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L’impossibilità sopravvenuta ed il ricorrente problema della non dispersione della prova: l’art.513 tra lettura e circolazione d

L’inserzione nella carta costituzionale delle garanzie del giusto processo e le sue ricadute nel sistema processuale

4.4. L’impossibilità sopravvenuta ed il ricorrente problema della non dispersione della prova: l’art.513 tra lettura e circolazione d

verbali di altri procedimenti

La riforma costituzionale del 1999 fu seguita dalla legge 63 del 2001 che si proponeva di dare attuazione, a livello codicistico, ai nuovi dettami della Costituzione anche se, in realtà, ci riuscì solo in parte.

La legge ebbe un iter piuttosto travagliato: da un primo testo, approvato quasi all’unanimità dal Senato nel 1999, quasi contestualmente alla riforma costituzionale, si passò ad un testo ampiamente rielaborato, l’anno successivo, che incontrò il consenso trasversale di molte forze politiche.

L’art.513 che disciplina la lettura delle dichiarazioni rese dall’imputato nel corso delle indagini preliminari o nell’udienza preliminare, è stato oggetto della riforma in questione.

Tuttavia tale norma era stata già oggetto di altre modifiche: infatti, in origine, al 1°comma si consentiva, nel caso l’imputato fosse assente, contumace o se si rifiutasse di sottoporsi all’esame e su richiesta di parte, di dare lettura dei verbali delle dichiarazioni rese dall’imputato al pubblico ministero o al giudice nel corso delle indagini preliminari o nell’udienza preliminare. La lettura comportava l’acquisizione da parte del fascicolo per il dibattimento delle dichiarazioni rese in

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precedenza che potevano essere utilizzate, in assenza di limiti, non solo per sé stessi, ma anche verso gli altri vista l’assenza di delimitazioni.

Il 2°comma faceva riferimento alle “persone indicate dall’art.210” (imputati in un procedimento connesso), ammettendo la lettura, su richiesta di parte, solo quando non fosse possibile la presenza del dichiarante in udienza, nonostante fossero stati disposti l’accompagnamento coattivo, l’esame a domicilio o la rogatoria internazionale.

Nell’ipotesi in cui il coimputato fosse comparso, ma si fosse avvalso della facoltà di non rispondere, non sarebbe stata ammissibile la lettura dei verbali contenenti le dichiarazioni precedenti.

La Consulta dichiarò l’illegittimità costituzionale dell’art.513, 2°comma con la sentenza n°254 del 1992164, fondandosi sul canone conservativo delle conoscenze processuali165 e auspicando, quindi, che fosse concessa, nel caso ricorressero le condizioni, la lettura dei verbali delle dichiarazioni dei coimputati anche nel caso in cui si fossero avvalsi della facoltà di non rispondere.

La decisione della Corte costituzionale comportava contrasti con l’art.6, par.3 lett.d) della Convenzione europea: proprio sulla base di tale contrasto la Corte dei diritti dell’uomo dichiarò non ammissibile il testo originario dell’art.513166

.

La l.267 del 1997167 recependo le rimostranze mosse alla sentenza della Corte costituzionale, modificò l’art.513, restringendo il campo delle letture:

164 Per un esame più approfondito della stessa V. supra § 3.3.

165 T.RAFARACI, Dichiarazioni erga alios, letture e “impossibilità sopravvenuta”: l’art.513, in

G.DI CHIARA, Eccezioni al contraddittorio e giusto processo un itinerario attraverso la

giurisprudenza, cit., p.285

166 La Corte europea ha affermato che non si possa ritenere fondata una sentenza di condanna che

si basa esclusivamente sulle dichiarazioni rese durante le indagini da coloro che si sono avvalsi, nella fase dibattimentale, della facoltà di non rispondere poiché ogni accusato deve avere il diritto di interrogare i testimoni a suo carico (Sent. Corte europea Luca c. Italia 27/02/2001)

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veniva introdotto il consenso delle parti sia nell’ambito del 1°comma per l’utilizzabilità delle precedenti dichiarazioni contro altri, sia nel 2°comma per l’acquisizione delle precedenti dichiarazioni mediante lettura.

La Corte costituzionale intervenne ancora una volta e, con la sentenza 361 del 1998 criticò il fatto che l’uso processuale delle precedenti dichiarazioni fosse lasciato “in balìa dell’arbitrio soggettivo”168

derivante dal combinato di esercizio del diritto al silenzio e della necessità del consenso di altri imputati o dell’accordo tra le parti169.

Si arriva, quindi, alla già menzionata legge 63 del 2001 che, oltre ad attuare i principi costituzionali all’interno del codice di rito, intervenne sull’art.513 per uniformarlo, come auspicava la Corte costituzionale, alla disciplina degli artt.210, 500 e 503.

La legge in questione non ha apportato modifiche rilevanti nel sistema delle letture di dichiarazioni ex art.513, 1°comma, ma si è limitato ad aggiungere l’inciso “salvo che ricorrano i presupposti di cui all’art.500, comma 4” per far sì che la lettura dei verbali delle dichiarazioni rese dall’imputato al pubblico ministero, alla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero o al giudice nel corso delle indagini preliminari, sia valida erga alios nel caso in cui ci siano elementi concreti per ritenere che l’imputato sia stato “sottoposto a violenza,

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Per una disamina più approfondita V. supra § 4.1.

168 Così T.RAFARACI, Dichiarazioni erga alios, letture e “impossibilità sopravvenuta”, cit.,

p.296

169 La Corte ritenne irragionevole, sulla base dell’equivalenza tra la posizione dell’imputato

chiamato a rendere dichiarazioni sul fatto altrui e quella del testimone, sottrarre l’imputato all’obbligo di presentarsi per l’esame (anche nel proprio procedimento) e, in caso di esercizio dello ius tacendi, non consentire anche nei suoi confronti la contestazione e l’acquisizione dei verbali delle dichiarazioni contestate (la Corte fece leva sulla disciplina delle contestazioni ex art.500 commi 2-bis e 4); per un esame più approfondito, V., ancora, T.RAFARACI, Dichiarazioni erga

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minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità, affinché non deponga o deponga il falso”.

Per quanto riguarda il 2°comma, ne è stata ridotta la portata, limitandolo esclusivamente alle persone imputate in un medesimo reato nei cui confronti si proceda o si sia già proceduto; tale modifica obbedisce, quindi, all’esigenza di uniformare l’art.513 all’art.210.

L’attuale art.513170

, al 1°comma, disciplina la lettura delle dichiarazioni rese, durante le indagini preliminari, dall’imputato, subordinandola ad alcune condizioni quali l’assenza ed il rifiuto di sottoporsi all’esame.

In merito, la giurisprudenza si è più volte pronunciata ed ha ritenuto che si configuri l’ipotesi di rifiuto di sottoporsi all’esame anche nel caso di semplice rifiuto di rispondere a singole domande formulate nel corso dell’esame171

; inoltre, più recentemente, ha ritenuto che si possa ritenere acquisito il consenso per l’utilizzabilità delle dichiarazioni predibattimentali “contra alios”, rese da imputati assenti o che rifiutino di sottoporsi all’esame, quando non vi sia opposizione poiché si ritiene che il consenso non debba necessariamente formarsi in modo espresso e formale172.

In dottrina si sono poste delle questioni con riguardo all’applicabilità dell’art.513, 1°comma nel caso in cui l’imputato rifiuti di sottoporsi all’esame di una sola

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Così come modificato dalla legge n°67 del 2014 che ha eliminato l’istituto della contumacia

171 Corte di cassazione, sentenza n°30121/2005 http://www.italgiure.giustizia, in favore

dell’interpretazione estensiva si era espressa anche la dottrina (S.CORBETTA, La lettura dei

verbali di dichirazioni rese dall’imputato e dal coimputato nel contesto della riforma del “giusto processo” (art.513), in P.TONINI (a cura di), Giusto processo, nuove norme sulla formazione e valutazione della prova, Padova, 2001, p.515.

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parte: infatti, un’interpretazione letterale sembrerebbe suggerire la non applicabilità della norma.

Tuttavia sembra più corretta l’interpretazione che estende l’applicabilità dell’art.513, 1°comma al caso di rifiuto di sottoporsi all’esame nei confronti di una sola parte (pubblico ministero o difensore del coimputato), basandosi sul fatto che oggetto del rifiuto non sia da ricercare nella cross examination, quanto nel contraddittorio con la parte avversa, quale essa sia173.

Per quanto riguarda l’elemento consensuale richiesto come condizione per la lettura delle dichiarazioni rese dall’imputato nella fase precedente al dibattimento, la sua ratio è da ricercarsi nella regola, prevista all’art.6, par.3 lett.d) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, secondo la quale non possa essere utilizzata, contro l’imputato, una dichiarazione, qualora il suo difensore non abbia avuto la possibilità di controesaminare chi l’ha resa.

Il consenso, già introdotto con la l.267 del 1997, dalla riforma costituzionale del 1999 risulta inquadrabile direttamente in Costituzione grazie al 5°comma dell’art.111 che pone il consenso tra le possibili deroghe al contraddittorio nella formazione della prova.

L’elemento consensuale, necessario, come più volte detto, per utilizzare le dichiarazioni rese dall’imputato, subisce due eccezioni: la prima, contenuta nello stesso 1°comma dell’art.513, prevede che se l’imputato sia stato sottoposto a violenza o minaccia o gli sia stato offerto denaro o altra utilità e, per tale motivo, si sia avvalso dello ius tacendi, le dichiarazioni possano essere utilizzate nei confronti di altri; la seconda è contenuta, invece, nel 3°comma il quale estende

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l’applicazione dell’art.511 sulle letture consentite nel caso in cui le dichiarazioni di cui si è detto siano state assunte con lo strumento dell’incidente probatorio. La disposizione appare piuttosto ovvia, visto che l’incidente probatorio è una forma di anticipazione dell’assunzione della prova dibattimentale e, per tale motivo è rispettoso dei principi di contraddittorio e oralità.

L’art.513, 2°comma, invece, fa riferimento alle dichiarazioni rese dai coimputati in un procedimento connesso a norma dell’art.12, 1°comma, lett.a) (connessione stretta) delle quali può essere data lettura in conformità al disposto dell’art.512 nel caso in cui sia impossibile ottenere la presenza del dichiarante “qualora la

impossibilità dipenda da fatti o circostanze imprevedibili al momento delle dichiarazioni”, altresì il giudice può disporre la lettura dei verbali delle

dichiarazioni suddette nel caso di accordo tra le parti.

Si è già accennato al fatto che la legge 63 del 2001 abbia limitato i casi previsti dall’art. 513, 2° comma, al 1° comma dell’art. 210; tale modifica è figlia del “necessario bilanciamento… tra ius tacendi del chiamante e diritto del chiamato

a confrontarsi con il suo accusatore”174 necessario per uniformarsi all’art. 111 Cost. L’obiettivo era quello di ridurre gli spazi del diritto al silenzio per restituire l’elaborazione della prova al metodo dialettico; per farlo il legislatore del 2001 ridusse i casi di incompatibilità ad assumere l’ufficio di testimone spostando figure soggettive, precedentemente riconducibili all’insieme di coimputati o di “imputati collegati” ex art.210, nell’ambito dell’art.197-bis appositamente creato. L’art. 210 post riforma fa riferimento a due tipologie di soggetti: al 1° comma, cui espressamente si riferisce l’art.513, 2° comma, detta la disciplina inerente alle

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“persone imputate in un procedimento connesso a norma dell’art. 12, comma 1

lett. a, nei confronti delle quali si procede o si è proceduto separatamente e che non possono assumere l’ufficio di testimone ”; al 6° comma, invece si fa

riferimento alle “persone imputate in un procedimento connesso ai sensi dell’art.

12, comma 1 lett. c, o di un reato collegato a norma dell’art. 371, comma 2 lett. b, che non hanno reso in precedenza dichiarazioni concernenti la responsabilità dell’imputato”.

Esistono diverse tipologie di legami tra procedimenti, come si può facilmente evincere dalle norme in esame: si ha un legame forte nel caso in cui ci si trovi di fronte alla connessione di cui all’art.12, 1°comma, lett. a) che segna un’incompatibilità assoluta a testimoniare, a meno che non vi sia stata una sentenza irrevocabile di proscioglimento, condanna o applicazione della pena a richiesta; il legame della lett. c) del medesimo articolo, invece, è da considerarsi debole così come il collegamento probatorio ex art.371, 2°comma. Negli ultimi due casi si ha un’incompatibilità a testimoniare superabile dove intervenga una sentenza irrevocabile di condanna, di proscioglimento o di patteggiamento, ma anche dove il dichiarante erga alios, avvertito ex art.64, 3°comma, rinunci ad avvalersi della facoltà di non rispondere.

Il recupero delle dichiarazioni rese precedentemente dall’imputato connesso, così come disciplinato dall’art.513, 2°comma, è limitato, a livello soggettivo, agli imputati connessi ex art.12, 1°comma lett. a) quando nei loro confronti non sia ancora intervenuta una sentenza di proscioglimento, condanna o patteggiamento e, dunque, non possano assumere la veste di testimone.

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Si può osservare come, laddove il dichiarante erga alios sia un imputato connesso in senso forte, il recupero delle dichiarazioni rese in precedenza sia regolato dal 2°comma dell’art.513, mentre, nel caso si tratti di imputato connesso in senso debole, l’art.210, 6°comma prescrive che il soggetto comparso a dibattimento non abbia ancora posto in essere dichiarazioni erga alios e, perciò, non lo si possa inquadrare all’interno del 2°comma dell’art.513.

Autorevole dottrina individua, però, delle problematiche concernenti il rapporto tra “il sistema degli status soggettivi dei dichiaranti ed il regime delle utilizzazioni dibattimentali delle dichiarazioni in precedenza rese”. La questione si pone in relazione al dichiarante erga alios nell’ipotesi di legame debole, nel caso in cui non se ne possa garantire la presenza in dibattimento o l’esame in contraddittorio poiché, nel frattempo, è intervenuta anche un’ipotesi di irripetibilità, imprevedibile nel momento in cui le dichiarazioni “contro gli altri” furono acquisite. La limitazione dell’art.513, 2°comma, voluta dal legislatore del 2001, sembra escludere la lettura del verbale contenente la dichiarazione ormai irripetibile. Come sappiamo, però, la lettura degli atti assunti nella fase delle indagini è autorizzata, ex art.512, nel caso in cui ne sia divenuta impossibile la ripetizione “per fatti o circostanze imprevedibili” e, dunque, ci si chiede se norma possa aiutare a sciogliere l’impasse normativo.

L’art.513, 2°comma, del resto, richiama esplicitamente il suddetto art.512; tuttavia l’intreccio tra le due norme non è ben definito e non scioglie il dubbio in ordine alla possibilità o meno di ricorrere all’art.512 laddove l’art.513, 2°comma sia, a livello soggettivo, inapplicabile.

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In ordine a tale questione è stato sostenuto, a ragion veduta, che si debba applicare la prima soluzione poiché laddove si escludesse il ricorso all’art.512, “la chiusura del sistema, tracciata dall’art.514, provocherebbe l’irrazionale irrecuperabilità delle dichiarazioni rese dal dichiarante erga alios” anche nel caso in cui l’impossibilità sopravvenuta di controesaminare la fonte dichiarativa rientrasse nel campo dell’assoluta impossibilità. Inoltre si paleserebbe una disparità tra le dichiarazioni rese al difensore (recuperabili ex art.512) e quelle rese ai soggetti pubblici del processo “fatte bersaglio di un trattamento deteriore”175

.

In definitiva, sembra più corretta l’interpretazione estensiva del 2°comma dell’art.513, che permette, tramite il richiamo all’art.512, la lettura delle dichiarazioni rilasciate dall’imputato per un reato a connessione debole.

Un’ultima questione da affrontare con riguardo al 2°comma dell’art.513 riguarda la sua ultima parte, dove si prevede che “qualora il dichiarante si avvalga della

facoltà di non rispondere, il giudice dispone la lettura dei verbali contenenti le suddette dichiarazioni soltanto con l’accordo tra le parti”.

La particolarità del frammento menzionato risiede nel fatto che si preveda l’accordo tra le parti in luogo del consenso previsto, invece, dal 1°comma: tale diversità sembrerebbe essere indirizzata alla richiesta del consenso di tutte le parti per l’ipotesi in cui il dichiarante si avvalga dello ius tacendi.

In realtà, tenendo conto anche del dettato costituzionale, quando si fa riferimento al consenso, ci si deve riferire a quello dei soggetti per cui la dichiarazione abbia una certa rilevanza; sarebbe, infatti, irragionevole impedire la lettura dei verbali

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delle dichiarazioni dei coimputati sulla base del dissenso di un soggetto che non ne verrebbe pregiudicato.

4.5. La provata condotta illecita: il regime delle contestazioni ex