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Il coaching per la crescita personale nel passaggio generazionale

Consapevolezza responsabilità

2. Il coaching per la crescita personale nel passaggio generazionale

In un ottica familiare, in cui le relazioni sono particolarmente dense (i legami che si instaurano tra predecessore ed erede non sono come quelli tra titolare e dipendente), è facile che bisogni di autostima, riconoscimento, controllo e autorealizzazione prendano il sopravvento a discapito della reale e funzionale gestione delle dinamiche familiari e del personale dipendente. A maggior ragione, trattandosi di un contesto familiare, è opportuno

98 valorizzare le relazioni e le persone, in quanto dalla qualità della relazione predecessore-successore, della relazione successore-collaboratori e dall’insieme di queste, scaturisce il successo aziendale o meno. Abbiamo visto nel capitolo precedente come la letteratura sia unanime nel definire il passaggio generazionale critico proprio per gli aspetti relazionali tra la generazione uscente, la generazione entrante e ciò che questo comporta a livello aziendale.

L’obiettivo molto audace, ma anche l’unico che in realtà viene perseguito con un percorso di coaching, è la crescita personale. Il coach, attraverso le domande potenti ed il disorientamento positivo, fa in modo che la persona si veda come riflessa in uno specchio, che smetta di identificarsi con il proprio ruolo, con il proprio lavoro, con il proprio successo o fallimento, con il proprio ego e con il proprio sabotatore. All’interno di un percorso di coaching viene messa in discussione l’idea che abbiamo di noi stessi, per risalire ad un livello più profondo, togliendo di volta in volta gli strati che la mente appone alla libertà di agire e di perseguire.

La crescita personale avviene nel momento in cui c’è la sincera volontà di mettersi in discussione e di rivedere senza giudicarsi o biasimarsi da dove scaturiscono i nostri comportamenti. Di fatto, in ogni ambito, da quello aziendale a quello sportivo, non può esserci un vero cambiamento se non avviene un passo verso una maggiore consapevolezza, verso un maggior distacco dall’emotività nelle proprie dinamiche.

2.1. Consapevolezza e Responsabilità

“derivato di consapere, composto di con e sapere”

Questa parola denota un fenomeno estremamente intimo e di importanza cardinale. Non si tratta di un superficiale essere informati, né di

99 un semplice sapere - e si diparte anche dalla conoscenza, più intellettuale. La consapevolezza è una condizione in cui la cognizione di qualcosa si fa interiore, profonda, perfettamente armonizzata col resto della persona, in un uno coerente. È quel tipo di sapere che dà forma all'etica, alla condotta di vita, alla disciplina, rendendole autentiche. La consapevolezza non si può inculcare: non è un dato o una nozione. È la costruzione originale del proprio modo di rapportarsi col mondo - in quanto sapere identitario, davvero capace di elevare una persona al di sopra dell'ignoranza e della piana informazione. È il caso della consapevolezza del rischio, che non frena ma rende accorti; della consapevolezza delle proprie capacità, che orienta ed entusiasma; della consapevolezza del dolore, che rende compassionevoli e gentili; della consapevolezza di essere amati, che rende invulnerabili.”1

“rendi cosciente l’inconscio, altrimenti sarà l’inconscio a guidare la tua vita, e tu lo chiamerai destino” Carl Jung

Il primo elemento chiave del coaching, è la consapevolezza, intesa come concentrazione e chiarezza sulle proprie dinamiche, essere consapevoli implica la conoscenza di noi stessi attraverso l’auto-osservazione e la corretta interpretazione di ciò che si prova, si vede e si sente. La consapevolezza della maggior parte delle persone è di solito molto scarsa. La nostra cultura ed il nostro sistema scolastico, non insegnano ad ascoltare se stessi e le proprie dinamiche interiori, non vengono insegnati i principi base della socialità e della psicologia, per cui una persona re-agisce (e non agisce) nelle situazioni e di fronte a persone differenti in maniera differente. Si tende piuttosto ad incolpare gli altri per i nostri sentimenti negativi, a cambiare lavoro se non ci troviamo bene, a cambiare scuola se il professore

100 non ci favorisce. La cultura occidentale non è fondata sulla messa in discussione del sé, piuttosto cerca ogni motivo per giustificarci e incolpare gli altri.

Essere consapevoli significa invece diventare consci dei propri meccanismi, riconoscerli per gestirli. Significa innanzitutto riconoscere i limiti dettati dalle proprie convinzioni, i pregiudizi, le conclusioni affrettate, l’etichettamento che continuamente le persone assegnano ad altre persone o situazioni.

Come una lente di ingrandimento può ampliare notevolmente la vista, la consapevolezza di sé e degli altri, può ampliare notevolmente il proprio potenziale e la padronanza di sé nella vita.

Un leader di sé, consapevole dei propri limiti, delle proprie simpatie, del proprio modo di porsi e di parlare, saprà riconoscere il comportamento ottimale da adottare con persone diverse e in diverse situazioni, prima di reagire sulla base di un impulso inconsapevole.

101 In questo modo la mente umana agisce continuamente, la consapevolezza sta nel comprendere in che modo noi stessi elaboriamo l’input nel processo e per quale motivo; a questo punto, se siamo consapevoli dei meccanismi che mettiamo automaticamente in atto e siamo in grado di riconoscerli, accoglierli e superarli saremo in grado anche di modificare l’output, che è in realtà il nostro comportamento, per renderlo più funzionale alla situazione in cui siamo.

La responsabilità è direttamente proporzionale al livello di consapevolezza.

In questo senso essere responsabili significa, secondo l’etimologia del termine, è l’abilità di rispondere delle proprie azioni, ovviamente che funzionali ai propri obiettivi. Significa cioè agire i propri bisogni e i propri stati d’animo. La responsabilizzazione è ciò che davvero smuove la motivazione intima in una prestazione, in una relazione, non è e non può essere la minaccia di una punizione o la promessa di un premio ad indurre una persona ad un’ ottimale collaborazione, bensì il coinvolgimento diretto della stessa nella, appunto responsabilità del suo agire. In questo senso l’essere consci delle proprie dinamiche fa si che la persona prima di re-agire, possa osservare i propri moti interiori, come l’ansia che arriva, o la rabbia che arriva, per riconoscerli e gestirli. La consapevolezza e la responsabilità agiscono da cuscinetto tra l’esterno che filtriamo e il nostro comportamento. Vedremo nei paragrafi successivi come questi due aspetti siano connessi all’empowerment e all’allineamento.

102 Ad ogni modo in un passaggio generazionale, è indispensabile che gli attori di tale scenario siano consapevoli riguardo al proprio ruolo in azienda, alle dinamiche relazionali che esistono, a quanta responsabilità ognuno è in grado di assumersi riguardo innanzitutto agli obiettivi personali e successivamente, a quelli della propria azienda.

2.2. Motivazione e Fiducia

“Se tratti le persone da asini, otterrai performance da asini” John Whitmore Essere motivati ed avere fiducia in se stessi è la base per costruire qualsiasi tipo di relazione o di impresa, aziendale o personale che sia. In una fase come il passaggio generazionale, la motivazione da parte dei successori è come abbiamo precedentemente visto funzionale alla riuscita stessa del successo aziendale. Pensare di motivare i propri eredi ed i collaboratori in generale con vecchi metodi a premi, incentivanti e disincentivanti, è un controsenso, di fatto costringere qualcuno ad auto motivarsi è un controsenso.

Al momento ci troviamo a fronteggiare una crisi per cui già il mantenimento del posto di lavoro, la sopravvivenza dell’azienda stessa, è quanto di meglio aspirano molti imprenditori italiani. Paradossalmente, in questo momento in cui abbiamo maggiormente bisogno di intuito, idee e passione, il sistema incentivante viene a mancare nella quasi totalità dei casi per cause di forza maggiore. È quindi impensabile poter agire sulla motivazione con degli stimoli esterni. Le più recenti ricerche1 evidenziano come ad esempio la

sicurezza sul lavoro e la qualità della vita sul lavoro siano di gran lunga più

1 l modello "Valutazione dei Rischi Psicosociali" (VARP). Metodologia e strumenti per una

gestione sostenibile nelle micro e grandi aziende: dallo stress lavoro-correlato al mobbing

Autori e curatori

103 efficaci di qualsiasi incentivo economico. Del resto se l’azienda identifica col solo valore economico il valore di un collaboratore, è conseguente il fatto che quest’ultimo percepisca solo il denaro come elemento di una certa importanza.

Secondo Abraham Maslow, esiste una scala di bisogni che partendo da quelli primari, sale verso i bisogni più complessi, che avvertiamo e cerchiamo nel momento in cui arriviamo ad uno stato sufficiente di maturità. L’ondata della psicologia positiva, di cui Maslow è uno dei primi esponenti, cerca di andare oltre il behaviorismo, secondo cui l’essere umano risponde ad una serie di stimoli incentivanti e disincentivanti. L’ottimismo psicologico è il fondamento stesso della pratica del coaching, è di conseguenza fondamentale accettarne i principi nel caso in cui si voglia adottarlo come stile di management.

Il coaching entra in azione sui bisogni più evoluti, in questa fase pretendiamo da noi stessi standard più elevati e guardiamo i nostri criteri personali, attraverso i quali ci valutiamo, invece di preoccuparci di come ci vedono gli altri. La persona che si auto realizza ha il bisogno di scopo e

104 significato nella propria vita. È necessario che la sua attività, il suo valore, abbia per se stessa un valore reale e che dia un contributo agli altri.

Tutto ciò si ricollega alla motivazione in quanto le persone cercano di dedicarsi alle attività che aiutano a realizzare i propri bisogni. Generalmente sul luogo di lavoro di lavoro c’è un importante bisogno di fiducia in se stessi: le aziende e i metodi di management tradizionali sono piuttosto inadeguati a soddisfare questo bisogno, in quanto l’obiettivo di tali metodi è in realtà è il mantenimento del controllo, che scoraggia nei subordinati la fiducia in se stessi, e quindi una reale motivazione al lavoro.

In che modo invece il coaching può avere un effetto determinate sulla motivazione?

Ed ecco il punto centrale: la fiducia in se stessi non si sviluppa con premi e riconoscimenti, che sono simbolici e non sostanziali, ma si crea quando qualcuno è ritenuto in grado di operare delle scelte. Una promozione senza un vero e proprio aumento di potere decisionale e l’opportunità di esprimere il proprio potenziale, è prima di effetti positivi. Mentre il “dire cosa fare” toglie potere, limita il potenziale e demotiva, il coaching mira all’esatto opposto.

“ Il più grande dono che si può fare ad una persona è la libertà di scegliere” Stephen Covey

Bisogno di

autorealizzarsi fiducia in seBisogno di

Dare la possibilità di adoperare delle

scelte

105 Vedremo nei prossimi paragrafi come concretamente mettere in atto un empowerment efficace.

Si pensi ad un passaggio generazionale in cui il padre dice di voler delegare al figlio un certo reparto, ma in realtà il suo controllo è sempre presente e il figlio non percepisce una reale fiducia nei propri confronti.

Le nuove generazioni in particolar modo ricercano più che un soddisfacimento economico, un soddisfacimento di scopo ed etica. Le aziende sono costrette a riflettere più attentamente sulla propria etica, sui propri valori e sui bisogni dei loro dipendenti, dei loro azionisti, dell’intera comunità e dell’ambiente.

3. Il coaching per la leadership responsabile e il