• Non ci sono risultati.

II I SITI ARCHEOLOGIC

II.1 Le SALE da BANCHETTO di OSTIA

II.1.2 La SEDE degli STUPPATORES

Sempre dalla Regio I ma dall’Isolato X proviene un altro complesso collegiale (fig. 2), datato sulla base delle tecniche edilizie alla prima metà del III sec. d.C., in particolare al regno di Alessandro Severo (222-235 d.C.)149. La proprietà di questo complesso è stata attribuita al

collegium stuppatorum su base epigrafica, poiché nei pressi della struttura sono stati rinvenuti

due frammenti appartenenti ad una medesima iscrizione, delle quali la prima riporta il testo: «---rius Fructosus patron(us) corp(oris) s[---», mentre la seconda: «te]mpl(um) et

spel(aeum) Mit(hrae) a solo sua pec(unia) feci(t)»150, e siccome in un’altra epigrafe ostiense dello stesso periodo in cui sono elencati i membri di un «[---] corp(us stu[ppatorum---]»151 è menzionato un Fructosus si è ipotizzato che si trattasse dello stesso individuo, il quale avrebbe avrebbe finanziato personalmente i lavori di conversione in mitreo dell’incompiuto tempio associativo. In questo testo sono quindi indicati in totale quarantadue nomi, ma dieci di questi sono elencati dopo il termine defuncti, il che suggerisce che al momento della pubblicazione del documento fossero vive almeno trentadue persone, così come la presenza del titolo di

quinquennalis perpetuus attesterebbe l’esistenza di un presidente ordinario dell’associazione.

Tuttavia è importante sottolineare che la frammentarietà del testo impedisce sia di ricavare ulteriori dettagli in merito all’organizzazione di questo collegium sia di sapere quale fosse il numero esatto degli iscritti.

È stato ipotizzato che il lavoro degli stuppatores consistesse nella produzione di tutto ciò che avesse a che fare con la stuppa, dal cordame, agli stoppini per le lucerne alle torce152, ma le conoscenze su questa professione sono piuttosto scarse, in quanto questi lavoratori hanno lasciato poche tracce di sé nel record epigrafico, per altro proveniente interamente da Ostia o da Porto153. L’attribuzione di questo edificio a questa associazione è estremamente importante perché dimostrerebbe il raggiungimento di un certo grado di benessere da parte di questa associazione, anche se non al pari di altri gruppi presenti in città154.

149 ScO II, pag. 21.

150 Bloch 1953, pag. 244-245. 151 CIL XIV, 257.

152 Hermansen 1982, pag. 121.

153 Oltre a quelle indicate supra, nota 173-174, vedi CIL VI 1649; CIL XIV, 44; 4549; AE 1987, 196; AE 2001, 636. 154 Beate Bollmann afferma infatti che «soprattutto le associazioni più ricche possedevano edifici propri. I loro membri

erano con grande probabilità prevalentemente mercanti ed artigiani benestanti, poiché l’appartenenza ad un’associazione comportava grandi spese (…). Ciò non esclude che anche negozianti ed artigiani più poveri fondassero le loro associazioni ed eressero le loro scholae». Cit. Bollmann 1997, pag. 209. In questo caso infatti il complesso risulta essere di più modeste dimensioni rispetto al precedente Caseggiato dei Triclini e privo di ogni genere di decorazione, il che suggerisce che non

Il complesso è costituito della schola vera e propria (fig. 2a), il cui ingresso è posto ad est lungo il Vicolo del Tempio Rotondo, da una serie tabernae poste a nord di essa (fig. 2b)155, e da quella che si potrebbe definire un’‘area polifunzionale’, formata da un cortile interno cinto da un peristilio (fig. 2c), da un tempio prostilo posto su di un alto podio laterizio (fig. 2d)156 e da una sala rettangolare di 3.5x14m (fig. 2e). Quest’ultimo ambiente è stato interpretato come

cenatorium, il quale presenta lungo la parete settentrionale un’apertura che lo mette

direttamente in collegamento con la schola, mentre ad est si trova una stanza che è stata

si trattasse di né di un collegium particolarmente numeroso né ricco, ma era comunque sufficientemente importante da possedere una propria sede associativa e dei patroni.

155 ScO I, pag. 152.

156 La sua realizzazione tuttavia si interruppe bruscamente per poi riprendere solamente nella seconda metà del secolo al

fine di convertire l’edificio in un mitreo. ScO II, pag. 27. Fig. 2

Sede degli Stuppatores:

a. schola; b. tabernae; c. peristilio; d. tempio/mitreo; e. cenatorium (da ScO I, tav. 7)

interpretata come cucina157. Non sono tuttavia sopravvissuti elementi in grado di identificare con certezza la disposizione della stanza. Bisogna tuttavia considerare che il banchetto recumbente non era l’unico modo di consumare i pasti, poiché vi sono diverse prove che attestano l’esistenza dell’uso di mangiare seduti a tavola158.

Questo caso è tuttavia particolarmente interessante anche perché gli ambienti nella loro disposizione mostrano di essere stati chiaramente suddivisi in base alle funzioni attribuitegli: infatti gli spazi deputati alle attività economiche sono separati da quelli sociali, che a loro volta sono suddivisi in un ambiente ‘comiziale’159, rappresentato dalla schola stessa, uno conviviale, il cenatorium, e uno religioso, il tempio, il che suggerisce che questa associazione considerasse i banchetti collettivi separati dagli altri aspetti della vita associativa.

Tuttavia anche in questo caso si pongono problemi analoghi a quelli emersi per il Caseggiato dei Triclini: quante persone avrebbero potuto effettivamente mangiare all’interno della stanza? Infatti anche se non si è conservato l’album completo di questa associazione è possibile immaginare che fosse composta da almeno una cinquantina di membri, tenendo inoltre in considerazione molto probabilmente si tratta di una stima per difetto; anche qui dunque è altamente improbabile si siano potuti ospitare dei banchetti per l’intero collegium utilizzando il solo cenatorium, suggerendo quindi che vi si svolgessero degli eventi per un numero ristretto di convitati. D’altronde è possibile che si siano potuti utilizzare anche altri ambienti in caso di un numero più elevato di partecipanti, per esempio la schola stessa e il peristilio, ma non c’è modo di sapere con certezza quali fossero gli eventi di questo genere.

157 Hermansen 1981, pag. 62.

158 Questa pratica viene generalmente attribuita a determinati contesti e categorie sociali: Katherine Dunbabin per esempio

illustra come nella cultura greca la posizione seduta fosse riservata alle donne, per le quali costituisce l’unica forma socialmente accettabile di consumare i pasti insieme agli uomini, mentre in quella romana è spesso connessa con contesti popolari come tabernae e popinae. L’autrice menziona inoltre il caso di un bassorilievo da Aminternum in cui sono rappresentati nella medesima scena due gruppi di convitati a un banchetto, uno dei quali disteso su dei letti e l’altro seduto su delle panche o sgabelli, portandola ad ipotizzare che gli invitati siano di diversa estrazione sociale158. Queste

considerazioni potrebbero suggerire quindi che questa associazione consumasse i propri pasti collegiali in posizione seduta, data la relativamente bassa estrazione economico-sociale degli stuppatores e la natura poco appariscente della sede associativa stessa. Dunbabin 2003, pag. 22. Ibidem, pag. 80-81.