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Resilienza e collasso: soluzioni teoriche all’interazione uomo-ambiente.

La teoria della resilienza è stata sviluppata considerando l’aspetto ecologico come lo strumento euristico e il punto di raccordo tra il mutamento e la persistenza nelle società complesse212. La

resilienza è la capacità di un sistema di far fronte ai fattori di stress e misura la sua capacità di adattamento alle nuove condizioni e di ri-organizzarsi di fronte ad nuovi stimoli e ad un nuovo equilibrio213. Il modello interpretativo generato da questa teoria è quello del ciclo adattivo, sviluppata

in tutta la sua pregnanza dall’ecologista C. S. Holling214, presuppone un movimento ciclico, un

alternarsi tra sviluppo di una data società, il suo grado di complessità ed i fattori ecologici e sociali in cui il sistema tende a riprodursi. Questo ciclo prevede quattro momenti fondamentali: sfruttamento delle risorse (umane e naturali), conservazione di queste, resilienza e riorganizzazione in un nuovo quadro ecologico e socioeconomico215. Queste funzioni agiscono a livelli e con intensità differenti,

sia nel tempo che nello spazio, non costituendo un cronotopo coerente. La traiettoria iniziale di una società dalla sua formazione al suo consolidamento, rappresenta la fase più lunga e lenta della sequenza, e prevede un accumulo primario di risorse e la costruzione del sistema. Durante questa fase la coesione del sistema e la sua stabilità accrescono enormemente nel tempo e nello spazio. Questo continuo incremento di complessità, fanno si che il sistema diventi ‘over-connected and increasingly rigid in its control’216. In questo lento processo tuttavia si frapporrebbero momenti di

rapida accelerazione, dettati da sostanziali crisi, in cui i cambiamenti si farebbero possibili attraverso le funzioni di resilienza e riorganizzazione. Questi back-loops sarebbero imprevedibili sia nel loro manifestarsi sia nella loro durata, ma romperebbero la rigidità del sistema e la sua sostanziale incapacità di rigenerarsi fino all’estinzione, creando finestre di possibilità storiche in cui ripensare l’organizzazione della società creando nuove premesse (front-loop) di gerarchizzazione socio- economica ed ecologica. Un sistema complesso, socio-ecologico, è composto da una serie di cicli adattivi, che si dispongono gerarchicamente nel tempo e nello spazio a livelli diversi. Questi livelli concernono essenzialmente la velocità di cambiamento o di collasso. È chiaro che al livello più alto si pone il processo di formazione, più lento a prodursi e strutturarsi e più lento a degradarsi, al livello più basso (si parla sempre di complessità e capacità di accumulo e di interferenza nell’ambiente circostante) si pone il processo di cambiamento e riorganizzazione, in genere caratterizzazione da

211 Diosono 2008a: p. 269, n. 166. Resta da capire se la ‘veridicità dubbia’ sia da riferire al fatto che sia anteriore o alla

bontà dell’argomento.

212 Holling 2001; Folke 2006 per un primo approccio a questa teoria.

213 Redman, Kinzig 2003, in Introduction. La qualità primaria di un sistema per sopravvivere deve essere quella di

sapersi rinnovare e riorganizzarsi per rigenerarsi e riprodursi come società, Folke 2006: p. 253.

214 Holling 2001; Gunderson, Holling 2002: pp. 33-5. Si veda anche http://www.resalliance.org/reports. 215 Holling 2001: pp. 394-6.

fasi brevi e sincopate. Tuttavia tra questi livelli vi sarebbero degli spazi di connessione che originano delle varianti. Gunderson e Holling individuano due di queste connessioni, in cui una produc dura o funzione può interferire sull’altra senza che questa abbia esaurito il suo ciclo, definendole come

revolt e remember217 . Una svolta nel ‘lower and faster cycle may trigger change in higher and

slower cycle’218. Al contrario la funzione del ricordo può innescare il processo inverso. In altre

parole una svolta o un cambiamento occorso in una zona marginale del sistema può mutare il sistema nel suo complesso, viceversa un accumulo di capitale, conoscenze, manodopera etc. può produrre fenomeni simili altrove (sempre nel sistema), inibendo i prodromi di un cambiamento. L’interazione e la dinamica che fa si che ‘small-scale trasformations esplode into larger-scale crisis’ è chiamato panarchia (panarchy)219. Redman e Kinzig hanno ottimisticamente affermato che la ‘resilience

theory bridges the gap between theoretical and the practical’220, favorendo la contaminazione

interdisciplinare. La prospettiva di lungo periodo nel quadro del rapporto tra società complesse ed ecologia avrebbe un ruolo chiave nell’interpretazione archeologica, che di questa prospettiva si nutre221. Holling ha tuttavia messo in guardia dall’applicare una teoria ‘biologica’ al contesto dei

cambiamenti umani, sottolineando la differenza tra human systems e non-human ecosystems222. La

condizione duplice di subire i cambiamenti ecologici e di poter direttamente intervenire su di essi sarebbe la caratteristica primaria dei sistemi umani attraverso tre funzioni specifiche come l’intenzionalità, la comunicazione e la tecnologia223. Questa caratteristica era già stata teorizzata

dall’antropologo francese Maurice Godelier, che sviluppando teoreticamente la sintesi tra marxismo e strutturalismo affermava già nel 1984 che ‘contrairement aux autres animaux sociaux, les hommes ne se content pas de vivre en société, ils produisent de la société pour vivre; au cours de leur existence ils inventent de nouvelles manières de penser et d’agir sur eux-mêmes comme sur la nature’224. L’uomo cioè possiede e fabbrica la storia proprio trasformando la natura, attraverso le

peculiari relazioni che instaura con essa. Da queste premesse il concetto di collasso e di crisi di

217 Ibidem: p. 397. Il primo termine provocherebbe delle crisi sistemiche a partire da rapidi mutamenti dei livelli "Revolt"

dynamics occur from small to large scales’, mentre il secondo ‘occur from large to small. Many small-and-fast adaptive cycles, e.g., households, would be encompassed by a single or a few large-and-slow adaptive cycles, e.g., states cultures’, Redman, Kinzig 2003. In un sistema socio-ecologico le due funzioni primarie saranno quelle che caratterizzano la continuità del sistema stesso: ‘Resilience depends both on elements within the system that provide continuity and memory (biological memory and social memory), and elements that bring novelty and change’, Robinson, Berkers 2010: p. 336.

218 Weiberg, Finné 2013: p. 20, che la definiscono come una bottom-up function. 219 Gunderson, Holling 2002: pp. 33-5.

220 Redman, Kinzig 2003.

221 Questa è la posizione anche di Van der Leeuw, Redman 2002: p. 602; Redman 2005: p. 71. Entrambi insistono sul

fatto che la prospettiva di lunga durata con cui l’archeologia si trova inevitabilmente a doversi confrontare, sia la caratteristica essenziale della sua estrema permeabilità interdisciplinare ad ogni livello. Inoltre le metodologie e la natura dei dati archeologici si pongono come capaci di creare una vasta sintesi disciplinare (epistemologica ed euristica). Su questo punto insiste particolarmente van der Leeuw. Redman 2005: p. 73 dal canto suo ritiene che l’ecologia storica ‘historically viewed land use as a key human impact without addressing the social dynamics that lead humans to alter the landscape in diverse ways’, mancanza che l’archeologia colmerebbe. Ovviamente è qui inutile ricordare che la prospettiva di lungo respiro come chiave dell’interazione uomo ambiente affonda le sue radici nella tradizione della geografia storica francese (Braudel 1979; Bertrand 1991).

222 Holling 2001: 401-2. 223 Redman, Kinzig 2003. 224 Godelier 1984: p. 9.

sistema sfumano il loro valore negativo, lasciando posto all’alternativa, all’alterazione, alla dinamica tra crisi e opportunità225. Inoltre la disposizione di una rete di funzioni sistemi poste a più livelli,

impediscono di generalizzare gli effetti di una crisi da un livello ad un altro, restituendoci un gradiente di complessità nuovo. Se il concetto di collasso è connotato qualitativamente da una certa dose di involontarietà da parte del sistema, andando a rappresentare cioè il risultato inaspettato dell’incapacità di risolvere un problema226, l’idea di resilienza pone l’accento sulle nuove circostanze

che una crisi di sistema produce e sui processi volontari e consapevoli che innesca. La perdita graduale ad esempio del livello di connessione del sistema, allenterebbe fino all’esaurimento il controllo da parte di un potere centralizzato, liberando nuove forze227. La degradazione ambientale,

la deforestazione, l’erosione, la contrazione degli insediamenti e della popolazione con una conseguente interruzione di scambi, non avrebbero niente a che vedere con una crisi o con un declino. Tainter ha sottolineato come il concetto di environmental degradation utilizzato dagli ecologi moderni, difficilmente rappresenta una categoria euristica applicabile a ciò che le società antiche percepivano o consideravano un drastico cambiamento, ma è molto più probabile che ciò che noi consideriamo come crisis costituisse ‘merely a change in the opportunity spectrum’228. La teoria

applicata per le dinamiche socio-ambientali acquista per l’archeologia particolare interesse per i fattori e i processi coinvolti. Innanzitutto il grado di connettività del sistema, che influenzerà inevitabilmente il grado di ‘reazione’ alla crisi229, che dipende dalla capacità di una determinata

società di ‘appropriarsi’ della ‘natura’ circostante e modificare l’ambiente. In secondo luogo la velocità del cambiamento, che dipende da fattori strettamente ambientali (erosione, cambiamenti climatici etc.) e dal tipo di organizzazione socio-economica attraverso cui una data comunità reagisce agli stimoli. Terzo punto, le conseguenze di un cambiamento ed i suoi risultati dipenderanno in parte dalla storia pregressa del sistema socio/ambientale e soprattutto dalla tecnologia, dalle infrastrutture, dalla cultura materiale di cui si è dotato (the material legacy)230. Da qui emergono con chiarezza

alcuni punti analitici: il ritmo dei cambiamenti climatici su vasta scala; le dinamiche ambientali al livello della scala del sito; le dinamiche socio-economiche e socio-ambientali coinvolte nel sistema; la cultura materiale come mezzo d’interazione tra uomo e ambiente.

II. Bosco, vegetazione ed uso del suolo: indicatori eco-archeologici per la ricostruzione dei