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La riforma dell’art.111 Cost.: oralità e contraddittorio come strumenti di ricerca di una verità credibile ed inattaccabile

L’inserzione nella carta costituzionale delle garanzie del giusto processo e le sue ricadute nel sistema processuale

4.2. La riforma dell’art.111 Cost.: oralità e contraddittorio come strumenti di ricerca di una verità credibile ed inattaccabile

La reazione alla sentenza 361/1998 della Corte costituzionale fu molto dura: si accusava la Consulta di aver demolito la garanzia del contraddittorio con una “sentenza politica” e di essersi sostituita al parlamento nella funzione legislativa. La protesta, stavolta, fu trasversale: le stesse Camere penali proclamarono una settimana di astensione dalle udienze per manifestare il loro dissenso contro una sentenza che a loro dire, avrebbe fatto sprofondare la difesa in un abisso.

Il Parlamento non si scompose e riaprì il dibattito sulla giustizia: vennero presentati numerosi progetti di legge costituzionale tra i quali uno, poi accantonato, volto a depotenziare la Corte costituzionale145.

La legge costituzionale 2 del 1999 (inserimento dei principi del giusto processo nell’art.111 della Costituzione) provvide a rendere costituzionali quelle garanzie processuali “bistrattate” dalla consulta.

In particolare, si aggiunsero i primi cinque commi all’art.111 in funzione riparativa delle garanzie processuali, soprattutto del principio del contraddittorio, dalle “temute” pronunce della Corte costituzionale.

144 Così, efficacemente, P.FERRUA, in Il “giusto processo”, cit., p.12

145 L’idea era di modificare l’art.136, 1°comma Cost. specificando che “le sentenze di

accoglimento sono decisioni di mero accertamento della illegittimità” e di impedire, dunque, alla Corte di emettere sentenze manipolative (P.FERRUA, Il “giusto processo”, cit., p.13)

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Per poter esaminare il contenuto dell’art.111 occorre, prima di tutto, affermare che il contraddittorio può essere utilizzato in due accezioni distinte nell’ambito del processo penale: la prima lo intende come partecipazione dialettica delle parti al processo e si realizza solo a condizione che le parti siano poste in condizioni di parità davanti ad un giudice terzo ed imparziale (2°comma art.111); la seconda accezione ricollega il contraddittorio al fenomeno probatorio ed in tal senso può essere debole quando si svolge in termini esclusivamente argomentativi sull’elemento di prova già formato e forte quando contribuisce a formarla146

. Tornando alla disamina dell’art.111 cost, non possiamo non partire dal 1°comma, disposizione di portata generale che si presenta con una formula solenne: “la

giurisdizione si esercita mediante il giusto processo”.

La formula “giusto processo” si riferisce alla nozione di processo equo prevista sia dalla convenzione europea dei diritti dell’uomo all’art.6 che dal patto internazionale sui diritti civili e politici all’art.14.

Non è facile individuare le caratteristiche che un processo deve avere per poter essere definito giusto, ma possiamo immaginare che si debba far riferimento alla presenza di un giudice terzo ed imparziale, alla concreta attuazione del contraddittorio e di oralità ed immediatezza (suoi corollari),dell’ uguaglianza delle parti, della difesa dei non abbienti, dei tempi ragionevoli; in altri termini la presenza di una struttura che sia, almeno astrattamente, idonea a favorire decisioni giuste e, cioè, corrette nell’interpretazione delle norme e nella valutazione delle prove.

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O.MAZZA, Contraddittorio (diritto processuale penale), in Enciclopedia del diritto, Annali, Milano, 2014, p.3

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I canoni elencati, a ben vedere, sono già sanciti nella Costituzione e, dunque, il disposto dell’art.111, 1°comma perde di valore, apparendo ovvio.

Anche il 2°comma dell’art.111 Cost. non costituisce una novità nel nostro ordinamento: “ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in

condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata”; si fa riferimento a principi costituzionali già

esistenti.

L’argomento trattato ci impone un’analisi più approfondita del primo periodo dove si fa riferimento al contraddittorio da intendersi genericamente come partecipazione dialettica delle parti.

La disposizione in questione tace su oralità ed immediatezza; sul punto la dottrina si è divisa tra chi ha ritenuto che il valore precettivo del contraddittorio arrivi ad includere anche i due canoni in questione147 e chi, all’opposto, ha escluso tale eventualità facendo leva sulla portata generale della norma, indirizzata non solo al processo penale (nel quale, comunque, incontrano forti limitazioni nell’incidente probatorio e nei riti negoziali), ma anche al civile ed all’amministrativo148.

In alternativa alle teorie su contraddittorio, oralità ed immediatezza sopra esposte, ve n’è una terza che considera i tre canoni distinti, ma inseparabili nelle dinamiche del processo penale149.

L’art.111, 3°comma è la prima disposizione che si riferisce direttamente al processo penale e, tra le altre cose, afferma che la persona accusata di un reato “ha

147 O.MAZZA, Contraddittorio (diritto processuale penale), cit., p.3

148Così P.FERRUA, il quale aggiunge che, nel progetto originale della bicamerale erano

ricompresi oralità ed immediatezza e, dunque vi abbiano rinunciato, inserendo nel testo il solo contraddittorio, in Il “giusto processo”, cit., p.99

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la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o fare interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l’interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell’accusa e l’acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore”: ancora una volta il contraddittorio riveste un

ruolo chiave per la tutela dell’imputato, pur non essendo nominato direttamente; inoltre, sulla base del fatto che il principio dell’oralità non sia stato costituzionalizzato, l’istituto dell’incidente probatorio è da ritenersi pienamente ammissibile ed, anzi, è stata ipotizzata una maggior rilevanza dello stesso proprio per la radicale inutilizzabilità delle dichiarazioni raccolte unilateralmente150. Il 4°comma segna la rottura con i dettami della Corte costituzionale del 1992 che legavano a doppio filo il fine della ricerca della verità con il “principio di non dispersione della prova”, considerando il principio del contraddittorio come ostacolo al perseguimento di quel fine: infatti si dispone che “il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova”.

Il dettame costituzionale riporta il sistema sui binari del codice del 1988; il legislatore non intende certo escludere il principio di non dispersione della prova, ma ritiene che il contributo dialettico delle parti non sia in conflitto con l’accertamento della verità e che tuteli la funzione cognitiva del processo in una ragionevole diffidenza verso quanto si forma nell’occulto.

L’esame incrociato non elimina gli “influssi” che la parte accusatrice può avere sul processo, ma certamente li bilancia opponendo alla naturale parzialità dell’accusatore quella del difensore in un dialogo controllato dal giudice terzo ed imparziale.

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L’esame incrociato svolge un ruolo preminente nella scoperta della menzogna e questo conduce più facilmente all’accertamento della verità: infatti non si può mai avere la certezza che il testimone renda dichiarazioni veritiere e proprio il bisogno di eliminare ogni dubbio in merito ha spesso portato a svolte inquisitorie; in realtà la menzogna è molto più facilmente riconoscibile della verità e, per individuarla, il metodo più efficace è, senza ombra di dubbio, l’alternarsi di domande e risposte su fatti specifici.

In sostanza si può dire che, sul piano probatorio, il contraddittorio rappresenti la traduzione dell’imparzialità giurisdizionale.

Il 4° e il 5°c. della’art.111 Cost. regolano l’oggetto ed i limiti del contraddittorio nella formazione della prova tramite tre proposizioni: una di carattere generale (“il

processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova”), una speciale (“la colpevolezza non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è volontariamente sottratto all’interrogatorio da parte dell’imputato o del suo difensore”) ed una derogatoria

della generale (“la legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha

luogo in contraddittorio per consenso dell’imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita”).

Le proposizioni citate manifestano la volontà del legislatore di “rinvigorire” contraddittorio e oralità, principi che più di tutti contribuiscono alla definizione del sistema accusatorio, tramite una vera e propria, a mio parere, esaltazione del confronto.

Infatti, la prima parte del 4°comma, se letta in negativo, “implica una generale regola di esclusione probatoria secondo la quale nessuna dichiarazione raccolta

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unilateralmente dagli organi inquirenti può essere utilizzata come prova a fini decisori, se non nei casi eccezionali contemplati dal comma successivo”151

: da tale assunto si ricava che il contraddittorio è volto alla formazione della prova.

Se andiamo a rivedere, invece, il 4°comma nella sua interezza unitamente al 3°comma, è innegabile la volontà del legislatore costituzionale di (ri)dare un ruolo preminente al metodo dialettico, la cui proiezione nel codice di procedura penale è proprio l’esame incrociato da svolgersi con le regole dettate dall’art.498 (norma considerata innovativa già al momento dell’entrata in vigore del codice Vassalli). Quest’ultima norma è perfettamente rappresentativa del principio di oralità, laddove lo si leghi alla percezione diretta del giudice sugli elementi probatori, raccolti oralmente ed in sua presenza: infatti si prevede una prima fase in cui l’escussione avviene tramite le domande che pubblico ministero e difensori che ne abbiano chiesto l’esame rivolgono al teste (esame diretto, 1°comma), una seconda fase in cui, a porre le domande, sono coloro che non hanno chiesto l’esame (controesame, 2°comma) ed infine una fase eventuale dove colui il quale aveva chiesto l’esame, può proporre nuove domande (riesame, 3°comma).

L’art.499, poi, disciplina le regole per l’esame testimoniale prevedendo che l’esame si svolga “su fatti specifici”, vietando le c.d. domande nocive152

e quelle che tendono a suggerire le risposte, quando l’esame è condotto dalla parte che ne ha chiesto la citazione.

151 Così P.FERRUA, in Il “giusto processo”, cit., p.149

152 Tali sono le domande che, per l’appunto, possono “nuocere alla sincerità delle risposte”: la

norma resta vaga, ma si può dedurre che si faccia riferimento alle modalità dell’escussione, quando assume connotati talmente forti da incidere sulla capacità di autodeterminazione della persona)

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Durante l’esame incrociato, il presidente non dovrebbe intervenire, limitandosi a svolgere una funzione di controllo sulle modalità di escussione; tuttavia il codice individua dei particolari casi in cui l’esame viene svolto dal presidente, determinando un indebolimento dell’oralità.

Tali deroghe all’esame diretto sono contenute nell’art.498, 4°comma ss., e riguardano l’esame testimoniale del minorenne153, l’esame del minore o del

maggiorenne infermo di mente nel caso in cui si stia procedendo per reati contro la libertà sessuale154 e l’esame della persona offesa che versa in condizioni di particolare vulnerabilità.

In tutti questi casi il principio di oralità viene, indubbiamente, mortificato, ma non si potrebbe prevedere altrimenti poiché è necessario tutelare quelle categorie di persone che potrebbero subire un forte danno psicologico dalle dinamiche, talvolta aggressive, dell’esame incrociato.

Infine, tornando alla disamina della riforma costituzionale, c’è da registrare un’importante inversione di tendenza della Corte costituzionale che, con la sentenza 36 del 2002, esalta la fase dialettica del processo e afferma, tra le altre cose, che l’art.111 ha “espressamente attribuito risalto costituzionale al principio

del contraddittorio, anche nella prospettiva della impermeabilità del processo, quanto alla formazione della prova , rispetto al materiale raccolto in assenza della dialettica tra le parti” e aggiunge che “alla stregua di siffatta opzione appare coerente la previsione di istituti che mirino a preservare la fase del

153 In questo caso, se il presidente ritiene che l’esame diretto non possa nuocere alla serenità del

teste, sentite le parti, può disporre che prosegua nelle forme ordinarie (art.498, 4°comma)

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In questo caso si concede la possibilità, dietro richiesta di colui che deve essere esaminato o del suo difensore, di utilizzare un vetro a specchio ed un impianto citofonico

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dibattimento da contaminazioni probatorie fondate su atti unilateralmente raccolti nel corso delle indagini preliminari”155.

4.3. Dichiarazioni

irripetibili

e

metodo

dialettico:

una