di Mirca Montanar
3. Pratiche narrative e riflessioni sugli strumenti inclusivi sco lastic
L’utilizzo dell’approccio narrativo nella scuola dell’infanzia e in quella primaria coinvolge l’allievo con disabilità in attività laborato- riali autobiografiche che, in prospettiva inclusiva, promuovono la ri- costruzione e la ri-definizione del Progetto di Vita, valorizzando la sua irripetibile storia.
Le pratiche narrative che comprendono una vasta gamma di forme di espressione e comunicazione orali, gestuali e scritte come, fra le tante, l’autobiografia (Farello & Bianchi, 2001) e la ludobiografia (Orbetti, Safina & Staccioli, 2007; Staccioli, 2010), il quadiario (Monte- vecchi, 2015), oltre a stimolare l’espressione di sé autobiografica, in- cidono positivamente sullo sviluppo affettivo-relazionale-cognitivo di ogni alunno generando un profondo cambiamento e rafforzando il valore della reciprocità (Gaspari, 2016b).
Quando ci si riferisce alla pratica autobiografica nella scuola dell’infanzia non si pensa affatto a una sorta di bilancio definitivo quanto, al contrario, a un progetto formativo, di crescita, che aiuti il bambino progressivamente a prendere coscienza dei propri ricordi, delle proprie esperienze, della propria dimensione progettuale futura: sta qui gran parte del senso dell’idea peda- gogica alla base di quello che stiamo chiamando fare scuola con le narrazio- ni. […] per quanto la pratica autobiografica sia strettamente legata alla me- moria, ai ricordi, essa non ha con i bambini uno sguardo retrospettivo quan- to piuttosto prospettivo, in grado di stimolare la dimensione progettuale e
connettiva della propria esistenza (Bocci & Franceschelli, 2014, p. 150).
La collaborazione tra l’insegnante di sostegno ed i colleghi curri- colari nel proporre percorsi narrativo-ludico-biografici fornisce all’alunno con “BES” l’opportunità di poter esprimere la diversità in tutta la sua ricchezza e portata esistenziale. Il racconto di sé aiuta il bambino con disabilità, a rielaborare, a ri-progettare e a dare nuovo valore al suo esistere; a orientarsi, a scegliere, a partecipare con po- tenziata consapevolezza alla ricerca di innovativi significati e desi- deri, nonostante la presenza del deficit.
In particolare, nella scuola dell’infanzia lo spazio della narrazio- ne, come quello del gioco, è anche uno “spazio transizionale” (Win- nicott, 1974) costituito da fantasmi interiori, timori e desideri che il
bambino, anche quello con disabilità, trasforma in racconti autobio- grafici, mediante cui riesce a ricostruire i propri vissuti, a riscoprire la propria identità per affrontare problemi, situazioni difficili e complesse.
Il docente specializzato nella scuola dell’infanzia stimola positi- vamente la scelta e la proposta di buone prassi narrative mirate a potenziare la qualità della relazione educativa e a soddisfare la “fa- me di storie” dei bambini (Calliari & Degasperi, 2007) favorendo la creazione di angoli laboratoriali dedicati alla fiaba, alle emozioni, al- l’oralità, all’espressività in senso lato in modo da sviluppare il pen- siero metaforico-simbolico e di riprendersi cura dei personali pro- cessi mentali ed emotivi in un contesto significativo.
Nella scuola dell’infanzia e primaria, ad esempio, quali luoghi formativi particolarmente predisposti al raccontare e al raccontarsi e al “disegnare” le emozioni, tutti gli alunni, compresi quelli con di- sabilità, sono invitati a leggere e a tradurre con l’aiuto delle imma- gini testi narrativi, poetici e teatrali accompagnati da sottofondi mu- sicali, per poi riprodurre sia con il linguaggio artistico, tramite un’ampia gamma di materiali (strutturati e non), sia con quello mo- torio-cinestesico, le esperienze.
Il coinvolgimento degli alunni con bisogni speciali e non, nei la- boratori di scrittura e negli atelier assume una notevole valenza edu- cativa, in quanto consente loro di “narrare-narrarsi”, di “ascoltarsi- raccontarsi” mediante una pluralità di linguaggi e di intelligenze (Gardner, 1987).
Formare e “formarsi” con le storie è un’occasione per gli alunni “diversi” e non, di praticare un dialogo con se stessi e con i pari, di prendersi cura, oltre che di sé, anche degli altri in modo da costruire significative relazioni e potenziare i processi di autodeterminazione delle esperienze.
[…] l’allievo interessato da un deficit delle funzioni, siano esse mentali o corporee, al pari e forse più di ogni altro, ha bisogno di percepirsi come abile e capace e necessita quindi di un contesto che sappia esprimergli la propria fiducia, consentendogli di agire e sperimentare il senso della pro- pria efficacia e dei propri limiti, maturando dunque quel costrutto fonda- mentale di personalità che siamo soliti definire come autostima […] (Mura, 2005, p. 167).
Il ricorso al linguaggio teatrale, inteso come strumento e metodo narrativo, efficace metafora della storia tra le storie, stimola la creati- vità cognitivo-emotiva degli alunni disabili secondo una prospettiva progettuale cooperativa, attiva, co-costruttiva e democratica (De- wey, 1949; Don Milani, 1967) caratteristica fondamentale dei contesti formativi inclusivi mirati ad accogliere e ad accettare le differenze e le diversità.
I laboratori espressivo-comunicativi, che hanno come oggetto la narrazione (orale, grafico-artistica, simbolica), la scrittura, l’ascolto attivo, la rielaborazione creativa di racconti, la redazione di diari, la realizzazione di drammatizzazioni, l’utilizzo del digital storytelling (Di Blas, 2016), la rappresentazione teatrale e/o cinematografica e la loro documentazione multimediale (dvd, videoregistrazione, lear- ning object, blog) si offrono come privilegiate risorse per favorire in ogni alunno pieno diritto di cittadinanza attiva nell’ambito di un co- mune contesto di appartenenza e di reciproco riconoscimento delle diversità.
Nella scuola inclusiva mediante la pluralità di pratiche narrative (lettura e produzione di testi creativi, di libri animati; ascolto e scrit- tura di narrazioni individuali/collettive; testimonianze e fonti: foto- grafie, oggetti, interviste aperte e semistrutturate, colloqui spontanei e guidati; mostre, mercatini, spettacoli teatrali e scenografie) gli alunni con “BES” si re-interpretano, si ri-costruiscono e si ri-for- mano secondo una prospettiva di cambiamento, di autoefficacia e di empowerment che produce rinnovate conoscenze e migliorativi nuovi orizzonti di senso (Pulvirenti, 2013).