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La narrazione come percorso di insegnamento-apprendi mento

di Lucia de Anna e Marzia Mazzer *

1. La narrazione come percorso di insegnamento-apprendi mento

I processi di integrazione e inclusione nella costruzione del Pro- getto di Vita comprendono varie fasi spesso interrotte, ripensate, ri- formulate. Le tracce di questo percorso, nel corso del quale inter- vengono diversi attori, si perdono nel tempo e, talvolta, rimangono solo alcuni ricordi, spesso non contestualizzati, raccontati non da co- loro che sono direttamente coinvolti o dalla persona interessata. Questo può avvenire per vari motivi: l’assenza, ad esempio, di rela- zioni scritte nella documentazione e nel dossier personale del bam- bino/a che ripercorrano il suo cammino a partire dalla nascita, pas- sando per il periodo scolastico o universitario fino ad arrivare all’e- sperienza professionale. Lo stesso bambino/a nel corso del tempo può non ricordare oppure non essere in condizioni di raccontare la sua storia che, in alcuni casi, viene raccontata da altri, in particolare dai genitori che spesso ne tengono il filo conduttore.

La ricostruzione attenta dei tasselli che compongono una storia di vita comporta, per le ragioni sopraelencate, notevoli sforzi ma può anche produrre numerosi vantaggi. «Occuparsi di storie», infat- ti, «significa proprio riportare il vivere a una dimensione progettua- le che riconnette il presente al passato, che rende storico – contestua- lizzato, concreto, collettivo – ciò che si va esperendo, in una trama

* Il presente capitolo è il risultato della ricerca e del lavoro congiunto e condiviso delle due au-

trici. Per quanto riguarda la stesura del testo, Lucia de Anna e Marzia Mazzer sono autrici del paragrafo 1, Lucia de Anna è autrice del paragrafo 2 e Marzia Mazzer è autrice del paragrafo 3.

che tende a un futuro progettuale: pensato, in costruzione» (Biffi, 2010, p. 9).

In questi anni, anche dal punto di vista pedagogico, in particola- re della Didattica e Pedagogia Speciale, si parla sempre di più di narrazione. Raccontare storie non vuol dire camuffare la veridicità degli avvenimenti, ma avvalersi di approcci diversi che permettano di rappresentare le esperienze e di costruire una relazione educativa «in cui le storie possano essere effettivamente comprese nell’espe- rienza stessa del raccontarsi, intesa come dimensione conoscitiva, come percorso di riconoscimento di sé con e attraverso l’altro» (Ga- spari, 2008, p. 95). La narrazione, afferma ancora Gaspari, costituisce allora «un privilegiato luogo formativo in cui gli attori si “contami- nano” reciprocamente, riconoscendosi soggetti autonomi e interdi- pendenti aldilà dei limiti e delle risorse possedute dalle singole identità-storie» (Gaspari, 2011, p. 175). L’interdipendenza diventa, quindi, un elemento centrale della progettualità educativa che non si deve limitare all’applicazione di metodi e tecniche di interventi in quanto la «co-costruzione dei processi formativi avviene nell’intrec- cio tra saperi teorici, esperienziali, valoriali e tecnici capaci di salva- guardare la pluralità delle identità coinvolte e la complessità delle esperienze» (Mura, 2016, p. 188).

In questa cornice, «la narrazione può diventare strumento effica- ce per la promozione di un modello di apprendimento centrato su processi di negoziazione e costruzione congiunta di significati, a partire dall’interpretazione degli accadimenti di cui gli individui so- no portatori e narratori» (Poggio, 2004, p. 79). Un simile approccio permette di far crescere emozioni e stimoli affinché il sapere diventi un «bagaglio leggero» (Canevaro, 1999, p. 7) che accompagni il per- corso di vita della persona. Per la realizzazione di tale modello, le scuole sono chiamate a operare con flessibilità, costruendo il clima della classe in funzione degli interessi degli alunni, riconoscendo il loro profilo di apprendimento e cercando di comprendere le specifi- cità delle persone, «differenziando e adeguando contenuti, processi e prodotti formativi» (d’Alonzo, 2016, p. 4), stimolando la partecipa- zione e la responsabilità di tutti gli allievi «nell’autoalimentare la propria voglia di imparare» (ivi, p. 69).

Gli insegnanti, sempre più coinvolti nei processi di integrazione e inclusione, hanno acquisito la consapevolezza e l’importanza di

descrivere, attraverso la narrazione, le loro storie, i loro primi incon- tri con la disabilità, la loro formazione sul campo, gli approfondi- menti teorici, le figure di riferimento, fino a raggiungere la matura- zione di percorsi metodologici-didattici, non solo puntando sulla de- scrizione dell’attività svolta con l’alunno con disabilità, ma renden- do esplicita l’azione congiunta del percorso educativo insieme agli altri compagni (Canevaro & Ianes, 2001; de Anna, 1991, 1992, 1998, 2014; Fazio, Striano & Onger, 2016; Ianes & Canevaro, 2008; MPI, 1982; Regione Lazio- OCDE, 1980).

Già negli anni Ottanta, l’integrazione aveva bisogno di essere raccontata per aprire un dialogo e un confronto, per dimostrare lo spessore significativo di una ricerca pedagogica ricca e fertile per un nuovo modo di fare scuola e di vivere la scuola. Come affermato dall’allora Provveditore agli studi di Arezzo, Luciana Gasbarre, tale sforzo veniva convalidato «non solo dalla teorizzazione più aggior- nata della scienza dell’educazione, ma dalla realizzazione positiva che non pochi insegnanti, spesso con notevole sacrificio personale, hanno saputo sperimentare in questi (primi, N.d.R.) anni» (MPI, 1982, p. 12).

Con la circolare n. 227 del 1975, l’integrazione veniva concepita come un cambiamento di contesto inclusivo e si affermava che «un nuovo modo di essere della scuola è la condizione per la piena inte- grazione di tutti gli alunni». Dall’esperienza di quegli anni era nato il convincimento che:

[…] quando il personale docente e direttivo si pone sulla strada della pro- grammazione di un tipo di scuola più motivato e motivante per tutti gli alunni, allora in tale scuola c’è spazio anche per il portatore di handicaps [il bambino con disabilità, N.d.R.] ed al contempo vengono valorizzate le po- tenzialità di tutti gli alunni perché la scuola diventa più agile, più flessibile, più socializzante e individualizzante, nel corretto significato pedagogico del termine e produce educazione e cultura di base (ivi p. 9).

Nel corso del seminario nazionale di Arezzo dell’8-12 giugno 1981, l’allora Sottosegretario al MPI Franca Falcucci dichiarava che l’integrazione doveva essere considerata

[…] un processo irreversibile [perché] coerente con il fine proprio della scuola che è quello di promuovere le potenzialità di ogni bambino, ade-

guando alle sue esigenze e alle sue possibilità le metodologie più idonee per suscitare la vitale spinta dinamica che deve alimentarne lo sviluppo (MPI, 1982, p. 28).

Le esperienze raccontate in questo seminario da insegnanti pro- venienti da varie città d’Italia dimostrano, rileggendole, che si trat- tava di quello che adesso chiamiamo “inclusione” e che, pur nella complessità e criticità dei processi, si cerca ancora oggi di raggiun- gere: collaborazione tra insegnanti con scambio di ruoli tra inse- gnante di sostegno e curriculare, lavori di gruppo e attività di labo- ratorio, trasformazione della didattica, scelta dei metodi, partecipa- zione e collaborazione con i compagni, interazione con enti e istitu- zioni presenti sul territorio, coinvolgimento delle famiglie. Indub- biamente si raccontavano anche le emergenti difficoltà, con riferi- mento soprattutto alla formazione e alla professionalità degli inse- gnanti (Zelioli, 1982).

In questo itinerario vedremo come i docenti possono appropriarsi degli strumenti narrativi declinandoli operativamente in diversi mo- di. Le storie possono, ad esempio, trasformarsi in mediatori per orga- nizzare l’azione didattica. Nel paragrafo successivo si proporrà l’e- sempio di un progetto didattico in cui la fiaba diventa strumento per suscitare curiosità e interesse, produrre senso di appartenenza, stimo- lare lo sviluppo di competenze e creare contesti di apprendimento in- clusivi. Il racconto di tale esperienza ci introdurrà al paragrafo 3 in cui si discuterà del connubio tra narrazione, riflessione e inclusione e del- le risonanze che questo può avere a livello internazionale.