II. Bosco, vegetazione ed uso del suolo: indicatori eco-archeologici per la ricostruzione dei sistemi agro-silvo-pastorali.
II. 2.1. Specie indicatrici e tracce di pratiche pregresse.
III. 2.1.2. Una particolare specie indicatrice: l’ontano (Alnus) e il sistema multiplo dell’‘alnocoltura’.
L’ontano (Alnus) è una specie della famiglia delle Betulaceae a crescita rapida e possiede delle proprietà fertilizzanti peculiari, grazie alle sue radici superficiali in grado di fissare l’azoto atmosferico attraverso l’azione di colonie di microrganismi azofissatori del genere Frankia nei suoi noduli radicali327, stimolando la crescita non solo delle specie erbacee ma anche delle piante
associate presenti nelle vicinanze. Il ruolo dell’ontano nel mantenere un ecosistema a regime produttivo e fertile è noto sin dall’antichità.
Virgilio.
Tarrant e Trapper in un articolo del 1971 hanno raggruppato una serie di esempi, dove l’ontano è stato riproposto in silvicoltura attraverso la complantazione con altre specie e sistematicamente favorito proprio per i suoi effetti benefici ‘on forest soil properties and on increased vigor and growth of vegetation’328. Si è visto così come esistano diversi impieghi della popolazione di Alnus (anti-
erosione, stimolo per foreste degradate, riattivazione di pascoli abbandonati etc.), in stretta relazione al tipo di ontano (Alnus rubra, A. crispa, A. rugosa, A. incana, A. glutinosa etc.) e al variare della quantità di azoto rilasciato nel terreno.
323 Queste sembrano particolarmente indicative di pascolo, spazi aperti e aridi, Mercuri et alii 2007: p. 55. 324 Berhe 1981.
325 Sembra che le alte percentuali di polline di Apiaceae Ombrellifere, Rumex acetosa e Plantago lanceolata siano
connesse ai pascoli sfalciati, Hjelle 1998: p. 92, 1999.
326 Hjelle 2000.
327 Akkermans 1971; Akkermans, Van Dijk 1981; Burggraaf 1984; nello specifico sui Frankia Vanden Heuvel 2011: 9-
10.
328 Tarrant, Trapper 1971: p. 336. L’azoto presente nell’atmosfera viene letteralmente ‘catturato’ dalla pianta, che poi lo
rilascia nel suolo in diverse maniere. Le foglie stesse accumulano azoto in grandi quantità rispetto alla maggior parte degli alberi delle nostre latitudini e grazie alla loro decomposizione al suolo, arricchendone la flora batterica che accelera la decomposizione organica e ne diminuiscono l’acidità favorendo la vegetazione.
1. Taglio del bosco 2. Ronchi, fuochi controllati 3. Semina 4. Ricrescita polloni 5. Pascolo 6.Pascolo alberato mineralizzazione deiezioni foglie mineralizzazione Bosco alberato Terra alberata Terra alberata Prato alberato Bosco prato alberato
Per queste particolari caratteristiche l’ontano è sempre associato ad altre essenze per favorirne lo sviluppo o impiegato genericamente per fertilizzare il suolo in sistemi multipli agro-silvo-pastorali. Nel villaggio di Kending (q. 1500) nella valle di Dulong nello Yunnan nord-occidentale (Cina), è tuttora in funzione un sistema ciclico agroforestale di coltivazione dell’ontano ceduo legato proprio alle sue proprietà fertilizzanti329. L’Alnus nepalensis viene piantato ogni 5-7 anni per fertilizzare il
suolo e avviare un ciclo di semina di grano saraceno, miglio o mais: (1) dapprima viene tagliato per ricavarne legname e per produrre cenere attraverso l’incendio controllato (2) la cenere viene poi utilizzata per fertilizzare il terreno già ricco di sostante nutrienti grazie al ciclo naturale dell’ontano (3) successivamente la parcella di terreno viene coltivata a cereali; (4-5-6) dopo il raccolto assistiamo all’attivazione del pascolo fino a che gli ontani non sono cresciuti a sufficienza per la ripresa del ciclo. Alla fertilizzazione naturale dell’ontano si aggiunge quella dei nutrienti mineralizzati dovuti al fuoco controllato e soprattutto all’apporto delle deiezioni degli animali fatti pascolare negli anni successivi al raccolto.
In Europa sistemi ecologici storici basati sull’ontano come pratica storica per aumentare la produttività dei pascoli, sono stati riconosciuti in Svezia, Finlandia e Romania. In Finlandia Kuhnkoltz-Lordat ha ricostruito sulla base di documenti del XIX secolo, un ciclo di coltura della segale tramite la pratica dell’ecobuages nei popolamenti di ontano bianco (Alnus incana), come forma di riposo del seminativo. Tuttavia in un sistema multiplo di uso delle risorse simile a quello descritto, è difficile valutare quale fosse la funziona produttiva prevalente (pastorale, cerealicola,
329 Sharma et alii 2007;Tang et alii 2010. Il sistema è a tuttoggi incoraggiato dalle autorità Cinesi, tuttavia come ha
rilevato l’antropologo francese Stéphane Gros nella sua inchiesta etnografica su queste comunità, esso viene considerato dagli autoctoni come tradizionale (Gros 1999).
silvocolturale etc.). In Italia Piero Piussi ha individuato nel comune di Taipana (600 m s.l.m) nelle Prealpi Orientali (Udine), una popolazione di ontano nero (Alnus glutinosa), interpretando la sua presenza in chiave antropica, come una pratica storica intenzionale svolta nei prati a sfalcio per aumentare la fertilità del suolo e delle cotiche erbacee a scopo pastorale e per la produzione foraggera330. Recentemente una verifica sull’areale di espansione di questa popolazione tra il 1950 e
il 2008, Un sistema di alnocoltura attivo tra XVIII e XIX secolo, è stato identificato per la val d’Aveto (Appennino ligure), combinando fonti documentarie e tracce nella distribuzione attuale delle ceppaie di ontano bianco331. In altre zone dell’Appennino sono state documentate invece per lo
stesso periodo, diversi utilizzi delle popolazioni di Alnus, con complantazioni di ontano e cerro per la produzione di foraggio da foglia in val di Vara e di ontano e castagno da frutto in val Fontanabuona332. Come ha sottolineato R. Cevasco tuttavia ‘Il punto nodale da chiarire è se e in
quale misura l’andamento della curva di Alnus nei diagrammi pollinici […] sia da mettere in relazione alla forma di utilizzo degli ontani’333. Le ricerche paleobotaniche effettuate sui sedimenti
provenienti da due laghi delle Alpi centrali (Lago Basso - 2250 m a.s.l. nell’alta valla San Giacomo vicino al passo di Splügen, Italia, e il lago di Gouilleé Rion - 2343 m a.s.l.- nelle Alpi svizzere), hanno restituito interessanti dati sull’evoluzione della popolazione di Alnus viridis. Il paesaggio attuale del comprensorio è dominato dalla presenza di Picea abies e di Larix decidua. Nella zona di transizione tra la foresta (zona subalpina) e i pascoli alpini (limite della foresta) posta a 2320-2350 m. per il lago Gouilleé Rion e a 1950-2100 m. per il Lago Basso, si trova una popolazione di cespugli di Alnus viridis, relitto di un pascolo alberato di epoca storica334. I diagrammi pollinici e
l’analisi dei carboni, hanno rilevato come nella dinamica ecologica tra Picea, Larix e Alnus, solo quest’ultimo sia un indicatore certo per misurare l’intervento umano sull’ambiente. A partire dal 6000 BP si registra il lento declino di Larix e Picea in favore dell’Alnus, processo che subisce una netta accelerazione tra 4500-3000 BP335. Accanto alla dominazione dell’Alnus, in questo periodo i
330 Piussi 1998. Questa popolazione appare già in un documento catastale del 1823 e l’autore attribuisce l’introduzione di
questa pratica a comunità di origine slovena. Un recente studio condotto nello stesso aereale (Alberti et alii 2009), ha registrato la notevole espansione dell’ontano nero tra il 1950 e il 2008, dovuta in parte alle caratteristiche della pianta (‘thanks to the high samaras production […], the low post dispersal predation and the low competition by other species due to phytotoxic effects of ash litter’ (Ibidem. p. 180), ma soprattutto al progressivo abbandono dei pascoli sfalciati e alla secolare pratica del ciclo dell’alnocoltura che avrebbe posto le basi per una ricca soil bank seed.
331 Moreno, Raggio 1990; Cevasco 2007: pp. 178-87; Moreno, Cevasco 2013: pp. 144-5. Il sistema è documentato in
maniera implicita attraverso la fonte amministrativa forestale del Regno di Sardegna del 1822 (Consegne dei Boschi e
delle Selve). L’analisi dettagliata della terminologia locale e delle categorie di classificazione utilizzate, ha permesso di
ricostruire diverse fasi di ‘attivazione’ di questo sistema multiplo.
332 Osservazioni fatte in Norvegia tra gli anni Quaranta e ottanta del secolo scorso su boschi cedui di A. incana, hanno
verificato la scarsa appetibilità delle foglie di questa pianta da parte degli animali, suggerendo dunque indirettamente l’utilizzo delle complantazioni a scopo foraggero (Austad, Hauge 1990). Questa scarsa appetibilità sembra dunque aver messo al riparo le giovani piante dai danni del pascolo.
333 Cevasco 2007: p. 187. Per i siti di Moglia di casanova e Moglie di ertola in val d’Aveto e Trebbia sembra che il
declino costante di ontano registrato in epoca altomedievale sia da attribuire alle fasi iniziali di un utilizzo ciclico del medesimo. A livello di ecosistema sarebbe interessante esplorare altre associazioni, sia faunistiche che erbacee (la
Gentiana asclepiadea ad esempio mostra una diffusione particolare in questi habitat).
334 Wick, Tinner 1997: p. 446.
335 Wick 1994. La presenza di Picea intorno al Lago Gouilleé Rion, sembra addirittura interrompersi definivamente
diagrammi testimoniano la presenza di specie indicatrici inequivocabili di pascolo e della presenza di uno spazio aperto (e.g. Juniperus nana, Plantago alpina, Rumex, Cichoriaceae), i quali ‘suggest strong human impact since the Bronze Age’336. Gli autori, nonostante l’obiettivo dello studio non
fosse quello di ricostruire una pratica storica nel tempo, ma di stabilire la natura delle timberline fluctuations, correlated by radiocarbon dating with climatic changes in the Alps, si sono interrogati comunque su uno scenario che sembra suggerire la presenza di uno sfruttamento intensivo dei pascoli, con quella di una popolazione di ontani a forte continuità. Gli autori, supponendo l’utilizzo dell’ontano a scopo foraggero (cosa che abbiamo visto poco probabile), hanno cercato di conciliare la diffusione dell’Alnus viridis, ‘strongly affected by grazing animals (mainly by goats), così come risulta dai diagrammi pollicini, con l’intensa attività pascolativa, adducendo una generica Migration (transumanza?) che avrebbe permesso periodicamente alle piante di rigenerarsi337.
I. 2. 1. 3. Il ginepro, l’erica, il mughetto: il pascolo, il fuoco, la mobilità.
Tra le specie indicatrici di abbandono/calo di pascolo, il ginepro (juniperus communis) è risultato essere tra le più indicative, grazie ad una serie di caratteristiche: la sua presenza nei sedimenti fin dai tempi più antichi; una lunga persistenza nel suolo; e alla possibilità di seguire il suo comportamento ecologico anche in tempi recenti attraverso elementari osservazioni sperimentali338.
336 Wick, Tinner 1997: p. 448. 337 Ibidem.
Il ginepro infatti dalle osservazioni fatte sul terreno339, ha dimostrato di essere una specie a bassa
competitività, che risente in maniera diretta dell’abbandono dei pascoli340, che non sopravvive alla
chiusura dei boschi (shade-intolerant) e al passaggio di fuochi intensi e continuati. Cosicchè la sua presenza all’interno di un bosco o di un diagramma datato, ci suggerisce condizioni pregresse aperte e luminose, indice di pascolo o pascolo alberato. Una diminuzione di ginepro può facilmente essere collegata a un forte carico di pascolo, essendo molto appettibile per capre e pecore, o ad un suo utilizzo come legna da ardere. Per le analisi paleobotaniche effettuate a Lago Basso e lago Gouilleé Rion, nelle Alpi centrali, abbiamo già visto come l’associazione del ginepro (Juniperus nana) con l’ontano e con una vegetazione aperta, siano indice dell’attivitazione a partire dal Neolitico e almeno fino al Bronzo Finale, della pratica del pascolo transumante341. Le analisi sui sedimenti del lago
Tovel, a nord della catena montuosa del Brenta in Trentino (TOV01-7, 900 d.C. – 2000 e la TOV03- 19, 1600 d.C. – 2000)342, hanno registrato un’intensificarsi delle attività umane intorno al 1100,
quando la foresta composta di Quercus e Pinus sembra degradare a causa di un taglio intensivo. La comparsa di indicatori di pascolo (Gramineae, Campanulaceae, Plantago lanceolata, P. media, Ranunculus acris, Rumex acetosa, Thalictrum), insieme all’aumento dei pollini di Alnus e Fagus, suggeriscono l’attivitazione di un prato/pascolo alberato nelle zone più a monte343. Intorno al 1800
alcuni significativi mutamenti nella composizione pollinica dei diagrammi344, indicano
un’intensificazione a valle ed intorno al lago delle attività agricole e arboricole (presenza di Hordeum, Secale, Vitis e Castanea sativa) e una crescita delle attività di pascolo, suggerite proprio dalla comparsa del ginepro associato al tipo Plantago345.
339 È il caso ad esempio dello studio condotto nella Spagna occidentale (Salamanca) nel parco naturale di Arribes del
Duero (Jovellar Lacambra et alii 2013), dove la capacità di rigenerazione del ginepro nelle diverse aree campione analizzate ‘is probably due to the differences in the historical land uses and their intensity’ (p. 71) e all’abbandono o conservazione del sistema della dehesa e della foresta aperta di querce.
340 Sevilla Martínez 2008; Jovellar Lacambra et alii 2013: p. 69. Anche in Tibet (Qinghai, Cina) questa pianta è
considerata essere indicatrice per eccellenza di attività intense di pascolo (Miehi et alii 2008: p. 197). Accanto a pascoli composti essenzialmente di Kobresia-humilis, sono state individuati boschi a cespuglio di juniperus przewalskii, la cui presenza sembra risalire dalle analisi dei macroresti intorno a 8 155 BP uncal.
341 Wick, Tinner 1997: p. 451: ‘Alnus viridis and Juniperus nana shrubs dominated around the lake […Gouilleé Rion],
indicate that the subalpine/alpine area was used for pasture’.
342 Gottardini et alii 2004.
343 Ibidem: 152. Per una datazione precisa dei diversi sedimenti, si veda Tab. 2. 344 lpaz To-4, 15-45 cm; lpaz Tol-2 1880-1800 AD.
345 In questo particolare caso, il ruolo precedentemente descritto per l’Alnus sembra essere stato ricoperto dalla presenza
di Larix decidua: ‘Larix decidua is a characteristic tree for the subalpine forests in the area and its spread indicates a human interference in the high-altitudinal forests. During clearances, Larix is conserved because of the light canopy and the needle mulch, which favours the growth of grass in the understory. The light stands of Larix are used for wood pasture’, Ibidem: 152-3. Artemisia, Chenopodiaceae, Urticaceae invece vengono genericamente definiti ‘indicatori antropici’. In questo preciso caso gli autori si interrogano sulla presenza di questi indicatori, non presenti nelle vicinanze del lago, attribuendo la loro origine al trasporto del vento (o piuttosto al traporto endo-epi-zooico?). Il bosco del Larice, caratteristico appunto dell’aerea subalpina, è considerato insieme al Quercetum mixtum e al bosco di pino, uno dei tre principali habitat in cui in italia insistono tuttora e si sviluppano i sistemi agro-pastorali. Pardini 2009: pp. 262-6 ne ha studiato in dettaglio la diffusione e il tipo di sistema silvo-pastorale praticato, dando particolare rilievo alla transumanza. Interessante è notare, dalla nostra prospettiva, l’uso eminentemente ‘stagionale’ di questi boschi (in inverno ed estate), con una fase ‘stanziale’ nelle stagioni più produttive per il bestiame (primavera ed autunno), con un’altissimo gradiente di mobilità. Gambarino et alii 2011 sul sistema di pascolo/prato alberato a larice in Valmalenco (Valtellina) e la wood
Il mughetto (Covallaria majalis L.) o giglio delle valli, è una specie piuttosto diffusa nelle Alpi e nel nord Europa (particolarmente in Germania), in Svezia è considerato essere addirittura infestante in condizioni di abbandono di pascolo346. Tuttavia la sua dinamica storica ed ecologica in Italia è
piuttosto enigmatica. Fournier sosteneva che la sua introduzione fosse da datare al tardo medioevo (XIV-XV secolo)347, quando se ne conosce il suo utilizzo a scopo officinale dagli erbolari e visto che
nei testi classici non se fa menzione. Attraverso un’analisi testuale di tipo etnografico, le segnalazioni descrivono il mughetto in contrazione in tutta la penisola. In basilicta era segnalato anticamente ma attualmente non se trova più traccia348, in abruzzo sarebbe presente sul Gran
Sasso349, in Toscana le segnalazioni storiche parlano delle alpi Apuane (Pisanino)350, nell’appennino
pistoiese (Cimone di Caldaja)351 e in Casentino (Alvernia) associato a boschi di abete bianco352. In
val d’Aveto è stato individuato invece un prato relitto (Prato delle Lepre), dove fino agli anni Ottanto il mughetto era coltivato e raccolto per la festa della madonna di Caravaggio. Gli habitat del mughetto sono molto variabili (boscaglie, boschi, prati, margini di boschi, castagneti etc.), su suoli acidi o basici353. Proprio per quanto detto finora, il mughetto potrebbe trattarsi di una specie coltivata
in passato, probabilmente nel medioevo, diffusasi lentamente dal nord Europa (il suo areale primario) nel Mediterraneo, ed oggi in via di sparizione a causa della scomparsa del suo habitat; una specie relitta legata con tutta probabilità al pascolo alberato (faggio o abete) e ai sistemi di transumanza attraverso i quale si sarebbe diffusa, connessi a loro volta con i monasteri di fondazione e conduzione longobarda354.
II.3. Corridoi floristici, corridoi di memoria e mobilità: le pecore transumanti come