• Non ci sono risultati.

III. Il paesaggio vegetale nella Toscana meridionale Un tentativo di ricostruzione di lunga durata.

1 Lago dell’Accesa 2 Lago di Ganna 3 Brianza 4 Lago Nero, Lago delle Lame, Agoraie, Prato

3.1.10. Il fiume ed il lago Dati da un ambiente umido.

3.1.10.1. Pascolo in pineta?

Abbiamo visto come nel diagramma di Biserni e Van Geel l’aumento di Pinus sia datato su base ‘storica’ al XVII secolo ed alle bonifiche poste in atto dal Granduca Leopoldo674. Cerchiamo di

puntualizzare questo aspetto procedendo anche noi per via ‘storica’. Per prima cosa una breve nota sulla storia degli studi concernenti le bonifiche, ed il loro lento proporsi nella storiografia italiana come soggetto storico autonomo. Quando nel 1984 usciva il volume collettaneo di P. Bevilacqua e M. Rossi-Doria sulle bonifiche dal ‘700 ad oggi675, si trattava di una vera e propria operazione

culturale, un invito esplicito e stimolante a voltare pagina, privilegiando lo studio delle strutture profonde del rapporto uomo ambiente, cosi' da cogliere il dia lettico intreccio tra natura, storia e societa attraverso la ricostruzione dei pro cessi di continuita-mutamento innescati dalla bonifica e da un punto di vista generale, rappresentava un contributo al rinnovamento te matico em etodologico della storiografiac ontemporaneistica italiana;d a un'an golatura piui specifica, esso offe una valutazione criticamente aggiornata dell'originale esperienza bonificatrice maturata nel corso di due secoli, supe rando i condizionamenti politico-ideologici,e la presunta neutralita tecnica della letteratura precedente676. La periodizzazione stabilita cercava di superare la barriera cronologica

dell'Unità, ampliando l'arco cronologico agli inizi del XVIII secolo, quando si registrano i primi sistematici interventi da parte delle monarchie illuminate. II riformismo settecentesco, tuttavia, puo ritenersi a buon diritto uno spartiacque fondamentale tra le ‘inerti eredità del passato’ e le nuove esigenze agroalimentari poste dalla forte crescita demografica e dall'aumentato prezzo dei cereali, in coincidenza con la espansione quantitativa delle colture, dei disboscamenti e dei dissodamenti accelerati dalla rivoluzione industriale . Tuttavia La periodizzazione prescelta ‘offre il fianco a qualche perplessità, perche in tal modo si appiattisce la continuità della bonifica nei comprensori settentrionali, dove le tecniche idrauliche, le opere di ‘colmata’ furono inaugurate con successo sin dal XV secolo’677, tagliando fuori i cinque o sei secoli avanti il XVIII in cui il processo di

elaborazione e radicazione di esperienze aveva conseguito ottimi risultati, come le colmate documentabili nella bassa pianura del Po fino da età comunale678.

In alcune mappe storiche da noi prese in esame, il quadro precedente alle bonifiche del XVII e XVIII secolo sembra emergere in tutta la sua suggestione. Sappiamo che il governo mediceo intraprese tentativi di bonifica nell’area, nel tentativo di recuperare terre coltivabili e pascolabili. Questo sforzo prese avvio già alla fine del ‘500, diventanto nel 1592, con l’istituzione dell’Ufficio dei Fossi da parte di Ferdinando I, un impegno coordinato e controllato attraverso una gestione amministrativa

674 Le riflessioni che qui seguono saranno ampliate successivamente nella sezione dedicata agli ‘spazi umidi’ del nostro

contesto di studio.

675 Bevilacqua, Rossi-Doria 1984.

676 Si veda per una critica puntuale al volume Barone et alii 1985. 677 Barone et alii 1985: p. 963.

centrale. Una carta che sembra risalire al periodo del lungo regno di Cosimo III dei Medici679, mostra

la presenza della ‘Pineta del Tombolo’ che si estende tra la foce del Bruna e quella dell’Ombrone, delimitata verso l’interno dal ‘Fosso navigante vecchio’.

Nel 1603 fu intrapreso un importante tentativo di risolvere il problema delle alluvioni dell'Ombrone allorché ‘fu resoluto però farvi l'opera del bastione, acciòresistendo ai trabocchi del fiume, assicurasse la campagna dalle inondazioni e non cagionasse danno a detta pesca del Lago. Vedesi dunque il detto bastione nel suo principio di distanza di mezzo miglio dalla città di Grosseto e di due tiri di moschetto dal corso del fiume e proseguendo sempre nel più basso della campagna, si estende per lo spazio di circa miglia sette in vicinanza della torre dellaTrappola’ (Archivio di Stato di Firenze. Mediceo, 2029. "Relatione delle notitie e operationi circa al lago di Castiglioni, fosso navigante, bastione d'Ombrone sino al viaggio fattovi dal Governatore nel 1695").

679 La carta fa parte della raccolta Piante di tutte le ville, fortezze e città dello Stato, e confini della Toscana di Sua

Altezza Reale, un registro rilegato contenente parecchie decine di piante, vedute e prospettive di ville, città e centri minori per lo più fortificati e singole fortificazioni, insieme con aree di confine del Granducato; l'opera non rappresenta un vero e proprio atlante (corpo organico e sincronico) perché queste figure furono rilevate in diverse occasioni e in diversi periodi da ingegneri architetti granducali (tra i quali Andrea Dolcini, Anastasio Anastasi, Francesco Anichini, Pietro Boldrini e Annibale Cecchi) e sembrano risalire almeno nella maggior parte al periodo del lungo regno di Cosimo III dei Medici, essendo riferibili in larga misura alla fase compresa tra gli anni 1670 e 1737, ma con qualcuna precedente degli anni '40, e precisamente agli assedi e alle conquiste fatte dai francesi di centri costieri nel 1646. La raccolta ha notevole importanza per la qualità delle rappresentazioni funzionali al governo civile, economico e militare dello Stato granducale. La carta rappresenta, in modo assai deformato, il litorale maremmano fra Campiglia Marittima (ovvero da poco a sud di San Vincenzo) a Tricosto (ossia al territorio del lago di Burano). In legenda vengono indicate le distanze in miglia degli insediamenti costieri e interni da Siena e Grosseto e rappresentate, con gusto pittorico, le zone umide (in quella di Castiglione si riporta il Fosso Navigante Nuovo, mentre la laguna di Orbetello è solcata da alcune imbarcazioni che punteggiano inoltre ogni settore del mare), le strade principali, la macchia del tombolo fra Castiglione e Grosseto con le saline della Trappola, i confini fra Granducato e Stati minori (di Piombino e di Orbetello).

Archivio di Stato di Firenze. Mediceo 2029 anno 1694. Il disegno mostra lo stato di decadimento del primo Navigante a causa del bestiame brado.

L’opera risultò del tutto insufficiente a fermare le piene dell'Ombrone, quando il mare grosso impediva il libero defluire delle acque di portata, così gli affittuari nel 1614 proposero l'innalzamento di un nuovo argine più interno e vicino al lago. Cosimo II, per venire incontro anche ai faccendieri grossetani in quegli anni colpiti da una grave crisi produttiva, progettò e finanziò la costruzione di un canale navigabile, con arginatura particolarmente rialzata in modo da fungere anche da bastione. In tal modo i 37.236 scudi spesi dal 1614 al 1639 per la costruzione di questo primo «Navigante» (il Fosso navigante vecchio della carta di cui sopra), che partendo dal cosiddetto Porticciolo di Grosseto presso il Querciolo arrivava, costeggiando il lago a sud in parallelo al corso del fosso Martello, a sfociare nella Fossa Nuova e quindi alla Fiumara, si poterono i ammortizzare con gli introiti del pedaggio dei trasporti sul canale. I lavori affidati ad esperte compagnie di terrazzieri aquilani iniziarono nel 1614 e sembrarono terminare cinque anni dopo, ma dovettero ben presto riprendere e durarono sino al 1639 per le insormontabili difficoltà incontrate nell'escavazione680.

Compiuta l'opera, però, fu possibile per ben poco tempo far transitare sulle acque del "Navigante" le chiatte tirate da cavalli correnti sugli argini, caricate di grano presso Grosseto e dirette al porto di Castiglione della Pescaia: gli argini del canale venivano danneggiati continuamente dal passaggio delle mandrie, e dunque fra il 1696 ed il 1715, con grandi difficoltà e spese, fu realizzato il Navigante Nuovo, al fine di poter finalmente disporre di una comoda via di trasporto su acqua che consentisse di ridurre notevolmente tempi e costi, e che fosse al riparo da quanto ne potesse impedire l'utilizzazione. Il toponimo ‘Pingrosso’ relativo ad un sito vicino, deriva dall'antica coltivazione di un grande bosco di pino domestico realizzato sul tombolo grossetano in età medicea. La grande produzione di pinoli era commercializzata dallo Stato in regime di monopolio: verso la fine del secolo XVII i sudditi di Cosimo III ‘ai quali piacevano i pinocchi, dovevano contentarsi di prendere e gustare soltanto quelli granducali della ‘Pineta del Tombolo di Grosseto’681. L'imponenza dei pini

del tombolo, la notevole abbondanza dei loro frutti e la maggiore estensione della pineta nella

680 Barsanti 1984: p. 59. 681 Conti 1909: p. 349.

pianura verso Grosseto - e dunque fino a 'Pingrossino'- è sottolineata nel 1832 dall'abate Pifferi nella lettera in cui riferisce della tappa fra Castiglione della Pescaia e Grosseto del suo Viaggio antiquario per la Via Aurelia da Livorno a Roma (Roma 1832, p.30). Riferisce l'abate: ‘Ad un quarto di miglio in distanza dal porto incomincia la così detta Pineta di Grosseto, che si estende per lungo tratto su la costa marittima, e sopra una parte di quella pianura. È formata questa da vecchi alberi di pino di varie grandezze, che producono un frutto abbondante nella propria stagione. Sembra verisimile che questa fosse in origine una selva piantata per la costruzione delle navi..’.

1695 Quattro conservatori ASS Giuliano Ciaccheri Serie: XV, Acque, Strade e Fabbriche Civili 2074 Nº carta: 123

Che dunque fosse presente un tombolo con un bosco a pineta, sembra ipotizzabile almeno a partire dalla metà del ‘500. Che questi fossero stati impiantati a scopi di bonifica possiamo solo supporre. Certo è che all’inizio del ‘600 i lavori di bonifica e manutenzione degli argini del Fosso Navigante Vecchio entravano in conflitto con le attività di pascolo che si svolgevano in quei luoghi. Si parla esplicitamente di pascolo brado e possiamo supporre una notevole quantità di capi, visto che qualche decennio dopo verrà costruito un Nuovo Navigante più all’interno682.

1700-1749 Quattro Conservatori ASS n 159 Anonimo

Interessante è notare come in una carta policroma del 1794 in cui vengono rappresentate le ‘dismesse’ saline delle Marze e di Castiglione della Pescaia situate lungo il fosso Navigante ("anzi fosso Martello") fra l'argine delle Paduline e quello della Fornace, proprio nella pineta del tombolo, il perito Giuseppe Bondoni, incaricato di fare una stima dei terreni, valuti tutta la zona come ‘non suscettibile per la sementa’ trattandosi di terreno salmastro e quindi, per quanto riguarda il suolo può essere stimato £ 90, mentre per quanto riguarda il pascolo £ 666 circa. Verso il mare (in alto nella mappa) compare proprio la proprietà di Luigi Ponticelli pertinente la Pineta del Tombolo. Le saline di Castiglione furono costruite nel1758 tra la strada del Tombolo e il padule, dalla Reggenza Lorenese, con l'utilizzo dei forzati per diversificare e ravvivare l'economia maremmana, e dovevano sostituire quelle antiche della Trappola, le quali restavano spesso inutilizzate perché soggette alle periodiche tracimazioni dell'Ombrone. Per quanto allestite secondo gli ultimi ritrovati dell'arte salinatoria (un ‘po’ alla paesana’ - nella forma più semplice - e un ‘po’ alla trapanese’ - nella forma più specializzata con lagacci, cottoie, ruffiane che dovevano produrre un sale più pulito e raffinato), le saline non furono fortunate: per la carenza d'acqua salata che veniva pompata dal mare con un ordigno a bindoli girato da bovi ed in seguito con un'avveniristica machine a feu o pompa a vapore ideata da L. Cambray Digny e poi per l'eccessivo costo della salinatura che rendeva non

concorrenziale il prodotto. Dopo pochi anni furono abbandonate e smantellate, mentre la fabbrica delle Marze (costruita per ospitare gli impiegati e i bindoli per il sollevamento delle acque marine) ngli anni fra '80 e '90 venne riconvertita a struttura militare. Una carta del 1758-60 raffigura il progetto delle Saline inserito nel suo contesto in cui viene evidenziata chiaramente la presenza della Macchia del Tombolo, che si suppone comprenda anche l’estesa pineta, in una località che sulla carta è chiamata col significativo toponimo di ‘Pratacci’. Il toponico è chiaramente indicato in una mappa coeva frutto di accurate misurazioni e osservazioni svolte nel 1758-59 dal gruppo di ingegneri coordinati dall'abate Ximenes e dal suo aiuto, ingegnere Agostino Fortini, per mettere a punto un progetto di globale risanamento della grande e malarica zona umida di Castiglione della Pescaia, fino ad allora costituente uno dei principali centri di produzione ittica della Toscana. Nella mappa si legge distintamente ‘I Pratacci’, proprio nella località dove saranno ubicate le nuove saline. Le bassure lacustri e palustri mostrano il paesaggio prettamente pastorale e latifondistico delle gronde, dato dalle diffuse pasture e dalle aree coltivate estensivamente a seminativi nudi e con l’indicazione delle bandite.

In questa zona abbiamo inoltre evidenza certa della presenza di villaggi di capanne di pastori e più in genere lavoranti stagionali. Dalla testimonianza di Novidio Terrazzani, un boscaiolo esperto nella costruzione della capanna del tipo conico, sappiamo che vere e proprie capanne, almeno all’inizio del ‘900, erano ‘più giù per andà alla Canova. Per la maggior parte ci venivano a sta i pinottolai, ma anche qualche pastore che veniva da fori a raccoglie l’erbe del padule’. Tracce di una capanna sono state recentemente segnalate proprio in prossimità della Canova lungo la strada provinciale della Trappola che da Marina di Grosseto conduce a Castiglione della Pescaia, attraversando la pineta683.

1789 Pianta dimostrativa di un tronco del Canal Navigante inferiore dalla Cappanna di mezzo fino alla confluenza dei Fossi Martello e Tanaro presso l'argine delle Saline

Ma la pineta del Tombolo fra Castiglione e l’Ombrone non era la sola ad essere adibita al pascolo. Più a sud nel tombolo della Giannella, presso Orbetello in località Mandrione, una carta del 1822 viene realizzata ad uopo per mettere in evidenza la situazione degli affitti del pascolo e della macchia nella pineta appresellata dal comune di Orbetello. Si riportano le varie porzioni con l'indicazione dei toponimi e dei proprietari (Pucci, Micheli, Bartolini, etc...) e si indicano inoltre le strade esistenti (la carrareccia che dagli Stiacceti va alla Pisana e la strada di Porto Bufalona) e la gronda dello stagno. Nella lettera a cui la carta è allegata si spiega che il sig. Pucci chiede, in qualità di possessore limitrofo, di essere ‘preferibilmente a qualunque altro confermato nell'affitto della Porzione X della Pineta rimasta in proprietà alla comunità, ed esige in secondo luogo che detta comunità si spogli di detta Porzione per venderlo ad esso’. Il Pucci mira con ‘tutte le sue brame’ ad acquisire i pascoli nella pineta, segno dell’appettibilità di questi, ed inoltre l’assoluta urgenza con cui questo mandriano (?) sembra aver bisogno di pascoli di ci fa pensare alla presenza probabile e forse inaspettata di numerose greggi nella zona (transumanti?) bisognose di erba.

1822 Dicembre

Più a nord nel litorale immediatamente a meridione del fiume Cecina, ancora una volta la cartografia storica ci indica una serie di bandite e pascoli ‘marittimi’, nel consueto schema del tombolo-saline- pascolo. La rappresentazione planimetrica comprende l'area tra il fiume Cecina e il Fosso Nuovo e fra il mare e la Strada Maestra Pisana, corrispondente ad una parte della Tenuta granducale di Cecina e datata tra 1780 e 1799. Sono indicate la Bandita del Ginestraccio (il cui toponimo per quanto detto finora ci risulta ‘parlante’) nonché alcune aree paludose (Cedro, Mignattaio, Saline ed Ontani queste ultime due altamente significative in chiave di relitti pastorali), la pastura delle Basse (o Babe?) confinante con la Macchia della Leccetella e i Cotoni del Mare, infine la spiaggia detta Lido arenoso del mare.

3.1.10.2. Relitti di Quercus in Maremma e nascita dello sfruttamento intensivo di olivo.