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In ambito aziendale al momento attuale e specificatamente in Italia, di rado viene presa in considerazione una formazione specifica riguardo al saper essere. Nella realtà invece la maturità personale e la gestione dei propri bisogni e del proprio agire fanno una sostanziale differenza, in quanto da essi dipendono non solo i rapporti familiari e tra colleghi, ma anche la gestione dei clienti e la lucidità con la quale si affrontano scelte personali e professionali. L’esperienza che mi ha portato a scegliere questo percorso di tesi, deriva dal forte impatto che il coaching ha avuto sulla mia crescita personale. Nelle varie esperienze lavorative e formative, in qualunque ambito relazionale, ho sempre percepito la necessità di un agire più consapevole e più funzionale. Nel momento in cui ho sperimentato personalmente i benefici del coaching, ho compreso quanto potesse essere appropriato introdurre tale metodo nel sistema aziendale territoriale, ovvero nelle piccole e le medie imprese familiari.

La letteratura ha sempre studiato casi aziendali per giungere ad un risultato descrittivo più che proattivo, in cui sono bene evidenti le caratteristiche delle famiglie di successo, senza individuare però una modalità per assimilarle.

Inoltre le pmi poco e male si prestano ad un tipo di formazione in voga in certe parti d’oltre oceano, in cui slogan e fantasiose attività vanno per la maggiore. Il coaching risulta potente, al contrario, perché non ha un standard al quale adeguarsi, anzi. La bravura del coach sta proprio nel trovare uno stile relazionale ed una modalità calibrata sulla persona e sulla situazione che di volta in volta si presentano. Sta a lui infatti, creare i presupposti per una relazione basata sulla fiducia, sulla consapevolezza, sul rispetto, sull’ascolto, che induca a far emergere i veri nodi critici, per poi dare alla persona la possibilità e la scelta di scioglierli.

156 Nella situazione economica in cui veniamo a trovarci risulta evidente che le imprese familiari, come del resto le altre, sono chiamate a fare un salto di qualità, valorizzando le proprie qualità e lavorando sui propri limiti, non è più sufficiente fare delle cose, bisogna essere presenti con tutto il nostro essere e le nostre piene facoltà.

Il coaching si propone come uno strumento attraverso il quale qualunque membro della famiglia, durante il passaggio generazionale, può riflettere attentamente e obiettivamente sulle motivazioni, sui valori e sugli obiettivi per i quali decide di condurre l’attività, oltre che al modo con cui desidera farlo.

La conclusione di fondo è che non può esserci una reale presa di consapevolezza ed una reale crescita professionale se non c’è una volontà di mettere in discussione le proprie convinzioni, i propri bisogni e i propri modi comportamenti. Di fatto, dinamiche abbinate alla personalità che spesso impediscono un’autentica autorevolezza, ben poco hanno a che fare con una sorta di innatismo o ancora di destino, bensì sono modificabili attraverso la consapevolezza di sé.

Adottare il coach come un professionista che accompagna a guardarsi dall’esterno e contemporaneamente nella nostra parte più profonda è un percorso necessario per divenire allineati e responsabili in prima persona, disimparando i condizionamenti e le convinzioni che non permettono al nostro vero io, al nostro potenziale di fluire liberamente. Successivamente sarà possibile, anche in un’ottica di gestione familiare e lavorativa, diffondere i cambiamenti avvenuti in noi anche ai nostri collaboratori, adottando una leadership consapevole e autentica, che non sia mero esercizio di potere, bensì rappresenti una fonte di crescita, entusiasmo, collaborazione e ascolto, verso risultati ed obiettivi percepiti dall’integrità della nostra persona.

157 E per raggiungere tutto questo occorrono “solo” due valori di fondo: il

coraggio (da cor-ago = andare col cuore) di camminare nella vita e nel

mondo con tutta la nostra potenza e l’umiltà per continuare a crescere dentro di noi e per poi far crescere gli altri, fuori di noi… “l’umiltà non consiste nel considerarsi inferiore agli altri, ma nel liberarsi della presunzione della propria importanza. E’ uno stato di semplicità naturale in armonia con la nostra vera natura che consente di godere del momento presente. L’umiltà è un modo di essere e non di apparire”.

E’ proprio con la definizione di umiltà da parte di Matthieu Ricard che voglio concludere questo mio viaggio nel mondo del coaching, che ha accompagnato questo mio lavoro e che ha contribuito ad aggiungere un tassello in più alla conoscenza del mio io più autentico.

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