• Non ci sono risultati.

Compagni di viaggio, mappe, bussole e mete lontane

di Ilaria Tatull

2. Compagni di viaggio, mappe, bussole e mete lontane

L’iniziale fase di osservazione aveva consentito di avviare un percorso di conoscenza reciproca e di delineare alcuni elementi sui quali poter strutturare l’intervento. Erano presenti molteplici dati che potevano fugare serpeggianti dubbi sull’educabilità di Federico, soprattutto riguardo il fatto che tale processo potesse avvenire in au- la, insieme agli altri alunni. I comportamenti problematici manife- stati da Federico sembravano aver insinuato il dubbio, in alcuni do- centi, che non ci fossero le condizioni adatte perché si realizzasse il diritto all’integrazione scolastica per lui né tanto meno che la sua presenza potesse offrire ai compagni un percorso di apprendimento valorizzato dall’esperienza relazionale e sociale con un compagno interessato da disabilità. Non vi era stata continuità nella presenza dell’insegnante specializzato al sostegno, dall’inizio alla fine dell’an- no scolastico si alternarono tre differenti insegnanti, nessuno di loro aveva maturato la specializzazione, tutte avevano cercato di inter- venire andando incontro alle urgenze manifestate dai colleghi curri- colari. L’arrivo dell’educatrice apparve come una risorsa indispen- sabile, un deus ex machina. Tuttavia fu necessario spiegare le finalità dell’intervento educativo scolastico come supporto al percorso di in- tegrazione in cui l’educatore accompagna il minore nella quotidiani- tà scolastica per:

 potenziare l’autonomia personale, il miglioramento delle compe- tenze cognitive, lo sviluppo di abilità sociali e affettivo relazionali;  contribuire al raggiungimento degli obiettivi individuati nel PEI e del percorso formativo del gruppo classe.

La situazione appariva complicata, ma Federico e io non avrem- mo trascorso il tempo fuori dall’aula a passeggiare senza meta. Era- vamo solo al primo anno di scuola primaria, il viaggio insieme sa- rebbe stato lungo, dovevamo imparare a orientare il percorso, rico- noscere la velocità dei nostri passi e scegliere insieme le pause, ma non avremmo sprecato il nostro tempo. Era necessario stabilire un ordine di priorità tra gli obiettivi educativi, il benessere di Federico era direttamente proporzionale al benessere della classe, per creare un clima sereno era necessario coinvolgere i compagni nel processo di apprendimento (Cottini, 2002, 2004). In accordo con gli insegnan- ti, avrei lavorato con Federico per favorire lo sviluppo delle auto-

nomie personali: conoscere gli ambienti scolastici, stare seduto in aula serenamente per tempi sempre più lunghi, mangiare autono- mamente la propria merenda; e per migliorare le abilità grosso e fi- no-motorie: afferrare, riporre, impugnare, portare alla bocca, sfoglia- re, sollevare. Il mio intervento si sarebbe inserito nel contesto classe nel modo più equilibrato possibile, avrei mediato il rapporto tra pari creando dei momenti ludici strutturati per presentare Federico. I bambini avevano bisogno di conoscersi reciprocamente, Federico non riusciva a stare in aula con loro e i compagni dovevano capire quali potessero essere i suoi bisogni speciali e che cosa avrebbero potuto condividere insieme. Gli alunni domandavano perché Fede- rico uscisse e rientrasse a scuola in orari “strani”, perché non parlas- se, perché avesse bisogno di tranquillità, di momenti nei quali dove- va svolgere attività fuori dall’aula, perché utilizzasse materiale sco- lastico diverso. Rispondere alle loro curiosità avrebbe giovato ad en- trambi poiché

[…] essere riconosciuti significa essere guardati e considerati in quanto aventi un vero valore. Il riconoscimento costituisce la convalida necessaria alla costruzione di sé e offre una via d’uscita alla sofferenza di coloro che si confrontano con la radicalità della carenza e con gli insuccessi nella realiz- zazione di sé. Non vi è nulla di più collettivo dell’elaborazione dell’identità personale (Gardou, 2006, p. 41).

Organizzai attività ludiche manipolative, prima in rapporto 1/1 e poi in piccolo gruppo, che consentissero a Federico di sperimenta- re il contatto con l’altro in modo piacevole e permettere di conoscer- lo come bambino, un compagno di cui non aver paura, con cui con- dividere le attività scolastiche. Nonostante le gravi carenze organiz- zative, strutturali e i lunghi periodi di assenza di Federico a causa della salute cagionevole, a conclusione dell’anno scolastico avevamo raggiunto insieme alcuni obiettivi. I compagni di classe manifesta- vano accettazione e rispetto delle sue modalità di interazione, inte- resse e disponibilità a condividere con lui le attività proposte. Dal canto suo Federico manifestava sempre più raramente il proprio di- sagio con comportamenti problematici e gradiva condividere le atti- vità per migliorare la coordinazione manuale e di rilassamento in piccolo gruppo, gli esercizi di stimolazione sensoriale con un com- pagno tutor. Durante le ore di educazione musicale e di educazione

all’immagine Federico aveva potuto sperimentare la condivisione di attività comuni, in piccolo gruppo. Gli obiettivi erano stati raggiunti perché era stato riconosciuto all’ambiente, ai fattori contestuali un ruolo fondamentale nel supporto allo sviluppo di abilità diversa- mente precluse (Vygotskij, 2007; WHO, 2001). Con le mete conqui- state potevamo tracciare nuovi percorsi, ri-orientare gli obiettivi e proseguire il viaggio serenamente. Tuttavia il secondo anno scolasti- co non fu un’esperienza gratificante! Si presentarono i medesimi problemi organizzativi, se non più complessi. Non c’era una presa in carico globale, il dialogo tra le istituzioni era assente nonostante le normative nazionali e i contributi teorici sostengano l’importanza della creazione di un sistema integrato di interventi a sostegno del- l’inclusione (de Anna, 2014, 2015; Ianes, 2016; Mura, 2012, 2016; Pa- vone, 2015). Così con l’ennesimo cambiamento di insegnante di so- stegno e alcuni dissidi interni tra docenti, con la riduzione delle ore dedicate alle sedute di fisioterapia Federico stava perdendo nuova- mente l’orientamento, manifestava il suo profondo disagio con nuo- vi comportamenti regressivi caratterizzati da: irrigidimento del cor- po, postura scorretta nella sedia, gravi atti di autolesionismo al viso e all’orecchio sinistro. Le preoccupanti condizioni di Federico ave- vano creato un clima teso tra i genitori e gli insegnanti. Per cercare di sondare l’origine del disagio manifestato e comprenderne la fun- zione ritenni necessario strutturare un’osservazione dei comporta- menti con analisi funzionale (Cramerotti, 2009). Dall’osservazione emerse non solo la descrizione degli eventi antecedenti e contestuali che accompagnavano la manifestazione dei comportamenti proble- ma, ma anche alcune criticità presenti nell’organizzazione oraria delle attività scolastiche ed extra-scolastiche e nella disposizione di Federico nell’aula. L’intervento ebbe un duplice intento: conciliare le inquietudini dei genitori con le posizioni degli insegnanti per giun- gere ad un’alleanza per stabilire strategie comuni; dare a Federico la possibilità di ritrovare la serenità e l’interesse per ristabilire il contat- to sano con l’ambiente. La mediazione con gli adulti richiese alcuni colloqui con la famiglia e diversi incontri di GLH operativo alla pre- senza degli altri operatori specialistici della ASL. Offrire ai genitori l’opportunità di un confronto si rivelò lo strumento decisivo nella riuscita degli incontri successivi con gli insegnanti per trovare le possibili soluzioni e le condizioni più favorevoli per il completo be-

nessere di Federico. I suoi comportamenti problematici si rivelarono fondamentali nella creazione di una rete di dialogo tra le istituzioni, tuttavia emergeva l’urgente bisogno di offrirgli modalità comunica- tive efficaci.

3. Comunicare, condividere e partecipare: orientare al Progetto