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Dal modello accusatorio del codice del 1988 al ritorno inquisitorio del

3.2. Il codice del

Il codice di procedura penale vigente fu approvato il 22 settembre del 1988 ed entrò in vigore l’anno successivo sotto l’egida del ministro della difesa Vassalli. Sul codice si crearono molte aspettative dovute, soprattutto, al radicale cambiamento di sistema: come già detto, si passò da un modello misto a forte tendenza inquisitoria, ad un sistema accusatorio.

Lo scopo era di creare un “codice per i galantuomini”108

che tutelasse l’innocente perseguendo l’obiettivo di fondo di qualsiasi processo penale (l’accertamento della verità), senza cedere alla tentazione di utilizzare qualsiasi mezzo a disposizione per raggiungerlo.

In tale prospettiva, le scelte del legislatore furono logiche e coerenti con le linee guida: infatti si cercò di privilegiare il pubblico contraddittorio dibattimentale per la formazione delle prove in giudizio e lo si fece anche ridimensionando la fase delle indagini109.

Del resto, nel sistema accusatorio, il momento essenziale è proprio il dibattimento dove si ha l’acquisizione immediata della prova, ottenuta soprattutto grazie all’istituto della cross examination che garantisce la partecipazione di accusa e difesa su basi di parità ed in ossequio ai principi del contraddittorio e dell’oralità. Il codice Vassalli, dunque, oltre a mutare radicalmente il modello processuale adottato, segna una decisiva svolta anche nel modo di concepire il contraddittorio nell’ambito della prova dichiarativa: si passa “dal contraddittorio sulla prova al

108 Così G.D.PISAPIA per dare un parametro che indicasse quella che doveva essere l’essenza di

un buon codice di procedura penale (V. M.CHIAVARIO, Procedura penale un codice tra

“storia” e cronaca, cit., p.101

74 contraddittorio per la prova”110

superando il sistema del codice Rocco nel quale il contraddittorio si esercitava, il più delle volte, su prove già formate (come, ad esempio, i verbali delle dichiarazioni raccolte dagli organi inquirenti).

La maggior attenzione del legislatore di fine anni ottanta per contraddittorio e oralità si evince anche da quel complesso di disposizioni volte a garantire la c.d. “regola d’oro del processo accusatorio”111

, secondo la quale per far sì che le dichiarazioni di testimoni e coimputati valgano come prove del processo, si devono assumere con il metodo dell’esame incrociato e nessuna dichiarazione raccolta unilateralmente, neanche se contestata a chi l’ha resa durante la deposizione orale, può essere utilizzata come prova nel giudizio, salvo le eccezioni tassativamente previste come, ad esempio, l’irripetibilità sopravvenuta. Dal contesto descritto si possono estrapolare due disposizioni che più di tutte incarnano il nuovo spirito del legislatore:

la prima fissa una netta regola di esclusione probatoria in rapporto alle dichiarazioni raccolte nelle indagini e contestate al testimone che, in fase dibattimentale, abbia reso una diversa versione dei fatti.

L’articolo di riferimento è il 500 originario112

il quale dispone, al 3°comma, che “la dichiarazione utilizzata per la contestazione, anche se letta dalla parte, non possa costituire prova dei fatti in essa affermati” e che possa essere valutata dal giudice solo per stabilire la credibilità della persona esaminata; regola soggetta a limitate eccezioni per le dichiarazioni assunte dal pubblico ministero o dalla

110 Slogan efficacemente coniato da D.SIRACUSANO in Vecchi schemi e nuovi modelli per

l’attuazione di un processo di parti, in Legislazione penale, 1989, p.84

111

P.FERRUA, Il “giusto processo”, Bologna, 2012, p.2

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polizia giudiziaria nel corso delle perquisizioni o sul luogo dell’immediatezza del fatto (4°comma).

La norma, per struttura e contenuto, può essere ritenuta, a ben vedere, la concreta proiezione di un processo fondato sul contraddittorio; non mancano, però, le critiche: autorevole dottrina si è espressa in termini negativi, in particolare con riguardo al 4°comma dell’art.500, sostenendo che, sebbene la deroga sia ben circoscritta, non si possa consentire che “una dichiarazione, raccolta in segreto e

coram populo rinnegata, sia utilizzata per condannare l’imputato”113.

La seconda, invece, dispone il divieto di testimonianza indiretta della polizia giudiziaria (art.195, 4°comma); anch’essa fatta oggetto di numerose modifiche, nella sua versione originaria prevedeva che ufficiali e agenti di polizia giudiziaria non potessero deporre sul contenuto delle dichiarazioni acquisite dal testimone. Il divieto è pienamente coerente col sistema; sarebbe inefficace vietare la lettura dei verbali se si consentisse a chi li ha formati di testimoniare sul contenuto. Detto delle norme simbolo del processo accusatorio delineato dal codice del 1988, è necessario soffermarsi su altri due istituiti fondamentali per contraddittorio e oralità: l’incidente probatorio e le letture.

Il primo, nella sua versione originaria, era pensato come rimedio anticipato: l’obiettivo era (ed è tuttora) quello di un’acquisizione immediata delle testimonianze a rischio inquinamento (si pensi alla testimonianza che, per elementi concreti, si ritenga possa essere viziata da minaccia, violenza, offerta o

113 La critica tiene conto degli orientamenti giurisprudenziali tesi ad estendere l’ambito della

deroga (P.FERRUA, Studi sul processo penale II, Anamorfosi del processo accusatorio, Torino, 1992, p.107)

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promessa di denaro alla persona che la deve rendere) nel rispetto del contraddittorio.

Il legislatore, nelle sue scelte iniziali sull’incidente probatorio, fu coerente nel mantenere il metodo dialettico di elaborazione della prova anche di fronte alle emergenze legate alla criminalità organizzata, che avrebbero potuto portare ad ampliare il ventaglio delle soluzioni derogatorie, e non previde alcuna ipotesi di recupero successivo di atti della fase preliminare neanche nel caso in cui l’intimidazione fosse emersa a dibattimento iniziato.

Tali premesse portarono a rinunciare solo alla formazione dibattimentale della prova, facente capo all’immediatezza, ma non a contraddittorio e oralità114

.

Per quanto riguarda il tema delle letture, si prevede che il giudice possa disporre che sia data lettura dei soli atti contenuti nel fascicolo del dibattimento e che la lettura dei verbali di dichiarazioni possa essere disposta solo dopo l’esame della persona che le ha rese; l’unica eccezione è il caso in cui l’esame non abbia luogo (art.511, 1° e 2°comma).

La norma generale appena riportata subisce alcune deroghe: infatti l’art.512, nella sua versione originaria115 e ancor di più nell’attuale fa sì che una serie di dichiarazioni raccolte segretamente dall’accusatore (oggi si considerano anche quelli assunti dalla polizia giudiziaria) entrino nel dibattimento come prove idonee a determinare il convincimento giudiziale.

114 Successivamente vengono introdotte più deroghe come la valutazione delle dichiarazioni

assunte fuori dal contraddittorio (art.500, 5°comma pre riforma del 2001) ed il recupero di tali dichiarazioni in deroga al contraddittorio (attuale art.500, commi 4 e 5). M.L.BUSETTO, Il

contraddittorio inquinato, Milano, 2009, p.9

115 “Il giudice, a richiesta di parte, dispone che sia data lettura degli atti assunti dal pubblico

ministero e dal giudice nel corso dell’udienza preliminare quando, per fatti o circostanze imprevedibili, ne è divenuta impossibile la ripetizione” (art.512, 1°comma ante modifica)

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La lettura è subordinata alla richiesta di parte e l’atto potrebbe essere favorevole all’imputato anche se, comunque, si fa riferimento ad elementi raccolti dal pubblico ministero e, quindi, tendenzialmente di natura accusatoria.

Neanche la garanzia del “carattere imprevedibile” dell’ostacolo alla ripetizione dell’atto è sufficiente: la clausola è volta ad evitare che il pubblico ministero aggiri l’efficace mezzo dell’incidente probatorio, sapendo di poter utilizzare, in caso di sopravvenuta irripetibilità, l’atto unilateralmente formato.

Autorevole dottrina ha espresso dubbi sulla nozione di irripetibilità la quale presenterebbe “contorni troppo vaghi per opporre un’efficace barriera alle immancabili spinte degenerative” della giurisprudenza116.

Infine l’art.513, che esamineremo meglio più avanti, dispone che se l’imputato è assente o si rifiuta di sottoporsi all’esame, il giudice, ancora una volta dietro richiesta di parte, dispone “che sia data lettura dei verbali delle dichiarazioni rese dall’imputato al pubblico ministero o al giudice nel corso delle indagini preliminari o nell’udienza preliminare”.

Stessa cosa si prevede nel 2°comma dove, però, si fa riferimento al coimputato in un processo separato nel caso in cui non sia possibile ottenerne la presenza.

Anche in questo caso non possiamo dire che il contraddittorio sia pienamente rispettato poiché, per quanto le dichiarazioni di cui si richiede la lettura siano state rese con la presenza del difensore, potrebbero contenere chiamate in correità le quali verrebbero ad assumere valore di prova, nonostante il difensore del correo non abbia partecipato all’interrogatorio dell’indiziato nelle indagini preliminari.

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In merito al contenuto del codice Vassalli, a pochi anni dalla sua nascita, è stato detto che: “l’esame incrociato, faticosamente conquistato dopo tante polemiche,

dev’essere lo strumento effettivo di formazione della prova testimoniale, non il fumo di uno svaporante contraddittorio”117.