questo caso tradotti da forme che presentano la sonorizzazione tipica dei dialetti settentrionali:

- per ningo abbiamo nevigare (Firenze, Biblioteca Moreniana; Palagi 240), nevegare, con la e pretonica al posto della i (Sevilla, Biblioteca Capitular y Colombina, 5-4-28 e Oxford, Bodleian Library, Canon. 196, S. C. 19672), nevegar, con caduta della vocale finale (Sevilla, Biblioteca Capitular y Colombina, 5-4- 31), nevigaro, con falsa restituzione della o finale al posto della

e, tratto tipico del dialetto veronese (Venezia, Bibl. Nazionale Marciana, Lat. Classe XIII 13, 4308),

o con la scomparsa della consonante occlusiva:

-nivare (Pisa, Bibl. Universitaria, 931 e Firenze, Bibl., Mediceo- Laurenziana, Med. Pal. 64);

-per sagiptare (“lampeggiare”) troviamo le forme sfranzezare nel ms. Marciano, e sfranzare per corruscho (Roma, Bibl. Apostolica Vaticana, Chigiano O. VI 122), caratteristico dell’antico veneziano e del veronese.

Per i toponimi, incontriamo nomi di città e regioni settentrionali: Mediolanum, Verona, Venetie, Villa Nova, Lombardia, Pergamus.

Per il ms. Marciano e il ms. di München (Bayerische Staatsbibliothek, 23503) abbiamo attestazioni di una chiara provenienza veronese. Nel ms. Monacense troviamo la metafonesi da i finale in li baruni, li penduni; in entrambi i codici incontriamo poi forme non anafonetiche (nel Marciano la ponta, lossenghe, nel Monacense vermeio, losenghe); i due codici presentano inoltre aspetti chiaramente settentrionali, come il frequente scempiamento delle doppie e qualche esempio del fenomeno contrario (ipergeminazione): Marciano (brutura, sgiata, bocha, cristalo, stela; tabulla), Monacense (sciata, cristalo; vella). Altri fenomeni eminentemente settentrionali sono inoltre l’assibilazione della palatale, che si riscontra in entrambi i mss. (Marciano: luse, lusse, passe, nossella, nossa; Monacense: luso, paxo, noxella, nuxe); la sonorizzazione della sorda intervocalica velare (Marciano: portego, figo, orbaga; Monacense: portego, figo, segura), labiale (Marciano: civola (“cipolla”); Monacense: pevere (“pepe”), cevola), dentale (Marciano: madone, fadiga; Monacense: fadiga, menaçadi); la labializzazione della nasale in fine di parola (Marciano: fim, “fine”; Monacense: vim, “vino”); l’esito del gruppo CL nell’affricata palatale sonora (Marciano: vegieza (“vecchiaia”), sgiata (“schiatta”), sgiera (“schiera”) e nella sorda (Monacense: sciata, vechia); l’esito del gruppo GL nell’affricata palatale sonora o nella sua scomparsa (Marciano: gianda; Monacense: ianda).

Venendo poi ai toponimi la provenienza veronese è attestata per il Monacense da oltre venti citazioni di Verona e nove di Vicentia, oltre alla nota di possesso, parzialmente erasa, Iste liber fuit […] de Verona. Per il Marciano le attestazioni sono più varie, perché, oltre a diverse citazioni di Verona e Veneciis, troviamo anche a Pergamo pergamenssis, Mediolanum; inoltre, la nota finale dice che il ms. fu copiato Alexandri manu Pergamenssis; tuttavia, i tratti fonetico-lessicali che presenta sono tali da non lasciare dubbi sulla sua provenienza dalla zona di Verona.

c. Mss. che presentano un volgare di tipo meridionale.

Possiamo distinguere forme e nomi diversi che rimandano a aree diverse del sud d’Italia.

In primo luogo, osserviamo tratti lessicali e toponimi che rinviano al volgare dell’Abruzzo-Molise:

- Per ningo troviamo nenguere, forma attestata da alcuni testi antichi degli Abruzzi (Napoli, Bibl. Nazionale, V C. 13 e Paris, Bibliothèque Nationale de France, Lat. 7532),

- Per corruscho incontriamo sollustrare, tipo verbale che si trova soltanto negli Abruzzi orientali e nel Molise (ancora nel ms. Napoli, BN, V C. 13 e nel ms. Parigino), solustrare (Teramo, Bibl. Provinciale “Melchiorre Delfico”, 11);

- Il verbo meteorologico pluo (“piovere”) viene tradotto con plovere, ningo con floccare e corruscho con lampare (Roma, Bibl. Angelica, 1375).

Per i nomi di luogo, osserviamo la presenza del toponimo Anglonum (Agnone, situato al confine settentrionale della provincia di Campobasso), Casula ?, Archia ? (in provincia di Chieti), e il nome di regione Aprutio nel ms.

di Napoli, BN, V C. 13. Questo codice, alla c. 67v, presenta anche un colofone con la data ed il nome del copista: Anno D.ni 1456 die 24 octubris V ind. Presbiter Marianus scripsit, che lascerebbe pensare al convento di S. Bernardino di Agnone e ad un’area come quella degli Abruzzi sud-orientali. Allo stesso modo, il ms. di Teramo contiene un’antica nota di possesso Isti libri sunt loco Therami, che rimanderebbe al convento di Santa Maria delle Grazie di Teramo. Di nuovo, nel ms. Angelico troviamo Castrum Fluminis, insieme ad una nota finale che indica luogo, data e nome del copista regule […] scripte per me Salvatorem de Castro Fluminis ibidem sub anno Domini Millesimo CCCC XXXX VIIII Mensis Septembris die XXIII: Castrum Fluminis è l’attuale Castellafiume, presso il fiume Liri, ancora una volta negli Abruzzi.

In secondo luogo, incontriamo rimandi alla Basilicata, ma anche alla Campania:

- ningo, tradotto con due forme diverse (chyovere e fyoccare), pluo con altrettante forme (plovere e nivegare); corruscho con lampare (Berlin, Deutsche Staatsbibliothek, Hamilton 124), forme che rimandano ancora una volta al dialetto abruzzese.

Ma per quanto riguarda i toponimi, osserviamo questa volta l’aggettivo di provenienza basilicus ed il toponimo Acerre ? (Acerra in Campania).

Come terzo punto, altri codici rimandano piuttosto all’area delle Puglie e della Calabria.

-Per corruscho ci imbattiamo in dillampare (Oxford, Bodleian Library, Lat. Misc. e 52, W 40118) e in dirlampare (Napoli, Bibl. Nazionale, Fondo Principale, V H. 135), tipi lessicali caratteristici delle Puglie, anche se si trovano pure in della Basilicata e in Molise.

Per quanto riguarda i toponimi, una nota finale del ms. di Napoli, BN, FP, V H. 135 riporta la seguente informazione: Die mercurii, sexta novembris […] frater Nicolaus ordinis minorum sancti Francisci nec non Cappellanus domini Latini cardinalis degnissimi<us> de Ursinis scripssit. Latino Orsini era stato vescovo di Trani. Il ms. avrebbe quindi una provenienza pugliese.

Invece, troviamo un riferimento alla Calabria nel ms. di Oxford che riporta l’aggettivo di provenienza scaleotus con riferimento a Scalea, della provincia di Cosenza.

Vi sono anche rimandi alla Sicilia:

Il ms. c 30 30 dell’Archivio Capitolare di Pisa e il ms. Ottoboniano latino 1193 presentano un vocalismo ed un consonantismo di tipo siciliano: per corruscho il ms. Ottoboniano riporta lampari, caratteristico della Calabria del sud, ma anche della zona di Messina; questo codice presenta anche il rotacismo della l intervocalica in lu meri (“il miele”), tipico della zona fra Messina e Catania, come Bronte e Linguaglossa.

Per quanto concerne i nomi di luogo, incontriamo i nomi Sicilia, Vallis Noti e Randaccium, (Randazzo, vicino all’Etna), che conferma la provenienza del codice dalla medesima zona di Bronte e Linguaglossa.

Un ms. a metà strada fra Sicilia e Francia.

Una particolarità mostra il ms. Antinori 99 della Bibl. Mediceo-Laurenziana di Firenze: vi si trovano, infatti, forme siciliane che traducono i verbi metereologici (pioviri, nivicari, tronari, lampari, sagictari, fari sira), ma nel contempo altre forme che farebbero attribuire il codice al sud della penisola. Ma vi è anche un’altra particolarità: alla c. 70v troviamo una nota di possesso, Iste liber pertinet fratri Iacobo Fabri eiusdem ordinis Sancti Augustini de

Francia, e Iste regule pertinent fratri Iacobo Fabri, con la data a dì 12 d’octobre mille463, e vi sono anche tratti in italiano francesizzato, cosa che lascerebbe pensare che il possessore o il copista del codice fosse un religioso francese.

Riassumendo, sono di provenienza toscana (pisano-lucchese) i codici:

- F, Falconara, Archivio dei Frati Minori delle Marche, 7 - R, Firenze, Biblioteca Riccardiana, 674

- P, Pisa, Biblioteca di S. Caterina, 149 (182) - V, Verona, Biblioteca Capitolare, CCXLV 216 - A, Roma, Biblioteca Corsiniana, Fondo Corsini, 653

Mentre denuncia una provenienza genericamente toscana (forse da Colle Val d’Elsa; in ogni caso dall’area senese o sangemignanese) il ms. di

- C Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Landau Finaly, 260

Infine, si lascia situare nell’area dell’Italia centrale (Lazio settentrionale - Umbria meridionale: probabilmente nella zona di Viterbo e Orvieto) il ms. della

- Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. Lat. 1499

Hanno, invece, un volgare di patina settentrionale i seguenti codici:

- Firenze, Biblioteca Moreniana, Palagi 240 - Oxford, Bodleian Library, Canon. 196

- Sevilla, Biblioteca Capitular y Colombina, 5-4-28

- Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, Lat. Classe XIII, 13 (4308)

- Pisa, Biblioteca Universitaria, 931

- Sevilla, Biblioteca Capitular y Colombina, 5-4-31

- Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Fondo Chigiano, O. VI 122

Mostrano, infine, un volgare di colorito meridionale e denunciano, pertanto, una provenienza dall’Italia del Sud i seguenti codici:

- Napoli, Biblioteca Nazionale, V C. 13 - Paris, Bibliothèque Nationale de France,

Lat. 7532

provenienza

dall’Abruzzo/Molise - Teramo, Biblioteca Provinciale “M.

Delfico”, 11

- Roma, Biblioteca Angelica, 1375 - Berlin, Deutsche Staatsbibliothek,

Hamilton 124

Basilicata/Campania

- Napoli, Biblioteca Nazionale, Fondo Principale, V H. 135

Puglie (ma con tratti linguistici caratteristici anche del Molise e della Basilicata)

- Oxford, Bodleian Library, Lat. Misc. e 52, W 40118

Calabria

- Città del Vaticano, Biblioteca

Apostolica Vaticana, Ottoboniano lat. 1193

- Pisa, Archivio Capitolare, c 30 30

Sicilia (zona di Catania e Messina)

- Firenze, Biblioteca Laurenziana, Antinori 99

Calabria (ma con forme di italiano francesizzato; una nota di possesso confermerebbe l’ipotesi che il codice sia stato vergato da un copista francese)

Per diversi motivi restano esclusi da questa classificazione i seguenti codici (che pure sono stati inseriti nell’elenco generale dei mss. al punto 1):

- Chicago, University Library, 99 (che per la distanza non è stato possibile esaminare)

- N, Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppressi, B. 1, 1500 (che rimane escluso obbligatoriamente dalla classificazione, contenendo solo le Figure constructionis, prive di esempi in volgare)

- L, Livorno, Biblioteca del Convento del Frati Cappuccini, Br 8, 25 (di cui i frati non permettono la consultazione; da poche pagine riprodotte on line sul sito del CODEX – Inventario dei manoscritti medievali della Toscana, sembrerebbe che il codice sia redatto in volgare toscano, ma ciò andrebbe confermato da un’analisi diretta)

- London, British Library, Add. 22025 (escluso dalla classificazione perché contenente soltanto le R. rhetorice e l’ars dictaminis)

- Firenze, Biblioteca Riccardiana, 150 (L IV 23)

- Orta S. Giulio-Orvieto, Biblioteca Parrocchiale (che contiene solo un compendio di un’opera simile a quella del Buti: non è certo, perciò, che si tratti proprio del testo del nostro autore, o di una compilazione ad esso ispirata)