di Patrizia Gaspar
2. Pedagogia Speciale e narrazione
La Pedagogia Speciale per l’inclusione delle diversità si dimostra scienza che parte dall’analisi della finitezza plurale dell’esistente, dal carattere originale, irripetibile dell’identità personale del sogget- to con “bisogni educativi speciali”, per rivalutare l’imprevisto fenome- nico inteso come esperienza del limite ma, soprattutto, come ric- chezza conoscitiva. In tal senso, la nostra disciplina proietta le sue modalità di investigazione e di intervento educativo-didattico oltre la dimensione dell’apparenza, dell’esposizione, per ri-volgersi all’es- senza, al valore ontologico e assiologico del soggetto in situazione di disabilità.
E ciò, allo scopo di permettere al disabile l’attivo rivelarsi agli al- tri, con atti e parole, offrendosi come spazio plurale e, come afferma Arendt, come “luogo politico” (1987, 1989) all’identità confermandone la natura esibitiva, partecipativa, relazionale e contestuale, che sotto- linea il significato più autentico del processo di inclusione scolastica e sociale. La Pedagogia Speciale e i protagonisti della cura educativa e dell’aiuto manifestano la loro identità aperta, complessa, che si le- gittima nelle logiche di contaminazione, nel pluralismo della cono- scenza e delle conoscenze, nel riconoscimento del valore delle storie individuali e collettive. L’apertura alla narrazione, alla dimensione identitaria dell’altro, del “diverso”, diviene la condizione basilare di ogni azione educativo-formativa che intenda realmente promuovere
l’integrazione e l’inclusione delle diversità stesse, interpretate nei lo- ro specifici bisogni e, soprattutto, riconosciute nell’autenticità delle loro diversificate esperienze e vissuti personali.
Il modello epistemologico della Pedagogia Speciale è fortemente intrecciato con le valenze formative “plurali” della narrazione stessa, perché entrambe orientano la loro ricerca verso metodi e prospettive di natura qualitativa allo scopo di interrogarsi sulla complessità della persona con disabilità e/o con “bisogni educativi speciali” utilizzan- do una pluralità di modelli, teorie e paradigmi non riduzionistici, la- sciandosi “contaminare” e orientare produttivamente dal contributo significativo degli approcci fenomenologico-ermeneutico, ecologico- sistemico, umanistico-esistenziale in costante dialogo con la comples- sa realtà degli eventi caratterizzanti l’essere umano, inteso come “in- sieme di storie” da accogliere, comprendere e valorizzare.
Ne derivano innovativi modelli formativi caratterizzati dall’in- treccio d’una pluralità di saperi e conoscenze provenienti da molte- plici settori epistemologici che possono, tuttavia, essere interpretati secondo le unificanti chiavi di lettura offerte da due prioritari dispo- sitivi-guida: la narratività e la complessità declinate in ottica inclusiva.
Compito fondamentale della Pedagogia Speciale in prospettiva inclusiva consiste nel fornire alla persona con disabilità l’opportu- nità di poter effettivamente raccontare e raccontarsi con la propria particolare identità ed esperienza, nell’unicità di bisogni, aspettative esistenziali ed elementi di problematicità. L’esperienza del deficit e la graduale accettazione di alcune patologie invalidanti richiedono ai protagonisti della difficile situazione di cambiare le personali abi- tudini e stili di vita, le pratiche sociali, i punti di riferimento affetti- vo-cognitivi, le visioni del mondo e i saperi per apprendere, fatico- samente, altre, diverse, innovative abilità e competenze.
In questo vasto e delicato scenario di costante rivisitazione criti- ca ed epistemologica si colloca il contributo della narrazione intesa come possibile linguaggio e strumento (Canevaro et al., 2000) in grado di favorire l’accettazione identitaria della persona con “bisogni edu- cativi speciali”, in quanto risorsa di indiscutibile importanza nell’ot- tica della cura educativa e della riprogettazione esistenziale dei percorsi di autonomia e di inclusione delle persone, tutte.
Ogni persona ha una storia, è più storie, elabora un racconto interiore che dà senso alla vita: ognuno di noi costruisce e vive un racconto, una per- sonale narrazione, rivelando la natura più segreta dell’identità con l’ausilio di funzionali pratiche autobiografiche che permettono a tutti gli individui, specie se diversamente abili, di possedere, o meglio di ri-possedere, la sto- ria del personale, particolare vissuto (Gaspari, 2016, p. 28).
La narrazione e la complessità si rivelano, quindi, linguaggi e dispo- sitivi trasversali (Cambi & Piscitelli, 2005) dei saperi e delle cono- scenze disciplinari, li irrorano e li ridefiniscono sinergicamente su- perando gli iperspecialismi e la dannosa frammentazione degli ap- prendimenti; inoltre, la narrazione non può prescindere dalla conte- stualizzazione e dalla personalizzazione degli eventi educativi. Peda- gogia Speciale e approccio narrativo-autobiografico svolgono un’in- dispensabile azione sinergica e rifondativa dei saperi e delle cono- scenze per individuare nuovi orizzonti e opportunità formative, me- tabletico-trasformative ed emancipative del soggetto con disabilità, allo scopo di garantirgli il raggiungimento del pieno diritto di citta- dinanza e l’adeguato riconoscimento socio-culturale e sociale nei comuni territori di appartenenza.
L’inclusione focalizza l’attenzione sulla valorizzazione delle abilità dif- ferenti delle persone disabili e non, implicando l’adesione alla cultura del futuro e, quindi, ad un’ottica evolutiva declinata in prospettiva storica, co- stantemente aperta al possibile, ove ciascun soggetto possa utilizzare per- sonali dotazioni e risorse, proprie competenze ed emozioni in rapporto di- namico e costruttivo con gli altri (Gaspari, 2012, p. 119).
L’esperienza dell’incontro con il deficit si rivela spesso contras- segnata dall’immobilismo o dalla difficoltà di “pensarsi al futuro”: mentre la persona con disabilità racconta la propria storia diviene testimonianza di speranza, punto di riferimento ed esempio per chi vive ancora in situazioni di non accettazione e di isolamento ed emarginazione.
In tale ottica, la narrazione permette a ogni individuo di oltre- passare la drammaticità degli eventi, di essere consapevole del nuo- vo “status esistenziale” e di “rileggere” le esperienze passate con uno sguardo diverso, positivo, propositivo, di rinnovata possibilità progettuale. Vivere la situazione di disabilità non significa, infatti,
convivere e “chiudersi” nella disumanizzante prospettiva della eti- chettatura diagnostica in quanto la persona va, sempre e comunque, oltre la meccanicistica individuazione di sintomi e funzioni più o meno cristallizzati ed oggettivamente determinati, se colta nella in- tegralità della sua unicità, ricchezza e valore.
L’approccio narrativo-autobiografico, in educazione, in qualche modo rifugge da tutto ciò che è inautentico per abbracciare un im- pegno personale e professionale che testimonia la volontà dell’edu- catore di non voler operare sulle situazioni più o meno problemati- che dall’esterno, ma dall’interno, nel “focus” della loro evidente drammaticità, nella consapevolezza che le storie di vita raccontate non sono “date” oggettivamente, ma si costruiscono nuovamente nel dialettico rapporto tra soggetti e condizioni materiali esistenti. In questo incessante sforzo di pensare l’altro “in termini di storie” (Bate- son, 1977, 1984) la Pedagogia Speciale assume all’interno delle scienze dell’educazione il provocatorio ruolo di “coscienza anticipante ed orientante” (Bloch, 1992) agendo sugli orizzonti della prossimità e della solidarietà, come costante e intenzionale capacità di far dialoga- re memoria e futuro del soggetto “diverso”, al fine di riconoscerlo au- tentico protagonista del percorso di umana autorealizzazione. Quando la persona “diversa” si narra, si ri-scrive selezionando i con- tenuti, le emozioni, i pensieri in un’azione di profonda ri-flessione che permette di ri-leggere e ri-pensare il vissuto, dando, come af- ferma Mortari, “nuovo corpo all’esperienza” (2007). In questo senso, l’attenzione va rivolta allo stretto rapporto esistente tra Progetto di Vita, qualità della vita e approccio narrativo-autobiografico, perché ogni progettualità aperta e orientata al futuro non può non collocarsi in un processo interattivo e dialettico creatosi tra le possibili storie di vita individuali e collettive. Nella progettazione del personale pro- cesso narrativo-biografico concorrono molteplici fattori ed elementi che investono la pluralità delle agenzie educativo-formative, dalla scuola, alla famiglia (Mura, 2004), dal territorio, alle reti informali dei prioritari luoghi del processo di inclusione delle differenze e del- le diversità.
Formarsi al progetto di vita significa per la persona disabile poter rico- noscersi come soggetto attivo, critico costruttore del personale progetto esi- stenziale in quanto capace di vivere e scegliere le direzioni di senso delle
proprie prospettive future. Narrare a se stessi e agli altri la propria storia, ricordarla, “manipolandola”, “rimaneggiandola” significa compiere un atto di ri-progettazione esistenziale della propria identità e del personale vissuto. Ricostruire i tratti salienti e più significativi della propria vita equivale a rimettere in discussione il proprio essere partendo dalla propria intimità storica per essere pronti all’incontro con la pluralità delle altrui storie (Ga- spari, 2011, p. 187; de Mennato, 2006).