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Anche dall’oriente sono giunte diverse attestazioni di associazioni impegnate in eventi conviviali: un primo esempio consiste nel regolamento di un’associazione di Iobaccoi (App. Ep. 29) attestata ad Atene, il quale presenta notevoli analogie con quelli precedentemente indicati: anche in questo caso infatti è prevista una tassa d’iscrizione all’associazione, che consiste nel versamento di 50 denari e nell’offerta di una libagione (σπονδή) per chi avesse richiesto di entrare per la prima volta nel gruppo, mentre ne sarebbero stati pagati 25 se il padre ne fosse già stato membro (rr. 38-40).

È previsto che il gruppo si ritrovi il nove di ogni mese, in occasione della festa annuale, dei

Baccheia e di qualche festa occasionale in onore del dio per banchettare insieme

(συνίτωσαν)90, e che ognuno versi la quota mensile per il vino (εἰς τὸν οἶνον φοράν); chi non avesse rispettato queste condizioni sarebbe dovuto essere cacciato dalla riunione/festa (εἰργέσθω τῆς στιβάδος)91, eccetto quelli impediti da motivazioni valide (lontananza dalla città, lutto, malattia ecc.) (rr. 42-53).

Sono poi indicati i comportamenti ritenuti scorretti durante gli incontri (ἐν τῇ στιβάδι), come disturbare cantando, applaudendo o in altra maniera, causando liti con offese, abusi o sottraendo il posto a qualcun altro, con conseguenti sanzioni pecuniarie (rr. 63-90).

È interessante notare che ad essere sanzionati non siano solamente coloro che hanno causato i disordini, ma anche quelli che avendo subito il torto non lo avessero denunciato al ‘sacerdote’ (τῷ ἱερεῖ) o al ‘presidente’ (τῷ ἀρχιβάκχῳ) ma alle autorità pubbliche (δηµοσίᾳ), così come sarebbe stato punito l’‘addetto all’ordine’ (τῷ εὐκόσµῳ) che non fosse intervenuto espellendo chi avesse disturbato (rr. 90-95). Quest’ultimo passo sembrerebbe suggerire quindi che per l’associazione fosse importante dimostrare di essere in grado di gestire autonomamente i propri disordini alle istituzioni cittadine, le quali in caso contrario sarebbero intervenute in maniera ben più severa. Ulteriori pene pecuniarie sono stabilite per chi non si fosse presentato alle assemblee (το ἀγορὰν) ed è ribadito che chi non avesse ancora versato la tassa d’iscrizione sarebbe stato espulso dalla sala da banchetto (τῆς ἑστιάσεως) (rr. 96-107). Sono poi indicate le azioni (λιτουργίας) che dovevano essere compiute dal sacerdote in occasione degli incontri comuni (στιβάδος), della festività annuale (ἀµφιετηρίδος) e prima del

90 Sokolowski 1969, pag. 100.

91 La traduzione di στιβάς è ambigua: Sokolowski infatti afferma che in origine il termine identificava un giaciglio di

foglie, una tenda o un refettorio utilizzata come sala da riunioni o per feste, passato poi ad indicare per estensione una riunione o una festa. Ibidem. Si può quindi affermare che il termine in questione possa implicare anche un riferimento ad attività conviviali.

banchetto della ‘Festa del Ritorno’ (τῶν καταγωγίων), che consistevano nell’offrire una libagione (σπονδὴν) e un panegirico o un sermone in onore del dio (θεολογίαν)92, mentre il 10 di Elafebolione (marzo-aprile) il presidente dell’associazione avrebbe dovuto offrire un sacrificio e una libagione, seguite quindi da una distribuzione delle offerte sacrificali (rr. 111- 121). I singoli Iobaccoi erano inoltre tenuti ad offrire una libagione in occasione di eventi speciali privati, come matrimoni, nascite, concessioni di cittadinanza ecc. (rr. 121-136). L’addetto all’ordine (ò εὔκοσµος) utilizzava il tirso per segnalare coloro che disturbano, i quali, se il sacerdote e il presidente erano concordi, sarebbero stati cacciati dalla sala dei banchetti (τοῦ ἑστιατορείου) (rr. 139-141). Si stabilisce poi l’elezione di un tesoriere con una carica biennale, tra i cui compiti vi è la fornitura di olio per le lucerne da usare nelle riunioni mensili (ἐνάτας), nella festa annuale (ἀµφιετηρίδα) e negli eventi collettivi (στιβάδα) (vv. 146-155). Infine si stabilisce che se un membro dell’associazione fosse morto gli sarebbe dovuta essere garantita una corona da cinque denari, mentre per i partecipanti al funerale era prevista la consegna di un’anfora di vino (οἴνου κεράµιον), specificando poi che gli assenti non avrebbero ricevuto alcun vino (rr. 159-163). Nel testo non sono presenti informazioni topografiche in merito agli spazi in cui avevano luogo le attività collegiali, ma il ritrovamento della colonna su cui il documento era impresso all’interno di un edificio interpretato come

Baccheion ha permesso di identificare la sede di questa associazione93.

Dal demo attico di Paiania proviene invece il regolamento di un gruppo intitolato ad Eracle (σύνοδος ἡ τῶν Ἡρακλιστῶν) (App. Ep. 30), e si può notare come anche in questo caso i contenuti del testo siano molto simili a quello precedente94. Infatti anche qui le liti sono sanzionate con pene pecuniarie diverse a seconda se sono state causate o se si è semplicemente partecipato (rr. 5-8), mentre in altri punti del testo sono regolamentate le questioni finanziarie dell’associazione.

È particolarmente interessante notare che nel testo non siano menzionate in assoluto ripartizioni tranne che per il capo dell’associazione, definito ἀρχερανιστης, al quale sarebbe spettata una porzione doppia di cibo ma non di vino, e che ciò sia definito ‘come è costume’ (ἐξ ἔθους) (rr. 20). Ciò porta quindi a formulare diverse considerazioni: innanzitutto suggerisce che il gruppo fosse fortemente egalitario, valore probabilmente trasmesso dalla condivisione del medesimo culto, con l’unica eccezione del proprio leader; inoltre il fatto stesso che il titolo che identifica il presidente dell’associazione sia proprio ἀρχερανιστης, traducibile come ‘capo del banchetto’, suggerisce che la convivialità fosse un aspetto fondante

92 Ibidem, pag. 101. 93 Harland 2013, pag. 65. 94 Raubitschek 1981, pag. 93-98.

della propria vita comunitaria; infine, si può notare come l’unico elemento distintivo sia la porzione di cibo ma non quella di vino, e che quindi esso assumesse il significato simbolico di manifestare l’uguaglianza dei soci.

Si legge inoltre che alcuni membri (οἱ δὲ ἐργολαβήσαντες) si prendevano l’incarico di utilizzare la cassa associativa per acquistare maiale e vino per organizzare i banchetti associativi, specificando tuttavia che se non avessero restituito la somma per l’acquisto del cibo entro l’anno in cui erano incaricati (ἐν ᾧ δειπνοῦσιν ἐνιαυτῷ) sarebbero stati multati per il doppio della cifra sottratta (rr. 20-22). È interessante notare come in questo caso sia utilizzata una terminologia generica per indicare queste figure che si prendevano carico della gestione degli eventi conviviali dell’associazione, suggerendo quindi che questo aspetto non fosse soggetto ad una rigida organizzazione, ma che fosse costituita su base volontaria. Un cinghiale da venti mine sarebbe dovuto essere sacrificato annualmente dal tesoriere, mentre come tasse di iscrizione erano previsti il versamento di un maiale di trentatré mine per un nuovo iscritto e uno di sedici mine e mezzo se invece un membro dell’associazione voleva far iscrivere il proprio figlio (rr. 36-39).

Da Mantinea provengono invece due casi particolari: il primo di essi (App. Ep. 31) consiste in una base di statua dedicata dalla cittadinanza (ἁ πόλις τῶν Ἀντιγονέων) e dai mercanti romani (Ῥωµαῖοι οἱ πραγµατευόµενοι) ad una coppia di benefattori locali di nome

Euphrosunos ed Epigone. Nel testo di questo monumento si legge quindi che essi donarono

a delle associazioni religiose, chiamate genericamente συνόδοι, delle sale da banchetto (δειπνιστήριά) realizzate nei pressi dei propri edifici di culto (rr. 36-37), così come una somma di denaro affinché organizzassero dei banchetti (εὐώχησε, rr. 43)95.

Nel secondo si legge invece che l’associazione dei sacerdoti di Asclepio (ἡ σύνοδος τῶν Ἀσκληπιοῦ ἱερέων) (App. Ep. 32)96 era stata incaricata di pregare Asclepio e Igia per la salute dalla propria benefattrice e di suo marito (rr. 20-22), così come gli era stato prescritto di onorare lei e i propri figli (τοὺς ἐκγόνους αὐτῆς) durante i banchetti del gruppo e nelle feste sacre ad Iside, aggiungendo inoltre che nel corso dei propri banchetti sacri (πυροφορικοῖς δείπνοις) avrebbero dovuto compiere delle offerte per la sua buona sorte (αἶσαν) (rr. 22-26). Anche in questo caso quindi, come in quelli occidentali precedentemente esposti, un’associazione religiosa fu incaricata di onorare i propri benefattori nel corso dei propri eventi conviviali.

95 Fougères 1896, pag. 124-131; Van Nijf 1997, pag. 168. 96 Fougères 1898, pag. 309-311.

A Cos è invece attestata un’associazione di ginnasti ‘vincitori delle sacre competizioni’ (σύνοδος τῶν ἱερονεικῶν και στεφανιτῶν) (App. Ep. 33) che pagò a proprie spese il restauro, la dipintura della sede associativa e la costruzione di una cucina. Questo suggerisce quindi che alcune associazioni realizzassero nei pressi delle proprie sedi delle strutture appositamente concepite per preparare i propri pasti, considerazione che a sua volta porta ad ipotizzare che dovessero svolgersi con una certa frequenza.

Diverse attestazioni provengono inoltre dalla Macedonia: per esempio a Tessalonica sono state scoperte una serie di epigrafi che riportano termini quali τρικλεινάρχος o συνκλίτης, il primo traducibile come ‘capo del triclinio’, paragonabile quindi all’ ἀρχερανιστης di Paiana, e il secondo ‘quelli che banchettano insieme’: i primi due casi sono costituiti da quelli che potremmo definire gli alba, cioè le liste dei membri, di un’associazione devota a Θεός Υψιστος che contava più di trentacinque associati (App. Ep. 34-35), mentre in un altro ancora alcuni ιεραφόροι συνκλὶται dedicarono una stele ad un benefattore che costruì la loro sede associativa (οἶκος), seguita anche in questo caso da un album che elenca tredici persone (App. Ep. 36). Gli esempi appena presentati necessitano tuttavia di una precisazione: tutti e tre sono stati infatti rinvenuti all’interno del Serapeo di Tessalonica e sulla base della stele di uno di questi (App. Ep. 35) è stato scolpito un rilievo raffigurante Anubi97. A queste considerazioni bisogna aggiungere che la terminologia impiegata è fortemente collegata al culto di Serapide, come è stato evidenziato da Sara Campanelli98, così come l’esistenza di una convivialità sacra nel contesto delle religioni di origine egizia è ampiamente riconosciuta: in una fase nei misteri isiaci per esempio è previsto che i nuovi adepti partecipino ad un banchetto comunitario per essere presentati agli iniziati99.

Il fatto che questi termini si trovino applicati anche nel caso del Θεός Υψιστος aveva fatto in un primo tempo ipotizzare che esso fosse da identificare con Serapide, ma la Campanelli ha escluso questa ipotesi, ritenendo piuttosto che si tratti di un culto autonomo ma ideologicamente affine alla divinità egizia. La presenza di epigrafi a lui dedicate nel Serapeo indicherebbero quindi l’appartenenza di questa divinità all’insieme dei culti praticati all’interno dell’edificio100. Dunque sono attestate due associazioni religiose di entità diverse all’interno del medesimo edificio ed entrambe caratterizzate dalla connessione con la

97 Edson 1948, pag. 183-188. L’autore ritiene che questa associazione non fosse costituita da cultori di Anubi, quanto da

funzionari (ιεραφόροι) del culto cittadino delle diverse divinità egizie ivi venerate. Questi avrebbero quindi istituito una propria associazione posta sotto la tutela del dio-sciacallo il cui interesse primario sarebbe consistito proprio nella convivialità collettiva.

98 Campanelli 2007, pag. 123. 99 Turcan 1996, pag. 121.

convivialità sacra; gli ιεραφόροι συνκλὶται tuttavia possedevano una propria sede privata, mentre per gli adepti di Θεός Υψιστος non ci sono riferimenti a strutture autonome, suggerendo quindi che questi ultimi svolgessero le proprie pratiche rituali insieme agli altri gruppi presenti nel Serapeo.

Sempre da Tessalonica proviene una stele in cui si fa riferimento al restauro di parte dell’apparato architettonico di un santuario costruito da un tale Leonida (ιερατέιον του Λεωίδου), consistente in quattro colonne (κίων) con capitelli (κρανων) e basi (σπειραι) e nel frontone (φλια), finanziato da una donna per onorare la promessa fatta dal marito ai propri συνκλίταις (sunklìtais) (App. Ep. 37).

Non è chiara tuttavia a che divinità fosse devota questa associazione, non essendovi elementi in grado di attribuirla ad uno specifico culto.

È inoltre interessante notare che questi termini risultano attestati anche altrove: per esempio nell’antica Particopoli dei συνκλὶται dedicarono un’iscrizione al dio cavaliere tracico (Θεῶι Ἢρωι) (App. Ep. 38)101, così come ad Elateia, in Tessaglia, due epigrafi furono dedicate da dei συνκλὶται a due associati (App. Ep. 43). In tutti questi casi quindi l’adozione di questi termini suggerisce che la «convivialità sacra fosse un momento centrale dell’attività associativa»102, assumendo quindi un importante valore ideologico.

Da Filippi provengono invece una donazione di tre denari ad un thiasus Bacchi (App. Ep. 39), i cui interessi dovevano essere utilizzati dai membri di questa associazione per banchettare (vescantur) in memoria del proprio benefattore in occasione dei rosalia presso il suo monumento funerario (ad monumentum). Si stabilisce infine che se ciò non fosse stato fatto la somma sarebbe stata consegnata agli eredi del defunto. In un’altra invece è un’intera famiglia ad elargire una somma di denaro ad un thiasus Liber Patri Tasibasteni affinché, sempre in occasione dei rosalia, ne sia celebrata la memoria banchettando presso la tomba di famiglia (ad monumentum eorum vescentur) (App. Ep. 40). Quest’ultimo caso è particolarmente interessante per una serie di motivi: innanzitutto si può notare come un’associazione dionisiaca locale scelse di intitolarsi a Libero, dio del vino di origine italica successivamente associata a Bacco/Dioniso. Ciò potrebbe quindi suggerire un’origine italica dei membri dell’associazione, ma l’epiteto Tasibastenus sembrerebbe contrastare con questa ipotesi: infatti pur essendo la sua esatta etimologia sconosciuta, l’ipotesi più accreditata è che esso derivi da un toponimo di origine tracica, così come i nomi dei dedicatari dell’epigrafe103.

101 Turcan 1996, pag. 248-254. 102 Cit. Campanelli 2007, pag. 125.

103 Pilhofer 2009, pag. 625-628; Tsochos 2012, pag. 85-86. Questo epiteto è attestato solamente in un’altra iscrizione,

Si è quindi ipotizzata l’esistenza a Filippi di una comunità tracia dedita al culto dionisiaco declinato nella variante italica di Liber Pater.

D’altronde la presenza del culto di Dioniso a Filippi è attestata sin dalla fondazione della città, nel IV sec. a.C., il quale fu poi affiancato dopo la battaglia del 42 a.C. dal suo corrispettivo italico Liber Pater, rappresentato peraltro con l’aspetto di un cavaliere tracio.

Tuttavia non sono stati scoperti santuari ad esso dedicati, ma è stato ipotizzato che uno spazio all’interno della cosiddetta ‘casa termale’ o ‘casa degli animali selvaggi’, a S-O della basilica B potesse essere un luogo di incontro di un thiasos dionisiaco, sulla base della concentrazione di epigrafi dedicate a Dioniso-Libero, Libera ed Ercole104.

Pierre Aupert ritenne invece che un precedente santuario dedicato alle tre divinità fosse stato sostituito dalla sede di una ‘confraternita di coltivatori o viticoltori fedeli alla triade’, ma non fornisce informazioni aggiuntive in merito a questa ipotesi105.

Tuttavia queste non sono le uniche associazioni attestate in città: infatti delle ‘associazioni di vicinato’, qui costituite dagli abitanti di uno stesso centro abitato presente sul territorio cittadino (vicus), risultano beneficiarie di fondazioni volte all’istituzione di banchetti commemorativi da consumarsi in occasione dei rosalia.

In un primo caso per esempio 120 denari sono donati ai vicani Scevenis affinché impiegassero gli interessi maturati per banchettare (vescantur) in onore del defunto, ma si stabilisce anche che se ciò non fosse stato fatto si sarebbero dovuti dare 140 denari ai vicani Antheritanis (App. Ep. 41). In un altro invece sono i vicani Harpaliani a doversi occupare dei banchetti da consumare (vescantur) presso il monumento funerario (ad monumentum suum) del benefattore, incarico che sarebbe stato assegnato ai cultores Iovis Optimi Maximi se i primi non avessero adempiuto ai propri obblighi (App. Ep. 42).

Dalla Mesia Inferiore, precisamente dalla città di Istro (App. Ep. 44), proviene invece l’attestazione di un’importante matrona cittadina che fece una importante donazione pubblica, la quale è particolarmente interessante in quanto sono esplicitamente indicate le diverse componenti sociali coinvolte. Nel testo esse risultano suddivise in due grandi gruppi, ai quali sono riservati dei trattamenti distinti: infatti nel primo sono indicati i membri delle somme magistrature cittadine (βουλευταῖς; γερουσιασταῖς), quelli di un’associazione religiosa (Ταυριασταῖς) e alcune associazioni professionali come medici (ἰατροῖς) e insegnanti (παιδευταῖς), i quali ricevettero una somma di denaro (rr. 25-29), mentre di seguito sono elencati diversi gruppi, tra cui ‘quelli che nelle tribù sono stati assegnati ai gruppi di

104 Vedi Tsochlos 2012, pag. 43. 105 Aupert 1979, pag. 626-627.

cinquanta’ (τοῖς δὲ ἐν ταῖς φυλαῖς κατὰ πεντηκονταρχίαν διανενεµηµένοις), un’associazione di costruttori (τέκτωσιν)106, delle associazioni di vicinato (ἱεροπλατείταις)107, una di cantanti di inni sacri (ὑµνῳδοῖς)108 e un’altra devota al culto di Eracle (Ἡρακλειασταῖς), i quali ricevettero invece una distribuzione di vino109 (rr. 30-33).

Anche da Dionisopoli, sempre in Mesia Inferiore, provengono attestazioni simili a quella appena esposta, poiché anche qui sono sono esplicitamente indicati i gruppi che hanno beneficiato di una donazione. In una di esse infatti (App. Ep. 45 a) i membri del consiglio cittadino, i consiglieri della pentapoli presenti in città (τοῖς παρεπαρ̣ε̣π̣ιδη̣µήσα̣σιν τῆ̣ς̣ Π̣ε̣νταπόλεως βουλευταῖς) i mercanti (ἀγοραιοί), i medici (ἰατροι) e gli insegnanti (παιδευται) ricevettero una distribuzione di cibo (δόντα καὶ διανοµὰς, rr. 5)110, così come in un’altra (App. Ep. 45 b) sono indicati il consiglio cittadino, gli agoranomoi, le sette tribù (ταῖς ἑπτὰ φυλαῖς), un’associazione di cantanti di inni legata al culto imperiale (ὑµνοῦσι τοὺς Σεβαστοὺς), i medici, gli insegnanti e i consiglieri della pentapoli presenti in città, che anche in questo caso ricevettero una distribuzione di cibo.

Dalle città dell’Asia Minore provengono diverse attestazioni di associazioni di diverso genere, in particolare da Efeso. In un caso per esempio un’associazione di operai/artigiani che risiede nei pressi della statua di Poseidone posta nel porto cittadino (οἱ ἐν ᾽Εφέςῳ ἐργάται προπυλεῖται πρoς τῷ Ποσειδῶνι) risulta beneficiaria di una fondazione funeraria da parte di un tale Pompeo Euprosdecto (App. Ep. 46). Questi donò al gruppo 500 denari, i cui interessi dovevano essere utilizzati per offrire corone, candele e un brindisi (οἰνοποσίαν) presso la tomba del defunto; inoltre l’associazione era tenuta ad organizzare un banchetto (εὐωχίαν) in occasione del quinto giorno del mese di Poseidone. Infine si stabilisce che se questa associazione non avesse adempiuto ai propri doveri, l’incarico sarebbe passato ad un’associazione formata dagli ufficiali incaricati di vigilare sui pesi e sulle misure (οἱ ἐν Ἐφέςῳ προµέτραι)111.

Da un’altra epigrafe veniamo invece a conoscenza di un’associazione religiosa dedita al culto cittadino di Artemide, definito τὸ ἱερώτατον συνέδριον τῶν νεοποιῶν: si trattava in genere di ufficiali incaricati di amministrare i beni e le finanze di un tempio112, i quali nel caso specifico di Efeso risultano tuttavia menzionati come partecipanti alle cerimonie pubbliche in onore

106 Questi sono stati considerati il corrispettivo greco dei fabrii. Van Nijf, 1997, pag. 176. 107 Ibidem, pag. 181.

108 Ibidem, pag. 165-168. 109 Ibidem, pag. 170.

110 Samama 2003, pag. 195-196.

111 IK 17.1, 3216;Robert 1977, pag. 95, nota 30. 112 Vedi Cheesman 2006, pag. 648-649.

della dea patrona della città, in particolare delle processioni sacre dette δειπνοφόριαι, le quali sono state considerate degli equivalenti dei lectisternia latini (App. Ep. 47)113. Queste potevano tuttavia essere organizzate anche da degli impresari specializzati organizzati in una propria associazione (ἱερωτάτος συνεδρίος τοῦ µισθωτηρίου) (App. Ep. 48a) incaricati di occuparsi della processione stessa (ποµπή) e dell’offerta di cibo (δειπνοφοριακὴ). Sono inoltre attestate delle apposite figure incaricate di portare l’offerta sacrificale (δειπνοφόροι) (App. Ep. 48b). Dalla Lidia (App. Ep. 49) proviene invece l’attestazione di un’associazione di Kaisariastai (Καισαριασταὶ) che risulta beneficiaria di una distribuzione di pane e carne (ἀρτοκρέας)114, mentre a Theadelphia (App. Ep. 50), in Egitto, è attestata un’associazione di tessitori (πρεσβυτέρων γερδίων) che possiede una sala da pranzo (δειπνητήριον).

113 Cf. IK 11.1, 26 e IK 15, 1577.