III. Il paesaggio vegetale nella Toscana meridionale Un tentativo di ricostruzione di lunga durata.
1 Lago dell’Accesa 2 Lago di Ganna 3 Brianza 4 Lago Nero, Lago delle Lame, Agoraie, Prato
3.1.2. Populonia, la laguna, il sale, l’ambiente.
3.1.2.1. La coltivazione di Vicia faba come attivazione di pratiche integrate?
Il favino (Vicia faba minor) presente a Populonia è stato associato ad una generica attività di coltivazione, richiamando un passo di Plinio il Vecchio (N. H., XVIII, 117), in cui si dice che servisse per la preparazione di farine per la panificazione437. Tuttavia come abbiamo verificato da
uno spoglio attento, gli autori latini consideravano la Vicia soprattutto ottima come foraggio: Varrone la consiglia per nutrire gli agnelli dal ritorno dal pascolo (cum reverterunt)438 e Columella la
considera uno dei migliori foraggi, insieme al fieno di prato, specie nei periodi secchi439. Sempre a
Montale la presenza di Vicia faba var. minor (zona pollinica MT1 6, 1410/1315 a.C.) si attesta in concomitanza con la fase di declino dei Cerealia (pur non sopravansandoli mai in termini di percentuali nel diagramma) e ad un ambiente sostanzialmente aperto e legato al pascolo440.
La Vicia faba, insieme al Pisum sativum L., possiede tra i legumi straordinarie qualità proteiche, inoltre è nota per le sue capacità di rilascio al suolo di grandi quantità di azoto (nitrogen fixation) attraverso i noduli delle sue radici, grazie alla simbiosi con il Bacillus radicicola441. La grande
fortuna della fava nell’antichità, rispetto ad altri legumi è dovuta evidentemente a queste sue proprietà, ben conosciute da pastori e agricoltori. Studi condotti sul Pisum sativum L., concernenti le proprietà di rilascio di azoto nel terreno durante il ciclo biologico naturale, hanno verificato che il nitrogen fixation per plant raggiunge il massimo della sua efficacia prima della fioritura e declina durante la maturazione dei frutti442. La Vicia faba L. al contrario mantiene una considerevole attività
di azoto fissazione anche molto tempo dopo la maturazione della pianta e delle fave443. Sprent e
Bradford ad esempio hanno sostenuto in base a studi sperimentali, che il totale dell’azoto accumulato dalle piante di fava raggiunge il suo picco all’incirca alla maturazione piena dei semi e viene
437 Di Pasquale, Terzani 2006: p. 286.
438 VARRO. Rust. 2,2,16: Diebus post paucis obicere iis viciam molitam aut herbam teneram, antequam exeunt pastum
et cum reverterunt.
439 COLUM. 6,3,3. Siccioribus agris ad praesepia boves alendi sunt, quibus pro conditione regionum cibi praebentur,
eosque nemo dubitat quin optimi sint. Accenni al periodo migliore in cui seminare la veccia COLUM. 2,10,24, VERG. Georg. 1,227.
440 La presenza di Vicia è nota con queste medesime associazioni vegetali in numerosi siti del Bronzo della pianura
Padana (Bandini Mazzanti, Taroni 1988; Bandini Mazzanti et alii 1996; Nisbet, Rottoli 1997).
441 Lawrie, Wheeler 1975; Denton et alii 2013 con bibliografia precedente; Per un confronto tra il Pisum e la Vicia si
veda Buttery, Gibson 1990.
442 Bethlenfalvay et alii 1978; LaRue, Kurtz 1973; Pate 1958; Buttery, Gibson 1990 : p. 143; Thomas 1995 ha studiato
nello specifico l’apporto che i legumi possono dare alle specie erbacee foraggere in zone tropicali e subtropicali.
rilasciato lentamente nei mesi e negli anni successivi444. In alcune zone dell’Etiopa ad esempio è
usata tuttora come fertilizzante naturale del suolo in regime di rotazione con il grano, costituendo un’ottima precessione per il frumento445. Gli esperimenti condotti sugli altipiani Etiopi hanno
registrato l’alta efficacia delle fave in relazione alla fertilità del suolo a diverse altitudini, satbilendo come la diffusione dell’azoto nel terreno sia in relazione alle dinamiche successive alla maturazione della pianta, ed in particolar modo quando la pianta viene incorporata nel terreno446. In questa
incorporazione e macerazione delle piante nel terreno, il pascolo di ovicaprini nei campi di fave è risultato essere decisivo. In Kenya, negli altopiani della regione del Turkana tra la popolazione dei Ngisonyoka, Terrence McCabe ha studiato i movimenti stagionali delle famiglie mononucleari dei pastori transumanti, registrandone le strategie adottate in rapporto alle risorse naturali e al mutare delle condizioni ecologiche447, giungendo a mettere in discussione la validità di due dei punti critici
del pastoralismo come strategia e pratica produttiva attuale, nel contesto integrato delle risorse: (1) that their land-management practices lead to the over-exploitation of the environment because there are no means of controlling access to resources- the "tragedy of the commons" argument, and (2) that local livestock populations will increase through natural reproduction to the extent that the carrying capacity of the land is exceeded’448. Tra le attività ‘sostenibili’ più efficaci praticate dai Ngisonyoka
durante i loro spostamenti stagionali, vi sarebbe quella di seminare Vicia faba e altri legumi per implementare il foraggio disponibile durante la stagione secca e favorire le proprietà nutritive delle erbe dei pascoli, con effetti positivi sulla fertilità del suolo e dunque sulle altre attività legate alla coltivazione in genere449. Sempre in Kenya, stavolta nel distretto di Kajiado (1280m s.l.m.), si è visto
444 Sprent, Bradford 1977; da ultimo Kessel, Hartley 2000: p. 175 hanno verificato ‘Long-term trends in N2-fixing
activity by grain legumes’. Esperimenti per verificare la capacità dei legumi di fertilizzare il terreno sono stati condotti principalmente in Nord America, in America Latina e in Australia (Peoples, Baldock 2001). Nei primi due anni il rilascio di azoto nel terreno varia dal 10 al 40% del totale accumulato della pianta.
445 Amanuel et alii 2000: pp. 354-5. Tuttavia è stata anche verificata la poco produttiva associazione con il grano, che con
la sua maturazione depauperazione rapidamente il terreno. Queste pratiche sono state osservate nella zona dell’altopiano del Borana nel sud dell’Etiopa, al confine col Kenya, Desta, Coppock 2004: pp. 466-70. Gli studi concernenti quest’area e la tematica del pastoralismo in Africa orientale (Tanzania, Kenya, Etiopia, Sudan), sono stati condotte principalmente da antropologi, a cominciare dal classico lavoro di Evans-Pritchard sui Nuer (Evans-Pritchard 1940), nel contesto più ampio dei cambiamenti repentini, economici e sociali, che coinvolsero il continente africano per tutto il periodo coloniale, mutandone le precedenti forme produttive e socio-economiche. In generale si veda Zaal 1999 per il rapporto tra pastoralismo e Global Changes in Kenya e Burkina Faso; Smith et alii 2000 per l’Africa orientale compresa l’Etiopia; Basset 1994 per l’Africa occidentale con particolare riferimento alla Costa d’Avorio, con bibliografia. Per un approccio archeologico alla questione del pastoralismo, della sua origine ed evoluzione in Africa orientale si veda Robertshaw, Collett 1983 con bibliografia; Davies 2009 sulle tecniche agricole e pastorali in Kenya; Kusimba et alii 2013sull’archeologia in Africa orientale, in particolare pp. 1-16, 33-58 per la questione del pastoralismo; Shahack-Gross 2003 sulll’identificazione archeologica degli enclosures dei pastori Masai; in generale sull’archeologia africana per un primo approccio si veda Mitchell, Lane 2013.
446 Macharia et alii 2011: ‘Regarding soil fertility improvement, legumes have the potential to improve soil fertility
through the release of itrogen from decomposing leaf residues, roots and nodules which results in increased sward productivity after nitrogen uptake by the companion grasses’,
447 McCabe 1990. 448 Ibidem: p. 99.
449 Thompson, Homewood 2002 sull’evoluzione del pastoralismo nomade in Kenya centro-settentrionale. La messa in
opera di queste strategie non deve sorprendere. Studi etnologici ed ecologici combinati ad osservazioni sulla resa in termini di prodotti del bestiame sottoposto a diversi regimi foraggieri, hanno messo in evidenza come al variare di una certa qualità di foraggio vari sensibilmente la qualità della resa. Gli allevatori hanno dimostrato di avere un’altissima ‘sensibilità’ riguardo a queste variazioni: ‘Herder perceptions of land degradation are influenced by changes in livestock production indicators to determine which landscapes are degraded and which are not degraded. According to herders,
come la pratica da parte degli allevatori semi-nomadi di coltivare legumi per far fronte alla stagione secca e alla carenza di foraggio, abbia conseguenze dirette sulla ‘productivity of the natural pastures’: non solo ‘Legumes have the potential to improve the quality and quantity of pasture’, ma hanno anche la capacità di prolungare la produzione di erbe durante la stagione secca450. Nel nord
della Tanzania, Mabulla ha osservato come queste stesse pratiche in uso tra la popolazione degli Hadzabe nel bacino di Eyasi, fossero una strategia per favorire particolari fitoassociazioni in modo da stimolare le produzioni erbacee dei pascoli nelle zone aride e semi-aride, desumendo dall’analisi etnografica ed etnoarcheologica una continuità di questi sistemi agro-pastorali sulla lunga durata che potrebbe risalire al Neolitico (2,500-1,800 B.P.)451.
Nel bacino del Mediterraneo si conosco sistemi di pascolo con coltivazione di legumi a scopo foraggero e fertilizzante in diverse aree: in Turchia452, a Cipro453, in Egitto454, Algeria455 e
Marocco456, in Grecia, Francia e Portogallo457 ed altrove, attivitate soprattutto nella gestione e nel
recupero delle zone cosidette marginali458. In Italia sono stati osservati sistemi di coltivazione dei
legumi (Vicia faba var. minor) in relazione a pratiche pastorali in Sardegna459 e nel Trentino460.
Rispetto all’alnocoltura però la Vicia concerne tutta un’altra tipologia di gestione. L’immissione di azoto di una pianta di fava rispetto all’ontano è decisamente inferiore, come pure ridotto è il tempo di questo rilascio dovuto al ciclo biologico annuale della Vicia, mentre per l’ontano si parla di almeno un lustro461. Tuttavia la gestione del ciclo di un campo di fave risulta meno complesso e più
produttivo a breve termine. La possibilità di coltivare su una superfice vasta le fave, compensa la relativa minore capacità come azoto fissatore. Inoltre oltre a rendere i pascoli e i campi molto più produttivi in termine di manto erbaceo, produce un prodotto vivo (secondario?) che entra nella dieta di una comunità. Inoltre da non sottovalutare, il ciclo annuale della fava, permette un’altissima mobilità e versatilità a seconda delle condizioni naturali, economiche e sociali, con la possibilità di muoversi continuamente. L’alnocoltura, pur se legata alla transumanza (verticale o orizzontale che
landscapes that may be considered degraded for one type of livestock species (e.g., grazers) may not be degraded for others (e.g., browsers). Using livestock production indicators as barometers of environmental change, the herders were
able to follow closely changes in range condition from good to bad, and to make adjustments in their management strategies (corsivo mio)’, Roba, Oba 2009: p. 609.
450 Macharia et alii 2011: p. 310 sui pastori semi-nomadi della regione del Kajiado; Skerman et alii 1988; Kinyamario,
Macharia 1992 sulla capacità dei legumi di prolungare nei pascoli la presenza di specie erbacee.
451 Mabulla 2007: p. 23, 2013: pp. 38-7. 452 Guler 1989. 453Papastylianou 1989. 454 Nassib et alii 1989. 455Benbelkacem 1989. 456 Bounejmate 1989.
457Podimatas 1989; Gintzburger et alii 1989 ; Dordio 1989.
458 Osman et alii 1989b per l’attivazione del sistema legume-pascolo come modalità di recupero e mantenimento del
paesaggio e delle pratiche storiche nelle zone marginali. I legumi sono usati anche direttamente come foraggio, ma hanno numerosi utilizzi anche in campo agricolo, specialmente associati alla rotazione con altre colture (si veda Osman et alii 1989a). Per l’uso specifico come azoto fissatore e fertilizzante per i pascoli si vedano i numerosi casi registrati nel bacino del mediterraneo e nell’Europa continentale in Peck, Materon 1986.
459 Safronova et alii 2012.
460 Bryant et alii 1981; Weckerly, 1994.
sia), dunque alla mobilità, è certamente legata al ciclo biologico delle piante ad una precisa stazione ed alla sua gestione nel corso dei decenni, un movimento stagionale legato al tempo arcaico, ripetuto, che utilizza gli stessi luoghi. (da rivedere il tutto).
Specie Rhizobium Azoto fissato kg ha-1 y-1
Arachide Bradyrhizobium s.p.
Rhizobium giardini Rhizobium tropici
120
Erba medica Rhizobium meliloti 300
Fagiolo Rhizobium leguminosarum bv phaseoli 40
Fava Rhizobium leguminosarum bv. viciae 210
Favino Rhizobium leguminosarum bv. viciae 210
Ginestrino Rhizobium loti 100
Lupinella Rhizobium hedisari 180
Lupino Rhizobium lupini 150
Pisello Rhizobium leguminosarum bv. viciae 90
Soia Rhizobium japonicum 100
Sulla Rhizobium hedisari 200
Trifoglio ibrido Rhizobium leguminosarum bv. trifolii 140
Trifoglio incarnato Rhizobium leguminosarum bv. trifolii 160
Trifoglio sotterraneo Rhizobium leguminosarum bv. trifolii 140
Trifoglio pratense Rhizobium leguminosarum bv. trifolii 110
Trifoglio repens Rhizobium leguminosarum bv. trifolii 150
Veccia Rhizobium leguminosarum bv. viciae 170
Vigna sinensis Bradyrhizobium s.p. 80
Tra le qualità possedute dalla fava oltre quelle già descritte finora, ve ne una che calata nel nostro contesto acquista ulteriore valenza. La Vicia faba infatti insieme alla Medicago polymorpha e al Trifolium michelianum si è rilevata particolarmente tollerante ai suoli altamente salini ed in generale al sale e agli ambienti salmastri ed umidi, una qualità non trascurabile in presenza di paludi, laghi salati o terreni a basso drenaggio come la laguna di Piombino doveva essere nell’antichità462.
3.1.2.1. Relitti di abetine sul monte Amiata come indizio di gestione storica integrata.